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Art. 20 TUR: no a riqualificazione per imposta di registro

L’Agenzia delle Entrate aveva riqualificato un’operazione di conferimento di ramo d’azienda e successiva cessione di quote come un’unica cessione d’azienda, applicando una maggiore imposta di registro. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia, stabilendo che, in base all’art. 20 TUR e alle recenti sentenze della Corte Costituzionale, ogni atto deve essere tassato per la sua natura giuridica intrinseca, senza considerare elementi esterni o atti collegati. La riqualificazione basata sull’effetto economico complessivo non è permessa da questa norma, distinguendola nettamente dall’abuso del diritto.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Art. 20 TUR: la Cassazione mette un freno alla riqualificazione fiscale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale per la pianificazione fiscale e le operazioni societarie: l’applicazione dell’imposta di registro deve basarsi esclusivamente sulla natura giuridica del singolo atto presentato, senza possibilità per l’Agenzia delle Entrate di ‘ricostruire’ l’operazione economica complessiva. Questa decisione, fondata su una rigorosa interpretazione dell’art. 20 TUR (Testo Unico dell’Imposta di Registro), offre maggiore certezza giuridica ai contribuenti.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguardava una complessa operazione societaria strutturata in più fasi. Inizialmente, una società (la conferente) aveva costituito una nuova società (la conferitaria), alla quale aveva successivamente conferito un proprio ramo d’azienda. Poco dopo, la società conferente aveva ceduto l’intera partecipazione nella società conferitaria a un terzo acquirente.

L’Agenzia delle Entrate, analizzando la sequenza degli atti, aveva ritenuto che l’obiettivo finale e l’effetto economico complessivo fossero equivalenti a una cessione diretta del ramo d’azienda dalla prima all’ultima società. Di conseguenza, aveva riqualificato l’intera operazione come un’unica cessione d’azienda, un atto soggetto a un’imposta di registro proporzionale e significativamente più elevata rispetto a quella (in misura fissa) pagata per il conferimento e la successiva cessione di quote. Veniva quindi notificato un avviso di liquidazione per recuperare la maggiore imposta.

La Disciplina dell’Art. 20 TUR e la sua Evoluzione

Il fulcro della controversia è l’interpretazione dell’art. 20 TUR, una norma che stabilisce come l’imposta debba essere applicata ‘secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici’ dell’atto. Per anni, questa disposizione ha generato un acceso dibattito sulla possibilità per il Fisco di guardare oltre la forma giuridica per tassare la ‘sostanza’ economica dell’operazione.

Tuttavia, recenti interventi legislativi (L. 205/2017 e L. 145/2018) e, soprattutto, fondamentali pronunce della Corte Costituzionale (in particolare la n. 158/2020) hanno chiarito in modo definitivo la portata della norma. È stato stabilito che, ai fini dell’imposta di registro, l’interprete deve attenersi esclusivamente agli elementi desumibili dall’atto presentato, ‘prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, allineandosi pienamente a questo orientamento consolidato, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno sottolineato diversi punti chiave:

1. Natura di ‘Imposta d’Atto’: L’imposta di registro è un’ ‘imposta d’atto’. Ciò significa che l’oggetto della tassazione è il singolo negozio giuridico e i suoi effetti legali specifici, non l’operazione economica complessiva che le parti intendono realizzare attraverso una pluralità di atti.

2. Divieto di Valorizzare Elementi Esterni: La nuova formulazione dell’art. 20 TUR, avallata dalla Corte Costituzionale, vieta espressamente di collegare più atti per riqualificarli in una fattispecie diversa. Il conferimento di un ramo d’azienda e la cessione di partecipazioni sono due atti giuridicamente distinti, con effetti legali diversi, e come tali devono essere tassati separatamente.

3. Distinzione tra Interpretazione e Abuso del Diritto: La Cassazione ha tracciato una netta linea di demarcazione. L’art. 20 TUR è una norma puramente interpretativa, non uno strumento antielusivo. Se l’Amministrazione Finanziaria ritiene che un’operazione sia stata posta in essere al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale indebito, senza valide ragioni economiche, deve contestarla attraverso la procedura specifica dell’abuso del diritto (art. 10-bis dello Statuto del Contribuente). Questa procedura, a differenza della riqualificazione ex art. 20, impone all’Ufficio un onere probatorio più gravoso e garantisce maggiori tutele al contribuente, come il contraddittorio preventivo.

4. Differenza tra Effetti Giuridici ed Economici: Anche se l’effetto economico di cedere un’azienda o di cedere il 100% delle quote della società che la possiede può apparire simile, gli effetti giuridici sono profondamente diversi. Nel secondo caso, l’acquirente compra un ‘contenitore’ (la società) con tutto ciò che esso comporta, inclusi eventuali debiti o passività latenti, e non direttamente i beni aziendali.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza per la certezza del diritto nei rapporti tributari. I contribuenti possono strutturare le proprie operazioni societarie scegliendo gli strumenti giuridici ritenuti più idonei, con la sicurezza che ciascun atto sarà tassato per quello che è, sulla base dei suoi effetti legali intrinseci. La pretesa del Fisco di riqualificare a posteriori una sequenza di atti legittimi, basandosi su una valutazione del risultato economico finale, viene respinta. Resta ferma la possibilità per l’Agenzia di contestare eventuali abusi, ma solo seguendo le regole e le garanzie previste dalla specifica disciplina antielusiva.

L’Agenzia delle Entrate può riqualificare una serie di atti collegati (es. conferimento e successiva cessione di quote) come un’unica operazione (es. cessione d’azienda) ai fini dell’imposta di registro in base all’art. 20 TUR?
No. La Corte di Cassazione, conformemente alla legislazione vigente e alla giurisprudenza costituzionale, ha stabilito che l’art. 20 TUR non consente di considerare elementi extratestuali o atti collegati. L’imposta di registro va applicata al singolo atto in base alla sua natura e ai suoi effetti giuridici, senza poterlo unire ad altri per creare una fattispecie imponibile diversa.

Qual è la differenza tra l’interpretazione di un atto ai sensi dell’art. 20 TUR e la contestazione per abuso del diritto?
L’art. 20 TUR è una norma meramente interpretativa, che serve a qualificare correttamente il singolo atto presentato per la registrazione in base ai suoi effetti giuridici. L’abuso del diritto (art. 10-bis L. 212/2000) è invece una clausola generale antielusiva che permette di contestare operazioni prive di sostanza economica, realizzate al solo scopo di ottenere vantaggi fiscali indebiti. La contestazione di abuso del diritto richiede una procedura specifica e un onere della prova a carico dell’Amministrazione Finanziaria.

Le modifiche legislative e le sentenze della Corte Costituzionale sull’art. 20 TUR hanno chiarito il suo ambito applicativo?
Sì. Gli interventi legislativi del 2017 e 2018, che hanno ricevuto il sigillo di costituzionalità, sono stati qualificati come norme di interpretazione autentica. Questo significa che hanno efficacia retroattiva e chiariscono che l’interpretazione dell’art. 20 TUR deve essere circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, in linea con la natura storica del tributo quale ‘imposta d’atto’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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