Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20879 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20879 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 23/07/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel. –
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 14/05/2025
REGISTRO ART. 20 T.U.R.
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29808/2017 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , dr. NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del suo procuratore speciale, NOME COGNOME giusta atto del 12 ottobre/27 dicembre 2016 a rogito notaio NOME COGNOME (rep. 2955/1166), rappresentate e difese, come da procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dagli avv.ti prof. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTI –
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE). Numero sezionale 3398/2025 Numero di raccolta generale 20879/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
– INTIMATA – per la cassazione della sentenza n. 890/4/2017 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata in data 5 giugno 2017, non notificata.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento indicato in atti con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione la maggiore imposta di registro pari a 1.082.164,09 €, oltre sanzioni, rettificando il valore del bene complessivamente ceduto in relazione all’atto del 13 aprile 2010, con cui RAGIONE_SOCIALE (da ora solo RAGIONE_SOCIALE) aveva ceduto alla RAGIONE_SOCIALE (da ora solo RAGIONE_SOCIALE) il ramo di azienda costituito dal solo personale, beni mobili ed avviamento, in termini poi integrati, con atto del 14 aprile 2011, attraverso il quale la FIAT, esercitando parzialmente il diritto di opzione previsto nel precedente accordo, acquistava le parti di ricambio dei veicoli Chrysler di vecchia produzione nelle more (tra il 23 aprile 2010 ed il 22 dicembre 2010) progressivamente acquistati.
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dalle contribuenti, ritenendo che:
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-l’Ufficio non fosse decaduto per l’esercizio del potere impositivo, in quanto il relativo termine doveva computarsi dall’atto integrativo registrato il 6 maggio 2011 e non anche dal primo negozio dell’anno 2010; Data pubblicazione 23/07/2025
non fosse stato violato il principio del contraddittorio endoprocedimentale, non avendo le contribuenti rappresentato quali difese avrebbero potuto ivi svolgere, tenendo conto che l’Ufficio aveva operato in base ai dati forniti dalla stessa controparte senza limitare in alcun modo il diritto di difesa della contribuente;
-l’atto dovesse considerarsi completamente motivato, avendo rappresentato le ragioni di fatto e di diritto in base alle quali si era proceduto alla liquidazione della maggiore imposta;
-le varie operazioni si collocassero nell’unica logica aziendale, vale a dire quella di trasferire alla nuova società un complessivo ramo aziendale che includeva anche le vendite dei veicoli, per cui correttamente l’Ufficio aveva ritenuto sussistere la modalità elusiva volta ad occultare, tramite le singole operazioni, il reale intendimento dei contraenti, che era quello di trasferire l’intero ramo aziendale originariamente appartenente alla RAGIONE_SOCIALE
correttamente l’amministrazione aveva interpretato, ai sensi dell’art. 20 d.P.R. n. 131/1986 (da ora anche T.U. reg. o T.U.R.), le singole operazioni come un’unica espressione della volontà dei contraenti di trasferire il ramo di azienda originariamente della Chrysler, riguardo all’orientamento della Corte di legittimità, che consente l’interpretazione funzionale tra gli atti stipulati dalle parti.
Con ricorso notificato in data 15/19/20/21 dicembre 2017 le suindicate società proponevano ricorso per cassazione
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contro
la menzionata pronuncia, articolando sette motivi di impugnazione. Numero di raccolta generale 20879/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
L’Agenzia delle Entrate depositava nota del 15 febbraio 2018 con cui, nel dare atto di non essersi costituita nel termine, riservava la facoltà di partecipare all’udienza di discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione le ricorrenti hanno lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e 76 T.U.R., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che nell’operazione di rettifica l’Ufficio non fosse intervenuto sul valore dei beni, ma sulla natura della cessione.
Gli istanti hanno opposto a tale valutazione il rilievo secondo il quale il collegamento negoziale operato dall’Agenzia in relazione alla cessione del ramo di azienda stipulata il 13 aprile 2010, con atto integrativo del 14 aprile 2011, in uno agli innumerevoli negozi di compravendita di autovetture stipulati nel successivo arco temporale di nove mesi, non aveva implicato una diversa qualificazione giuridico tributaria degli atti presi in considerazione, ma solo una più ampia perimetrazione del ramo di azienda, sulla cui scorta l’Ufficio aveva operato la rettifica della base imponibile dell’originaria cessione.
Con l’ulteriore conseguenza che l’avviso, notificato il 30 aprile 2014, era intervenuto successivamente al termine di decadenza previsto dall’articolo 76, comma 1bis, T.U.R.
Con la seconda censura, articolata ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., le contribuenti hanno lamentato
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la violazione e falsa applicazione dell’art. 76, comma 2, T.U.R., assumendo che l’Ufficio era decaduto dall’esercizio del potere impositivo, in quanto il dies a quo doveva muovere dalla registrazione dell’atto tassato del 13 aprile 2010 (il primo della serie). Data pubblicazione 23/07/2025
Con la terza doglianza gli istanti hanno dedotto, con riguardo al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 -bis , comma 4, d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 20 T.U.R., criticando la sentenza impugnata nella parte in cui non aveva riconosciuto, nel caso di contestazioni operate in base all’art. 20 T.U. reg., l’obbligo di attivare il contraddittorio c.d. endoprocedimentale, che avrebbe consentito alle società di offrire chiarimenti in ordine alle operazioni negoziali poste in essere e, quindi, di consentire una corretta liquidazione dell’imposta di registro.
Con il quarto ed il quinto mezzo di impugnazione, sempre proposto in base al parametro dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., le società hanno denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 T.U.R., contestando l’operazione di riqualificazione delle singole operazioni negoziali all’interno di un’unica fattispecie posta in essere al fine di eludere la normativa fiscale, opponendo a tale valutazione, da un lato (nel quarto motivo), che nell’atto del 13 aprile 2010 le autovetture erano state espressamente escluse dal perimetro del ramo di azienda e, sotto altro profilo (quinto motivo), che l’art. 20 T.U.R. non è norma antielusiva, perchè l’abuso del diritto è diversamente sanzionato dall’art. 10bis della legge n. 212/2000, laddove la prima delle citate disposizioni è volta a stabilire la regola secondo cui, ai fini della determinazione dell’imposta di registro, la qualificazione
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dell’atto deve avvenire in base alla sua intrinseca portata ed effetti. Data pubblicazione 23/07/2025
Con la sesta doglianza, avanzata ai sensi 360, primo comma, num. 3, c.p.c., le società hanno eccepito la violazione e falsa applicazione degli artt. 37bis d.P.R. n. 600/1973 e 10bis della legge n. 212/2000, osservando che la sentenza impugnata, nel riconoscere una forma di elusione fiscale, avrebbe omesso di indagare sull’assenza delle ragioni economiche della complessiva operazione.
Con la settima ed ultima censura, questa volta avanzata ai sensi 360, primo comma, num. 5, c.p.c., le ricorrenti si son dolute dell’omesso esame delle circostanze che avrebbero potuto indurre i giudici a ritenere provata la logica aziendale posta a base delle operazioni realizzate ed il fine imprenditoriale coltivato.
Il ricorso va accolto, sulla base del criterio della ragione più liquida, in relazione al suo quinto ed assorbente motivo, che attiene alla dedotta violazione dell’art. 20 T.U.R.
In punto di fatto è pacifico che la liquidazione della maggiore imposta di registro oggetto di impugnazione sia avvenuta attraverso l’opera di riqualificazione delle suindicate varie operazioni negoziali, rappresentate dall’atto di cessione del ramo di azienda del 13 aprile 2010, da quello integrativo del 14 aprile 2011 e dalle plurime cessioni dei veicoli nel frattempo intervenute.
Ricorre, allora, l’orientamento di questa Corte progressivamente consolidatosi all’esito delle modifiche legislative nelle more sopraggiunte, degli interventi della Corte costituzionale e della Corte di giustizia europea, che in tale sede va confermato nei termini che seguono.
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È stato più volte chiarito e ribadito che, alla luce delle previsioni dell’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonché degli interventi del Giudice delle leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158 e Corte Cost., 16 marzo 2021, n. 39), l’oramai consolidato orientamento di questa Corte è nel senso che « l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che ‘l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi’» (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1° aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901)» (cfr. Cass., Sez. T, 12 agosto 2024, n. 22666; nello stesso senso, Cass. Sez. T, 21 febbraio 2024, nn. 4607 e 4650; Cass., Sez. T, 15 febbraio 2025, n. 3855; Cass., Sez. T, 15 febbraio 2025, n. 3856). Numero di raccolta generale 20879/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
10. Nello specifico, riportandosi ai più ampi contenuti di tali pronunce, è stato precisato che:
– «l’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: ‘L’articolo 1, comma 87, lettera a ), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131’»; Numero sezionale 3398/2025 Numero di raccolta generale 20879/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali;
con la pronuncia del 16 marzo 2021 n. 39 la Corte costituzionale ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a , nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dichiarandola manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione interpretativa, considerando il suddetto intervento normativo aver assunto un carattere di sistema e giustificato sul piano della ragionevolezza anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei «motivi imperativi di interesse generale» desumibili dall’art. 6 della Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica
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Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065); Data pubblicazione 23/07/2025
-il Giudice eurounitario ha dichiarato la manifesta irricevibilità del rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di giustizia dell’Unione Europea sulla questione «se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, lettera a ), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all’Amministrazione finanziaria di qualificare l’operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni – con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea» (Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283); e ciò, ritenendo la Corte di giustizia europea che, «non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere» (Corte giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate)» (così, Cass. Sez. T, 6
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marzo 2024, n. 6094 e da ultimo Cass., Sez. T, 15 febbraio 2025, n. 3855 cit.; Cass., Sez. T, 15 febbraio 2025, n. 3856 cit.). Numero di raccolta generale 20879/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Nel medesimo senso è stato ulteriormente chiarito che, fermo restando che nella lettera e nella ratio dell’art. 20 Tur (‘L’imposta deve essere applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente’) sopravvive in effetti il basilare principio di prevalenza della sostanza sulla forma (e sul nomen attribuito dalle parti all’atto), va tuttavia considerato che questa prevalenza deve comunque originare dalla valutazione degli ‘effetti giuridici’ e non economici dell’atto medesimo (cfr., anche da ultimo, Cass., Sez. T., 6 marzo 2025, n. 6060).
Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Discende da quanto precede che la sentenza impugnata si è rivelata in sopravvenuto contrasto con i principi sopra indicati, interpretando le operazioni negoziali in rassegna nella loro sostanziale unitarietà, in contrasto con la sopravvenuta previsione, avente efficacia retroattiva, dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, comma 1084, della
Numero registro generale 29808/2017
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legge 30 dicembre 2018 n. 145 e quindi l’insuscettibilità di applicare l’imposta sulla base di elementi extratestuali dall’atto tassato desunti da altri atti ad esso collegati. Numero di raccolta generale 20879/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Come avvertito, le ragioni che precedono assorbono l’esame dei restanti motivi.
Il ricorso va, quindi, accolto e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari accertamento in fatto, la causa va anche decisa nel merito, accogliendo l’originario ricorso proposto dalle contribuenti ed annullando l’avviso di liquidazione impugnato.
I sopravvenuti interventi normativi e delle pronunce del Giudice delle leggi, su cui si è basata la presente decisione, inducono a compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dalle ricorrenti ed annulla l’avviso di liquidazione impugnato.
Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 maggio 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME