Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32290 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32290 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ART. 20 D.P.R. 26 APRILE 1986, N. 131
sul ricorso iscritto al n. 6586/2020 del ruolo generale, proposto
DA
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO i n persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante, dr. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina
poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
E
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Firenze, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante, dr. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) ed NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTI -RICORRENTI INCIDENTALI – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1740/3/2018 depositata il 7 novembre 2018.
LETTE le motivate conclusioni scritte del sostituto procuratore generale, NOME COGNOME depositate in data 5 settembre 2024, con cui ha chiesto di rigettare il ricorso principale e di dichiarare assorbito l’esame di quelli incidentali.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva gli appelli (riuniti) proposti dalle contribuenti avverso la sentenza n. 729/5/2017 della Commissione tributaria provinciale di Torino, che aveva respinto i loro ricorsi contro l’avviso di liquidazione indicato in atti, con cui l’Ufficio aveva riqualificato come cessione di ramo d’azienda la complessiva operazione negoziale intercorsa tra le
due società, costituita da un primo conferimento da parte del socio RAGIONE_SOCIALE di un ramo d’azienda alla RAGIONE_SOCIALE, seguito dalla cessione, da parte di RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, della propria partecipazione al capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE
1.1. Nello specifico, il Giudice regionale riteneva che la nuova formulazione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (come novellata dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205) non avesse efficacia retroattiva, osservando poi, sulla base della precedente versione della norma, che « nella presente fattispecie gli atti registrati sono due e distinti, trattasi di un conferimento e una cessione di partecipazioni, questi, avendo effetti giuridici differenti, non possono essere riqualificati dall’ufficio al negozio di cessione di azienda presupponendo una ‘causa reale’ unitaria», aggiungendo che « la causa reale dell’operazione, ricercata dall’Ufficio anche travalicando i singoli contratti è stata definita (ed imposta alle parti) dalla normativa sui ‘golden powers’ e dal relativo DPCM attuativo in termini di conferimento e successiva cessione della partecipazione, non di cessione diretta del ramo di azienda» (così nella sentenza in rassegna priva di numerazione).
Con ricorso notificato alle suindicate controricorrenti in data 7 febbraio 2020, l’Agenzia delle Entrate proponeva impugnazione sulla base di tre motivi di impugnazione.
Resistevano le contribuenti con controricorsi notificati in data 17 marzo 2020, con cui articolavano anche ricorsi incidentali, depositando poi memorie ex art. 380bis .1. c.p.c. in data 26 settembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle Entrate ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e dell’art. 10 -bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, segnalando ai sensi della prima disposizione, nonché dell’art. 1362 c.c., che l’Ufficio, al netto di ogni intento elusivo, era abilitato a considerare l’atto non solo in sé, ma nella sua connessione con altri atti, precedenti o successivi, dovendo aversi riguardo alla causa concreta della complessiva operazione.
Con la seconda censura l’Agenzia delle Entrate ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli art. 1325 c.c., 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 1 d.l. 15 marzo 2012, n. 21 convertito in legge 11 maggio 2012, n. 56, osservando che la volontà effettiva delle parti era quella di cedere l’azienda e non la partecipazione sociale, non avendo rilievo, ai fini fiscali, la normativa pubblicistica relativa ai poteri speciali del Governo sulle imprese strategiche.
Con la terza doglianza l’Ufficio ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, denunciando l’omessa motivazione della sentenza nella parte in cui il Giudice regionale aveva ritenuto che la necessaria approvazione governativa dell’operazione aveva inciso sulla volontà delle parti, inducendole ad optare per la struttura bifasica dell’operazione.
Sia RAGIONE_SOCIALE che RAGIONE_SOCIALE hanno avanzato ricorsi incidentali (la prima in termini dichiaratamente condizionati) contro la citata pronuncia, in base al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 3,
c.p.c., per violazione degli artt. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 , come interpretato in via autentica dall’art. 1, comma 87, lett. a), l. 27 dicembre 2017, n. 205, nonché per la sopravvenuta violazione dell’art. 1, comma 1089, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
Il ricorso principale va respinto per le seguenti ragioni, con cui si esaminano unitariamente le censure sopra riportate.
Va, infatti, dato seguito all’oramai consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, alla luce delle previsioni dell’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonché degli interventi del Giudice delle leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158 e Corte Cost., 16 marzo 2021, n. 39), « l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che ‘l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi’ (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1° aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901)» (cfr. Cass.,
Sez. T, 12 agosto 2024, n. 22666; nello stesso senso, Cass. Sez. T, 21 febbraio 2024, nn. 4607 e 4650).
In sintesi e riportandosi ai contenuti di tali pronunce, è stato chiarito che:
«l’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: «L’articolo 1, comma 87, lettera a ), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131»;
la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali;
con la pronuncia del 16 marzo 2021 n. 39 la Corte Costituzionale ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a, nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dichiarandola manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione interpretativa, considerando il suddetto intervento normativo aver assunto un carattere di sistema e giustificato sul piano della ragionevolezza anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei «motivi imperativi di interesse generale»
desumibili dall’art. 6 della Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065);
– va aggiunto, per completezza, che, in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione «se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all’Amministrazione finanziaria di qualificare l’operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni – con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea» (v. Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283), il giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, «non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una
risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere» (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate)» (così, Cass. Sez. T, 6 marzo 2024, n. 6094).
Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Discende da quanto precede che i motivi di impugnazione si pongono in sopravvenuto contrasto con i principi sopra indicati, seguitando ad interpretare le due operazioni negoziali in rassegna nella loro sostanziale unitarietà, trascurando di considerare l’applicabilità retroattiva dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145 e, quindi, l’insuscettibilità di applicare l’imposta sulla base di elementi extratestuali dall’atto tassato desunti da altri atti ad esso collegati.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso principale va respinto.
Resta assorbito nelle valutazioni che precedono l’esame dei ricorsi incidentali.
Le spese del presente grado di giudizio vanno compensate in considerazione del sopravvenuto intervento del Giudice delle leggi.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 ottobre