Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6000 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 06/03/2025
Registro INVIM Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6484/2020 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate (c.f.: 06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f.: 80224030587), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO ope legis domicilia (p.e.c.: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. 13276130153), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del prof. avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL e dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) che la rappresentano e difendono;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2865/2019, depositata il 2 luglio 2019, della Commissione tributaria regionale della Lombardia; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del l’otto ottobre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
Rilevato che:
– con sentenza n. 2865/2019, depositata il 2 luglio 2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, così confermando il decisum di prime cure recante accoglimento dell’impugnazione di un avviso di liquidazione emesso, per il recupero a tassazione delle imposte di registro ed ipocatastali dovute dalla contribuente, dietro riqualificazione della complessiva operazione negoziale realizzata dalle parti in termini di cessione di ramo di azienda;
1.1 -il giudice del gravame ha considerato che:
«Con atto del 19.6.2013 la società RAGIONE_SOCIALE ha conferito nella società neocostituita RAGIONE_SOCIALE le licenze commerciali e i contratti con i terzi fornitori inerenti al ramo d’azienda denominato “RAGIONE_SOCIALE” avente per oggetto la gestione del parco commerciale sito in Giugliano.
Con scrittura privata del 3.10.2013 la RAGIONE_SOCIALE ha ceduto la quota di partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, società che agiva in nome e per conto del fondo di investimento immobiliare RAGIONE_SOCIALE
Con atto del 3.10.2013 la RAGIONE_SOCIALE ha conferito nel fondo di investimento RAGIONE_SOCIALE il complesso immobiliare ad uso commerciale facente parte del parco commerciale sito in Giugliano, località Chiatano.»;
la causa petendi dell’atto impositivo si fondava sul collegamento negoziale che era stato realizzato partendo dalla «cessione del ramo d’azienda e delle licenze commerciali a favore della neo costituita RAGIONE_SOCIALE, esaminando la successiva cessione di partecipazioni societarie della RAGIONE_SOCIALE a Morgan Stanley Sgr ed il conseguente conferimento dei beni immobili nel fondo di investimento RAGIONE_SOCIALE», operazione complessiva, questa, che l’Agenzia aveva riqualificato «come cessione d’azienda con conferimento di beni immobili da sottoporre ad imposta proporzionale, anziché fissa.»;
-siffatta riqualificazione non trovava fondamento nella riformulazione normativa del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, atteso che, avuto riguardo alle intervenute modifiche normative, «l’individuazione della natura intrinseca e degli effetti giuridici dell’atto soggetto a registrazione deve basarsi esclusivamente sugli elementi desumibili dall’atto presentato per la registrazione, escludendo l’esame e la valutazione, sia di elementi extra-testuali, sia di ulteriori e differenti atti, ancorché ad esso collegati.»;
-l’ Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
Considerato che:
– col primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, e dell’art. 53 Cost., sull’assunto che erroneamente il giudice del gravame aveva escluso la legittimità di un’unitaria riqualificazione dei plurimi atti negoziali posti in essere tra le parti sulla base della riformulazione dell’art. 20, cit., il cui contenuto prescrittivo rimaneva suscettibile di un’interpretazione costituzionalmente orientata;
-il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, alla l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a ), ed alla l. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, assumendo la ricorrente che l’esclusiva rilevanza, a fini di tassazione, degli elementi testuali, così come prescritta dall’art. 20, cit., non può precludere una (legittima) distinzione da correlare alla volontà contrattuale delle parti, come oggetto di interpretazione, e (così) la rilevanza, a fini impositivi, di quegli elementi (cd. infracontestuali) che necessariamente concorrono alla ricostruzione della volontà delle parti, così che il divieto normativo dovrebbe attingere (solo) quegli elementi extratestuali ( recte extracontestuali) «che sono del tutto estranei dall’ambito della volontà ricostruibile sulla base delle regole interpretative»;
-i due motivi -che vanno congiuntamente esaminati in quanto attingono la medesima quaestio iuris di fondo -sono destituiti di fondamento e vanno senz’altro disattesi;
– il testo originario del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 (in buona sostanza riproduttivo del previgente d.P.R. n. 634 del 1972, art. 19) disponeva che «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.»;
la Corte, in relazione alla portata applicativa di detta disposizione, ha avuto modo di precisare che la stessa ha natura di regola interpretativa e non di norma antielusiva, sicché l’Amministrazione finanziaria può procedere alla riqualificazione del negozio senza necessità di un previo contraddittorio endoprocedimentale (Cass., 13 ottobre 2020, n. 22037; Cass., 30 maggio 2018, n. 13610; Cass., 9 aprile 2018, n. 8619; Cass., 9 gennaio 2018, n. 313; Cass., 19 giugno 2013, n. 15319); e, per quel che qui più rileva, che detta disposizione
deve essere intesa nel senso che, nell’attività di qualificazione degli atti negoziali, l’Ufficio è tenuto ad attribuire rilievo preminente alla causa reale del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali tra loro collegate, così che l’Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società, senza essere tenuta a provare l’intento elusivo delle parti, attesa l’identità della funzione economica dei due contratti, consistente nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell’azienda da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo o individuo (v. Cass., 2 dicembre 2015, n. 24594; Cass., 20 maggio 2009, n. 11666; v. altresì , ex plurimis , – in relazione a fattispecie, oggetto di riqualificazione, relative a conferimenti societari di azienda correlati a cessioni di partecipazioni sociali, – Cass., 30 maggio 2018, n. 13610; Cass., 15 marzo 2017, n. 6758; Cass., 18 maggio 2016, n. 10216; Cass., 19 marzo 2014, n. 6405; Cass., 14 febbraio 2014, n. 3481; Cass., 19 marzo 2013, n. 6835; per il rilievo che la riqualificazione, ex art. 20, cit., «non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile» salva la prova di un disegno elusivo e delle modalità di manipolazione ed alterazione degli schemi negoziali classici, v. Cass., 27 gennaio 2017, n. 2054 cui adde Cass., 10 marzo 2020, n. 6790, in motivazione; Cass., 15 gennaio 2019, n. 722);
3.1 -la l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a ), ha, quindi, ridisegnato le coordinate regolative dell’art. 20, cit., il cui contenuto ne è uscito riformulato nei seguenti termini: «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso
collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi.»; e detta disposizione – cui la Corte aveva attribuito natura innovativa e, con ciò, non retroattiva (Cass., 9 gennaio 2019, n. 362; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4589; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4407; Cass., 26 gennaio 2018, n. 2007) – ha formato oggetto di un ulteriore intervento da parte del legislatore che, con la l. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, ha precisato che «La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a ), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1.»;
3.2 -le questioni di costituzionalità sollevate nei riguardi della riformulazione dell’art. 20, cit., quale disposizione di interpretazione autentica, sono state, quindi, disattese dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158; Corte Cost. 16 marzo 2021, n. 39); e il Giudice delle leggi ha, in particolare, rimarcato che:
«il senso fatto palese dal significato proprio delle parole della disposizione denunciata (secondo la loro connessione), i correlativi lavori preparatori (in particolare la relazione illustrativa all’art. 1, comma 87, della legge n. 205 del 2017) e tutti i comuni criteri ermeneutici (in particolare, quello sistematico) convergono univocamente nel far ritenere la disposizione oggetto delle questioni come intesa a imporre che, nell’interpretare l’atto presentato a registrazione, si debba prescindere dagli elementi «extratestuali e dagli atti ad esso collegati», salvo quanto disposto dagli articoli successivi del medesimo d.P.R. n. 131 del 1986.»;
-l’interpretazione evolutiva della disposizione di cui all’art. 20, cit., quale sottesa alla ricostruzione operata dalla Corte, «non equivale a priori a un’interpretazione costituzionalmente necessitata» dei parametri costituzionali evocati (art. 3 e art. 53 Cost.), in quanto «è possibile ritenere compatibili con la Costituzione anche nozioni diverse, rispetto a quelle utilizzate dal rimettente, di «atto presentato alla
registrazione» e di «effetti giuridici», in relazione alle quali considerare la capacità contributiva, tenendo conto dell’individuazione delle voci in tariffa distintamente stabilite dal testo unico dell’imposta di registro.
Tali possibili diverse nozioni, convalidate dalla novella censurata, riguardano lo stesso presupposto d’imposta individuato dall’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, che deve essere vagliato alla luce della disciplina del tributo nel suo complesso.»;
-gli interventi normativi che hanno inciso sull’originaria formulazione dell’art. 20, cit., «nel confermare la tassazione isolata del negozio veicolato dall’atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili», risultano coerenti «con i principi ispiratori della disciplina dell’imposta di registro e, in particolare, con la natura di ‘imposta d’atto’ storicamente riconosciuta al tributo di registro dopo la sostanziale evoluzione da tassa a imposta. Per quanto possa apparire, de iure condendo , in parte obsoleta rispetto all’evoluzione delle tecniche contrattuali, tale natura non risulta superata dal legislatore positivo tenuto conto dell’attuale impianto sistematico della disciplina sostanziale e procedimentale dell’imposta di registro.»;
detti interventi – in quanto volti ad escludere il rilievo di elementi extratestuali e di atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto sottoposta a registrazione – sono, quindi, finalizzati «a ricondurre il citato art. 20 all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione (ovverossia al gestum , rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico), senza che possano essere svolte indagini circa effetti ulteriori, salvo che ciò sia espressamente stabilito dalla stessa disciplina del testo unico. … le ipotesi riconducibili all’accezione restrittiva ge nerale della nozione di «atto» presentato alla
registrazione sono individuabili solo al di fuori di quelle, espressamente regolate dallo stesso testo unico, che ammettono la rilevanza degli effetti di separati atti o fatti collegati o, in altri termini, di vicende rientranti nel complessivo programma di azione costituito da un precedente negozio, che incideranno sul regime fiscale di quest’ultimo o comporteranno trattamenti d’imposta diversificati.»; da tanto conseguendo che «il criterio di qualificazione e di sussunzione in via interpretativa risulta omogeneo a quello della tipizzazione, secondo le regole del testo unico e in ragione degli effetti giuridici dei singoli atti distintamente individuati dal legislatore nelle relative voci di tariffa ad esso allegata.»;
-«l’interpretazione evolutiva, patrocinata dal rimettente, di detto art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, incentrata sulla nozione di ‘causa reale’, provocherebbe incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10 -bis della legge n. 212 del 2000. Infatti, consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale stabilita a favore del contribuente e, dall’altro, di sv incolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al medesimo contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’U nione europea).» (così Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158);
3.3 -la giurisprudenza della Corte, successiva alla riformulazione dell’art. 20, cit., ed agli interventi della Corte costituzionale, ha rimarcato che il ricordato principio giurisprudenziale del rilievo preminente da attribuire alla «causa reale» del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti (cd. prevalenza della sostanza sulla forma), può continuare ad essere fatto valere dall’amministrazione – con riferimento agli effetti
giuridici dell’atto presentato per la registrazione – seppur nei (più ristretti) limiti della unicità del dato documentale ( instrumentum ) che non consente più la considerazione di elementi extra -testuali e impone un’interpretazione ab intrinseco del gestum (v. Cass., 28 gennaio 2022, n. 2677; Cass., 22 aprile 2021, n. 10688; Cass., 1 aprile 2021, n. 9065); nonché che la funzione antielusiva deve essere fatta valere dietro applicazione della l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10bis (Cass., 22 aprile 2021, n. 10688, cit.; v. altresì, in motivazione, Cass., 20 luglio 2023, n. 21535).
3.4 -nella fattispecie va, pertanto, rimarcato, per un verso, che -dovendosi aver riguardo agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione -la tassazione di registro dell’atto di cessione (sia pur totalitaria) delle quote sociali andava strettamente correlata all’atto tipico presentato per la registrazione e, dunque, ai suoi effetti giuridici che hanno ad oggetto la partecipazione societaria e non anche l’azienda che rimane nella titolarità del soggetto collettivo, così senz’alcuna considerazione, nell’interpretazione dello stesso atto di cessione, della sostanza economica dell’operazione (in tesi) perseguita dai contraenti; e, per il restante, che la funzione antielusiva -in tesi prospettabile in relazione alla complessiva operazione economica perseguita dalle parti e, quindi, avuto riguardo al collegamento funzionale che, ai fini di detto risultato (riqualificato in termini di cessione di azienda), è stato individuato nell’atto impositivo – non poteva che essere perseguita secondo i presupposti sostanziali, e la disciplina procedimentale, posta dalla l. n. 212 del 2000, art. 10bis , una volta esclusa, ad ogni modo, la legittimità di un’interpretazione dell’atto registrato complementare a quella desumibile da elementi extra -testuali;
4. -le spese del giudizio vanno integralmente compensate tra le parti in considerazione del sovrapporsi in corso di causa, sull’orientamento di legittimità di cui sopra s’è dato conto, di interventi
normativi, e di conseguenti pronunce del Giudice delle Leggi, che hanno conferito alla res controversa profili di novità con mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti in contestazione tra le parti;
– non sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater ), trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis , Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
–
compensa, tra le parti, le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 8 ottobre