Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32653 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32653 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ART. 20 D.P.R. 26 APRILE 1986, N. 131
sul ricorso iscritto al n. 37898/2019 del ruolo generale, proposto
DA
l ‘ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del suo procuratore speciale, dr. NOME COGNOME in forza di atto per notar NOME COGNOME del 9 novembre 2018 (rep. 13.376 racc. 7.519), nonché RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del suo amministratore unico e
legale rappresentante pro tempore , dr. NOME COGNOME rappresentate e difese, in ragione di procure speciali e nomine poste in calce al controricorso, dal prof. avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTI –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 2300/6/2018, depositata il 1° ottobre 2018.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 95/10/2014 della Commissione tributaria provinciale di Bologna, che aveva accolto il ricorso avanzato dalle contribuenti contro l’avviso di liquidazione indicato in atti, con cui l’Ufficio, aveva riqualificato come cessione di ramo d’azienda la complessiva operazione negoziale intercorsa tra le due società, costituita dal conferimento, in data 3 aprile 2010 da parte del socio RAGIONE_SOCIALE, di un ramo azienda (del valore di 1.900.000,00 €) per l’aumento di capitale della società RAGIONE_SOCIALE seguito, in data 30 aprile 2010, dalla cessione, da parte di RAGIONE_SOCIALE ed a favore di RAGIONE_SOCIALE, delle azioni della RAGIONE_SOCIALE possedute dalla cedente;
1.1. Nello specifico, il Giudice regionale riteneva corretto il riferimento operato dall’Ufficio all’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nella sua formulazione vigente all’epoca dei predetti atti, « nel caso in cui gli effetti degli atti concretamente
realizzati siano in realtà sovrapponibili a quelli conseguibili dal negozio diretto» (v. pagina n. 2 della sentenza in rassegna), negando, tuttavia, nella fattispecie in esame, la suddetta sovrapponibilità, in ragione del rilievo secondo il quale « tutta una serie di elementi consigliavano le società contribuenti di procedere proprio con le modalità » prescelte, in quanto «L’operazione indicata come corretta dall’AE avrebbe comportato un doppio passaggio di titolarità delle componenti del ramo (con conseguenti evidenti problematiche in tema di dipendenti, clienti e fornitori», senza trascurare di considerare che «In caso di cessione di azienda la società acquirente avrebbe dovuto onerarsi di tutta una serie di adempimenti in ordine all’organizzazione della gestione dei beni, mentre in caso di acquisto per partecipazione aziendale permane una separazione dei rischi di impresa in relazione alle società collegata» (v. pagine nn. 2 e 3 della pronuncia in oggetto).
Con ricorso notificato alle suindicate controricorrenti in data 2 dicembre 2019, usufruendo del termine di sospensione di nove mesi previsto dall’art. 6, comma 11, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 per i termini in scadenza dal 24 ottobre 2018 e sino al 31 luglio 2019, l’Agenzia delle Entrate proponeva impugnazione sulla base di un unico motivo di impugnazione.
Resistevano le contribuenti con controricorso notificato in data 10/15 gennaio 2020, depositando in data 25 settembre 2024 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle Entrate ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, segnalando che l’Agenzia ha riqualificato
l’operazione complessiva realizzata dalle suindicate società attraverso i menzionati negozi giuridici, segnalando che detta operazione di riqualificazione del complessivo assetto negoziale era consentita dalla precedente versione dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e che questa Corte aveva sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 20, quale risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145) reputando quindi errata la valutazione atomistica operata dal Giudice regionale.
2. Il ricorso va respinto per le seguenti ragioni.
3 . Va dato seguito all’oramai consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, alla luce delle previsioni dell’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nonché degli interventi del Giudice delle leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158 e Corte Cost., 16 marzo 2021, n. 39), « l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che ‘l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi’ (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1° aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2
dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901)» (cfr. Cass., Sez. T, 12 agosto 2024, n. 22666; nello stesso senso, Cass. Sez. T, 21 febbraio 2024, nn. 4607 e 4650).
In sintesi e riportandosi ai contenuti di tali pronunce, è stato chiarito che:
«l’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: «L’articolo 1, comma 87, lettera a ), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131»;
la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali;
con la pronuncia del 16 marzo 2021 n. 39 la Corte Costituzionale ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a ), nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dichiarandola manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione
interpretativa, considerando il suddetto intervento normativo aver assunto un carattere di sistema e giustificato sul piano della ragionevolezza anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei «motivi imperativi di interesse generale» desumibili dall’art. 6 della Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065);
– va aggiunto, per completezza, che, in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione «se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all’Amministrazione finanziaria di qualificare l’operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni – con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea» (v. Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283), il giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, «non avendo il giudice del rinvio esposto in modo
sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere» (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate)» (così, Cass. Sez. T, 6 marzo 2024, n. 6094).
Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Discende da quanto precede che il motivo di impugnazione si pone in sopravvenuto contrasto con i principi sopra indicati, seguitando ad interpretare le due operazioni negoziali in rassegna nella loro sostanziale unitarietà, trascurando di considerare l’applicabilità retroattiva dell’art. 20 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145 e, quindi, l’insuscettibilità di applicare l’imposta sulla base di elementi extratestuali dall’atto tassato desunti da altri atti ad esso collegati.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso va respinto.
Le spese del presente grado di giudizio vanno compensate in considerazione del sopravvenuto intervento del Giudice delle leggi.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 ottobre