Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18372 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18372 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9015/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avv. NOMESCLGRL62E12H501R)
ESCALAR
-ricorrente-
contro
COMUNE DI PERO, rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LOMBARDIA n. 3017/2023 depositata il 10/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello proposto dalla società contribuente, con la conferma della decisione di primo grado che aveva rigettato l’originario ricorso introduttivo avverso gli avvisi di accertamento per IMU 2013 e 2014 per un terreno ritenuto edificabile;
ricorre in cassazione la società contribuente con 5 motivi di ricorso, che illustra con memoria;
resiste con controricorso il Comune di Pero che preliminarmente chiede di dichiarare inammissibile il ricorso (per esistenza di una duplice decisione conforme di merito), in subordine chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso, benché ammissibile, contrariamente a quanto eccepito in controricorso, in quanto calibrato su deduzioni di violazione di legge, sostanziale o processuale, risulta infondato e deve respingersi, con la condanna al pagamento delle spese di lite; raddoppio del contributo unificato.
I primi due motivi, logicamente connessi, si trattano unitariamente.
Con il primo motivo la ricorrente prospetta la violazione degli art. 2, d. lgs. n. 504 del 1992, art. 817 cod. civ. e 62 d. lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha valutato le prove e ha, con valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità, ritenuto che il terreno in oggetto non poteva considerarsi pertinenza del fabbricato.
La sentenza non afferma (come prospettato dalla ricorrente) che la semplice omessa dichiarazione del terreno, da parte della contribuente, fosse prova della natura edificabile del terreno (non pertinenza del fabbricato), ma ha valutato la omessa dichiarazione del terreno quale uno degli elementi (sotto il profilo dell’elemento soggettivo della pertinenzialità) per la considerazione del terreno quale edificabile e non quale pertinenza del fabbricato.
La decisione evidenzia come mancano le prove (a carico della contribuente) sia dell’elemento oggettivo (la destinazione in modo durevole del terreno al servizio del fabbricato), ricorrendo, nel caso in esame, «un mero collegamento materiale agevolmente rimovibile (come è certamente la mera recinzione, presente nel caso di specie)», sia di quello soggettivo (volontà di destinare il terreno a servizio del fabbricato) per considerare il terreno una pertinenza.
La sentenza, infine, evidenzia come la società contribuente aveva richiesto titoli edilizi per il terreno in oggetto sia nel 2017 sia nel 2019, permesso di costruire (peraltro concesso dal Comune).
Infatti, questa Corte di Cassazione, con un orientamento consolidato, al quale si deve dare continuità, ha ritenuto che per rendere pertinenza un’area edificabile (ritenuta tale dal piano regolatore, come nel caso in giudizio, circostanza non contestata) è necessario che intervenga un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi in concreto e stabilmente lo ius edificandi e non sia possibile una destinazione diversa senza una radicale trasformazione del bene: «In tema di ICI, l’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, nell’escludere l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, fonda l’attribuzione della qualità di pertinenza sul criterio fattuale correlato alla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio o ornamento di un’altra, in conformità all’art. 817 c.c., con la conseguenza che, per qualificare come pertinenza di un fabbricato un’area edificabile, è necessario che intervenga un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che
sterilizzi in concreto e stabilmente lo “ius edificandi” e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale, rimovibile “ad libitum”. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva negato la sussistenza di un rapporto pertinenziale di un’area edificabile rispetto ad un fabbricato adibito a centro di smistamento della corrispondenza, non risultando tale vincolo dalla relativa dichiarazione del contribuente, il quale, peraltro, aveva manifestato la volontà di utilizzare la stessa area a scopo edificatorio)» (Sez. 5, Sentenza n. 13742 del 22/05/2019, Rv. 654117 -01; vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 25170 del 08/11/2013, Rv. 628984 – 01).
1. Infondato anche il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2, d. lgs. 504 del 1992 e 817 cod. civ. e 62 d. lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.). Per la ricorrente il terreno risulta accatastato unitariamente al fabbricato e il valore del terreno sarebbe incorporato nella relativa rendita catastale (unitariamente per la costruzione e per il terreno).
La pertinenzialità di un terreno ad un fabbricato non deriva dalla considerazione unitaria nel catasto, ma dalla oggettiva situazione degli immobili, che nel caso è stata ritenuta non idonea a far qualificare il terreno pertinenza dell’opificio (vedi Cass. Sez. 5, ordinanza n. 4455 del 20 febbraio 2024).
Il terzo motivo (nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132 c.p.c. in relazione al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. e dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992 perché la CGT2 avrebbe reso una motivazione meramente apparente) è infondato.
I giudic i d’appello, là dove hanno stabilito che «Quanto alla determinazione della rendita catastale del fabbricato ai fini della quantificazione dell’IMU, che ha visto inglobato il valore dell’area in questione, l’eventuale erronea determinazione del dovuto tradottasi
in un maggior eventuale versamento da parte della contribuente, al più potrà legittimare una richiesta di parziale rimborso; ma certamente non può di per sé escludere l’obbligo di versare l’IMU dovuta sull’area in questione, autonomamente considerata in quanto edificabile, in assenza di formale dichiarazione di vincolo di pertinenzialità, in presenza di una mera recinzione e oggetto di richiesta di permesso a costruire», hanno argomentatamente esposto le ragioni del loro convincimento.
La statuizione, oltre che chiara e intelligibile, è anche conforme a legge.
Il che esclude la fondatezza del quarto motivo di ricorso, col quale si deduce, in relazione alla statuizione in questione, ‘ la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 5, 11 e 12 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, del comma 161 dell’art. 1 della l. 27 dicembre 2006, n. 596 e dell’art. 53 della Costituzione in relazione al n. 3 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. e all’ art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546′ .
Questa Corte ha di recente ribadito (Cass., Sez. Trib., ordinanza n. 11181 del 28/04/2025; Cass., Sez. Trib., ordinanza n. 14904 del 04/06/2025) che il divieto della doppia imposizione (stabilito dall’art. 67 d.P.R. n. 600/73, a tenore del quale «la stessa imposta non può essere applicata più volte, in dipendenza dello stesso presupposto ») è configurabile soltanto quando l’Amministrazione recla mi il pagamento di un tributo dopo aver esercitato ed esaurito il potere impositivo rispetto allo stesso tributo e non anche nell’ipotesi di autoliquidazione, in ragione dell’inidoneità di tale comportamento a vincolare l’Amministrazione, precludendole di far valere la pretesa tributaria in conformità alla disciplina normativa (cfr., sul principio, Cass., Sez. 5, sentenza n. 25498 del 18/12/2015 (Rv. 638182 – 01).
È stato così chiarito che la doppia imposizione si verifica soltanto nell’ipotesi di due avvisi di accertamento che assoggettino a tassazione il medesimo presupposto (Cass., Sez. 5, ordinanza n.
27625 del 30/10/2018 (Rv. 651079 – 01) e Cass., Sez. VI-5, ordinanza n. 13503 del 29/05/2018 (Rv. 648690 -01).
Nel caso che occupa non ricorre la dedotta duplice tassazione, avendo il Comune esercitato il potere impositivo solo con gli avvisi impugnati. Lo stesso rilievo della contribuente circa la consistenza catastale del bene (inclusiva delle menzionate aree scoperte nella misura d i ‘quasi il 30 % ‘ della complessiva consistenza) dà, peraltro, conto di una considerazione non solo forfettaria dell’area, ma soprattutto basata su di un presupposto (la natura pertinenziale) diverso da quello (area scoperta fabbricabile) posto a base della tassazione dal Comune, il che vale ad escludere, per quanto sopra detto, che sul punto possa ipotizzarsi, sul versante giuridico, una doppia imposizione.
D’altronde, si è anche precisato, la base imponibile dell’IMU non è costituita dalla rendita catastale, ma dal valore venale dell’area edificabile (Sez. Trib., ordinanza n. 4455 del 15/02/2024).
Irrilevante, anche, la graffatura catastale, che non incide sul valore dell’area edificabile, avendo un valore solo formale: « In tema d’ICI, l’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, che esclude l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, fonda l’attribuzione della qualità di pertinenza su un criterio oggettivo e fattuale, ossia sulla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra in applicazione dell’art. 817 c.c., e su uno soggettivo, consistente nella volontà di dar vita ad un vincolo di accessorietà durevole, senza che rilevi l’intervenuta graffatura catastale, che ha esclusivo rilievo formale, sicché, anche in tale ipotesi, permane a carico del contribuente l’onere di provare la ricorrenza in concreto dei predetti presupposti» (Cass. Sez. 5, 21/09/2016, n. 18470, Rv. 640976 -01; vedi anche Cass. Sez. 5, 30/10/2018, n. 27573, Rv. 650959 -01, nonché Cass., Sez. Trib., n. 11181/25, cit.; Cass., Sez. Trib., n. 14904/25, cit.; Cass., Sez. Trib., ordinanza n. 11176 del 28/04/2025).
Il quinto motivo è infondato (nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e 62 d. lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; omessa pronuncia sul secondo motivo di appello perché il Comune con le controdeduzioni depositate in primo grado avrebbe ridotto la propria domanda originaria, rinunciando in parte alla pretesa impositiva originaria fatta valere con l’avviso di accertamento per IMU relativa al periodo di imposta 2013).
Infondata la preliminare eccezione del controricorrente di inammissibilità per la mancata proposizione della questione con l’atto di appello; la questione è stata proposta con l’appello, tanto che la stessa sentenza oggi impugnata affronta il problema, sollevato con l’impugnazione.
La ricorrente aveva chiesto con l’appello di valutare la doppia imposizione dell’area in oggetto, nella rendita del fabbricato e autonomamente nell’avviso di accertamento impugnato, senza considerare (scorporare) il valore già incluso nella rendita catastale sulla quale era stata già versata l’imposta: ‘il valore dell’intero terreno è già stato assoggettato ad IMU, unitamente al fabbricato che su di esso insiste’.
In realtà, dalla lettura delle controdeduzioni si ricava soltanto che il Comune ‘si rende disponibile a procedere al ricalcolo dei valori venali dell’area’, insistendo comunque per il rigetto del ricorso.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.410,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/01/2025.