Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2722 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2722 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, che ha indicato recapito EMAIL, ed elettivamente domiciliata presso il AVV_NOTAIO, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 5503, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 4.2.2016, e pubblicata il 14.6.2016;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
OGGETTO: Società – Ires, Irap 2009/2011 -Transazioni commerciali con Paesi inclusi in black list – Deducibilità dei costi – Condizioni.
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE notificava al RAGIONE_SOCIALE, separati avvisi di accertamento recanti n. NUMERO_DOCUMENTO/13 (Ires ed Irap 2009), n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO (Ires ed Irap 2010), e n. NUMERO_DOCUMENTO (Ires ed Irap 2011), con i quali disconosceva la deducibilità dei costi dichiarati in relazione ad operazioni commerciali di acquisto di diamanti concluse con la RAGIONE_SOCIALE, avente sede negli Emirati Arabi Uniti, Paese incluso nella c.d. black list . Con riferimento all’anno 2009 erano ripresi a tassazione anche maggiori ricavi non dichiarati, ed in relazione agli anni 2010 e 2011 erano disconosciuti ulteriori costi perché non documentati (controric., p. 1).
La società ed il socio COGNOME NOME (in relazione all’anno 2011), nonché COGNOME NOME, quale erede del socio COGNOME NOME (con riferimento agli anni 2009-2011), impugnavano gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta. La CTP riuniva i ricorsi e li rigettava.
Spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio la società, in relazione alla sola ripresa a tassazione dei costi indicati come dipendenti dall’acquisto dei diamanti. COGNOME NOME e COGNOME NOME non proponevano impugnazione. La CTR confermava la decisione della CTP, e pertanto la piena validità ed efficacia degli atti impositivi.
La società ha introdotto ricorso per cassazione avverso la decisione adottata dalla RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a tre motivi di impugnazione. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del D.Lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 342 cod. proc. civ., per avere la CTR affermato l’inammissibilità dei motivi di ricorso proposti dalla società in sede
di gravame, perché meramente riproduttivi RAGIONE_SOCIALE contestazioni proposte con il ricorso introduttivo del primo grado del giudizio.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione dell’art. 110, commi 10 ed 11, del Dpr n. 917 del 1986, per avere il giudice dell’appello erroneamente statuito che, affinché i costi sostenuti per operazioni commerciali concluse con partner commerciali residenti in Paesi inclusi nella c.d. black list possano considerarsi deducibili, occorre la prova sia dell’effettiva operatività del partner commerciale RAGIONE_SOCIALE e della effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni commerciali, sia dell’interesse economico dell’acquirente italiano alla stipula dei negozi di acquisto.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la società critica l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere il giudice del gravame erroneamente affermato che l’unico elemento dimostrato dalla contribuente per provare il proprio diritto alla deducibilità dei costi consista nella ‘interrogazione del 2013 del link dell’RAGIONE_SOCIALE‘ (ric., p. 31).
Mediante il primo strumento di impugnazione la contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per aver affermato l’inammissibilità dei motivi di ricorso introdotti dalla società in sede di gravame, in quanto meramente riproduttivi RAGIONE_SOCIALE contestazioni proposte con il ricorso introduttivo del primo grado del giudizio.
4.1. Il giudice dell’appello scrive in proposito, soltanto, che ‘l’art. 53 del dlg.vo 546/92 dispone che i motivi di appello devono essere specificati rispetto alla sentenza impugnata a pena di inammissibilità. Quindi i motivi relativi all’atto impositivo e costituenti già contenuto del ricorso di primo grado, sono da ritenersi non idonei per l’esame dell’appello, che risulta essere
niente altro che una fotocopia del ricorso di primo grado’ (sent. CTR, p. III).
4.2. La contribuente ha trascritto nella sua impugnazione per cassazione ampi brani del proprio ricorso in appello, da cui emergono con chiarezza le critiche proposte, e le censure espresse in questa sede sono pertanto ammissibili.
4.3. Occorre premettere che la decisione impugnata appare di difficile interpretazione, perché non indica a quali contestazioni proposte con il ricorso introduttivo del primo grado del giudizio intenda operare riferimento, perché non le indica, e successivamente pronuncia anche nel merito sulle questioni sollevate dalla ricorrente.
Le censure proposte in questa sede dalla ricorrente appaiono comunque condivisibili, perché non viola il principio di specificità dei motivi di impugnazione la riproposizione in sede di appello di questioni già introdotte nel primo grado del giudizio.
4.3.1. Questo Giudice di legittimità, come segnalato dalla ricorrente, ha già avuto occasione di statuire, condivisibilmente, che ‘sul tema questa Corte, a far tempo dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 28057/08, ha ripetutamente chiarito che, nel processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, ‘RAGIONE_SOCIALE stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dall’art. 53 del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza’, ed atteso altresì ‘il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito’ (cfr. Cass. Sez. VI -5, ord. n. 14908/14). Di conseguenza, se è vero che la specificità dei motivi di appello esige che alla parte
volitiva dell’atto si accompagni una parte argomentativa, che consenta al giudice del gravame di percepire il contenuto RAGIONE_SOCIALE censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. nn. 14031/06, 8771/10, 2180/15), tuttavia tale esigenza non può impedire che il dissenso della parte soccombente investa la decisione impugnata nella sua interezza, perciò assolvendosi pienamente all’onere di specificità dei motivi anche sottoponendo al giudice d’appello le stesse argomentazioni disattese dal primo giudice (Cass. sez. V, nn. 4784/11, 3064/12, 1953/15, 8375/15)’, Cass. sez. V, 9.8.2016, n. 16682.
Peraltro nel caso di specie, dalla lettura dell’atto di appello nelle parti trascritte dalla ricorrente, emerge che la stessa non si è neppure limitata a riprodurre le censure introdotte in primo grado, non mancando di sottoporre a critica le valutazioni espresse dai primi giudici.
Il primo strumento di impugnazione risulta pertanto fondato e deve essere accolto.
4.4. In ordine al secondo e terzo motivo d’impugnazione, occorre ricordare il condivisibile orientamento di questa Corte di legittimità, secondo cui, ‘ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi , abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione’, Cass. sez. I, 15.6.2020, n. 11675, e non si è mancato di chiarire che ‘qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si sia spogliato della potestas iudicandi sul merito della
contro
versia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare tale statuizione, sicché è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale, mentre è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata’, Cass. sez. III, 20.8.2015, n. 17004 (conf. Cass. S.U., 20.2.2007, n. 3840.
Il secondo ed il terzo strumento di impugnazione devono quindi essere dichiarati inammissibili.
5. In definitiva il primo motivo di ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE deve essere accolto, inammissibili gli ulteriori, cassandosi la decisione impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Napoli perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , dichiara inammissibili gli ulteriori, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, l’11.1.2024.