Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 250 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 250 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
RIMBORSO IRAP
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27895/2014 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 110/28/2013, pronunciata in data 5 luglio 2013 e pubblicata in data 19 settembre 2013, non notificata;
nonché
sul ricorso iscritto al n. 12245/2015 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 5897/2/2014, pronunciata in data 24 settembre 2014 e pubblicata in data 13 novembre 2014, non notificata;
dato atto delle conclusioni scritte depositate dal PM in persona del sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso iscritto al n. 27895/2014 e il rigetto di quello iscritto al n. 12245/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello di RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva rigettato il ricorso proposto
contro
il silenzio rifiuto serbato dall’ufficio sull’ istanza di rimborso di Ires e Irap dell’anno 2007, per la somma di euro 2.880.201,00 euro; l’istanza si fondava sulla circostanza che la società, avente totale partecipazione pubblica, attiva nel ciclo idrico integrato per le attività connesse alla gestion e dell’acquedotto e della fognatura, alla captazione e depurazione dei reflui e alla restituzione delle acque di scarico, aveva sostenuto costi per canoni annuali di concessione in favore di numerosi Com uni quale corrispettivo dell’affidamento dei servizi, erroneamente non esponendoli nella dichiarazione dei redditi benchè fossero correttamente inseriti nel conto economico.
In particolare, la CTR riteneva l’appello inammissibile perché aveva riportato in maniera pedissequa le doglianze già avanzate nel procedimento di primo grado senza nulla aggiungere e senza alcun riferimento e contestazione delle motivazioni addotte in sentenza ; in secondo luogo, nel merito, evidenziava che l’istanza di rimborso non potesse sostituire una omessa dichiarazione integrativa.
Contro tale decisione propone ricorso la società RAGIONE_SOCIALE con cinque motivi, illustrati da successiva memoria.
L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.
Contro la medesima decisione di appello la società proponeva altresì ricorso per revocazione, respinto dalla CTR della Lombardia con sentenza n. 5897/2/2014, pronunciata in data 24 settembre 2014 e pubblicata in data 13 novembre 2014. In particolare, i giudici della CTR hanno ritenuto che la declaratoria di inammissibilità dell’appello postulasse un ‘ attività valutativa del tutto incompatibile con l’ipot izzato errore revocatorio.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione la società in base a due motivi ed istando per la riunione dei due giudizi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Il pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso iscritto al n. 12245/2015 e l’accoglimento del ricorso iscritto al n. 27895/2014.
I ricorsi sono stati fissati per la camera di consiglio del 28/11/2023 per la trattazione congiunta.
Considerato che:
In via preliminare deve disporsi la riunione dei due giudizi, il n. 27895/2014 avente ad oggetto ricorso per cassazione contro la sentenza resa in sede di appello dalla CTR della Lombardia, n. 118/28/2013, e il n. 12245/2015, avente ad oggetto il ricorso per cassazione contro la sentenza resa dalla CTR in sede di impugnazione per revocazione contro la medesima sentenza n. 118/28/2013, essendo i due giudizi contemporaneamente pendenti in sede di legittimità.
Deve, infatti, darsi continuità ai principi affermati da questa Corte (Cass. 17/03/2020, n. 7328; Cass. 05/08/2016, n. 16435; Cass. 22/05/2015, n. 10534; Cass. 29/11/2006, n. 25376; Cass., Sez. U., 7/01/1997, n. 10933) secondo cui i ricorsi per cassazione, proposti, rispettivamente, contro la decisione della Corte d’appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima, debbono, in caso (come quello in esame) di contemporanea pendenza in sede di legittimità, essere riuniti in applicazione (analogica, trattandosi di gravami avverso distinti provvedimenti) della norma dell’art. 335 cod. proc. civ., che impone la trattazione in un unico giudizio di tutte le impugnazioni proposte contro la stessa sentenza. Infatti, la riunione di detti ricorsi, pur non essendo espressamente prevista dalla norma citata, discende dalla connessione esistente tra le due pronunce, atteso che sul ricorso per cassazione proposto contro la sentenza resa in sede di appello può risultare determinante la
pronuncia di cassazione riguardante la sentenza resa in sede di revocazione.
Il carattere pregiudiziale delle questioni inerenti alla revocazione comporta che il loro esame abbia la precedenza su quello del ricorso contro la sentenza d’appello (in termini, Cass. 17/03/2010, n. 6456; Cass. 20/03/2009, n. 6878).
Viene, pertanto, trattato con precedenza il ricorso n. 12245/2015, avente ad oggetto la sentenza che ha deciso la revocazione.
La ricorrente, nel giudizio avente ad oggetto tale sentenza, propone due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso, deduce violazione e falsa applicazione dell’art . 395 n. 4) cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ.
Col secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art . 395 n. 4) cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ.
I motivi sono identici, salva la riconduzione del primo al paradigma del n. 4 e del secondo a quello de l n. 3 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. ed assumono entrambi l’errata applicazione del presupposto della revocazione da parte dei giudici della CTR che avrebbero omesso di valutare la presenza di un ‘ ampia parte grafica dell’atto di appello destinata alla censura della sentenza di primo grado; ciò sarebbe confermato anche dalla non pertinenza di alcuni ulteriori passaggi motivazionali.
2.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, non configurano un vizio revocatorio.
Costante orientamento di legittimità afferma che l’errore di fatto previsto dall’art. 395, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti
invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa; esso si configura, quindi, in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato e, pertanto, consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (per tutte Cass., Sez. U., 09/03/2021, n. 6471; Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994; Cass. 22/03/2005, n. 6198).
Tale errore non sussiste ove il giudice abbia ritenuto inammissibile l’appello per la inidoneità dei motivi a censurare in maniera specifica la sentenza di primo grado, come nel caso di specie, ove la CTR ha accertato che la pronuncia si fondasse non sulla mancanza grafica dei motivi ma sulla mancanza di loro specificità, essendo essi reiterativi delle difese di primo grado, costituendo ciò evidente frutto di una valutazione.
Il ricorso iscritto al n. 12245/2015 deve quindi considerarsi inammissibile.
La ricorrente, nel giudizio iscritto al n. 27895/2014, propone cinque motivi di ricorso.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., la società deduce la violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, lamentando l’errata pronuncia di inammissibilità dell’appello, sia ove ha ritenuto mancanti nell’ atto di appello specifiche critiche alla sentenza impugnata sia ove ha ritenuto comunque necessaria la presenza delle stesse, ben potendo l’appellante limitarsi
a riproporre le medesime ragioni ed argomentazioni dedotte in primo grado, alla luce dal carattere devolutivo pieno nell’appello tributario.
Col secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., la società deduce la violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, proponendo le medesime censure come vizio di violazione di legge, in subordine rispetto al primo motivo.
Col terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ., la società deduce, sempre in subordine, omesso esame circa il fatto processuale decisivo per il giudizio della presenza, nell’atto di appello , di critiche specifiche alla sentenza di prime cure, avendo i giudici di appello evidentemente omesso di rilevarle.
Con il quarto motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., deduce, in estremo subordine, la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 36 nn. 2) e 3) d.lgs. n. 546 del 1992, avendo il giudice di fatto omesso di pronunciare su tutta la domanda e adottato una decisione con motivazione priva della concisa esposizione dello svolgimento del processo e delle richieste delle parti.
Col quinto motivo, proposto in via subordinata o condizionata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 ) cod. proc. civ., deduce la violazione dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, dell’art. 2 , comma 8bis, l. n. 322 del 1988 e del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., laddove, nonostante la presenza della ritenuta inammissibilità dell’appello privasse la CTR del potere di decidere nel merito, comunque essa avrebbe errato nel ritenere che la dichiarazione dei redditi non potesse essere emendata anche con istanza di rimborso.
3.1. L’Agenzia delle entrate ha proposto due eccezioni di inammissibilità del ricorso.
3.1.1. È infondata l’eccezione di tardività, proposta (unicamente) in considerazione della circostanza che, essendo la causa stata introdotta in primo grado nel 2010, il cd. termine lungo previsto
dall’art. 327 cod. proc. civ. , operante nel caso di specie, era di sei mesi e non di un anno (oltre sospensione feriale) ; ad avviso dell’Agenzia il termine sarebbe interamente decorso alla data di notificazione del ricorso per cassazione, 17 novembre 2014, rispetto alla data di pubblicazione della sentenza della CTR, 19 settembre 2013.
Invero, come segnalato alla nota n. 3 della pagina n. 11 del ricorso, avverso la medesima sentenza impugnata con il ricorso in esame la società ha altresì proposto ricorso per revocazione ex art. 64, d.lgs. n. 546 del 1992, alla CTR della Lombardia, la quale, dopo aver concesso, ex art. 398, ultimo comma, cod. proc. civ., con ordinanza del 13 marzo 2014, la sospensione del termine per proporre il ricorso per cassazione (provvedimento allegato al ricorso, sub n. 13) fino alla data di decisione della controversia, ha deciso, rigettando la domanda, con sentenza n. 5897/02/14 depositata il 13 novembre 2014 (sentenza allegata al n. 14 del ricorso).
Pertanto, il termine (semestrale ex art. 327 cod. proc. civ., nella formulazione dovuta alla l. n. 69 del 2009, in assenza di prova della decorrenza del termine breve) ha avuto quale dies a quo il 19 settembre 2013, è stato sospeso dal 13 marzo 2014 al 13 novembre 2014, dalla quale ha iniziato nuovamente a decorrere, per scadere il 19 novembre 2014, con conseguente tempestività del ricorso.
3.1.2. È infondata altresì l’eccezione di inammissibilità per mancata indicazione della controparte.
Ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione è inammissibile qualora manchi o vi sia incertezza assoluta sull’identificazione delle parti contro cui esso è diretto ma, ai fini dell’osservanza della norma predetta, non è necessario che le relative indicazioni siano premesse all’esposizione dei motivi di impugnazione o che siano altrove esplicitamente formulate, essendo sufficiente, analogamente a quanto previsto dall’art. 164 cod. proc. civ., che esse
risultino in modo chiaro e inequivoco (e non, dunque, ingannevole), anche se implicitamente, dal contesto del ricorso, nonché dal riferimento ad atti dei precedenti gradi di giudizio, da cui sia agevole identificare con certezza la parte intimata (Cass. 7/09/2009, n. 19286; Cass. 26/09/2013, n. 22046; Cass. 2/02/2016, n. 1989), dovendosi pronunciata l ‘ inammissibilità solo ove sia del tutto incerto il destinatario dell’impugnazione (come nel caso di mancata espressa indicazione della parte contro la quale è proposto e vi siano due notificazioni dirette a soggetti diversi: Cass. 19/06/2014, n. 13952).
Nel caso di specie, la presenza di un’unica controparte nel giudizio di merito e i plurimi riferimenti all’amministrazione rendono facilmente individuabile il destinatario del ricorso in esame.
3.2. Il primo motivo è fondato, con assorbimento degli ulteriori motivi proposti in via subordinata e condizionata.
Deve ancora premettersi che la CTR, in primo luogo, ha ritenuto inammissibile l’appello per mancanza di specificità dei motivi, ai sensi dell’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, espressamente richiamato, per poi brevemente pronunciarsi anche nel merito.
E’ principio consolidato di questa Corte che la declaratoria di inammissibilità della domanda (nel caso di specie del ricorso di appello) preclude al giudice poi l’esame del merito della stessa, essendosi spogliato della potestas iudicandi ; in casi siffatti «Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della ” potestas iudicandi ” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse,
l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ” ad abundantiam ” nella sentenza gravata» (Cass., Sez. U., 20/02/2007, n. 3840; conf. Cass. 20/08/2015, n. 17004; nonché Cass. 19/12/2017, n. 30393). Correttamente nel caso di specie il quinto motivo, attinente alla decisione nel merito, è stato quindi proposto in via condizionata.
3.3. Per costante orientamento di questa Corte, nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod. civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (tra le tante, da ultime: Cass. 24/08/2017, n. 20379; Cass. 15/01/2019, n. 707; Cass. 21/07/2020, n. 15519; Cass. 2/12/2020, n. 27496; Cass. 11/02/2021, n. 3443; Cass. 10/03/2021, n. 6596; Cass. 11/03/2021, nn. 6850 e 6852; Cass. 21/07/2020, n. 15519; Cass. 26/05/2021, nn. 14562 e 14582; Cass. 27/05/2021, n. 14873).
Pertanto, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 non deve consistere in una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame sia delle ragioni della doglianza (Cass. 21/11/2019, n. 30341). Si è, inoltre, ritenuto che non vi è incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, tali da comportare l’inammissibilità dell’appello ove il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi dall’intero atto di
impugnazione nel suo complesso (Cass. 24/08/2017, n. 20379; Cass. 21/07/2020, n. 15519; Cass. 26/05/2021, n. 14582). Non è, quindi, necessaria ai fini dell’ammissibilità dell’appello l ‘ indicazione di specifici motivi in relazione a specifiche censure della sentenza impugnata, essendo sufficiente che l’appellante si riporti alle argomentazioni già sostenute nel grado di merito precedente, insistendo per la legittimità dell’avviso impugnato (Cass. 26/05/2021, n. 14582).
Nel processo tributario vige, quindi, il principio del carattere devolutivo pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (cfr., ex multís , Cass. 29/02/2012, n. 3064; Cass. 22/01/2016, n. 1200; Cass. 22/03/2017, n. 7369; Cass. 28/09/2018, n. 23532).
3.4. Ha quindi errato la CTR nel ritenere che la mera reiterazione dei motivi fosse inidonea a costituire valida impugnazione (peraltro nel caso di specie la ricorrente ha trascritto interi passaggi dell’atto di appello alle pagine 18 e ss. del ricorso, dalla lettura dei quali emerge, invero, anche la presenza di un ‘ articolata censura alla sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di rimborso essenzialmente sulla base della considerazione della irretrattabilità della dichiarazione dei redditi).
3.5. Va quindi accolto il primo motivo, assorbiti gli altri (anche il quinto, proposto in via subordinata o condizionata, alla luce dei principi esposti al par. 3.2).
Concludendo, va dichiarato inammissibile il ricorso iscritto al n. 12245/2015, con condanna al pagamento delle relative spese della ricorrente soccombente; va accolto il primo motivo del ricorso iscritto al n. 27895/2014, assorbiti gli altri; va quindi cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado
della Lombardia, in diversa composizione, anche per regolare le spese del relativo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso iscritto al n. 12245/2015;
condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite di tale giudizio in favore di Agenzia delle entrate, spese che liquida in euro 5.600,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente nel giudizio n. 12245/2015, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
accoglie il primo motivo del ricorso iscritto al n. 27895/2014, assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per regolare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2023.