Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32958 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32958 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 7223/2017 R.G. proposto da:
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CALABRIACATANZARO n. 2254/2016 depositata il 14/09/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si apprende quanto segue:
Con ricorso depositato in data 03.02.2010 COGNOME NOME impugnava l’avviso di accertamento n. 808H00061, relativo ad Irpef, Addizionale regionale e comunale, lva e Irap, per il periodo d’imposta 2004, emesso in applicazione degli studi di settore ex art. 62 bis del D.L. 331/1993.
Il COGNOME eccepiva che le imposte richieste dall’Agenzia delle Entrate erano basate esclusivamente su presunzioni non supportate da elementi concreti e chiedeva l’annullamento dell’atto impugnato.
L’Agenzia delle Entrate, ritualmente costituitasi, sosteneva la legittimità del proprio operato, in quanto il contribuente, in sede di contraddittorio, non aveva evidenziato alcuna causa giustificativa dello “scostamento”.
La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, con sentenza in data 16.09/03.12.2014, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava l’atto impugnato, compensando le spese di lite.
Avverso detta sentenza proponeva appello, con atto del 29.05.2015, l’Agenzia delle Entrate-Direzione Provinciale di Cosenza, la quale, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità sugli studi di settore, deduceva la violazione – da parte del primo giudice – delle norme di diritto nonché l’errata valutazione dei fatti di causa e della documentazione in atti.
COGNOME NOME resisteva al gravame, del quale chiedeva il rigetto con ogni conseguenziale statuizione in ordine alle spese.
La CTR accoglieva il gravame sulla base, essenzialmente, delle seguenti considerazioni:
Vanno – anzitutto – disattese le eccezioni preliminari sollevate dall’appellato nelle controdeduzioni, e cioè:
quella inammissibilità del gravame per difetto di specificità dei motivi (e di intervenuto giudicato implicito), avendo l’Agenzia delle Entrate censurato, con dovizia di argomentazioni, la decisione di prime cure;
di nullità dell’avviso di accertamento (per carenza dei poteri firma e/o di valida delega del direttore che ha sottoscritto l’atto), trattandosi di eccezione del tutto nuova, formulata per la prima volta nel presente grado del giudizio e, pertanto, inammissibile.
In ordine a tale ultima eccezione è opportuno ricordare che la Corte Suprema di Cassazione, con le sentenze in data 18.09.2015 n. 18488 e in data 16.10.2015 n. 20984, ha ritenuto che il diritto tributario (definito “sottosistema del diritto amministrativo”) obbedisce ad una regola diversa da quella generale del diritto amministrativo, sicché la declaratoria di nullità non potrebbe attingere alla caducazione della pretesa erariale (stante la ritenuta unitarietà della categoria della speciale “nullità tributaria” degli atti che contengono una pretesa erariale); pertanto detta nullità o viene fatta valere con apposita impugnazione tempestiva, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992, oppure la pretesa tributaria sì consolida definitivamente (non essendo stato l’atto gravato, sul punto, nei termini decadenziali previsti dalla norma su ricordata).
Ne consegue che del tutto inconferente è il richiamo all’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990 e alla pronuncia della Suprema Corte n. 12103 del 2003 .
Quanto al merito, l’appello è fondato.
Il primo giudice ha accolto il ricorso argomentando che l’Amministrazione finanziaria avrebbe applicato gli studi di settore in maniera automatica, senza accertare e valutare l’attività economica del contribuente; ha, altresì, evidenziato che l’Agenzia avrebbe dovuto spiegare le ragioni in base alle quali non aveva ritenuto fondate le giustificazioni prospettate dal ricorrente in sede di contraddittorio.
Tali assunti non sono condivisibili.
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-Ciò premesso, osserva la Commissione che, contrariamente a quanto opinato dal primo giudice, l’Amministrazione finanziaria ha correttamente applicato i parametri e gli studi di settore, tenendo conto della realtà commerciale ove il contribuente ha operato e delle caratteristiche dell’azienda; il contribuente non ha invece ottemperato all’onere (su di lui gravante) di dedurre rilievi specifici ai coefficienti parametrici applicati né ha, in alcun modo, dimostrato la sussistenza di condizioni idonee a giustificare l’esclusione della sua impresa dall’area dei soggetti cui era applicabile la specifico standard prescelto dall’Ufficio.
Va qui ricordato che in sede di contraddittorio il COGNOME ha soltanto dedotto che il settore in cui egli operava era in crisi da diversi anni e che vi era una forte concorrenza (vedasi memoria illustrativa allegata al verbale di contraddittorio in data 9 giugno 2009) e null’altro.
Trattasi, com’è di tutta evidenza, di affermazioni assolutamente generiche, prive peraltro del benché minimo riscontro, non solo documentale.
In particolare il COGNOME non è stato in grado di fornire alcuna prova che potesse supportare in qualche modo i suoi assunti difensivi e non ha neppure dedotto l’esistenza di fatti e/o situazione contingenti, idonei a contraddire gli studi di settore .
Il contribuente propone ricorso per cassazione con otto motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. Il contribuente insiste nel ricorso con breve memoria telematica.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘Nullità dell’impugnata sentenza per avere la CTR di Catanzaro omesso di rilevare d’ufficio l’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate e, quindi, per non avere correttamente verificato la tempestività dell’appello (con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado della CTP di Cosenza) e la tempestività della costituzione dell’Ufficio in fase di gravame a seguito dell’omesso deposito entro trenta giorni dalla proposizione dell’appello stesso nella segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro delle ricevute di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale dell’atto di appello ex artt. 53 e 22 D.Lgs n. 546/1992; il tutto, in relazione all’art. 360, comma I°, n. 4 Cpc: error in procedendo che ha comportato nullità del procedimento d’appello e, conseguentemente, della sentenza impugnata’.
1.1. ‘ L’Agenzia delle Entrate, costituendosi nel giudizio d’appello, ha omesso di depositare nella Segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro copia delle ricevute di spedizione dell’atto d’appello a mezzo del servizio postale, così come prescritto dagli artt. 22, comma 1°, e 53, co. 2°, D.Lgs n. 546/92 (sia nel termine di trenta giorni dalla proposizione del
ricorso, così come prescritto a pena di inammissibilità dalle citate norme, sia successivamente e per tutta la durata del giudizio d’appello) ‘. ‘Nessun valore probatorio può essere attribuito alla data di spedizione riportata nell’avviso di ricevimento. L’avviso di ricevimento non può essere considerato documento idoneamente surrogatorio della ricevuta di spedizione della raccomandata. Trattasi, infatti, di modulo prestampato da compilare a cura di chi spedisce la raccomandata; è un documento con il quale l’operatore postale, in forza dell’art. 33 D.M. 9.4.01, quale incaricato di pubblico servizio, con la propria firma e barrando la relativa casella attesta unicamente l’avvenuta consegna della raccomandata. Conseguentemente, l’unico documento valido ai fini della esatta conoscenza dell’accettazione e spedizione della raccomandata è la ricevuta di spedizione con la quale l’Ufficio Postale attesta la data di spedizione del plico’.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘ Nullità della sentenza impugnata per omesso rilievo ex art. 53 del D.Lgs n. 546/1992 dell’inammissibilità dell’atto di appello dell’Ufficio in relazione·all’art. 360, comma I°, n. 4 Cpc (nullità del procedimento e, conseguentemente, della sentenza, anche per carenza di motivazione, meramente apparente)’.
2.1. ‘ Contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR di Catanzaro, con l’avverso appello l’Ufficio ha riproposto ‘tal quali’ le medesime argomentazioni già esposte in primo grado, senza censurare con motivi specifici la sentenza di primo grado in ogni sua ragione fondante’. ‘Il Giudice di primo grado ha accertato in fatto che i parametri adottati non sono applicabili al caso concreto’. ‘Con l’atto d’appello l’Ufficio si è limitato a dedurre in ordine all’applicabilità ‘in astratto’ degli studi di settore, senza riferimento alcuno al ‘caso concreto’ ‘.
Con il terzo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex
art. 360, comma I°, n.3, Cpc avendo erroneamente ritenuta ‘nuova’ l’eccezione di carenza di poteri di firma e/o di valida delega del ‘Direttore’ che ha sottoscritto l’avviso di accertamento con violazione ed eccesso di potere in relazione all’art. 42, comma 1, DPR 600/1973, all’art. 21-septies della L. n. 241/90 ed all’art. 7 L. 212/2000 e conseguente inesistenza giuridica dell’atto impositivo per carenza del potere dirigenziale di chi ha sottoscritto l’avviso di accertamento, in mancanza altresì di valida delega’.
3.1. ‘Il contribuente appellato – odierno ricorrente nella prima difesa utile successiva alla sentenza della Corte Cost. n. 37/15 (costituita dalle controdeduzioni del 29.7.15 depositate nel giudizio di seconde cure: pagg. 5-9) ha contestato l’assenza di poteri in capo al Direttore dell’Ufficio di Rossano dell’Agenzia delle Entrate dott. NOME COGNOME che ha sottoscritto l’avviso di accertamento impugnato. Costui, infatti, non risultando compreso nel ruolo dei dirigenti dell’Agenzia delle Entrate al 1.2.2015 prodotto nel giudizio d’appello, deve ritenersi privo dei necessari poteri per sottoscrivere gli atti dell’Agenzia delle Entrate con effetti sul contribuente, poiché semplicemente “incaricato di funzioni dirigenziali” e· non “dirigente” a seguito di concorso pubblico. Né tantomeno risulta che lo stesso abbia agìto sulla scorta di regolare delega proveniente nei modi e casi di legge da soggetto avente i poteri di legge in favore di soggetto suscettibile di essere delegato per l’atto in questione’. ‘L’Ufficio, nel giudizio d’appello, non ha minimamente contestato l’eccezione del contribuente né tantomeno ha prodotto documentazione atta a dimostrare la sussistenza del potere di firma in capo al Direttore Dr. NOME COGNOME e/o valida delega in favore di costui. La CTR di Catanzaro ha rigettato l’eccezione del contribuente in quanto ‘nuova’ e in forza del principio per cui detta eccezione doveva essere sollevata col ricorso di primo grado (pagg. 2-3 sentenza impugnata). Tali assunti sono erronei per quanto segue:
in primo luogo, l’assenza del potere di firma e/o di valida delega in capo a chi ha firmato l’atto impugnato – comportando un’ipotesi di inesistenza ovvero nullità assoluta dell’atto -deve ritenersi rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e non soggetta all’eccezione di parte ;
deve altresì ribadirsi che il contribuente ha sollevato l’eccezione in parola nella prima difesa utile successiva alla sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 .
Con il quarto motivo si denuncia: ‘ Nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su punto decisivo della controversia, dirimente per la decisione (illegittimità del metodo accertativo per carenza dei presupposti non avendo l’Ufficio ex art. 62-sexies del D.L. 331/1993 accertato tramite studi di settore l’esistenza di gravi scostamenti tra il dichiarato e l’accertato), in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 Cpc, con conseguente carenza in assoluto di motivazione, il tutto in relazione all’art. 360, comma I°, n.4 Cpc (nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione)’.
4.1. ‘Il contribuente ha sollevato in primo grado (pag. 4 ricorso) e ribadito in secondo grado (pag. 13 controdeduzioni) l’eccezione di nullità dell’atto impugnato per il seguente motivo: illegittimità del metodo accertativo per carenza dei presupposti. Difatti, l’art. 62-sexies del D.L. 331/1993 richiede per l’accertamento tramite studi di settore l’esistenza di gravi scostamenti tra il dichiarato e l’accertato . Non si può dire certo grave uno scostamento come quello rilevato pari ad € 23.208,00, cioè al 19,52% dei ricavi dichiarati (pari ad € 95.709.00) rispetto ai ricavi minimi voluti da Gerico e ad Euro 25.666,00, cioè pari al 21.15% dei ricavi puntuali; per cui l’accertamento, non rispettando i presupposti previsti dalla legge, è da ritenersi nullo. L’Ufficio non ha neanche lontanamente preso in considerazione i ricavi minimi. La domanda nasce spontanea: la somma di Euro 25.666,00, pari
alla differenza tra i ricavi dichiarati (Euro 95.709,00) ed i ricavi puntuali (risultanti dall’applicazione degli studi di settore) rappresenta realmente l’esistenza di un grave scostamento per come voluto dall’art. 62-sexies del D.L. 331/1993? L’Ufficio non ha contestato detta eccezione né in primo né in secondo grado e la CTR di Catanzaro non ha minimamente esaminato detta eccezione . È evidente l’omessa pronuncia ‘.
Quinto motivo: ‘ Nullità della sentenza impugnata avendo la CTR di Catanzaro erroneamente ritenuto corretta l’applicazione dei parametri e degli studi di settore in quanto l’Ufficio ‘avrebbe tenuto conto della realtà commerciale e delle caratteristiche dell’azienda’ -pag. 4 sentenza impugnata – anziché dichiarare il difetto di riscontro probatorio eccepito dal contribuente in relazione all’art. 360, comma I°, n. 4 Cpc (nullità della sentenza per carenza di motivazione, meramente apparente)’.
5.1. ‘Per come eccepito dal contribuente in primo grado (pagg. 5-6 ricorso) e riproposto in secondo grado (pagg. 14-15 controdeduzioni), l’atto di accertamento impugnato è affetto da insanabile difetto di riscontro probatorio. L’Agenzia delle Entrate di Rossano ha difatti fondato la ripresa a tassazione unicamente sulla base del risultato degli studi di settore senza tenere conto delle peculiarità che presenta l’impresa nel periodo accertato . Ove dovesse ritenersi che l’art. 62-bis e 62-sexies del D.L. 30.08.1993 n. 321, conv. in legge 29.10.03 n. 427, consentano di determinare la capacità contributiva del soggetto soltanto sulla base degli studi di settore ed a prescindere da altri fattori, si imporrebbe la rimessione degli atti del presente procedimento alla Corte Costituzionale per insanabile contrasto della normativa testé richiamata con l’art. 23 della Costituzione . Tale eccezione non è stata minimamente contestata dall’Ufficio. La CTR di Catanzaro ha ritenuto (pag.4 sentenza impugnata) che l’Amministrazione finanziaria abbia correttamente applicato i parametri e gli studi di
settore ‘tenendo conto della realtà commerciale ove il contribuente ha operato e delle caratteristiche dell’azienda’. Peccato che la CTR di Catanzaro non dica in quale parte dell’atto impugnato e/o in quale altro atto (non indicato) l’Ufficio abbia dato atto e dimostrato di ‘come’ e ‘quando’ abbia tenuto conto della realtà commerciale ove il contribuente opera e ‘delle caratteristiche dell’azienda’ (non meglio specificate) ‘.
Sesto motivo: ‘Nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su punto decisivo della controversia, dirimente per la decisione (difetto di motivazione dell’atto impugnato in violazione del principio di motivazione degli atti tributari sancito dall’art. 7 della legge n. 212/2000 e dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241), in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 Cpc, con conseguente carenza in assoluto di motivazione, il tutto in relazione all’art. 360, comma I°, n. 4 Cpc (nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione)’.
6.1. ‘Il contribuente ha ritualmente eccepito in primo grado (ricorso, pagg. 6-7) e riproposto in fase di appello (controdeduzioni, pagg. 15-16) l’eccezione di difetto di motivazione dell’atto di accertamento impugnato. L’Ufficio non ha controdedotto sul punto’. ‘L’atto in esame è nullo perché l’Ufficio si è limitato a richiamare lo scostamento tra i ricavi presunti e i ricavi dichiarati, senza alcuna motivazione ulteriore e senza neanche specificare né in base a quali elementi specifici l’Ufficio è pervenuto alla determinazione dei maggiori ricavi attribuiti al soggetto accertato e né le ragioni per cui lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli presunti è da ritenersi grave ‘.
Settimo motivo: ‘Omessa pronuncia della CTR di Catanzaro su una esplicita domanda ritualmente formulata dal contribuente in via subordinata (rideterminazione dell’imponibile e del volume d’affari IVA) in plateale violazione dell’art. 112 Cpc, con
conseguente nullità dell’impugnata sentenza in relazione all’art.360, comma I°, n. 4 Cpc’.
7.1. ‘Il contribuente nel ricorso di primo grado (pagg. 7 -8-9) ha chiesto in via subordinata il ridimensionamento della pretesa impositiva e sanzionatoria, contestando i criteri utilizzati dall’Ufficio nella determinazione del maggiore imponibile accertato (tale richiesta è stata ribadita nel grado d’appello: pagg. 17-18-19 e conclusione n. 4 a pag. 20 delle controdeduzioni del 29. 7.15)’. ‘L’Ufficio ha scelto, senza che se ne conoscano le ragioni, di assestarsi sul valore puntuale anziché sul valore minimo o su qualsiasi altro punto dell’intervallo. senza alcuna motivazione: la pretesa si manifesta. pertanto, inidonea e non motivata anche nel ‘quantum’ . Anche superando le precedenti eccezioni, la ripresa dell’Ufficio va quindi quantomeno rideterminata tenendo conto della situazione reale e locale del settore nel quale opera l’impresa, andando anche al di sotto del ricavo minimo. L’Ufficio, nella determinazione del maggior imponibile derivante dall’applicazione degli studi di settore, ha tenuto conto esclusivamente dei ricavi. Ma, tenuto conto che ai fini delle imposte sui redditi l’imponibile è dato dalla differenza fra i ricavi e i (correlati) costi, l’Ufficio avrebbe dovuto ridurre i maggiori ricavi presunti dei relativi costi, determinati in base alla situazione specifica dell’impresa o, quantomeno, ai parametri settoriali di riferimento (dal 60 al 70 per cento dei ricavi) ‘.
Ottavo motivo: ‘Nullità dell’impugnata sentenza ex art. 132, comma 2°, n. 4 Cpc per motivazione apparente in relazione all’art. 360, comma I°, n. 4 Cpc nella parte in cui immotivatamente afferma che le argomentazioni offerte dal contribuente in sede di contraddittorio sono ‘generiche”.
8.1. Contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR dì Catanzaro le argomentazioni del COGNOME (il settore in cui operava era in crisi e v’è una forte concorrenza, anche sleale) non sono affatto
generiche e, per contro, costituiscono ‘fatto notorio’. D’altronde, la CTR di Catanzaro non spiega per quale motivazione le argomentazioni del COGNOME siano state ritenute ‘generiche’ e quale ulteriore prova avrebbe dovuto dare’.
Preliminarmente deve rilevarsi come, in memoria, venga eccepita dal contribuente ‘la tardività dell’avverso controricorso’ sul rilievo che, ‘essendo stato notificato il ricorso per cassazione all’Avvocatura Generale il 17/3/17, il termine per notificare il controricorso è scaduto il 26/4/17; pertanto, essendo stato notificato l’avverso controricorso soltanto il 27/4/17, deve reputarsi tardivo’.
9.1. L’eccezione è infondata, poiché il ricorso come dichiarato in controricorso e come risultante dalla cartolina a questo allegata con il timbro ’20 mar 2017′ è stato notificato all”Agenzia delle entrate centrale in persona del Direttore e l.r. p.t.’, cui era indirizzato, giust’appunto il 20 marzo 2017.
Fermo quanto innanzi, la delibazione del primo motivo di ricorso impone di acquisire il fascicolo del giudizio d’appello.
10.1. Ne consegue la necessità di disporre, all’uopo, il rinvio della causa a nuovo ruolo.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo, mandando la Cancelleria di acquisire il fascicolo del giudizio d’appello.
Così deciso a Roma, lì 12 settembre 2024.