Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1269 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1269 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
Oggetto: accise energia elettrica -autoproduttore -impugnazione ratio decidendi e obiter
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30891/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL e dall’Avv.
NOME COGNOME (PEC: EMAIL ) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza n.2750/7/2018 della Commissione Tributaria Regionale della Campania depositata il 20.3.2018, non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania venivano rigettati e dichiarati inammissibili sia l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sia l’appello incidetale della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta n. 4658/3/2016 con la quale era stato accolto il ricorso della società, esercente attività di fornitura ai propri consorziati di energia elettrica autoprodotta da fonti rinnovabili. Il provvedimento impugnato era l’atto d’irrogazione di sanzione notificatole dall’Agenzia per il 2011, sulla scorta di processo verbale della Guardia di Finanza di Venezia del 14.07.11. In sintesi, emergeva che la società aveva indebitamente fruito dell’esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. b), del d. lgs. n. 504/95, non potendo considerarsi soggetto autoproduttore in quanto, da un lato, non esercitava alcuna officina di produzione dell’energia avendo acquisito l’energia prodotta da altri e, dall’altro, la destinava ai propri consorziati o la rivendeva a terzi. Il giudice di prime cure riteneva che la società avesse diritto all’esenzione rivendicata ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 504/95, decisione confermata in appello. Il giudice di secondo grado riteneva innanzitutto che l’atto di appello contenesse
censure generiche, mera riproposizione delle questioni già dedotte dall’Agenzia in primo grado, senza una specifica impugnazione del contenuto della sentenza della CTP. In secondo luogo, riteneva che comunque la contribuente potesse essere considerata un autoproduttore ai fini della norma ult. cit., anche perché la legge non richiedeva che l’autoproduttore disponesse di organizzazione aziendale produttiva o della proprietà di un impianto per la produzione di energia, potendo acquisirne la disponibilità anche a mezzo di contratti di locazione o di noleggio, di cui nella fattispecie accertava la non fittizietà, come pure non era fittizia la natura consortile della contribuente. L’appello incidentale veniva dichiarato inammissibile per carenza di petitum.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato a due motivi, al quale la contribuente ha replicato con controricorso e ricorso incidentale per un motivo.
Considerato che:
Con il primo motivo del ricorso principale, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., viene censurata la sentenza di appello, per violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, laddove afferma, anche con richiamo all’art. 342 cod. proc. civ. , l’aspecificità dei motivi di gravame, non diretti a censurare la sentenza di primo grado, ma meramente a riproporre le questioni già vagliate dal giudice di prime cure.
Va premesso che il motivo non è inammissibile, come eccepito in controricorso.
2.1. Va osservato, infatti, che, secondo il costante orientamento di questa Corte in tema di impugnazione (v. Cass. Sez. L, ordinanza n. 29529 del 11/10/2022), allorché il giudice di appello, dopo aver rilevato l’inammissibilità del gravame, così privandosi della potestas iudicandi , abbia comunque esaminato il merito dell’impugnazione, poiché queste ultime argomentazioni
restano puramente ipotetiche e virtuali deve ritenersi inammissibile il ricorso in cassazione con il quale si pretenda un sindacato in ordine alla motivazione di merito svolta ad abundantiam , senza censurare la statuizione di inammissibilità, atteso che su questa unica ratio decidendi giuridicamente rilevante della sentenza impugnata si è formato il giudicato.
Ne deriva che ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi , abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici, di modo che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione della decisione. (cfr. Cass. Sez. 3, ordinanza n. 27388 del 19/09/2022; conforme a Cass. Sez. 1, ordinanza n. 11675 del 16/06/2020).
2.2. In applicazione di quanto precede, dunque, il motivo in disamina è ammissibile, perché è sì diretto a censurare la ratio decidendi espressa dalla CTR sulla genericità dell’appello, ma l’ulteriore argomentazione della decisione impugnata, relativa alla sussunzione della fattispecie nella nozione legale di autoproduttore di energia, è un obiter dictum , ossia una divagazione rispetto alla ratio decidendi già espressa dal giudice.
La censura oltre che ammissibile è fondata.
3.1. In conformità alla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte
(cfr. Cass. Sez. U, ordinanza n. 36481 del 13/12/2022), innanzitutto si rammenta che gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ. , nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi,
delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
3.2. Inoltre, con specifico riferimento al contenzioso tributario, la Sezione (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 15519 del 21/07/2020, conforme, tra le altre, a Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 20379 del 24/08/2017, Cass. Sez. 5, sentenza n. 707 del 15/01/2019) ha affermato che la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione che, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l’inammissibilità dell’appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco. Al proposito, gli elementi di specificità dei motivi possono ben ricavarsi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni.
3.3. Nella specie, alle pagg.11-21 del ricorso l’Agenzia ha riprodotto la parte dell’appello in cui ha sottoposto all’attenzione del giudice di secondo grado le questioni giuridiche già avanzate in primo grado e, nella sua prospettazione, non adeguatamente vagliate dalla CTP di cui ha censurato specificamente la motivazione come apparente (v. p.12 del ricorso). Tale apparato argomentativo è adeguato, in quanto l’interpretazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 dev’essere condotta restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod. civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi pertanto consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la
decisione di primo grado, come avvenuto nella fattispecie, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione.
Con il secondo motivo la ricorrente principale, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., censura anche l’ulteriore motivazione espressa dalla sentenza di appello, per violazione degli artt. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 504/1995, 2, comma 2, d.gs. n. 79/1999 e 2602 ss. cod. civ., con riferimento alla nozione di autoproduttore di energia e alla sua applicazione alla fattispecie.
Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.
Con un unico motivo di ricorso incidentale, in rapporto all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., la società prospetta, in violazione dell’art.112 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulle eccezioni proposte dal contribuente in appello, che il giudice avrebbe apoditticamente respinto.
Il motivo è affetto da più concorrenti profili di inammissibilità.
7.1. In primo luogo, è inammissibile per la sua tecnica di formulazione in cui la società contraddittoriamente da un lato afferma l’omessa pronuncia da parte del giudice sull’appello incidentale e, dall’altro, la motivazione apparente, prospettazione che implica l’esistenza di una pronuncia da parte del giudice, sia pure (asseritamente) non rispettosa del minimo costituzionale (v. Cass. Sez. U, n. 8053/2014).
7.2. In secondo luogo, la pronuncia non solo certamente esiste, è presente all’ultima pagina della sentenza e si svolge in quattro capoversi, ma non è neppure apodittica. È incentrata su una ratio decidendi che ha escluso l’esistenza di petitum all’interno dell’appello incidentale della società ed è per tale ragione che la sentenza conclude in dispositivo con la declaratoria di inammissibilità -per quanto qui interessa -dell’impugnazione incidentale. Tale statuizione del giudice d’appello non è stata impugnata
specificamente attraverso il ricorso incidentale, che si limita a riproporre (cfr. pp.46-54) le proprie eccezioni poste all’attenzione del giudice d’appello, senza scalfire l’accertamento di assenza di un petitum con riferimento alla sentenza di primo grado.
La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo e rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.11.2024