Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18761 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18761 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
Inammissibilità appello tributarioart. 53 d.lgs. n. 546/1992
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23732/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2157/2017 depositata in data 7/03/2017; udita la relazione della causa tenuta nella pubblica udienza del 23/05/2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME udito il sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi l’Avv. COGNOME e l’Avv. COGNOME per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
L’ Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Benevento, emetteva atto di irrogazione sanzioni (art. 6, comma 8, d.lgs. n. 471 del 1997), per l ‘ anno di imposta 2009, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per omessa fatturazione nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
La Commissione tributaria provinciale di Benevento (CTP) rigettava il ricorso.
La Commissione tributaria regionale della Campania (CTR) dichiarava inammissibile l’appello della società , mancando il requisito della specificità dei motivi di appello di cui all’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992 laddove essi si risolvevano in una mera riproposizione pressoché testuale delle ragioni già dedotte nel corso del giudizio di primo grado senza una specifica censura all’ iter motivazionale, risolvendosi le censure riguardanti gli asseriti vizi di mancata pronuncia, carenza di motivazione, violazio ne e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., omesso esame di documentazione, in generiche critiche senza che fossero sviscerati i punti sui quali i giudici di prime cure non si erano pronunciati, gli specifici aspetti della carenza di motivazione o le ragioni della mancanza di correlazione tra chiesto e pronunciato né risultando indicati i motivi per i quali sarebbero rilevanti i precedenti di primo grado prodotti.
Contro tale sentenza la società propone ricorso affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza del 23/05/2025.
Il sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte per l’inammissibilità del ricorso, ribadendole in udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che l’avviso di fissazione di udienza è stato comunicato dalla cancelleria personalmente alla società ricorrente, in persona del suo amministratore p.t., NOME COGNOME in data 26 febbraio 2025, sul presupposto della cancellazione dal l’albo del difensore avv. NOME COGNOME (cancellazione che non determina interruzione del giudizio di legittimità: Cass. 28/04/2023, n. 11300).
1.1. Devono intendersi quali motivi proposti quelli compiutamente esposti da pagina 15 in poi del ricorso.
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c., si deduce insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
2.1. Il motivo è inammissibile.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze
processuali (Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053; Cass. 3/03/2022, n. 7090).
3. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 53 d.lgs. n. 546 del 1992 e 342 c.p.c.; la ricorrente censura la statuizione di inammissibilità deducendo che sia sufficiente ai fini dell’ammissibilità dell’appello che siano evincibili, anche dalla esposizione del ricorso, le ragioni della impugnazione, alla luce del carattere devolutivo dell’appello in materia tributaria che consente anche la mera riproposizione.
3.1. Il motivo è inammissibile.
In via generale, va rilevato che, in tema di contenzioso tributario, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 non deve consistere in una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza (Cass. 21/11/2019, n. 30341).
Si è, inoltre, ritenuto che non vi è incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, tali da comportare l’inammissibilità dell’appello ove il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi dall’intero atto di impugnazione nel suo complesso (Cass. 24/08/2017, n. 20379; Cass. 21/07/2020, n. 15519; Cass. 26/05/2021, n. 14582).
Ciò premesso, nel caso di specie, il motivo è però inammissibile in quanto omette del tutto di indicare quali fossero i motivi di appello e di formulare una concreta censura al fine di contrastare la valutazione operata dalla CTR che, dopo averli elencati sommariamente, ne ha confutato l’ammissibilità in maniera specifica per ognuno.
La Commissione tributaria regionale ha infatti evidenziato che i motivi di appello erano di carattere processuale (omessa pronuncia, carenza di motivazione, omesso esame di documentazione, mancanza di correlazione tra chiesto e pronunciato), confutandoli singolarmente per la loro genericità, affermazione da cui consegue non solo che si è al di fuori della questione della mera riproposizione dei motivi di primo grado, ma anche che la relativa valutazione di inammissibilità doveva essere censurata in maniera specifica, indicando chiaramente i motivi di appello e per quali ragioni sarebbe errata la pronuncia della CTR.
Da un lato, infatti, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c. il ricorso per cassazione deve contenere la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali delle parti con l’indicazione degli atti con cui sono stati formulati causa petendi e petitum , nonché degli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una faticosa o complessa opera di distillazione del successivo coacervo espositivo dei singoli motivi, perché tanto equivarrebbe a devolvere alla Suprema Corte un’attività di estrapolazione della materia del contendere, che è riservata invece al ricorrente (Cass. n. 13312/2018).
Ciò è stato di recente ribadito da Cass. n. 1352/2024, secondo cui il disposto dell’art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che
le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata.
Dall’altro lato, il motivo, così formulato, non contiene alcuna specifica censura nei confronti della valutazione di inammissibilità dei motivi di appello.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, essendo inammissibili entrambi i motivi.
Alla soccombenza della ricorrente segue la condanna al pagamento delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, spese che liquida in euro 1.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 23 maggio 2025.