Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1268 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1268 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30889/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, elettivamente
domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 2721/2018 depositata il 20/03/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Commissione Tributaria Regionale della Campania ( hinc: CTR), con la sentenza n. 2721/7/18 depositata in data 20/03/2018, ha dichiarato inammissibile e, per quanto di ragione, ha rigettato sia l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ( hinc: ADMO), sia l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE società consortile per azioni ( hinc: RAGIONE_SOCIALE) contro la sentenza n. 4663/2016, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente contro l’avviso di pagamento 2015/A/6711, con cui era stata contestata l’indebita fruizione dell’esenzione di cui all’art. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. 26/10/1995, n. 504 ( hinc: TUA), sul presupposto che la società contribuente non potesse essere considerata soggetto autoproduttore, dal momento che non esercitava alcuna officina di produzione dell’energia, posto che quest’ultima, in realtà, veniva acquistata per destinarla o rivenderla a terzi.
La CTR ha ritenuto superfluo l’esame della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. contestata dall’ADMO, così come delle argomentazioni fattuali e giuridiche opposte da quest’ultima al ricorso introduttivo, sostenendo che era preliminare e assorbente la ragione d’inammissibilità del gravame principale.
2.1. Richiamati i principi delineati dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 11977 del 2017) circa la necessità di censurare, a pena di inammissibilità, tutte le rationes decidendi della statuizione impugnata, pena il passaggio in giudicato di quelle escluse e la conseguente preclusione anche delle rationes espressamente impugnate (che diventava inutile), la CTR ha evidenziato come, nel caso di specie, il giudice di primo grado avesse ritenuto che, ai sensi dell’art. 52, comma 3, lett. b) TUA e dell’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 79 del 1999, nessuna rilevanza poteva annettersi al fatto che la ricorrente non esercitasse l’officina di produzione dell’energia elettrica ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, commi 2 e 18, d.lgs. n. 79 del 1999. Non era, infatti, richiesto che l’autoproduttore disponesse di un’organizzazione aziendale o della proprietà di un impianto per la produzione di energia, potendo acquisirne la disponibilità anche a mezzo di contratti di locazione o di noleggio. Sul punto la CTR rileva c ome nell’atto d’appello non fosse contenuta alcuna censura, ma solamente l’insistenza, a prescindere, delle tesi propugnate in processo fin dall’inizio, con la conseguente violazione dell’art. 53 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, norma da ricollegare all’art. 342 cod. proc. civ.
2.2. Nel merito, la CTR riteneva che comunque la contribuente potesse essere considerata un autoproduttore ai fini della norma dell’art. 52 TUA, anche perché la legge non richiedeva che l’autoproduttore disponesse di organizzazione aziendale produttiva o della proprietà di un impianto per la produzione di energia, potendo
acquisirne la disponibilità anche a mezzo di contratti di locazione o di noleggio, di cui nella fattispecie accertava la non fittizietà, come pure non era fittizia la natura consortile della contribuente.
2.3. La CTR ha ritenuto, poi, inammissibile anche l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE per carenza del correlato petitum , neppure essendovi una domanda tesa alla riforma della sentenza impugnata.
Contro la sentenza della CTR l’ADMO ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso incidentale, con un motivo.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la violazione dell’art. 53 d.lgs. 31/12/1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.1. La ricorrente censura la parte della sentenza dove si legge che l’ADMO, affermando nell’atto d’appello di «’ ritenere per riproposti tutti motivi del ricorso’ il che integra di per è la presunzione di rinuncia di cui all’art. 56 d.lgs. n. 546/92, pedissequo all’art. 346 c.p.c., per mancata riproposizione specifica di essi motivi (cfr., ex multis, Cass., n. 16360/04 e Cass. S.U. n. 11799/17), non senza rilevare l’erroneità del riferimento al ricorso anziché alla memoria di costituzione in primo grado -si sofferma a considerare l’evoluzione della normativa fiscale e la giurisprudenza formatasi a riguardo, con riproduzione in extenso di una sentenza della C.T.R. de L’Aquila e citazione di altre pronunce di merito indicate come favorevoli alla tesi di esso ufficio, per poi procedere ad una dissertazione sul concetto giuridico di consorzio e concludere per la declaratoria di nullità della gravata sentenza nonché per la totale riforma di essa …».
Richiama, quindi (pag. 11-20, del ricorso in cassazione), i motivi dell’atto d’appello, il cui incipit segna una contestazione relativa alla motivazione apparente della sentenza impugnata che non aveva affrontato alcune delle specifiche censure dedotte dal l’ADMO.
In primis, non sono fondate le eccezioni di inammissibilità della società controricorrente: la doglianza, ancorché dedotta ai sensi del n. 3 anziché del n. 4 dell’art. 360 n. 3 c.p.c., denuncia, esattamente, la violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, sicché la censura risulta specifica e definita.
2.1. Inoltre, secondo il costante orientamento di questa Corte in tema di impugnazione (v. Cass. Sez. L, ordinanza n. 29529 del 11/10/2022), allorché il giudice di appello, dopo aver rilevato l’inammissibilità del gravame, così privandosi della potestas iudicandi, abbia comunque esaminato il merito dell’impugnazione, poiché queste ultime argomentazioni restano puramente ipotetiche e virtuali deve ritenersi inammissibile il ricorso in cassazione con il quale si pretenda un sindacato in ordine alla motivazione di merito svolta ad abundantiam, senza censurare la statuizione di inammissibilità, atteso che su questa unica ratio decidendi giuridicamente rilevante della sentenza impugnata si è formato il giudicato.
Ne deriva che ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici, di modo che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione della decisione.
(cfr. Cass. Sez. 3, ordinanza n. 27388 del 19/09/2022; conforme a Cass. Sez. 1, ordinanza n. 11675 del 16/06/2020).
2.2. In applicazione di quanto precede, dunque, il motivo in disamina è ammissibile, perché è sì diretto a censurare la ratio decidendi espressa dalla CTR sulla genericità dell’appello, ma l’ulteriore argomentazione della decisione impugnata, relativa alla sussunzione della fattispecie nella nozione legale di autoproduttore di energia, è un obiter dictum, ossia una divagazione rispetto alla ratio decidendi già espressa dal giudice.
Il motivo, oltre che ammissibile, è fondato.
3.1. In conformità alla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte (cfr. Cass. Sez. U, ordinanza n. 36481 del 13/12/2022), innanzitutto si rammenta che gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
3.2. Inoltre, con specifico riferimento al contenzioso tributario, la Sezione (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 15519 del 21/07/2020, conforme, tra le altre, a Cass. Sez. 6 – 5, ordinanza n. 20379 del 24/08/2017, Cass. Sez. 5, sentenza n. 707 del 15/01/2019) ha affermato che la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione che, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n.
546 del 1992, determinano l’inammissibilità dell’appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco. Al proposito, gli elementi di specificità dei motivi possono ben ricavarsi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni.
3.3. Nella specie, alle pagg.1121 del ricorso l’Agenzia ha riprodotto la parte dell’appello in cui ha sottoposto all’attenzione del giudice di secondo grado le questioni giuridiche già avanzate in primo grado e, nella sua prospettazione, non adeguatamente vagliate dalla CTP di cui ha censurato specificamente la motivazione come apparente (v. p.12 del ricorso). Tale apparato argomentativo è adeguato, in quanto l’interpretazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 dev’essere condotta restrittiv amente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod. civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi pertanto consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, come avvenuto nella fattispecie, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione.
Con il secondo motivo è stata contestata la violazione dell’art. 52, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1995 e degli artt. 2, comma 2, d.lgs. n. 79 del 1999 e 2602 cod. civ.
4.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.
Con un unico motivo di ricorso incidentale, in rapporto all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., la società prospetta, in violazione dell’art.112 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulle eccezioni proposte dal contribuente in appello, che il giudice avrebbe apoditticamente respinto.
Il motivo è affetto da più concorrenti profili di inammissibilità.
5.1. In primo luogo, è inammissibile per la sua tecnica di formulazione in cui la società contraddittoriamente da un lato afferma l’omessa pronuncia da parte del giudice sull’appello incidentale e, dall’altro, la motivazione apparente, prospettazione che i mplica l’esistenza di una pronuncia da parte del giudice, sia pure (asseritamente) non rispettosa del minimo costituzionale (v. Cass. Sez. U, n. 8053/2014).
5.2. In secondo luogo, la pronuncia non solo certamente esiste, è presente all’ultima pagina della sentenza e si svolge in quattro capoversi, ma non è neppure apodittica. È incentrata su una ratio decidendi che ha escluso l’esistenza di petitum all’interno dell’appello incidentale della società ed è per tale ragione che la sentenza conclude in dispositivo con la declaratoria di inammissibilità -per quanto qui interessa dell’impugnazione incidentale. Tale statuizione del giudice d’appello non è stata impu gnata specificamente attraverso il ricorso incidentale, che si limita a riproporre (cfr. pp.4654) le proprie eccezioni poste all’attenzione del giudice d’appello, senza scalfire l’accertamento di assenza di un petitum con riferimento alla sentenza di primo grado.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato deve essere accolto il primo motivo di ricorso principale, con assorbimento del secondo motivo. Il ricorso incidentale deve essere, invece, rigettato.
6.1. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Campania che, in diversa, composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo e rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di
Giustizia di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/11/2024.