Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24282 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24282 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16227/2019 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO. (NUMERO_DOCUMENTO
-resistente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Lazio n. 7902/2018 depositata il 14/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e , in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso originario dei contribuenti (in materia di avviso di riclassamento catastale di unità abitativa in Roma ex art. 1 co. 335 l. 311/04);
i contribuenti propongono ricorso per cassazione, integrato da successiva memoria, affidato a due motivi;
L’Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente solo per eventuale partecipazione alla discussione;
la controversia è stata rimessa dalla 6 Sezione, alla 5 Sezione, con ordinanza interlocutoria del 6 ottobre 2021, in quanto non definibile ex art. 380 bis, cod. proc. civ. (vigente al tempo della pronuncia).
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e la sentenza deve cassarsi, con la decisione nel merito di inammissibilità dell’appello (con passaggio in giudicato della sentenza di primo grado), da parte di questa Corte di Cassazione non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Nulla per le spese del giudizio di appello in considerazione della mancata costituzione in quel grado dei contribuenti.
Con i due motivi di ricorso (violazione dell’art. 327 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 e n. 3, cod. proc. civ., inammissibilità dell’appello in quanto proposto oltre i termini) i contribuenti prospettano l’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia in quanto tardivo. I due motivi si analizzano congiuntamente, in quanto
logicamente connessi. La sentenza di primo grado è stata depositata il 23 gennaio 2017 (copia della decisione prodotta) e l’appello è stato proposto a mezzo PEC il 26 luglio 2017 (mercoledì) , dopo 6 mesi e tre giorni; lo stesso, quindi, è inammissibile ex art. 327, primo comma, cod. proc. civ. (testo in vigore dal 4 luglio 2009) in quanto proposto dopo i sei mesi previsti a pena di decadenza.
Oggetto del processo è la revisione del classamento ex art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004, come chiaramente espresso nella sentenza oggi impugnata.
In relazione all’oggetto della controversia, quindi, non risulta applicabile la sospensione dei termini di impugnazione prevista dall’art. 11, d. l. n. 50 del 2017 . Per la norma (art. 11, primo comma, d. l. n. 50/2017) la sospensione si applica alle sole controversie definibili; la norma prevede il pagamento di importi dovuti; nella rideterminazione della rendita catastale non sussiste nessuna somma dovuta, ma si discute solo della rendita catastale, e non sono dovute somme all’Agenzia delle entrate (o rich ieste somme al contribuente). La controversia ha valore indeterminato in quanto si tratta di classamento (vedi la stessa circolare del 28 luglio 2017 n. 22/E: «Non sono, invece, definibili, per la mancanza di importi da versare da parte del contribuente, le controversie in materia di dinieghi espressi o taciti di rimborso o di spettanza di agevolazioni (9) e, comunque, quelle di valore indeterminabile, come, ad esempio, le controversie che attengono al classamento degli immobili»).
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
Condanna la resistente Agenzia al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati
in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; nulla per le spese dell’appello.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025 .