Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13636 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13636 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
PREAVVISO DI ISCRIZIONE IPOTECARIA -IRPEF ED ALTRO.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12399/2017 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrenti -REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente pro-tempore;
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore; RAGIONE_SOCIALE CASERTA, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
-intimati – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 9629/23/2016, depositata il 7 novembre 2016;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 22 gennaio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
preso atto delle conclusioni del P.M., in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
– Rilevato che:
Il concessionario per la riscossione RAGIONE_SOCIALE (successivamente divenuta RAGIONE_SOCIALE), in data 21 novembre 2014, notificava a COGNOME Nicola comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria n. 2014/128133, relativa a n. 20 cartelle pagamento presupposte per IRPEF, addizionali, ritenute alla fonte, diritti camerali, oneri di consorzi di bonifica, tasse automobilistiche, per gli anni dal 1998 al 2009.
Avverso tale comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria e le suddette cartelle presupposte COGNOME NOME proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta la quale, con sentenza n. 3516/12/2015, depositata il 19 maggio 2015 -ritenendo prescritti i crediti
portati dalle cartelle di pagamento, ed inammissibile la documentazione prodotta da Equitalia Sud s.p.a., perché tardiva -accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati e compensando le spese di lite.
Interposti separati gravami dalla RAGIONE_SOCIALE e dall’Agenzia delle Entrate, nonché dagli enti impositori Regione Campania e Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Caserta, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, previa riunione degli appelli, con sentenza n. 9629/23/2016, pronunciata il 4 ottobre 2016 e depositata in segreteria il 7 novembre 2016, accoglieva gli appelli suddetti, dichiarando legittimi gli atti impugnati e condannando COGNOME NOME alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME sulla base di quattro motivi (ricorso notificato il 5-9 maggio 2017).
L’Agenzia delle Entrate e l’RAGIONE_SOCIALE resistono con controricorso.
La Regione Campania, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Caserta ed il Consorzio di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno sono rimasti intimati.
Con decreto del 9 ottobre 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 22 gennaio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
E’ intervenuto il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo COGNOME Nicola deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Rileva, in particolare, che la C.T.R. aveva erroneamente ritenuto sufficientemente specifici i motivi di appello, nel mentre i relativi ricorsi erano privi dell’indicazione dei capi della sentenza oggetto di impugnazione, non esponevano gli specifici errori di fatto e di diritto ascrivibili alla C.T.P. e non contenevano un progetto alternativo di sentenza.
1.2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 58 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Rileva, in particolare, il ricorrente che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto non perentorio il termine previsto dall’art. 32 cit., ed utilizzabili in sede di gravame i documenti depositati tardivamente dall’agente della riscossione nel giudizio di primo grado.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso il contribuente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 25, 26, 49 e 50 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; dell’art. 21 del d.lgs. n. 546/1992; degli artt. 475, 476 e 479 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Sostiene, in particolare, il ricorrente che, nel caso di specie, vi sarebbe stata una duplicazione della pretesa tributaria in relazione a tre cartelle di pagamento, con le quali sarebbero
state richieste per due volte la stessa imposta (le prime due cartelle per 1/3 e 2/3 dell’imposta dovuta; la terza cartella per l’intero importo).
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 56 del d.lgs. n. 546/1992, nonché omessa e insufficiente motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3) e num. 5), c.p.c.
Rileva, in particolare, che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto che il contribuente non avesse contestato specificamente, nel grado di appello, la irritualità delle notifiche delle cartelle di pagamento, e che pertanto tali notificazioni fossero valide e regolari; e ciò, nonostante che egli, a pag. 8 delle controdeduzioni in appello, avesse sollevato specifiche contestazioni sulla regolarità delle notificazioni in questione.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo è inammissibile.
Ed invero, la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma degli artt. 342 c.p.c. e 53 d.lgs. n. 546/1992, integra un error in procedendo , che deve essere denunciato con riguardo all’art. 360, comma 1, num. 4) c.p.c. Solo ove la censura sia sufficientemente specifica, nel rispetto degli artt. 366, num. 6) e 369, num. 4), c.p.c., la Corte è legittimata all’esercizio del potere di esaminare direttamente gli atti del giudizio di merito. Si tratta di un onere di specificazione che, come è noto, deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME RAGIONE_SOCIALE c/Italia ), secondo criteri di
sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti per la parte d’interesse (e nello specifico, pertanto, i motivi di ricorso in appello e la sentenza di primo grado), in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (in tal senso Cass. 1° febbraio 2023, n. 2991; v. anche Cass. 4 febbraio 2022, n. 3612).
Sulla scorta di tali principi, pertanto, il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata e deve indicare con puntualità i fatti processuali alla base dell’errore denunciato. Tale specificazione deve essere contenuta, a pena d’ inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione. Pertanto, ove il ricorrente censuri la sentenza di appello che sia entrata nel merito della questione, deducendo il difetto di specificità dell’appello stesso, ha l’onere di precisare, nel ricorso, non solo le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione, ma deve riportare il contenuto dell’atto e della sentenza che intendeva impugnare nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa mancanza di specificità.
Sotto questo profilo, il primo motivo di ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, in quanto il ricorrente si è limitato a dedurre che gli appelli proposti erano generici, senza, tuttavia, trascriverne o, quanto meno, sintetizzarne il
contenuto, nella misura necessaria e evidenziarne il difetto di specificità.
Mette conto rilevare, in ogni caso, che, per giurisprudenza costante di questa Corte, nel processo tributario, ai fini dell’assolvimento dell’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 d.lgs. n. 546/1992 (norma speciale rispetto all’art. 342 c. p.c.) è sufficiente la riproposizione, a supporto dell’appello, de lle ragioni inizialmente dedotte a fondamento dell’impugnazione dell’atto impositivo ovvero della dedotta legittimità dello stesso, allorquando il dissenso investa la decisione nella sua interezza, e comunque ove dall’atto di gravame siano ricavabili le ragioni di censura (da ultimo, Cass. 19 settembre 2024, n. 25191; Cass. 13 giugno 2024, n. 16516).
2.2. Il secondo motivo è infondato.
Ed invero, risulta dalla sentenza impugnata che: a ) Equitalia Sud s.p.a. ha depositato le relate di notifica delle cartelle di pagamento presupposte rispetto alla comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria il giorno dell’udienza di trattazione dinanzi alla C.T.P.; b ) la Corte di primo grado ha ritenuto di non potere utilizzare tale documentazione, perché depositata tardivamente, in violazione del termine previsto dall’art. 32 d.lgs. n. 546/1992 ; c) la C.T.R. ha ritenuto di potere utilizzare tale documentazione, in quanto il termie previsto dal citato art. 32 non è espressamente indicato come perentorio dal legislatore, stante il disposto dell’art. 152 c.p.c.
Sul punto, va evidenziato che, al di là della questione della perentorietà o meno del termine previsto dall’art. 32 d.lgs. n. 546/1992, in ogni caso la documentazione suddetta è stata
prodotta in appello, e tale produzione è certamente legittima, secondo quanto previsto dall’art. 58 del d.lgs. n. 546/1992, nel testo vigente ratione temporis , che, al secondo comma, con riferimento al giudizio di appello, prevedeva espressamente che «è fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti» .
Ne consegue che la C.T.R. ha legittimamente esaminato i documenti prodotti dall’agente per la riscossione in grado di appello, sebbene tali documenti fossero preesistenti al giudizio di primo grado, e sebbene tardivamente prodotti in quella sede (Cass. 22 novembre 2017, n. 27774; Cass. 23 giugno 2021, n. 17921; Cass. 22 aprile 2024, n. 10788).
Pertanto, avendo il concessionario per la riscossione depositato tardivamente, in primo grado, le relate di notifica delle cartelle di pagamento presupposte, ed avendole depositate ex novo in sede di appello, nel quale si è costituita tempestivamente, considerato che tale produzione deve ritenersi consentita ex art. 58 d.lgs. n. 546/1992, il motivo in questione è da ritenere infondato.
2.3. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto la lamentata duplicazione viene censurata in maniera assolutamente generica ed indeterminata.
In particolare, non viene specificato, per le singole cartelle indicate, gli importi in esse riportati, le ragioni dell’iscrizione a ruolo, i titoli sui quali le singole iscrizioni a ruolo si fondano;
non è quindi possibile affermare, con certezza, che tali cartelle si riferiscano al medesimo credito.
2.4. Anche il quarto motivo, infine, è inammissibile.
La C.T.R., con valutazione di fatto insindacabile in questa sede, ha accertato, sulla base della documentazione prodotta dall’Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., che le cartelle presupposte erano state ritualmente notificate, e che non vi era stata alcuna impugnazione di esse da parte del COGNOME. Correttamente, pertanto, ha poi ritenuto che le relative relate di notifica fanno fede fino a querela di falso.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente nei confronti delle parti costituite Agenzia delle Entrate e Equitalia Servizi di Riscossione RAGIONE_SOCIALE.p.a.RAGIONE_SOCIALE secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Nulla sulle spese per Regione Campania, Consorzio di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno e C.C.I.A.A. di Caserta, rimasti intimati.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna COGNOME Nicola alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate e dell’Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., delle spese del presente giudizio, che si liquidano per l’Agenzia delle Entrate in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito, e
per RAGIONE_SOCIALE in € 5.600,00, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2025.