Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21904 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21904 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4291/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 6702/45/15 depositata il 06/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 6702/45/15 del 06/07/2015, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR)
accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 6815/16/14 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE (di seguito DL) nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2007.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato emesso ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e riguardava ricavi non dichiarati, ai quali era stata applicata la percentuale di ricarico prevista dallo specifico studio di settore.
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE evidenziando che: a) il contraddittorio preventivo generalizzato con il contribuente non era necessario, avendo proceduto l’Amministrazione finanziaria alla semplice raccolta di informazioni; b) l’accertamento non era basato sugli studi di settore, ma il richiamo allo studio di settore era fatto al solo fine di determinare la percentuale di ricarico applicabile; c) il comportamento della società contribuente doveva ritenersi antieconomico e, inoltre, la società non aveva assolto all’onere probatorio sulla stessa incombente.
DL impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a otto motivi.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso DL deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 112 e 156, secondo comma, cod. proc. civ., dell’art. 111, sesto comma, Cost. e dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR omesso di pronunciare o, comunque, omesso di motivare in ordine all’eccepito difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato.
1.1. Con il secondo motivo di ricorso, proposto in via subordinata, si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’avviso di accertamento fosse correttamente motivato anche se la motivazione doveva ritenersi del tutto generica.
1.2. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto assolto l’onere probatorio gravante sull’Ufficio, con conseguente inversione di detto onere in capo alla società contribuente.
1.3. Con il quarto motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), per l’avere la CTR ritenuto l’attendibilità delle presunzioni dell’Ufficio a dispetto della mancata specificazione degli indici di inattendibilità dei dati e delle poste considerate inattendibili.
Le superiori censure, che possono essere cumulativamente esaminate, vertendo su circostanze connesse, vanno complessivamente disattese.
2.1. Va preliminarmente evidenziato che il vizio di omessa pronuncia ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto, ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione presuppone che un esame della
questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione della motivazione ovvero dall’apparenza della stessa, quest’ultima intesa anche come motivazione perplessa o incomprensibile o comportante un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (cfr. Cass. n. 27551 del 23/10/2024; Cass. n. 21257 del 08/10/2014).
2.2. Ne consegue l’intrinseca contraddittorietà di una censura che assuma, contemporaneamente l’esistenza di una omessa pronuncia nonché dell’esistenza di una motivazione apparente, implicando quest’ultima che la questione sia stata comunque esaminata, quanto meno implicitamente, dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 6150 del 05/03/2021; Cass. n. 13866 del 18/06/2014).
2.3. Ciò premesso, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, la CTR dà ampiamente atto, nella parte della sentenza dedicata allo svolgimento del processo, sia delle contestazioni di DL in ordine alla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, sia dell’appello proposto da AE in ordine alla questione, decisa favorevolmente alla società contribuente dalla CTP. La sentenza impugnata, nella parte motivazionale, ha poi evidenziato che l’accertamento : i) non è fondato sugli studi di settore, ma il riferimento allo standard è stato utilizzato al solo fine di determinare la percentuale di ricarico da applicare; ii) è legittimamente suffragato dall’antieconomicità dell’attività svolta, in ragione del comportamento irragionevole dell’imprenditore, contrario ad ogni canone economico (così implicitamente accogliendo il motivo di appello dell’Ufficio, concernente proprio il difetto di motivazione dell’atto impositivo ).
2.4. Orbene, la superiore motivazione, da un lato, esclude la sussistenza di una omessa pronuncia, avendo il giudice di appello affrontato non già implicitamente, ma espressamente la questione della sufficiente motivazione dell’avviso di accertamento, tra l’altro
riformando integralmente la sentenza di primo grado che tale motivazione ha ritenuto insussistente.
2.5. Dall’altro, ove pure debba ritenersi ammissibile un motivo che censuri contemporaneamente l’omessa pronuncia e il difetto di motivazione della pronuncia implicita (cfr. ad es., in senso favorevole, Cass. n. 12131 del 08/05/2023), non può configurarsi nemmeno il denunciato vizio di motivazione apparente, avendo la CTR ritenuto la sussistenza di una contestazione di antieconomicità della gestione, di per sé sufficiente a giustificare la ripresa (cfr., in proposito, Cass. n. 24578 del 09/08/2022; Cass. n. 21128 del 22/07/2021; Cass. n. 6918 del 20/03/2013).
2.6. Da quanto sopra consegue non solo l’infondatezza del primo motivo di ricorso, non meritando la sentenza impugnata né la censura di omessa pronuncia, né quella di motivazione apparente; ma anche l’inammissibilità dei motivi secondo e quarto e l’infondatezza del terzo motivo.
2.7. In particolare, avendo la CTR chiarito -con accertamento in fatto incensurabile in questa sede con la proposizione di vizi di violazione di legge e sulla scorta di un corretto richiamo ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte -che l’atto impositivo si fonda sull’antieconomicità della gestione, tale circostanza è (come detto) di per sé sola idonea a fondare l’accertamento e a determinare l’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente , senza che sia necessario il ricorso ad ulteriori elementi indiziari comprovanti l’inattendibilità della contabilità della società.
2.8. Il secondo e il quarto motivo sono, dunque, inammissibili perché tendono a mettere in discussione l’accertamento in fatto del giudice di merito, mentre il terzo motivo è infondato, perché la contestazione di antieconomicità legittima ampiamente l’inversione dell’onere della prova.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 101 cod. proc. civ., per avere la CTR posto a fondamento della decisione una circostanza di fatto non allegata nell’avviso di accertamento e concernente il sostentamento dei soci.
3.1. Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di considerazioni.
3.2. In primo luogo, il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non avendo la ricorrente provveduto all’integrale trascrizione dell’avviso di accertamento , né delle deduzioni in primo grado di AE, sicché non è dato comprendere se la circostanza relativa al sostentamento dei soci sia stata in qualche modo considerata nell’atto impositivo o, comunque, dedotta dall’Amministrazione finanziaria in giudizio.
3.3. Secondariamente, perché l’affermazione della CTR è del tutto marginale nel complessivo contesto della motivazione della sentenza impugnata, la quale si rivela idonea a sorreggere la decisione assunta anche a prescindere da tale affermazione, con conseguente carenza di interesse alla censura.
Con il sesto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di esaminare: a) la documentazione offerta dalla società contribuente al fine di assolvere al proprio onere probatorio, con specifico riferimento agli utili dichiarati e agli indici di redditività aziendale; b) la congruenza della percentuale di ricarico con quella indicata dagli studi di settore; c) la lieve discrepanza esistente tra ricavi dichiarati e ricavi accertati induttivamente.
4.1. I motivi sono inammissibili.
4.2. La CTR ha valutato nella sua interezza la prova offerta dalla società contribuente e l’ha ritenuta complessivamente inidonea a contrastare validamente le presunzioni poste alla base dell’atto impositivo. Del resto, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
4.3. La ricorrente, sotto il profilo dell’omesso esame di circostanze rilevanti, tende, ancora una volta e inammissibilmente, a rimettere in discussione l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di appello, formulando, in realtà, una censura di insufficienza motivazionale, non più consentita alla luce del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
In conclusione, il ricorso va rigettato e DL va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 25.928,00.
5.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 2.400,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/02/2025.