Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14806 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20698/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. dell’ UMBRIA n. 556/2018 depositata il 28/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO. il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso in relazione al terzo motivo.
Udito il difensore di parte ricorrente il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale dell’Umbria, con la sentenza n. 556/03/18 depositata in data 20/12/2018 e non notificata, in riforma della sentenza di primo grado annullava gli avvisi di accertamento ICI relativi alle annualità 2010-2011 notificati dal Comune di RAGIONE_SOCIALE al contribuente NOME COGNOME.
Secondo quanto è dato evincere dalla sentenza impugnata i giudici di appello ritenevano che, in ragione dell’intervenuto annullamento degli strumenti urbanistici in via amministrativa e dei principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.68/2018 relativa la declaratoria di incostituzionalità degli artt. 28, comma 10, e 56, comma 3, legge reg. Umbria n. 1/2015 nella parte in cui stabiliscono che sono i Comuni, anziché l’ufficio tecnico regionale competente, a rendere il parere sugli strumenti urbanistici generali ed attuativi dei Comuni in zone sismiche -aventi refluenza ‘ ex tunc ‘ sulla validità del P.R.G. posto a base degli atti impositivi, difettava la natura edificatoria dei terreni di proprietà del contribuente sicchè gli avvisi dovevano essere annullati.
Contro detta sentenza il Comune di RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, basato su tre motivi, illustrati con successive memorie.
Il contribuente resiste con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria in data 28 settembre 2023 la causa è stata rinviata in pubblica udienza in ragione della rilevanza nomofilattica della questione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce il difetto di giurisdizione del giudice tributario in relazione alla cognizione, in via principale, di questioni attinenti alla legittimità di atti amministrativi soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo. Assume che i giudici d’appello avevano travalicato i confini della propria giurisdizione pretendendo di pronunciarsi – in via principale e non già, soltanto, in via incidentale – in ordine alla legittimità degli atti amministrativi riguardanti la procedura di approvazione del P.R.G. costituenti il presupposto dell’atto impositivo impugnato.
1.2. Rileva che, sotto diverso profilo, sussisteva il difetto di giurisdizione anche laddove il medesimo giudice aveva affermato l’incostituzionalità della previsione di cui art. 22, comma 2, legge reg. Umbria n. 5/2014 che aveva introdotto, in via di interpretazione autentica, la possibilità di sanare il parere di conformità sismica anche se acquisito in modo illegittimo in sede di approvazione del P.R.G., dal momento che non competeva al giudice tributario stabilire se la disposizione normativa in questione era conforme o meno ai principi enucleati alla sentenza n. 68/2018, trattandosi di norma di interpretazione autentica, con la conseguenza che, ove ritenuti sussistenti i paventati dubbi di costituzionalità della previsione, i giudici di merito avrebbero dovuto sottoporre la questione al giudice delle leggi, sollevando la questione di legittimità costituzionale.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti. Viene osservato, in particolare, che la sentenza impugnata non aveva tenuto conto che, nel caso di specie, il P.R.G. adottato nel 2008 dal Comune di RAGIONE_SOCIALE era stato oggetto di sanatoria con efficacia retroattiva in forza della delibera del consiglio RAGIONE_SOCIALE n. 10 del 10/04/2014 la quale era stata adottata in virtù della disp osizione di cui all’art. 22 legge reg.
Umbria n. 5/14 (ancora in vigore) e non sulla base di quanto stabilito all’art. 28, comma 10, della legge reg. Umbria 1/2015, norma dichiarata non conforme a Costituzione dalla citata sentenza n. 68/2018 della Corte Costituzionale.
2.1. Si deduce, in sintesi, che illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso efficacia sanante (e retroattiva) alla deliberazione (n. 10 del 10 aprile 2014) adottata dal RAGIONE_SOCIALE ai sensi della legge reg. Umbria 4 aprile 2014, n. 5 ius superveniens dettato dall’esigenza di chiarire le competenze in tema di rilascio del parere sismico, in un contesto di disposizioni antinomiche che si erano succedute nel tempo -non considerando che detta deliberazione era stata adottata – ed il procedimento di convalida (delineato dalla l. n. 5/2014, art. 22, cit.) si era perfezionato quando (ancora) alcun annullamento giurisdizionale del P.R.G. avrebbe potuto ritenersi passato in giudicato. Difatti, con ordinanza cautelare emessa dal RAGIONE_SOCIALE di Stato (sez. IV, 9 aprile 2014, n. 1519) erano stati sospesi gli effetti della sentenza emessa dallo stesso giudice amministrativo (sez. IV, 19 febbraio 2014, n. 760) che aveva rigettato l’appello avverso la pronuncia di primo grado recante l’annulla mento delle delibere di adozione e di approvazione del P.R.G., parte strutturale e parte operativa, del Comune di RAGIONE_SOCIALE (TAR Perugia, sez. I, 14 dicembre 2012, n. 521). La gravata sentenza, pertanto, non aveva considerato che la deliberazione a sanatoria del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (n. 10 del 10 aprile 2014), ai sensi della legge reg. Umbria 4 aprile 2014, n. 5, era stata adottata «nel periodo di sospensione dell’efficacia della sentenza del RAGIONE_SOCIALE di Stato del 19/02/2014».
2.2. Il Comune di RAGIONE_SOCIALE rileva, in particolare, che: la deliberazione de qua aveva formato oggetto di specifica deduzione nell’atto di appello; era stata debitamente prodotta ed aveva costituito materia di discussione nel giudizio di secondo grado, avendo la controparte fatto riferimento, nella proprie controdeduzioni, alla suddetta
deliberazione; il provvedimento in questione rivestiva carattere decisivo comportando il ripristino, per effetto della sanatoria, dello strumento urbanistico, laddove la RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale aveva motivato il rigetto del gravame sul (contrario ed erroneo) presupposto della cessata vigenza del piano regolatore generale.
Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza della RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione dell’art. 136 Cost., dei principi contenuti nell’ art. 22, comma 2 2, legge reg. Umbria n. 5/2014 nonché negli artt. 1, comma 2, e 2, comma 1, lett. b). d.lgs. n. 504/92; per avere i giudici di appello ritenuto che una pronuncia della Corte Costituzionale, riguardante una diversa norma, si dovesse applicare, con efficacia ex tunc , anche al P.R.G. del Comune di RAGIONE_SOCIALE sanato con la delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 10/2014 ai sensi dell’ art. 22, comma 22, Legge Regione Umbria n. 5/2014 mai dichiarato illegittimo, i cui effetti si erano consolidati.
Rileva che , alla luce della previsione di cui all’ art. 1, comma 2, d.lgs. 504/1992, se un soggetto in relazione ad una determinata annualità è proprietario di aree classificate da uno strumento urbanistico, vigente in quel momento, come edificabili, sarà tenuto, a prescindere da fatti futuri ed incerti, al versamento dell’ ICI in quella annualità; l’ ICI è un tributo di natura periodica e conseguentemente la trasformazione di classificazione urbanistica di un bene immobile da agricolo ad edificabile è, di per sé, sufficiente ‘a far lievitare il valore venale dell’ area’.
Prima di procedere all’esame dei singoli motivi di ricorso appare opportuno ricostruire gli esatti termini della vicenda in esame.
4.1. Gli avvisi di accertamento per cui è causa (relativi alle annualità 2010 e 2011) sono stati emessi dall’ente impositore tenuto conto della intervenuta approvazione, nell’anno 2008 , del P.R.G. del Comune di RAGIONE_SOCIALE, piano che era stato oggetto di sanatoria, con
efficacia retroattiva, in forza della delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 10 del 10/04/2014 la quale era stata adottata in virtù della disposizione di cui all’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5/14 (in vigore). Sono intervenute le pronunce di annullamento del Piano Regolatore Generale (TAR Perugia, sez. I, 14 dicembre 2012, n. 521; RAGIONE_SOCIALE di Stato, sez. IV, 19 febbraio 2014, n. 760) le quali hanno prodotto effetti caducanti sulle relative delibere di adozione e di approvazione. I n particolare, l’annullam ento degli atti è conseguito dal rilievo secondo il quale lo strumento urbanistico era stato adottato «con delibera consiliare n. 107 del 25 giugno 2003, senza previa acquisizione del parere di compatibilità sismica, in violazione di quanto prescritto dall’allora vigente art. 13 della legge 2 febbraio 1974, n. 64», così che, a detti fini, non poteva ritenersi equivalente uno studio sullo sviluppo del territorio in funzione dell’eventuale rischio sismico che era stato inserito nella parte strutturale del piano (così TAR Perugia, sez. I, 14 dicembre 2012, n. 521). Il RAGIONE_SOCIALE di Stato ha, quindi, rimarcato che – in relazione alla disciplina posta dalla l. 2 febbraio 1974, n. 64, art. 13, e dalla successiva l. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 20 (che aveva rimesso alla competenza regionale l’adozione di «norme per l’adeguamento degli strumenti urbanistici generali e particolareggiati vigenti, nonché sui criteri per la formazione degli strumenti urbanistici ai fini della prevenzione del rischio sismico») – nella fattispecie – risultando lo strumento urbanistico adottato con delibera n. 107 del 25 giugno 2003 – doveva trovare applicazione la disposizione di cui alla legge reg. Umbria 14 maggio 1982, n. 25, art. 5 (circa la competenza della commissione regionale tecnico amministrativa in ordine alla formulazione del parere di cui all’art. 13, cit.), in quanto (solo) con la legge reg. Umbria 22 febbraio 2005, n. 11, art. 17, comma 2, la competenza in questione (da correlare alla disposizione di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 89) era stata attribuita ai Comuni («in sede di adozione del PRG, parte operativa, tenuto conto degli elaborati del
PRG relativi alle indagini geologiche, idrogeologiche, idrauliche, nonché agli studi di microzonazione sismica effettuati nei casi e con le modalità previste dalle normative vigenti.»); ed ha, altresì, rilevato che nella fattispecie non si verteva «in ipotesi di vizio di pura forma riferito ad attività vincolata, essendo mancata l’essenziale verifica delle previsioni dello strumento urbanistico sotto il profilo della compatibilità sismica» (RAGIONE_SOCIALE di Stato, sez. IV, 19 febbraio 2014, n. 760, cit.).
La legge reg. Umbria, 4 aprile 2014, n. 5, all’art. 22 (Norma in materia di Piani regolatori generali) ha, quindi, disposto nei seguenti termini: «1. L’articolo 10, comma 2 della legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31 (Disciplina della pianificazione urbanistica RAGIONE_SOCIALE e norme di modificazione della L.R. 2 settembre 1974, n. 53, della L.R. 18 aprile 1989, n. 26, della L.R. 17 aprile 1991, n. 6 e della L.R. 10 aprile 1995, n. 28) si interpreta nel senso che l’approvazione da parte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del Piano regolatore generale – PRG ricomprende anche il positivo rilascio del parere sugli strumenti urbanistici di compatibilità sismica. 2. I comuni che hanno avviato l’iter di formazione del PRG prima della entrata in vigore della legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica RAGIONE_SOCIALE) possono esprimere in via retroattiva la valutazione di compatibilità sismica dello strumento urbanistico entro e non oltre il 31 dicembre 2014. A tal fine il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, relativamente al PRG ed alle varianti successive, previo parere della RAGIONE_SOCIALE per la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme per l’attività edilizia), sulla base degli elaborati, contenuti nel PRG approvato, relativi alle indagini geologiche, idrogeologiche e degli studi di microzonazione sismica, formula espressamente e motivatamente la propria valutazione di compatibilità e conformità. L’espressione di tale giudizio conferma in via retroattiva la validità del PRG e di tutte le
sue varianti successive.». Come reso esplicito dal relativo contenuto, dette disposizioni per un verso hanno inteso attribuire uno specifico significato -in termini di espressione del parere positivo di compatibilità sismica qual correlato all’approvazion e, da parte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, del Piano regolatore generale – in relazione al previgente dettato della legge reg. Umbria 21 ottobre 1997, n. 31, art. 10, comma 2 (alla cui stregua «I pareri, i visti e le autorizzazioni previsti dalla vigente legislazione per gli strumenti urbanistici generali sono espressi dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con la deliberazione di approvazione …» del P.R.G., parte strutturale) e, per il restante, hanno sottoposto l’efficacia di una siffatta adottata interpretazione ad uno specifico (ulteriore) incombente individuato nella riedizione del parere di compatibilità sismica (entro il termine del 31 dicembre 2014) dietro acquisizione di un parere della RAGIONE_SOCIALE «ai sensi dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1»; RAGIONE_SOCIALE, questa, che a sua volta è integrata, nella sua composizione, da un geologo in quanto la richiamata legge reg. Umbria, 22 febbraio 2005, n. 11, art. 37, comma 3, ha conferito ai comuni «le funzioni per l’emissione del parere di cui all’articolo 89 del d.p.r. 380/2001, nonché in materia idraulica ed idrogeologica, in merito alle previsioni degli strumenti urbanistici comunali. I relativi pareri sono espressi con le modalità previste dalla presente legge e dall’articolo 4, comma 4, lettera c) della l.r. 1/2004.». Il sistema di sanatoria delineato dall’art. 22, cit., poggia su di una valutazione di compatibilità sismica operata dallo stesso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – che, a tal fine, deve acquisire il parere della citata RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE – in attuazione del sopra ricordato conferimento ai Comuni delle funzioni per l’emissione del parere di cui all’articolo 89 del d.P.R. n. 380/2001
(legge reg. Umbria, n. 11 del 2005, art. 37, comma 3, cit.). Il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 89, a sua volta, dispone nei seguenti termini: – «1. Tutti i comuni nei quali sono applicabili le norme di cui alla presente sezione e quelli di cui all’articolo 61, devono richiedere il parere del competente ufficio tecnico regionale sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati prima della delibera di adozione nonché sulle lottizzazioni convenzionate prima della delibera di approvazione, e loro varianti ai fini della verifica della compatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio. 2. Il competente ufficio tecnico regionale deve pronunciarsi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta dell’amministrazione RAGIONE_SOCIALE. 3. In caso di mancato riscontro entro il termine di cui al comma 2 il parere deve intendersi reso in senso negativo.».
Il Giudice delle Leggi ha, quindi, rimarcato che l’art. 89, cit. – che «ha fatto venire meno -anche in mancanza di formale abrogazione -le possibilità di deroga di cui all’art. 20 della legge n. 741 del 1981 (sentenza n. 64 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 182 del 2006)» (così Corte Cost., 5 aprile 2018, n. 68), – «ha come suo oggetto gli strumenti urbanistici e le costruzioni nelle zone ad alto rischio sismico e come sua ratio la tutela dell’interesse generale alla sicurezza delle persone. Esso, pertanto, trascende l’ambito della materia del «governo del territorio» o altro ambito di competenza riservato al legislatore regionale, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica e della «protezione civile», come più volte affermato, in relazione a norme ritenute di principio dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, le richiamate sentenze n. 300, n. 101 e n. 64 del 2013, n. 201 del 2012, n. 254 del 2010), anche in specifico riferimento a funzioni ascritte agli uffici tecnici della Regione analoghe a quella in esame (sentenze n. 64 del 2013 e n. 182 del 2006)» (Corte Cost., 11 giugno 2014, n. 167). La norma, pertanto, «riveste una posizione «fondante» di un determinato
settore dell’ordinamento ( ex plurimis , sentenze n. 282 del 2009, n. 364 del 2006, n. 336 del 2005), attesa la rilevanza del bene protetto, che involge i valori di tutela dell’incolumità pubblica, i quali non tollerano alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali» e si impone al legislatore regionale (v., ex plurimis , Corte Cost., 22 dicembre 2022, n. 264; Corte Cost., 5 aprile 2018, n. 68, cit.; Corte Cost., 11 giugno 2014, n. 167, cit.). E la Corte Costituzionale ha avuto modo di dichiarare l’i llegittimità costituzionale, in relazione all’art. 117, comma 3, Cost., di diverse disposizioni legislative adottate dalla Regione Umbria e recanti conferimento ai Comuni del parere di compatibilità sismica (v. Corte Cost., 22 dicembre 2022, n. 264, cit., con riferimento alla legge reg. Umbria, 22 febbraio 2005, n. 11, art. 24, comma 9, nel testo vigente ratione temporis; v., altresì, Corte Cost., 5 aprile 2018, n. 68, cit., in relazione alla legge reg. Umbria, 21 gennaio 2015, n. 1, artt. 28, comma 10, e 56, comma 3, sempre nei testi vigenti ratione temporis ); parere, questo, ad ogni modo riconducibile alla RAGIONE_SOCIALE di cui alla previgente legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1, art. 4, di poi alla legge reg. Umbria, 22 febbraio 2005, n. 11, art. 112.
Dopo la declaratoria di incostituzionalità della legge reg. Umbria n. 1/2015 (artt. 28, comma 10 e 56, comma 3) da ultimo, come evidenziato da parte ricorrente, la Corte Cost. con sentenza n. 164/2023 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche del richiamato comma 2 dell’art. 22 della legge reg. Umbria n. 5 del 2014, nella parte in cui consente che «il Comune rilasci esso stesso a sanatoria il parere di compatibilità sismica e anche dopo l’approvazione del P.R.G.».
5. Ciò premesso, va osservato che il primo motivo, in forza del quale il Comune ricorrente lamenta la circostanza che il giudice tributario ‘non aveva giurisdizione’ in ordine alla valutazione diretta ed in via principale della legittimità del P.R.G. e che qualora il giudice
tributario avesse dubitato della legittimità costituzionale della legge Regione Umbria n. 5/2014 che consentiva alla sanatoria RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto rimettere gli atti alla Consulta e non valutare egli stesso la questione, non coglie nel segno dal momento che, in effetti, la C.T.R., ancorché con motivazione assai stringata, ha operato una lettura ‘costituzionalmente orientata’ della disciplina, nel senso della ritenuta illegittimità del P.R.G. oggetto di sanatoria non già in via principale diretta, bensì meramente incidentale ai fini ICI. La delibera che ha reso il parere postumo con effetto sanante dello strumento urbanistico rientrava tra gli atti amministrativi “in astratto” disapplicabili da parte del giudice tributario in quanto atto presupposto della pretesa tributaria ed in tale senso si può ritenere che abbia provveduto il giudice tributario, nell’ esercizio dei poteri di sua competenza.
6. Anche il secondo motivo, con il quale parte ricorrente, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., denunzia l’omesso esame del fatto, decisivo per il giudizio, costituito dalla mancata valutazione della circostanza che la delibera RAGIONE_SOCIALE aveva fatto applicazione di altra normativa, e che la sentenza di annullamento della delibera di sanatoria era stata sospesa dal RAGIONE_SOCIALE di Stato con ordinanza cautelare n.1519/2014, è privo di pregio.
6.1. Occorre rilevare che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui
esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01). Invero appare di tutta evidenza che con il motivo in questione l’ente impositore finisce per richiamare un dato non decisivo di causa, in quanto la statuizione di annullamento degli atti impositivi è stata basata, fondamentalmente, su una lettura ‘costituzionalmente orientata’ della normativa applicabile alla fattispecie in esame e sulla ritenuta necessità di una disapplicazione della delibera in sanatoria.
Il terzo motivo appare, per contro, fondato dovendosi dare seguito ai principi già affermati da questa Corte in analoga fattispecie, riguardate il medesimo Comune e lo stesso P.R.G., con la pronunzia n. 24559/2023.
7.1. Si impone una preventiva disamina dei principi enucleati da Cass. n. 13809/2021 che nell’esaminare la problematica in esame, sia pure da diverso angolo visuale, in controversia nella quale si discuteva della legittimità di un avviso di accertamento ICI del Comune di RAGIONE_SOCIALE a seguito della sentenza del RAGIONE_SOCIALE di Stato, n. 760/14, del 19 febbraio 2014, la quale, come detto, aveva confermato la decisione di primo grado di annullamento del piano regolatore generale del Comune di RAGIONE_SOCIALE, piano successivamente oggetto di sanatoria, ha rigettato il ricorso per cassazione avverso la sentenza della C.T.R. dell’Umbria che aveva confermato la pronunzia di primo grado in forza della quale era stato accolto il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti del Comune di RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento dell’imposta RAGIONE_SOCIALE sugli
immobili, dovuta per l’anno 2008 sul presupposto che, nelle more del giudizio di secondo grado, era passata in giudicato (per effetto della sentenza della Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite, n. 10877/15 del 27 maggio 2015, di rigetto del ricorso proposto dal Comune di RAGIONE_SOCIALE avverso) la sentenza del RAGIONE_SOCIALE di Stato, n. 760/14, sicché era venuto a mancare il presupposto dell ‘ assoggettamento ad ICI di aree valutate edificabili.
Con tale sentenza questa Corte ha sostenuto che era da ritenere infondata la censura dell’e nte impositore ricorrente che aveva lamentato l’omesso scrutinio della deliberazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 10, del 10 aprile 2014, di sanatoria, con effetto retroattivo, dello strumento urbanistico, adottata, ai sensi dell’art. 21nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 e della legge regionale 4 aprile 2014, n. 5, in costanza della sospensione delle decisioni del giudice amministrativo, sfavorevoli all’Ente impositore, e anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza del RAGIONE_SOCIALE di Stato.
Ha, in particolare, precisato che alla questione di diritto in esame in ordine alla retroattività, riguardo ai rapporti tributari concernenti le annualità pregresse, della sanatoria dello strumento urbanistico invalido (e annullato dal giudice amministrativo) rilevante ai fini della qualificazione (come terreni fabbricabili) degli immobili oggetto della imposizione doveva essere data soluzione negativa, rilevando che ‘…assume in proposito decisivo rilievo la considerazione del generale principio di irretroattività in materia fiscale, sancito dall’art. 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, c.d. Statuto del contribuente. La regola delle irretroattività deve trovare applicazione anche – e a fortiori – riguardo ai provvedimenti amministrativi di sanatoria degli atti generali (invalidi), quali il P.R.G., che incidono sui presupposti della imposizione, qualificando in senso più gravoso per il contribuente i beni che costituiscono l’oggetto del tributo. La ampia nozione di « disposizioni tributarie » di cui all’art. 3, comma,
1, cit., comprende, infatti, non solo la species delle norme di legge che istituiscono e disciplinano i tributi, ma anche i regolamenti e gli atti generali suscettibili di incidenza sulla imposizione. E la sanatoria di un atto generale, partecipando della natura dell’ atto sanato, soggiace al limite – intrinseco allo stesso – della irretroattività, con la conseguenza che l’effetto sanante, riguardo ai rapporti tributari, opera ex nunc . … Consegue che, nella specie, alla deliberazione di sanatoria del P.R.G. del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, n. 10/2014 del 10 aprile 2014, non deve riconoscersi effetto retroattivo in relazione al rapporto tributario litigioso, risalente alla pregressa annualità di imposta (2008). Epperò il provvedimento in parola dell’Ente locale deve essere disapplicato in via incidentale da questa Corte, ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, nella parte in cui la ridetta sanatoria illegittimamente estende, con effetto retroattivo, pertanto, in violazione dell’art. 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la propria efficacia in ordine alla qualificazione (come fabbricabile) dell’area, oggetto della imposizione».
7.2. Ritiene questo Collegio di non potere seguire l’ approccio ermeneutico da ultimo indicato che, nelle sue valutazioni complessive e nelle sue conclusioni, finisce per tralasciare il dato normativo di cui all’art. 2, lett. b, d.lvo. 504/1992 per come interpretato da questa Corte di legittimità nonché dalla Corte costituzionale.
7.3. Come è noto, l’art. 2, comma 1, lett. b, del d.lvo. 30 dicembre 1992 n. 504 prevede che: «b) per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 9, sui quali persiste l’utilizzazione
agro-silvopastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali. Il Comune, su richiesta del contribuente, attesta se un’area sita nel proprio territorio è fabbricabile in base ai criteri stabiliti dalla presente lettera». Dapprima, l’art. 11quaterdecies, comma 16, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla Legge 2 dicembre 2005 n. 248, ha disposto che: «Ai fini dell’applicazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera 4 b) dello stesso decreto si interpreta nel senso che un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo». Successivamente l’art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248, ha ribadito che: «Ai fini dell’applicazione del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo».
7.4. Nel valutare la portata di tali disposizioni normative occorre, quindi, prendere le mosse dalle considerazioni svolte a S.U. con la nota pronunzia n. 25506/2006 in materia di ICI relativa ad aree edificabili (che vanno qui testualmente richiamate), pronunzia in cui si è affermato che: «In definitiva, ai fini dell’ICI, la distinzione tra aree edificabili e terreni agricoli, non serve per distinguere un bene imponibile da uno non imponibile, serve soltanto per individuare il criterio in base al quale deve essere determinata la base imponibile
ICI (criterio del valore venale, secondo i prezzi medi di mercato, ovvero valore catastale). Questa premessa serve anche a sdrammatizzare il problema, perché, se i criteri di calcolo vengono applicati correttamente, il contribuente subirà un prelievo che non sarà mai superiore a quello giustificato dal reale valore del bene posseduto. Con la possibilità, del tutto naturale, che si verifichino oscillazione di valore connesse all’andamento del mercato e/o allo stato di attuazione delle procedure che determinano il perfezionamento dello jus edificandi. È naturale che le imposte patrimoniali siano commisurate al valore del patrimonio cui si riferiscono. Possono verificarsi variazioni al rialzo, che comportano un maggior prelievo nel periodo di imposta, o variazioni al ribasso (ad esempio, a causa della mancata approvazione del PRG), che attenuano il prelievo, senza che questo comporti, ex se , il diritto al rimborso per gli anni pregressi (salvo che i comuni non ritengano, sul piano dell’equità, di riconoscere il diritto al rimborso,
, lett. f)), durante i quali, comunque, l’imposta è stata commisurata al valore venale di mercato. E non rileva, ai fini dell’ICI, che l’incremento di valore non sia stato monetizzato, attraverso un atto di trasferimento oneroso, che, eventualmente, ricorrendone i presupposti di legge, avrebbe potuto dare luogo ad una plusvalenza, soggetta ad imposta sul reddito. D’altra parte, anche un PRG approvato e vigente è soggetto a modifiche che possono portare a una diversa classificazione dei suoli con conseguenti sensibili oscillazioni di valore. Per ragioni di equità, come già accennato, il legislatore ha previsto espressamente che i comuni possano “prevedere il diritto al rimborso dell’imposta pagata per le aree successivamente divenute inedificabili, stabilendone termini, limiti temporali e condizioni, avuto anche riguardo alle modalità ed alla frequenza delle varianti apportate agli strumenti urbanistici” ( , lett.
f)».
Le Sezioni Unite hanno, pure, evidenziato che: «… il
, conv. con modif. in
, chiarisce che “Ai fini dell’applicazione del
, del
, del
e del
,
un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”. La norma citata ha accolto la tesi sostanzialistica, propugnata dall’ente impositore, secondo la quale “non occorre che lo strumento urbanistico, adottato dal comune, abbia perfezionato il proprio iter di formazione mediante l’approvazione da parte della regione, atteso che l’adozione dello strumento urbanistico, con inserimento di un terreno con destinazione edificatoria, imprime al bene una RAGIONE_SOCIALE che è recepita dalla generalità dei consociati come qualcosa di già esistente e di difficile reversibilità e, quindi, è sufficiente a far venir meno, ai fini anzidetti, la presunzione del rapporto proporzionale tra reddito dominicale risultante in catasto e valore del terreno medesimo, posto a fondamento della valutazione automatica” … In altri termini, dinanzi ad una vocazione edificatoria di un suolo, formalizzata in un atto della procedura prevista dalla legislazione urbanistica, il fisco ritiene che, a prescindere dallo status giuridico formale dello stesso, non sia più possibile apprezzarne il valore sulla base di un parametro di riferimento, come il reddito dominicale, che resta superato da più concreti criteri di valutazione economica. Non interessa, dunque, ai fini fiscali, che il suolo sia immediatamente ed incondizionatamente edificabile, perché possa farsi ricorso legittimamente al criterio di valutazione del valore venale in comune commercio. L’inizio della procedura di “trasformazione” urbanistica di un suolo, implica, di per sé, una “trasformazione” economica dello stesso, che non consente più la valutazione, ai fini fiscali, secondo il criterio del reddito
dominicale. Tuttavia, l’aspettativa di edificabilità di un suolo, non comporta, ai fini della valutazione fiscale, l’equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità; comporta soltanto, l’assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli, oggi meno conveniente per il contribuente, ma non per questo iniquo. L’art. 36, comma 2, citato, fornisce una condivisibile chiave interpretativa che, per espressa volontà del legislatore, deve essere utilizzata nell’applicazione delle disposizioni relative all’iva ( ), al TUIR ( ), all’ICI
(
) e all’imposta di registro (
). La novella non fornisce un nuovo criterio di valutazione, ma si limita a chiarire che il beneficio della tassazione su base catastale, prevista per i terreni agricoli, non compete quando si tratti di suoli la cui vocazione edificatoria sia stata formalizzata in uno strumento urbanistico, ancorché non operativo. È di comune esperienza, infatti, che tale circostanza è sufficiente a far lievitare il valore venale del suolo, secondo le leggi di mercato. Trattandosi di imposta periodica, le oscillazioni di valore, come già è stato accennato, dovranno riflettersi, nel bene e nel male, nelle dichiarazioni di variazione».
Si è, ancora, osservato che, quanto al concetto di “utilizzabilità a scopo edificatorio”, dopo la novella del 2006 il legislatore ha fatto una scelta chiara e netta: «…. Il testo della legge non consente più di distinguere a seconda delle “fasi di lavorazione” degli strumenti urbanistici. Se c’è stato l’avvio della procedura per la formazione del PRG, la situazione in movimento non consente più di beneficiare del criterio statico della valutazione automatica. Quello che interessa al legislatore fiscale è la necessità di adottare un diverso criterio di valutazione dei suoli, quando questi siano avviati sulla strada (non necessariamente senza ritorno) della edificabilità. Normalmente, infatti, già l’avvio della procedura per la formazione del PRG determina una “impennata” di valore, pur con tutti i necessari
distinguo (riferiti alle zone e alla necessità di ulteriori passaggi procedurali). Il fulcro della norma interpretativa è costituito dalla precisazione che la edificabilità dei suoli, ai fini fiscali, non è condizionata (“indipendentemente”) “dall’approvazione della regione degli strumenti urbanistici e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”. È chiara, dunque, la voluntas legis , di tenere conto, realisticamente, delle variazioni di valore che subiscono i suoli in ragione delle vicende degli strumenti urbanistici. Diverse, infatti, sono le finalità della legislazione urbanistica rispetto a quelle della legislazione fiscale…. Infatti, non bisogna confondere lo jus edificandi con lo jus valutandi , che poggiano su differenti presupposti. Il primo sul perfezionamento delle relative procedure, il secondo sull’avvio di tali procedure. Non si può costruire se prima non sono definite tutte le norme di riferimento. Invece, si può valutare un suolo considerato “a vocazione edificatoria”, anche prima del completamento delle relative procedure».
In altri termini le S.U. hanno ritenuto che con l’avvio del procedimento amministrativo di trasformazione urbanistica di un suolo si avvia anche un parallelo processo di trasformazione economica dello stesso, che non consente più la valutazione, ai fini fiscali, secondo il criterio del reddito dominicale, criterio del resto superato da più concreti criteri di valutazione economica. Tuttavia l’aspettativa di edificabilità di un suolo, non comporta, ai fini della valutazione fiscale, l’equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità; comporta soltanto l’ assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli.
7.5. Questa Corte, in più occasioni, successivamente al citato intervento chiarificatore delle S.U., ha avuto modo di occuparsi dei nessi che intercorrono tra le delibere di adozione e di approvazione dello strumento urbanistico generale – e delle relative implicazioni in punto di qualificazione, a fini fiscali, di aree agricole – rilevando come in tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11-
quaterdecies , comma 16, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla Legge 2 dicembre 2005 n. 248, e dell’art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, del d.lvo. 30 dicembre 1992 n. 504, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi ( ex multis : Cass., Sez. 5^, 5 27 luglio 2007, n. 16714; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2012, n. 20137; Cass., Sez. 6^-5, 3 novembre 2016, n. 22247; Cass., Sez. 6^-5, 29 novembre 2016, n. 24308; Cass., Sez. 6^-5, 12 ottobre 2017, n. 24057; Cass., Sez. 6^-5, 11 settembre 2018, n. 22102; Cass., Sez. 5″, 10 ottobre 2019, nn. 25512 e 25513; Cass., Sez. 6^-5, 5 ottobre 2020, n. 21329; Cass., Sez. 6^-5, 11 novembre 2021, n. 33540; Cass., Sez. 5^, 28 dicembre 2021, n. 41738; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2022, n. 7958). 7.6. Simili conclusioni si pongono, del resto, in linea con i rilievi svolti dalla Corte Costituzionale in tema di legittimità della disposizione di interpretazione autentica introdotta dal d.l. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. in l. n. 248 del 2006, secondo cui «Ai fini dell’applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune,
indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo».
La Corte Costituzionale, difatti, ebbe a rilevare che «è del tutto ragionevole che il legislatore: a) attribuisca alla nozione di ‘area edificabile’ significati diversi a seconda del settore normativo in cui detta nozione deve operare e, pertanto, distingua tra normativa fiscale, per la quale rileva la corretta determinazione del valore imponibile del suolo, e normativa urbanistica, per la quale invece rileva l’effettiva possibilità di edificare, secondo il corretto uso del territorio, indipendentemente dal valore venale del suolo; b) muova dal presupposto fattuale che un’area in relazione alla quale non è ancora ottenibile il permesso di costruire, ma che tuttavia è qualificata come ‘edificabile’ da uno strumento urbanistico generale non approvato o attuato, ha un valore venale tendenzialmente diverso da quello di un terreno agricolo privo di tale qualificazione; c) conseguentemente distingua, ai fini della determinazione dell’imponibile dell’ICI, le aree qualificate edificabili in base a strumenti urbanistici non approvati o non attuati (e, quindi, in concreto non ancora edificabili), per le quali applica il criterio del valore venale, dalle aree agricole prive di detta qualificazione, per le quali applica il diverso criterio della valutazione basata sulle rendite catastali; … infatti, la potenzialità edificatoria dell’area, anche se prevista da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora inattuati, costituisce notoriamente un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno e, pertanto, rappresenta un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi dell’art. 53 Cost., in quanto espressivo di una specifica posizione di vantaggio economicamente rilevante» (così Corte Cost., 27 febbraio 2008, n. 41). E tali principi sono stati richiamati pure nelle pronunzie n. 266 e 394 del 2008).
7.7. La giurisprudenza sia costituzionale sia di legittimità, a più riprese, ha quindi chiarito il principio secondo il quale la potenzialità edificatoria, ancorché in nuce ed in itinere sulla base degli strumenti
urbanistici in corso di approvazione, accordata all’area ne accresce ipso facto il valore venale e costituisce elemento sufficiente per determinare un incremento di capacità contributiva.
7.8. Peraltro il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, lett. b), dispone che «per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità» (v., con riferimento all’IMU, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 2, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214), così che, se la citata disposizione di interpretazione autentica (d.l. n. 223 del 2006, ha inciso sulla lettura della norma in relazione all’adozione dello strumento urbanistico generale, ne ha (al contempo) lasciato immutato il riferimento ulteriore «alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità» (v., ora, il d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37); e la giurisprudenza di questa Corte (v., ex plurimis , Cass., 17 febbraio 2021, n. 4228; Cass., 15 aprile 2019, n. 10502), nonchè dello stesso Giudice delle leggi (Corte Cost., 2 marzo 2004, n. 73), non dubitano del rilievo suppletivo che il criterio della cd. edificabilità di fatto (d.P.R. n. 327/2001, art. 37, comma 3, cit.) assume in mancanza di strumenti urbanistici idonei a ricondurre l’area espropriata tra quelle edificabili. 7.9. Non può, per altro verso, sottacersi che una tale conclusione trovi indiretta conferma, specificatamente per l’I CI, nella formulazione (richiamata da S.U. nella citata pronunzia) dell’art. 59 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in tema di potestà regolamentare in materia di imposta RAGIONE_SOCIALE sugli immobili: orbene, fra le facoltà ‘discrezionalmente’ rimesse ai singoli Comuni impositori nello specifico settore, è espressamente contemplata, alla lett. f) del primo comma, quella di prevedere il diritto al rimborso dell’imposta pagata per le aree successivamente divenute
inedificabili, stabilendone termini, limiti temporali e condizioni, avuto anche riguardo alle modalità ed alla frequenza delle varianti apportate agli strumenti urbanistici.
Dunque, la regola è l’in ammissibilità del rimborso del tributo relativamente alle aree divenute non più edificabili ma è rimessa alla libera discrezionalità dei Comuni la (semplice) facoltà di ammettere rimborsi, nei tempi ed alle condizioni indicati negli appositi regolamenti, per l’ICI versata .
Ne deriva che la caducazione dello strumento urbanistico non determina, di per sé, il venir meno del presupposto impositivo.
8. In conclusione, l’annullamento giurisdizionale della delibera di adozione del Piano Regolatore Generale se ha determinato effetti automaticamente caducanti, pur non di meno non dispiega effetti sulla valutazione fiscale delle aree in questione in termini di aree edificabili, e ciò in relazione tanto allo stesso avvio del procedimento di pianificazione urbanistica – che, così come rilevato dallo stesso giudice amministrativo, non preclude la riedizione del potere dietro valutazione «di tutti gli elaborati relativi allo studio geologico e alla microzonazione sismica» quanto all’applicabilità, nella fattispecie, del criterio legato all’edificabilità di fatto che va desunt a da taluni fatti-indice obiettivi identificabili con la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e qualsiasi altro elemento obiettivo.
8.1. La pronunzia impugnata, in accoglimento del suddetto motivo, va, dunque, annullata dovendosi affermare il seguente principio di diritto: ‘l’annullamento giurisdizionale della delibera di adozione del Piano Regolatore Generale e la sua caducazione, ancorché conseguenti ad una pronunzia della Corte Costituzionale che abbia posto nel nulla la normativa regionale volta alla sanatoria dello strumento urbanistico, non può incidere sulla qualificazione fiscale
delle aree in termini di aree edificabili, e ciò in relazione tanto allo stesso avvio del procedimento di pianificazione urbanistica -specie in ragione della possibile riedizione del potere amministrativo quanto in virtù di una possibile applicabilità del criterio legato all’edificabilità di fatto’ .
La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia T ributaria di secondo grado dell’Umbria che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia procedendo alla valutazione dell’area de qua ai fini ICI, attenendosi al suddetto principio di diritto.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione