Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16094 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16094 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10193/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA n. 136/17 depositata il 9 febbraio 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza la cartella esattoriale con la quale gli era stato intimato il pagamento di tributi erariali iscritti a ruolo a titolo provvisorio dall’RAGIONE_SOCIALE in virtù di due distinti avvisi di
accertamento in materia di IRPEF relativi agli anni 2006 e 2007, non ancora divenuti definitivi.
In corso di causa, il contribuente depositava la sentenza nel frattempo pronunciata dalla medesima Commissione nell’àmbito del parallelo giudizio da lui promosso al fine di ottenere l’annullamento degli atti accertativi presupposti.
Preso atto di ciò, l’adìto giudice tributario provinciale annullava la cartella di pagamento impugnata, rilevando che l’iscrizione a ruolo provvisoria, sebbene originariamente legittima ex art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, doveva «ritenersi caducata in conseguenza del sopravvenire, nelle more del giudizio, della sentenza di primo grado relativa agli avvisi di accertamento» , la quale «impone (va) una rideterminazione della pretesa, anche in considerazione del fatto che l’Ufficio impositore non a (veva) interposto appello avverso» la stessa.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, che con sentenza n. 136/17 del 9 febbraio 2017 rigettava l’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria.
Riteneva il collegio di secondo grado che, per effetto dell’intervenuto annullamento, sia pure solo parziale, degli atti impositivi prodromici, si fosse verificata l’automatica caducazione dell’intera cartella esattoriale, avendo essa «per (so) il proprio presupposto di legittimità» .
Contro tale sentenza, notificata ai sensi dell’art. 285 c.p.c. il 22 febbraio 2017, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il COGNOME è rimasto intimato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 68 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel non considerare:
(a)che, nell’ipotesi di parziale accoglimento del ricorso del contribuente, l’art. 68, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 546 del 1992 consente all’ufficio finanziario di esigere il pagamento di un importo pari all’ammontare risultante dalla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, e comunque non superiore ai due terzi di quello indicato nell’atto impositivo;
(b)che, nel caso di specie, la somma provvisoriamente iscritta a ruolo risultava inferiore a quella che il COGNOME avrebbe dovuto pagare in forza RAGIONE_SOCIALE statuizioni contenute nella sentenza di primo grado resa nell’àmbito del parallelo giudizio di impugnazione degli avvisi di accertamento.
Con il secondo motivo, anch’esso introdotto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 324 del medesimo codice.
2.1 Si contesta alla Commissione regionale di aver affermato, contrariamente al vero, che la sentenza in questione non era stata appellata dall’RAGIONE_SOCIALE e che doveva, pertanto, ritenersi passata in cosa giudicata formale.
Il primo motivo è fondato.
3.1 Come si ricava dalla lettura della sentenza impugnata, la cartella di pagamento oggetto del presente giudizio si riferisce a imposte provvisoriamente iscritte a ruolo dalla Direzione Provinciale RAGIONE_SOCIALE Cosenza dell’RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, in virtù di atti di accertamento tributario non ancora definitivi.
3.2 Orbene, «in subiecta materia» è ormai costante l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui, nell’àmbito della disciplina dell’iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non
definitivi, il menzionato art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973 concerne la riscossione del tributo nella fase amministrativa (fase «ante decisum» ), laddove il sopravvenuto art. 68 del D. Lgs. n. 546 del 1992 regola la riscossione frazionata di esso in relazione alla progressione dei diversi gradi del giudizio tributario (fase «post decisum» : cfr. Cass. n. 900/2023, Cass. n. 12701/2011, Cass. n. 7339/2003).
3.3 Dal quadro normativo sopra delineato si ricava che, a sèguito della notifica di un avviso di accertamento, il contribuente è tenuto a pagare:
-un terzo di imposte e interessi dopo la notificazione dell’avviso di accertamento, ex art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973;
-i due terzi di imposte e interessi dopo la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che respinge il suo ricorso, ex art. 68, comma 1, lettera a), del D. Lgs. n. 546 del 1992;
-quanto stabilito dalla medesima sentenza -e comunque non oltre i due terzi dell’importo indicato nell’avviso di accertamento -, in caso di accoglimento parziale del ricorso, ex art. 68, comma 1, lettera b), del D. Lgs. cit.;
-il residuo ammontare dopo la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, ex art. 68, comma 1, lettera c), dello stesso decreto legislativo (cfr. Cass. n. 23784/2017).
3.4 Per quanto qui particolarmente interessa, giova, inoltre, rammentare che con sentenza n. 758/2017 le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: «L’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo RAGIONE_SOCIALE imposte, degli interessi e RAGIONE_SOCIALE sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dagli artt. 11 e 15 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicchè, qualora intervenga una sentenza del giudice
tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l’ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata» .
3.5 L’anzidetta regula iuris , sebbene enunciata con specifico riferimento ai ruoli straordinari di cui all’art. 15 -bis del D.P.R. n. 602 del 1973, assume rilievo anche rispetto ai ruoli provvisori di cui al precedente art. 15 del medesimo decreto, come già in altre occasioni questa Corte ha avuto modo di chiarire (cfr. Cass. n. 24554/2020, Cass. n. 30775/2018).
3.6 Occorre, poi, tener presente:
-che la mera riduzione quantitativa del credito erariale da parte del giudice tributario non comporta la necessità per l’ente di rinnovare l’iscrizione a ruolo, poiché la minor somma spettante per effetto della decisione è comunque già compresa nel ruolo formato, onde ben può l’Ufficio adeguare «sua sponte» la richiesta di pagamento in conformità all’accertamento operato in sede giurisdizionale, purché ciò non si risolva in un atto di nuova e/o diversa imposizione (cfr. Cass. n. 30410/2022, Cass. n. 14547/2019, Cass. n. 22804/2015);
-che, in ragione della natura di impugnazione-merito propria del processo tributario e in ossequio ai princìpi del giusto processo sanciti dagli artt. 111 Cost., 47 CDFU e 6 CEDU, ove nel corso di una causa di opposizione a cartella di pagamento sia accertata l’esistenza di una pronuncia giudiziale che abbia ridotto la pretesa tributaria contenuta nell’atto impositivo prodromico, con conseguente parziale venir meno del suo presupposto legittimante, il giudice di quella causa non può invalidare ‘in toto’ la cartella, ma è tenuto a ricondurla nella misura corretta, annullandola nella sola
parte non avente più titolo nell’accertamento originario (cfr. Cass. n. 39660/2021).
3.7 Alla stregua RAGIONE_SOCIALE esposte considerazioni, non appare giuridicamente corretta la soluzione accolta dalla CTR, la quale ha fatto automaticamente discendere la caducazione dell’intera cartella esattoriale dalla decisione di primo grado assunta nel parallelo giudizio di impugnazione degli avvisi di accertamento presupposti, solo parzialmente favorevole al contribuente.
3.8 Invero, a sèguito della pronuncia giurisdizionale intervenuta in quel giudizio, il collegio regionale era tenuto a stabilire l’importo fino a concorrenza del quale l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto legittimamente procedere alla riscossione dei tributi provvisoriamente iscritti a ruolo, eventualmente annullando la cartella per la sola parte eccedente.
3.9 In questa prospettiva, considerato che, nel caso in esame, l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio era avvenuta nella fase amministrativa, ai sensi dell’art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, si rendeva anzitutto necessario verificare se, per effetto RAGIONE_SOCIALE statuizioni rese nell’àmbito del giudizio di impugnazione degli accertamenti tributari, la somma complessivamente dovuta dal COGNOME risultasse quantomeno pari a quella di cui era stato intimato il pagamento (che per dettato normativo non avrebbe dovuto superare un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati), nel qual caso nemmeno si sarebbe posta la necessità di adottare un eventuale provvedimento di sgravio della cartella, secondo le indicazioni offerte dalle Sezioni Unite nel menzionato arresto del 2017.
Il secondo motivo è inammissibile, essendo diretto contro un’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado, totalmente sostituita dalla successiva decisione d’appello, incentrata sull’assorbente rilievo che «l’annullamento dell’avviso comporta quale conseguenza diretta l’annullamento della cartella
gravata» (cfr., sull’argomento, Cass. n. 7934/2024, Cass. n. 24001/2021, Cass. n. 9001/2018, Cass. n. 352/2017).
In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso e dichiarato inammissibile il secondo.
Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione dell’impugnata sentenza, nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia, uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
6.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione