Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2959 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 2959  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere-COGNOME.
NOME COGNOME
Consigliere
COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
CARTELLA
DI
PAGAMENTO
CC.
23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5715/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata  in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO,  che  la  rappresenta  e  difende in  virtù  di  procura speciale ad litem .
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale presso quest’ultima in Roma, INDIRIZZO.
–
resistente
 – e contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  del  Lazio  n.  4344/2015 depositata il 22/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. La RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio di cui all’epigrafe , che ha rigettato il suo appello contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso della contribuente contro la cartella di pagamento, emessa, a seguito di controllo formale, per imposte dichiarate e non versate, dalla RAGIONE_SOCIALE della riscossione RAGIONE_SOCIALE e relativa all’anno d’imposta 2008 .
L’RAGIONE_SOCIALE si costituisce senza proporre difese, al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
La RAGIONE_SOCIALE rimane intimata.
Considerato che:
1. Con il primo motivo la contribuente denunzia « 1)- Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3», sostenendo che la sentenza gravata sarebbe caduta in grave errore perché, passata in giudicato la pronuncia della CTP, che aveva accolto parzialmente il ricorso, la cartella impugnata avrebbe dovuto essere integralmente annullata. Secondo la ricorrente, infatti, « la Commissione Provinciale, una volta accolto parzialmente il ricorso, doveva annullare la cartella esattoriale emessa e demandare all’ufficio di procedere all’emissione di una nuova cartella con la riliquidazione dell’imposta dovuta in ragione della decisione.».
Il motivo (peraltro privo di puntuali e specifici riferimenti all ‘eventuale produzione e collocazione, nel merito, di documenti a supporto RAGIONE_SOCIALE deduzioni della parte) è infondato, poiché in contrasto con il principio già affermato da questa Corte, secondo cui « In ragione della natura di impugnazione-merito del processo tributari e del rispetto dei principi della ragionevole durata del giusto processo (artt. 111 Cost., 47 CDFU e 6 CEDU), il giudice, adito in una causa di opposizione di cartella di pagamento, ove sia accertata l’esistenza di un titolo giudiziale definitivo che abbia ridotto la pretesa impositiva originariamente contenuta nell’avviso di accertamento presupposto, con conseguente insussistenza parziale, rispetto alle originarie pretese, del suo presupposto legittimante, non può invalidare “in toto” la cartella, ma è tenuto a ricondurre la stessa
nella misura corretta, annullandola solo nella parte non avente più titolo nell’accertamento originario.» (Cass.  13/12/2021, n. 39660).
2. Con il secondo motivo la contribuente denunzia « 1)Violazione dell’art. 36 dpr 600/73 e 54 bis del 1972 dell’art. 112 c.p.c e 360 co. I n. 5 c.p.c.».
Sostiene la contribuente che la sentenza gravata sarebbe meritevole di censura « per avere la Commissione Territoriale Regionale risolto il motivo di impugnazione del contribuente sulla base di una dichiarazione resa unilateralmente dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di sgravio di una somma di € 12,78 emersa sulla base di quali differenti controlli. Quindi la C.T.R. ha deciso il gravame del Contribuente rigettandolo senza tenere conto della motivata richiesta di sgravio avanzata dallo stesso Contribuente, sia in sede di autotutela, sia in sede contenziosa, recante somme documentate di importo ben maggiore ad € 12,78 ( si tratta di € 1.885,00).».
Vi sarebbe quindi «un contrasto irriducibile tra due affermazioni tra loro non conciliabili, quella del contribuente che indica in € 1.885,00 la somma che deve essere oggetto di sgravio per effetto di errori materiali dimostrati e quella dell’RAGIONE_SOCIALE che quantifica in € 12,78 lo sgravio » e, « se la CRAGIONE_SOCIALET. avesse tenuto conto del contrasto», «non avrebbe ritenuto infondato il ricorso».
Il motivo  è  inammissibile  sotto  diversi  profili,  ciascuno  sufficiente  alla  relativa declaratoria.
Innanzitutto, esso non attinge (come necessario, a pena di inammissibilità: Cass. 10/08/2017, n. 19989, ex plurimis) la ratio decidendi espressa dalla CTR sul punto, secondo cui, « l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE depositava un tabulato da cui emerge che l’Ufficio ha provveduto per l’IRAP (mod. UNICO) uno sgravio totale, mentre per l’IRPEF e ADD. (mod. 770) uno sgravio parziale euro 12,78. Venivano anche allegati i tabulati relativi ai pagamenti che devono ancora essere effettuati, che si riferiscono a sanzioni ed interessi per tardivi o carenti versamenti di imposte, nonché al recupero di imposte dichiarate e non versate. Rispetto a tali dati, vi è stata sostanziale acquiescenza da parte del contribuente, li quale ha dichiarato di volere effettuare un pagamento rateale. Conseguentemente, nei termini accertati ed indicati in motivazione e con riferimento ai tabulati presentati dall’Ufficio finanziario, l’appello deve essere rigettato e deve essere confermata la sentenza di primo grado, nei limiti dei pagamenti precisati in motivazione.».
Il  mezzo  in  decisione  non  censura  affatto  la  sentenza  impugnata  nella  parte  in  cui attribuisce rilevanza decisiva alla condotta di ‘ sostanziale acquiescenza ‘ (o meglio di non  contestazione,  se  non  di  ammissione)  del  contribuente  rispetto  alla  predetta produzione documentale erariale e, sulla base di quest’ultima, risolve il contrasto tra le parti sul punto.
Tanto premesso, il mezzo appare inoltre ammissibile anche perché, sostanzialmente, non lamenta l’omesso esame di un fatto storico, ma sollecita la mera rivisitazione del merito  del  giudizio  in  ordine  alle  risultanze  documentali  istruttorie,  ciò  che  non  è consentito in questa sede di legittimità.
Nulla sulle  spese,  non  avendo  l’RAGIONE_SOCIALE  formulato  difese  ed  essendo  rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato  pari  a  quello  dovuto  per  il  ricorso,  a  norma  del  comma  1-bis,  dello  stesso articolo 13 , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024.