Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1529 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1529 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 22108-2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;
– ricorrente –
contro
CRAGIONE_SOCIALE -CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV. NOME COGNOME EMAIL, unitamente al quale è elett.te dom.to in ROMA, alla INDIRIZZO presso lo STUDIO dell’AVV. NOME COGNOME (EMAIL;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. ;
-intimata – avverso la sentenza n. 4831/04/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, sez. st. di SIRACUSA, depositata il 20/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che l’ AGENZIA RAGIONE_SOCIALE notificò alla C.O.M.A.P. CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE ATTIVITÀ PORTUALI un atto di contestazione ed irrogazione di sanzioni per riprese relative all’anno di imposta 2006 ;
che la società contribuente impugnò detto provvedimento innanzi alla C.T.P. di Siracusa che, previa riunione con il giudizio proposto dalla medesima contribuente avverso la cartella di pagamento emessa sulla base dell’atto di contestazione in questione, con sentenza 2330/2015 accolse i ricorsi;
che l’ AGENZIA DELLE DOGANE propose appello innanzi alla C.T.R. della Sicilia, sez. st. di Siracusa, la quale, con sentenza n. 4831/04/2021, depositata il 20/05/2021 rigettò il gravame osservando -per quanto in questa sede ancora rileva -come (a) rispetto al giudizio avente ad oggetto la cartella, ‘ la stessa Agenzia delle Dogane ha chiesto la cessazione della materia del contendere ‘ (cfr. 2 due della motivazione della sentenza impugnata, prime due righe) mentre (b), per quanto concerne il giudizio avverso l’avviso di contestazione, quest’ultimo è stato ‘ annullato in autotutela ‘, con la conseguenza il
successivo atto integrativo di contestazione, con il quale l’amministrazione ha rideterminato le sanzioni, non può trovare ingresso nel presente giudizio, trattandosi di atto autonomamente impugnabile;
che avverso tale decisione l’ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; si è costituito con controricorso, illustrato da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., il C.O.RAGIONE_SOCIALE; è rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE
Rilevato che con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) della ‘ violazione art. 112 ‘, sulla base della seguente allegazione difensiva ‘ l’atto fiscale che rettifichi in diminuzione quello impugnato deve essere deciso nella stessa controversia e non è ad esso estraneo ‘ (cfr. ricorso, p. 12), sostanzialmente lamentando l’errore commesso dalla C.T.R. nel ritenere non delibabile l’atto di rettifica delle sanzioni intervenuto in corso di giudizio, a seguito di annullamento in autotutela del precedente atto di contestazione originariamente impugnato dal contribuente;
che il motivo è infondato;
che in materia tributaria, il potere dell’Amministrazione di provvedere in via di autotutela all'”annullamento di ufficio” ovvero alla “revoca”, anche in pendenza di giudizio o di non impugnabilità, degli atti illegittimi od infondati è espressamente riconosciuto dall’art. 2 -quater del d.l. n. 564 del 1994, conv. con mod. dalla l. n. 656 del 1994. Il rimedio di tipo demolitorio ricollegabile al provvedimento amministrativo di secondo grado, che opera con efficacia ex tunc , si estende, peraltro, a qualsiasi vizio di legittimità (annullamento) o di merito (revoca) dell’atto impositivo, con il solo limite del giudicato
sostanziale favorevole alla Amministrazione (cfr. l’art. 2, comma 2, del d.m. n. 37 del 1997). La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro riconosciuto estensivamente il potere di autotutela in materia tributaria anche alle ipotesi di interventi di tipo “sostitutivo” laddove, in particolare, viene esplicitamente distinto l’esercizio del potere di rinnovo da quello di integrazione dell’atto impositivo: viene infatti ricondotto al potere di autotutela anche il provvedimento cd. di riforma dell’atto, specificandosi che “i l ritiro di un precedente atto, può avvenire in due diverse forme, quella del “controatto” (l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo) o quella della riforma (l’atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso), caratterizzati entrambi dal fatto che l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico ” (Cass., Sez. 5, 16.1.2009, n. 937, Rv. 606461-01, in motivazione);
che, tanto premesso e con precipuo riferimento a quanto maggiormente interessa in questa sede, il sopravvenuto annullamento in autotutela, per qualsiasi motivo, dell’atto impugnato determina la cessazione della materia del contendere, in quanto la prosecuzione del giudizio non potrebbe comportare alcun risultato utile per il contribuente, stante l’inammissibilità, in detto processo, di pronunce di mero accertamento dell’illegittimità della pretesa erariale, senza che, peraltro, il diritto di difesa dello stesso contribuente sia violato dall’eventuale riedizione del potere da parte dell’Amministrazione finanziaria, a fronte della quale potrà essere proposta impugnazione contro il nuovo atto impositivo
(Cass., Sez. 5, 28.12.2018, n. 33587, Rv. 652001-01. Cfr. anche Cass., Sez. 5, 26.7.2019, n 20350, non massimata, nonché, per un corposo approfondimento della tematica, Cass., Sez. 5, 2.2.2022, n. 3268, non massimata, in motivazione, particolarmente sub § 5);
che a tali principi si è correttamente attenuta la C.T.R., la quale ha escluso che, a seguito di annullamento in autotutela (sostitutiva) dell’originario atto di contestazione, il presente giudizio possa estendersi alla delibazione del ‘nuovo’ atto impositivo emesso dall’Ufficio (peraltro pacificamente oggetto di un diverso e separato giudizio);
che quanto precede determina l’assorbimento del secondo motivo di ricorso (con il quale la difesa erariale lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la ‘ violazione artt 50 bis dl 331.93 e 13 dlgs 471.97 ‘);
Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna dell’ AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , al pagamento, in favore del C.O.RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo;
che alcunché va disposto, invece, in relazione alle spese di lite nei rapporti tra l’ AGENZIA DELLE DOGANE, da un lato e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, sia per il medesimo interesse sotteso alle relative posizioni processuali, sia per essere rimasta quest’ultima solo intimata e, dunque, per non avere svolto attività difensiva alcuna;
che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato, non trova applicazione l’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Per l’effetto, condanna l’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t. , al pagamento, in favore del C.O.RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 200,00 (duecento/00) per esborsi ed € 2.300,00 (duemilatrecento/00) per compenso professionale, oltre al 15% su tale ultimo importo per rimborso forfettario spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione