Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33238 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33238 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16536/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in VARESE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale presso l’indirizzo di pec EMAIL che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso la Sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Lombardia n. 124/2023 depositata il 13/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 24.10.2019 l’Agente della riscossione notificava a NOME COGNOME l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa al mancato pagamento di cinque cartelle esattoriali.
Avverso tale atto e due delle cartelle sottese recanti crediti di natura tributaria -n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA -il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.T.P. di Varese eccependo l’intervenuto decorso dei termini di prescrizione quinquennale.
L’agente della riscossione si costituiva, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso ai sensi del combinato disposto degli articoli 19, comma 3 e 21 del D.lgs. n. 546/92, per effetto dell’intervenuta notifica delle cartelle in oggetto, e richiamando i successivi atti interruttivi della prescrizione, consistenti nella notifica in data 02/11/12, dell’avviso di intimazione n. NUMERO_CARTA in relazione alla cartella n. NUMERO_CARTA; in data 02/07/15, dell’avviso di intimazione n. NUMERO_CARTA in relazione a tutte le cartelle contestate; in data 22/03/13, della proposta di compensazione, ex. art. 28-ter DPR 602/73, n. NUMERO_CARTA relativa a tutte le cartelle in contestazione, nonché la sospensione della prescrizione per effetto della L. 147/2013.
Le ragioni del contribuente non erano apprezzate dai giudici del merito e, in particolare, all’esito del giudizio la CGT di II Grado della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, confermando la sentenza di primo grado, n. 342/3/2020, depositata in data 02.12.2020, rilevava come la prescrizione fosse stata interrotta mediante la notifica delle cartelle di pagamento, degli ulteriori atti esattoriali, nonché sospesa ex L. 147/2013.
Avverso la predetta sentenza ricorre il contribuente con due motivi e resiste l’Agenzia delle entrate -Riscossione con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, il ricorrente chiede dichiararsi la ‘ cessata materia del contendere ‘ a seguito dell’annullamento di diritto dei crediti tributari per cui è causa ex art. 1, comma 540, della Legge n. 228/2012.
Con il primo motivo di ricorso denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 46 e 57 del D.Lgs. n. 546/1992, censurando la dichiarazione di inammissibilità, e comunque il rigetto per insussistenza dei presupposti, da parte dei giudici di appello della richiesta di ‘cessata materia del contendere’ per annullamento di diritto dei crediti tributari per cui è causa ex art. 1, comma 540, Legge n. 228/2012.
Con il secondo motivo di ricorso denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2948 n. 4 c.c., lamentando il rigetto dell’eccezione di prescrizione dei crediti tributari oggetto del presente giudizio, sollevata dal ricorrente sin dal primo grado di giudizio.
Il primo motivo di ricorso, da esaminarsi unitamente alla eccezione preliminare di cessazione della materia del contendere, è fondato, nei termini che si vanno ad esporre.
Il motivo, così come l’eccezione di cessata materia del contendere sollevata dal ricorrente, si fondano sull’istituto previsto dall’art. 1, comma 537 e ss. della l. n. 228 del 2012, che, come segnalato dalla dottrina e da Cass. n. 28354/2019 (che ne ha fornito una prima interpretazione), con l’obiettivo di migliorare la relazione con i debitori che hanno subito iscrizioni a ruolo, e quindi con l’esigenza di attivare la riscossione solo in presenza di un valido titolo esecutivo, ha cristallizzato una prassi già esistente (in tal senso prevista dalla direttiva Equitalia n. 10 del 6/05/2010), la cui finalità è essenzialmente quella di rimediare ai difetti di comunicazione tra l’ente creditore e l’agente della riscossione.
Tale prassi è stata disciplinata con l’art. 1, commi 537-542, della legge n. 228 del 2012, che nella formulazione originaria aveva anche ampliato, rispetto alla predetta prassi, le ipotesi in cui la dichiarazione del debitore potesse essere presentata.
L’art. 1, comma 537, della l. n. 228 del 2012, prima delle modifiche di cui all’art. 1 d.lgs. 24/09/2015, n. 159, prevedeva che «a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti e le società incaricate per la riscossione dei tributi, di seguito denominati “concessionari per la riscossione”, sono tenuti a sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore, limitatamente alle partite relative agli atti espressamente indicati dal debitore, effettuate ai sensi del comma 538».
8. Il comma 538, poi, elenca tutte le ipotesi in cui il debitore ha diritto ad ottenere la sospensione della riscossione, con la previsione alla lettera f) di una clausola generale, costituita «da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso»; esso prevede che «ai fini di quanto stabilito al comma 537, entro 90 giorni dalla notifica, da parte del concessionario della riscossione, del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa dal concessionario il contribuente presenta al concessionario della riscossione una dichiarazione anche con modalità telematiche, con la quale venga documentato che gli atti emessi dall’ente creditore prima della formazione del ruolo, ovvero la successiva cartella di pagamento o l’avviso per i quali si procede, sono interessati: a) da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo; b) da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore; c) da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore; d) da una sospensione giudiziale, oppure da una
sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario della riscossione non ha preso parte; e) da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente alla formazione dello stesso, in favore dell’ente creditore; f) da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso».
9. Il comma 539 dell’art. 1, poi, disciplina il procedimento che si innesca a seguito della presentazione della domanda del debitore entro il termine di 90 giorni dalla notifica nei suoi confronti del primo atto di riscossione, con il coinvolgimento sia del concessionario della riscossione, sia, soprattutto, dell’ente impositore. Pertanto, il comma 539 prevede che «entro il termine di 10 giorni successivi alla data di presentazione della dichiarazione di cui al comma 538, il concessionario della riscossione trasmette all’ente creditore la dichiarazione presentata dal debitore e la documentazione allegata al fine di avere conferma dell’esistenza delle ragioni del debitore ed ottenere, in caso affermativo, la sollecita trasmissione della sospensione o dello sgravio direttamente sui propri sistemi informativi. Decorso il termine di ulteriori 60 giorni l’ente creditore è tenuto, con propria comunicazione inviata al debitore a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o a mezzo posta elettronica certificata ai debitori obbligati all’attivazione, a confermare allo stesso la correttezza della documentazione prodotta, provvedendo, in pari tempo, a trasmettere in via telematica, al concessionario della riscossione il conseguente provvedimento di sospensione o sgravio, ovvero ad avvertire il debitore dell’inidoneità di tale documentazione a mantenere sospesa la riscossione, dandone, anche in questo caso, immediata notizia al concessionario della riscossione per la ripresa dell’attività di recupero del credito iscritto a ruolo».
10. Il comma 540 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, quindi, dispone che la mancata risposta da parte dell’Agenzia delle entrate
nel termine di 220 giorni comporta l’annullamento di diritto dei ruoli (comma 540: «… in caso di mancato invio, da parte dell’ente creditore, della comunicazione prevista dal comma 539 e di mancata trasmissione dei conseguenti flussi informativi al concessionario della riscossione …. le partite di cui al comma 537 sono annullate di diritto e quest’ultimo è considerato automaticamente discaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi»).
11. Tale disciplina è stata in parte modificata dall’art. 1 del d.lgs. 24/09/2015, n. 159, che ha previsto la riduzione del termine concesso al contribuente per presentare la dichiarazione da 90 a 60 giorni, e ha sanzionato con la «decadenza» l’eventuale ritardo.
Inoltre, sempre in relazione al comma 538, è stata eliminata la causa di sospensione della riscossione prevista dalla lettera f) (dichiarazione con cui è documentato che il ruolo è interessato «da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso»).
Il comma 540 rappresenta la novità più rilevante, in quanto prevede, dopo l’ultimo periodo, che «l’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito». Tale disposizione è stata inserita dalla novella per la rilevanza dell’istituto per «le casse erariali» e per evitarne potenziali applicazioni distorsive, con la presentazione di istanze di sospensione solo pretestuose.
12. Ora, l’art. 15 del d.lgs. n. 159 del 2015 prevede una disciplina transitoria, in base alla quale «le disposizioni dell’articolo 1, commi da 538 a 540, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, nel testo modificato dall’articolo 1 del presente decreto, si applicano alle dichiarazioni presentate successivamente alla data di relativa entrata in vigore del presente decreto. Con provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate sono disciplinate le modalità
telematiche di presentazione della dichiarazione e di invio della risposta al debitore. Fino alla data fissata da tale provvedimento resta fermo quanto disposto dalle stesse disposizioni nella versione in vigore antecedente alle suddette modifiche».
13. Secondo questa Corte (Cass. n. 28354/2019, chiamata ad occuparsene con riferimento alla previsione secondo la quale «l’annullamento non opera … nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito») l’art. 15 citato detta una specifica norma transitoria, che include nel perimetro di applicazione della novella del 2015 solo le dichiarazioni del contribuente presentate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo e quindi per le dichiarazioni presentate prima di tale data trova applicazione la precedente normativa di cui alla legge 24/12/2012, n. 228.
La predetta decisione della Corte, peraltro, è riferita alla sola questione dell’applicabilità dell’istituto dell’annullamento del carico anche al caso in cui la dichiarazione abbia ad oggetto la sospensione giudiziale o l’emanazione di una sentenza di accoglimento mentre la disposizione per cui «l’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538» deve considerarsi, in parte qua, una clausola di chiusura, confermativa dell’impianto preesistente.
14. Questa Corte ha altresì evidenziato che la disciplina legislativa, che prevede un procedimento scandito da una serie di passaggi, contempla una procedura finalizzata, da un canto, a favorire l’adozione, da parte dell’ente creditore, di atti di sgravio totale o parziale in autotutela, al sopravvenire di fatti idonei ad incidere, totalmente o parzialmente, sulla misura del credito, evitando alle parti l’aggravio dell’introduzione di procedimenti giudiziari, dall’altro, a favorire l’adempimento (Cass. n. 4161/2022).
15. Ciò premesso, la disciplina in esame nasce esplicitamente, come del resto evidenziato da tutta la dottrina che se ne è
occupata, con l’intenzione di rimediare ai difetti di comunicazione tra l’ente creditore e l’agente della riscossione; di conseguenza essa prevede come cause di sospensione (e poi di eventuale annullamento officioso) casi ascrivibili esclusivamente all’ente creditore e al credito sotteso alla riscossione e non inerenti all’attività dell’agente della riscossione, il che è del resto confermato dalla circostanza che se la sospensione operasse anche in tali casi sarebbe illogico prevedere una interlocuzione con l’ente creditore.
Ne deriva la necessità di interpretare anche l’ampia formula prevista dalla lettera f), poi abrogata, alla luce della finalità della disposizione, non potendo quest’ultima estendersi a casi di vizi dell’attività riscossiva attribuibili all’agente della riscossione, come nella ipotesi di asserita decadenza ex art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. n. 10939 del 23/04/2024), sia perché essa letteralmente fa riferimento al «credito sotteso» ma anche perché ciò renderebbe del tutto inutile la limitazione contenuta nella ipotesi descritta dalla lett. a) del comma 538; ciò del resto risulta confermato dalla relazione illustrativa che, in particolare, richiamava l’uso dell’istituto per i casi di pendenza di istanze in autotutela presentate direttamente agli enti, nelle more della relativa evasione o, da ultimo, la nullità del ruolo e consequenzialmente degli atti successivi, in quanto sottoscritti da personale non legittimato ovvero la non riscuotibilità, ai sensi dell’articolo 1, commi 682-683 della legge 190/2014, delle quote inferiori a trecento euro.
Una interpretazione di carattere sistematico delle disposizioni si deve altresì far carico di esigenze di fondo dell’ordinamento, quali ad esempio l’economicità dell’azione impositiva e il contrasto di utilizzi strumentali dell’istituto in esame, dovendo quindi ritenersi, come segnalato da attenta dottrina, che all’agente della riscossione competa comunque, pur nel silenzio della norma, una delibazione sommaria dell’istanza di parte, volta a rigettare le domande
apertamente dilatorie, fondate, ad esempio, su documentazione chiaramente non pertinente.
Vanno richiamati, infine, i principi di diritto affermati da questa Corte in materia:
«In tema di riscossione delle imposte, qualora il contribuente presenti domanda di sospensione ex art. 1, comma 538, della l. n. 228 del 2012 senza ottenere risposta dall’Agenzia delle entrate entro il termine di 220 giorni previsto dal comma 540 del cit. art. 1 (come modif. dall’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2015), il ruolo è annullato di diritto solo qualora i motivi posti a fondamento dell’istanza costituiscano cause potenzialmente estintive della pretesa tributaria (Cass. n. 28354 del 05/11/2019);
«In tema di riscossione mediante ruolo, al contribuente è riconosciuta la facoltà di presentare istanza di sospensione finalizzata ad ottenere l’annullamento d’ufficio della pretesa creditoria, se azionata in difetto di un valido titolo esecutivo, con l’obiettivo di salvaguardare il principio di economicità dell’azione impositiva e rimediare ai difetti di comunicazione tra l’ente creditore e l’agente della riscossione; ne deriva che sono idonee a tale scopo soltanto le ipotesi di sospensione tipizzate all’art. 1, comma 538, lett. f), della l. 228 del 2012, come modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2015, in quanto riferibili all’ente impositore o al suo credito, non già ad attività dell’agente della riscossione (Cass. n. 10939 del 23/04/2024).
Tanto evidenziato, si osserva che l’avvenuto rilievo in motivazione, da parte del giudice di appello, dell’inammissibilità dell’impugnazione per novità della censura, è da ritenersi formulsto “ad abundantiam” e costituisce un “obiter dictum” che non ha influito sul dispositivo della decisione, la cui “ratio decidendi” è, in realtà, rappresentata dal rigetto nel merito dell’eccezione del contribuente.
Pertanto, e rilevato comunque che la richiesta di cessazione della materia del contendere, dipendendo dall’invocato ‘annullamento di diritto dei ruoli’, non soggiace ai limiti di cui divieto posto dall’art. 57 D. Lgs. 546/1992, deve essere esaminata la censura afferente al merito della pronuncia di rigetto della richiesta.
18. La censura è fondata, nei termini che seguono.
Nella specie, ha errato la CGT di II grado della Lombardia, laddove ha ritenuto perfezionato l’iter procedurale previsto dalla disciplina in questione, sulle seguenti basi fattuali: «AER (…) in data 07.07.2015 ha inoltrato l’istanza alla Dir. Prov. Varese, sospendendo temporaneamente la riscossione; in data 24.09.2015 ha ricevuto la comunicazione del rigetto dell’istanza del contribuente ex L. 228/2012; in data 04.11.2015 ha revocato il provvedimento di temporanea sospensione della riscossione» limitandosi a rilevare che «L’ente impositore doveva attivarsi per la verifica, per la risposta al contribuente e la trasmissione dei relativi esiti anche al concessionario», senza accertare in concreto se tale ultimo adempimento, dalla cui mancata tempestiva effettuazione il comma 540 dell’art. 1 della legge n.228 del 2012 fa discendere l’annullamento di diritto del ruolo, sia stato posto in essere.
19. Non potendosi questa Corte, in mancanza di tale accertamento, pronunciare in merito alla richiesta di cessazione della materia del contendere, il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame in applicazione dei principi affermati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa
composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 12/11/2024.