Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30841 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30841 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
Oggetto: legge 228/2012 – riscossione -domanda sospensione -effetti principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11280/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME (PEC: EMAIL) elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n.5610/9/15 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio depositata il 27.10.2015, non notificata. camerale del 9 ottobre 2024
Udita la relazione svolta nell’adunanza dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio veniva rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 13545/2/14 con la quale il giudice aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’ avviso di intimazione n. NUMERO_DOCUMENTO
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma dichiarava l’inammissibilità del ricorso introduttivo, decisione confermata dal giudice d’appello, il quale accertava che la cartella di pagamento sottostante all’intimazione era stata regolarmente e tempestivamente notificata ad opera dell’agente della riscossione, avvalendosi a tal fine del servizio postale in forza dell’art. 26 d.P.R. 602/73.
La decisione veniva integralmente confermata in appello. Tra l’altro, la CTR riteneva infondato anche il motivo di gravame di avvenuta estinzione ex lege della pretesa tributaria ai sensi dell’art. 1, comma 540, Legge 228 del 2012. Il giudice accertava che l’agente della riscossione aveva dato risposta alle richieste della contribuente, evidenziando che le prospettate eccezioni non rientravano nelle fattispecie previste dal citato art. 1, commi da 537 a 543, nulla essendo
stato contro-dedotto da parte della società riguardo alle disposte iscrizioni a ruolo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente, affidato a due motivi, al quale l’ agente della riscossione ha replicato con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., viene prospettata la violazione e falsa applicazione dei commi 538, 539 e 540 dell’art. 1 della legge. n. 228/2012 da parte della sentenza impugnata, nella quale il giudice si sarebbe limitato a prendere atto dell’esistenza di una risposta da parte dell’Amministrazione alle richieste cautelari della contribuente, omettendo di valutarne la fondatezza alla luce del quadro normativo di riferimento.
Con il secondo motivo la ricorrente, in relazione all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., viene lamentata la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. da parte del giudice d’appello. Secondo la società, la risposta fornita dall’Amministrazione sarebbe priva di qualunque validità ed efficacia sotto il profilo probatorio, non presentando alcun visibile collegamento con le quattro istanze sospensive presentate, non comprendendosi a quale di esse si riferisca.
I due motivi sono da trattarsi congiuntamente in quanto interdipendenti tra loro, e sono affetti da concorrenti profili di infondatezza e di inammissibilità.
3.1. La ricorrente richiama la disciplina della procedura introdotta dall’art. 1, commi 537 e ss., L. n. 228/2012, la quale prevede la possibilità di richiedere, entro novanta giorni (divenuti in seguito sessanta con l’entrata in vigore dell’art.1 del d.lgs. n.159 del 2015) dalla notifica dell’atto esattivo o di un atto della procedura cautelare o esecutiva eventualmente intrapresa, la sospensione immediata delle procedure di riscossione ad Equitalia o agli enti e società inca-
ricati della riscossione dei tributi se ricorre una delle condizioni ostative del credito azionato previste dall’art. 1, alle lettere da a) a f), comma 538, della Legge n. 228/2012.
All’atto della ricezione della dichiarazione, l’ente incaricato per la riscossione dei tributi deve sospendere immediatamente la procedura ed entro i dieci giorni successivi deve inoltrare l’istanza all’Ente creditore sul quale grava l’onere del riscontro puntuale delle circostanze allegate. Decorso il termine di ulteriori sessanta giorni, l’Ente impositore è tenuto, con propria comunicazione, a confermare al contribuente la correttezza dell’apparato probatorio prodotto, ovvero ad avvertirlo della inidoneità della stessa.
La ricorrente invoca anche che, nel caso in cui l’Ente impositore ometta l’invio delle già menzionate comunicazioni e dei conseguenti flussi informativi, il comma 540 prevede che, trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore al concessionario della riscossione, le partite sono annullate, con l’automatico discarico dei relativi ruoli e la eliminazione dei corrispondenti importi dalle scritture patrimoniali del medesimo.
A supporto della propria prospettazione, ricorda anche che, nel caso di specie, il 13 marzo 2013 e il 19 aprile 2013 l’Europa Automotive, avvalendosi di detta procedura, ha presentato a Equitalia Sud S.p.a. relativamente ai tre atti di pignoramento, contenenti le pretese creditorie oggetto dell’intimazione di pagamento per cui è causa, quattro istanze di sospensione ex art. 1, comma 537 e ss., della L. n. 228/2012 ai sensi delle lett. a) e f) dell’a rt. 1, comma 538, della L. n. 228/12.
Con riferimento alle istanze inviate in data 13 marzo 2013, l’ultimo dei duecentoventi giorni a disposizione dell’Amministrazione per rispondere sarebbe stato il 19 ottobre 2013 mentre, con riferimento all’istanza inviata in data 19 aprile 2013, l’ultimo giorno utile sarebbe stato il 25 novembre 2013.
Poiché tali istanze, afferma la società, non sono state riscontrate né dall’ente impositore né dall’Agente della Riscossione nei termini di legge, si sarebbe consolidato il ‘silenzio -assenso’ di cui al sopra citato art. 1, comma 540, L. n. 228/212 con conseguente annullamento di diritto di tutti i crediti oggetto dei pignoramenti e, dunque, anche del credito per cui pende il presente giudizio.
3.2. Ciò premesso, la contribuente contesta la decisione del giudice d’appello per due distinti profili.
In primo luogo, perché avrebbe implicitamente ritenuto che le istanze presentate dalla ricorrente non potessero determinare gli effetti estintivi ex lege del credito erariale di cui al comma 540 cit., per carenza dei presupposti indicati nella normativa.
In secondo luogo, perché avrebbe ritenuto che la risposta data da Equitalia avesse effetti inibitori sull’annullamento ex lege, omettendo di valutarne la fondatezza alla luce del quadro normativo di riferimento.
Inoltre, attraverso il secondo motivo articolato in via subordinata al primo, la contribuente ripropone la tesi secondo cui la risposta fornita dall’Amministrazione non avrebbe collegamento con le istanze sospensive da lei concretamente inoltrate.
La prospettazione difensiva non è condivisibile.
4.1. Il punto normativo da cui prendere le mosse è il citato comma 538, che definisce in modo rigoroso il perimetro delle ipotesi in cui il debitore ha diritto ad ottenere la sospensione della riscossione, ossia nel caso in cui il credito sia interessato: a) da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo; b) da un provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore; c) da una sospensione amministrativa comunque concessa dall’ente creditore; d) da una sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario della riscossione non ha preso parte; e) da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data
antecedente alla formazione dello stesso, in favore dell’ente creditore. A tali ipotesi si aggiunge, alla lettera f), quale formula di chiusura, il caso in cui il credito sia colpito «da qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso».
4.2. La previsione è stata interpretata dalla Sezione (v. Cass. Sez. 5, sentenza n. 28354 del 05/11/2019), nel senso che, qualora il contribuente presenti domanda di sospensione ex art. 1, comma 538, della l. n. 228 del 2012 senza ottenere risposta dall’Agenzia delle entrate entro il termine di 220 giorni previsto dal comma 540 del cit. art. 1 (come modif. dall’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2015), il ruolo è annullato di diritto solo qualora i motivi posti a fondamento dell’istanza costituiscano cause potenzialmente estintive della pretesa tributaria.
Il Collegio condivide tale principio di diritto e ulteriormente precisa in relazione alla fattispecie concreta che, non solo a tal fine va considerata anche una risposta tardiva, ma l’effetto di annullamento non può che dipendere dal contenuto delle istanze, ossia dalla concreta riconducibilità della fattispecie concreta, oggetto di richiesta di sospensione, ad una delle ipotesi di cui alle lettere a) – f) del comma 538.
5.1. Infatti, in tema di riscossione mediante ruolo non pare dubbio (cfr. Cass. Sez . 5, ordinanza n. 10939 del 23/04/2024) che al contribuente sia riconosciuta la facoltà di presentare istanza di sospensione finalizzata ad ottenere l’annullamento d’ufficio della pretesa creditoria, se azionata in difetto di un valido titolo esecutivo, con l’obiettivo di salvaguardare il principio di economicità dell’azione impositiva e rimediare ai difetti di comunicazione tra l’ente creditore e l’agente della riscossione. Ne deriva che sono idonee a tale scopo soltanto le ipotesi di sospensione tipizzate all’art. 1, comma 538, lett. a) – f), della l. 228 del 2012, come modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2015, in quanto riferibili all’ente impositore o al suo
credito, non già ad attività dell’agente della riscossione, al quale resta comunque demandata una delibazione sommaria delle istanze al fine di rigettare quelle apertamente dilatorie.
5.2. Inoltre, a differenza di quanto prospetta la contribuente che ritiene sia scattato nella fattispecie un automatico discarico dei ruoli, per effetto delle modifiche introdotte dall’art.1 del d.lgs. n.159/2015, il comma 540 cit. prevede una norma interpretativa e transitoria che specifica « l’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito». Dunque, non opera nei casi in cui il credito erariale è oggetto di sospensione giudiziale o amministrativa oppure è sub iudice , come nel caso in esame.
La ratio legis è chiara e condivisibile e mira ad evitare che le istanze di sospensione ex art. 1, comma 538, della l. n. 228 del 2012 avanzate da parte contribuente siano meramente strumentali e defatigatorie, mirando unicamente a saturare la capacità di risposta da parte dell’Amministrazione finanziaria facendo scattare, per effetto della mancata risposta entro i termini sopra indicati, l’annullamento automatico del ruolo.
5.3. Sulle premesse del ragionamento che precede, dev’essere perciò formulato il seguente principio di diritto:
« In tema di riscossione delle imposte, quando sia presentata domanda di sospensione ai sensi dell’art. 1, comma 538, della l. 24/12/2012 n. 228 senza ottenere risposta dall’Agenzia delle entrate entro il termine di 220 giorni previsto dal comma 540 del cit. art. 1, come modif. dall’art. 1 del d.lgs. n. 159 del 2015, l’annullamento di diritto del ruolo non opera nei casi in cui il credito erariale è oggetto di sospensione giudiziale o amministrativa oppure è sub iudice , ovvero se i motivi posti a fondamento dell’istanza non costituiscono cause potenzialmente estintive della pretesa tributaria ai sensi delle lettere a) – f) del comma 538 e, a tal fine, va valutata
anche una risposta tardiva da parte dell’Amministrazione finanziaria. ».
6. In applicazione del principio le censure in disamina devono essere rigettate, perché non solo correttamente è stata considerata dal giudice anche la risposta tardiva dell’Amministrazione , ma l’effetto di annullamento invocato non può che dipendere dal contenuto delle istanze che, altrimenti, finirebbero per essere meramente strumentali e defatigatorie e la contribuente non ha dato evidenza di un contenuto a tal fine idoneo.
Al proposito, benché sintetica, la risposta offerta dal giudice sui motivi a fondamento dell’istanza è chiara e motivata, dal momento che non si limita ad accertare che l’Amministrazione finanziaria «risulta aver dato risposta alle richieste della contribuente» (cfr. ultima pag. sentenza) senza prendere posizione sul contenuto di tale risposta, bensì ha anche stabilito che «le prospettate eccezioni non rientravano nelle fattispecie previste dal citato art. 1 nei commi da 537 a 543, nulla essendo stato opposto da parte della società riguardo alle disposte iscrizioni a ruolo». È stato compiuto un preciso accertamento fattuale non censurato dalla ricorrente sotto l’angolo del vizio motivazionale, nel perimetro in cui questo è ammesso nel giudizio di legittimità.
7. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 550,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9.10.2024