Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2267 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5   Num. 2267  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 23/01/2024
Tarsu Tia Tares RAGIONE_SOCIALE
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16793/2017 R.G. proposto da NOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo  studio dell’avvocato  NOME  AVV_NOTAIO ,  rappresentata  e  difesa dal l’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del suo legale rappresentante p.t. ;
-intimata – avverso  la  sentenza  n.  4542/9/16,  depositata  il  22  dicembre  2016, della Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE;
Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 22 novembre 2023, dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO, che ha concluso per la dichiarazione di estinzione del giudizio.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 4542/9/16, depositata il 22 dicembre 2016, la Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, – pronunciando sul l’impugnazione di un a cartella di pagamento (n. NUMERO_CARTA) emessa per la riscossione della TARSU dovuta dalla stessa appellante relativamente agli anni dal 2002 al 2008, sulla base di un presupposto avviso di accertamento (n. 9066 del 7 settembre 2009) e dietro iscrizione a ruolo (n. 3901/NUMERO_DOCUMENTO, consegnato all’ag ente della riscossione il 25 novembre 2010) dei relativi importi (pari a complessivi € 787,18) aveva parzialmente a ccolto il ricorso rilevando l’estinzione della pretesa impositiva, per maturata decadenza, relativamente alle annualità dal 2002 al 2005.
1.1 – Il giudice del gravame ha ritenuto che:
 destituito  di  fondamento  rimaneva  il  motivo  di  appello  volto  a denunciare il difetto di integrità del contraddittorio nel giudizio di primo grado in quanto non sussisteva un litisconsorzio necessario tra l’ente impositore  e  l’agente  della  riscossione  (ai sensi  del  d.lgs.  13  aprile 1999, n. 112, art. 39);
-l’impugnazione  si  doveva  ritenere  inammissibile,  per  difetto  di specifici motivi di appello, in quanto la parte «piuttosto che censurare la decisione, focalizzandosi sulle parti della sentenza che lo avevano visto soccombente (per le annualità 2006, 2007 e 2008 la cartella è stata  confermata),  si  è  limitato  a  ripercorrere  i  motivi  del  ricorso originario».
– COGNOME NOME ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso, ed ha depositato memoria.
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39, deducendo la ricorrente che detta disposizione deve essere interpretata nel senso che, in difetto di chiamata in causa dell’Ente impositore, il cui onere grava sull’agente della riscossione convenuto in giudizio, i motivi di censura della legittimità del l’atto presupposto (un avviso di accertamento) determinano l’invalidità del l’atto consequenziale (la cartella di pagamento), così che, nella fattispecie, e proprio in ragione dell’omessa costituzione in giudizio dell’Ente impositore, il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità dell’atto presupposto i cui requisiti di validità, notificazione compresa, l’Ente impositore non aveva provato.
Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, e dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo, in sintesi, che erroneamente il giudice del gravame aveva rilevato il difetto di specificità dei motivi di appello, oltretutto in fattispecie nella quale il giudice del primo grado -rilevando la fondatezza del motivo di ricorso incentrato sul perfezionamento di prescrizione e decadenza – aveva omesso di pronunciare su tutti i motivi di ricorso la cui riproposizione conseguiva (proprio) dall’omessa pronuncia del primo giudice.
Il  terzo  motivo,  sotto  il  diverso  parametro  del  sindacato  di legittimità  di  cui  a ll’art.  360,  primo  comma,  n.  3,  cod.  proc.  civ., ripropone la  denuncia di  violazione  e  falsa  applicazione  di  legge  del
d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, sulla base delle medesime ragioni di censura articolate col secondo motivo di ricorso.
Il  quarto  motivo,  sotto  il  diverso  parametro  del  sindacato  di legittimità  di  cui all’art.  360,  primo  comma,  n. 4,  cod.  proc.  civ., ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39, all’art. 2697 cod. civ. ed all’art. 112 cod. proc. civ., sulla base delle medesime ragioni di censura articolate col primo motivo di ricorso.
-In  via  pregiudiziale,  deve  rilevarsi  che -come  deduce  la ricorrente nella memoria depositata -è venuta meno, tra le parti, la materia del contendere.
-Il d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 4, comma 1, conv. in l. 17 dicembre 2018, n. 136, ha, difatti, disposto nei seguenti termini: «I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati. L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili.».
Come, poi, già rilevato dalla Corte, detta disposizione -che, come reso esplicito dal suo contenuto (art. 4, commi 3 e 4), trova applicazione (anche) ai tributi locali – deve essere interpretata nel senso che l’annullamento dei debiti tributari inferiori ai mille euro, «opera automaticamente ipso iure in presenza dei presupposti di legge e, con riferimento ai debiti litigiosi, determina l’estinzione del processo per cessata materia del contendere, senza che assuma rilievo la mancata adozione del provvedimento di sgravio, trattandosi di atto
dovuto meramente dichiarativo, previsto solo per consentire i necessari adempimenti tecnici e contabili nell’ambito dei rapporti tra agenti di riscossione ed enti impositori (così Cass., 7 giugno 2019, n. 15471; v., altresì, Cass., 31 ottobre 2019, n. 28072; Cass., 24 settembre 2019, n. 23704).
3.1 -Rilevando, dunque, che la soglia di valore limite (€ 1.000,00) deve essere riferita, oltrechè al capitale ed alle sanzioni, ai soli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, nella fattispecie sussistono i presupposti per ritenere estinto il debito in contestazione risultando dalla stessa gravata sentenza che la cartella di pagamento (n. NUMERO_CARTA) era stata emessa -sulla base di un presupposto avviso di accertamento (n. 9066 del 7 settembre 2009) per il complessivo importo di € 787,18 ed il ruolo (NUMERO_DOCUMENTO) era stato consegnato all’agente della riscossione il 25 novembre 2010 ; importo, quello di iscrizione a ruolo, da ridurre, peraltro, in relazione al giudicato interno che si è formato quanto alla non debenza del tributo per gli anni dal 2002 al 2005 (con un residuo debito indicato dal ricorrente in € 408,00).
 –  In  ragione  della  definizione ope  legis della  controversia,  le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti.
Non ricorrono, inoltre, i presupposti del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , l. n. 228 del 2012, trattandosi di misura la cui natura eccezionale, perchè lato sensu sanzionatoria, impedisce ogni estensione interpretativa oltre i casi tipici del rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (Cass., 12 novembre 2015, n. 23175 cui adde Cass., 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., 18 luglio 2018, n. 19071). 
P.Q.M.
La Corte, dichiara  cessata,  tra  le  parti,  la  materia  del  contendere  e compensa le spese dell’intero giudizio .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.