Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6056 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6056 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ICI RURALITÀ CON EFFETTI RETROATTIVI -ANNOTAZIONE
sul ricorso iscritto al n. 27831/2019 del ruolo generale, proposto
DA
il COMUNE DI COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede alla INDIRIZZO in persona del Sindaco pro tempore , NOME COGNOME, autorizzato in forza di deliberazione di Giunta comunale del 22 agosto 2019, n. 126, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, unitamente e disgiuntamente, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE MRC 66C18 F257 S).
– RICORRENTE –
NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– INTIMATI – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 432/13/2019, depositata il 27 febbraio 2019, non notificata.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale del 3 dicembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia sono i due avvisi indicati in atti, con cui il Comune di Predappio accertò l’omessa dichiarazione e versamento dell’ICI relativa anno di imposta 2007, in relazione a taluni immobili in comproprietà tra NOME e NOME COGNOME.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna rigettò l’appello proposto dal Comune di Predappio contro la sentenza n. 204/1/2016 della Commissione tributaria provinciale di Forlì, osservando, per quanto ora occupa in relazione ai motivi di impugnazione, che:
-« l’unica condizione per il riconoscimento di ruralità degli immobili sia la loro iscrizione nel catasto fabbricati alle categorie A/6 e D/10»;
«Per gli immobili in esame, gli effetti della iscrizione alla categoria D/10 del 25/06/2012, devono essere riconosciuti anche per i 5 anni precedenti all’iscrizione stessa, come da DM 26.07.2012 (art. 7 comma 2 ‘… la presentazione delle domande e l’inserimento degli atti catastali dell’annotazione
producono gli effetti previsti per il riconoscimento delle requisito di ruralità a decorrere dal quinto anno antecedente quello di presentazione della domanda’); tali effetti si estendono tutto l’anno 2007 poiché la suddetta disposizione indica il ‘quinto anno’ non prevedendo, di conseguenza, il calcolo dei 5 anni in mesi e giorni»;
«Non è ostativa al riconoscimento della ruralità degli immobili in oggetto neppure la natura giuridica dell’utilizzatore (RAGIONE_SOCIALE), poiché, a differenza di quanto previsto per gli immobili abitativi, per quelli strumentali le disposizioni di legge non prevedono alcun requisito soggettivo in capo al possessore o all’utilizzatore »;
«Non è controverso l’effettivo svolgimento, da parte dei contribuenti, di un’attività agricola e l’utilizzo strumentale dei fabbricati in oggetti all’attività svolta. Comunque, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno documentato sia la loro qualifica di coltivatori diretti sia che l’attività effettivamente svolta è quella di allevamento di animali (rientrando indubbiamente fra le attività agricole ex art. 2135 c.c. ed anche ex art. 32 TUIR)» (così alle pagine nn. 12 e 13 della sentenza impugnata);
-«pertanto i fabbricati strumentali in oggetto, da qualificarsi come rurali, non sono soggetti ad ICI e gli accertamenti, sul punto, devono essere annullati» (così a pagina n. 13 della sentenza impugnata).
Il Comune di Predappio proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato in data 24/30 settembre 2019, formulando un unico, articolato, motivo di impugnazione, successivamente
depositando in data 5 novembre 2024 memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
NOME e NOME COGNOME sono restati intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il Comune ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 2bis , d.l. n. 70/2011, 13, comma 14bis , d.l. n. 201/2011, 2, comma 5ter , d.l. n. 102/2013, 2 e 7 d.m. 26 luglio 2012 ed infine degli artt. 2, comma 1, d.lgs. n. 504/1992 e 9, comma 3-bis. d.l. n. 557/1993.
Il ricorrente ha premesso, in punto di fatto, che è pacifico che i fabbricati oggetto di tassazione non fossero iscritti in catasto, e che a tale adempimento i contribuenti vi provvidero il 25 giugno 2012 tramite la cd. procedura docfa, con cui i beni assunsero la categoria catastale D/10.
Il nucleo essenziale della contestazione del Comune risiede nel rilievo secondo il quale la decisione impugnata avrebbe trascurato di dar rilevanza alla circostanza che nell’anno 2007 (oggetto di imposta) gli immobili non risultavano iscritti in catast o, erroneamente reputando che l’accatastamento con procedur a docfa, eseguito nell’anno 2012, potesse avere effetti retroattivi quinquennali e quindi anche per l’anno 2007 oggetto di imposta.
Le violazioni di legge contestate dall’ente riposano sulla duplice considerazione che, ai fini dell’esenzione ICI per la ruralità del bene, con effetti retroattivi quinquennali, occorre che la categoria castale sia stata ottenuta mediante la domanda di cui all’art. 7, comma 2 -bis , d.l. n. 70/2011 e non
tramite l’ordinaria procedura docfa , e che risulti agli atti l’annotazione di tale domanda.
In tale prospettiva, l’ente territoriale ha asserito che la procedura prevista dall’art. 7 d.l., comma 2 -bis , n. 70/2011, concernente la dichiarazione di variazione avente ad oggetto la ruralità del bene e la sua, necessaria, annotazione in atti, non era stata coltivata dai contribuenti ed era stata erroneamente ritenuta non necessaria dal Giudice dell’appello in violazione delle predette disposizioni ed in termini difformi dalla consolidata giurisprudenza di legittimità sul tema in rassegna.
Sotto altro profilo, l’istante ha censurato gli altri passaggi argomentativi della pronuncia impugnata, concernenti la natura giuridica dell’utilizzatore i beni in oggetto (società RAGIONE_SOCIALE, reputata dal Comune del tutto irrilevante ai fini che occupano, stante l’omessa annotazione in atti della ruralità del bene, osservando, per altra via, che non aveva costituito autonoma ratio decisoria, ma mero corollario alla decisiva argomentazione della classificazione catastale con effetti retroattivi, il riferimento alla qualifica di coltivatori diretti dei contribuenti, aggiungendo che il fabbricato non poteva considerarsi rurale ai sensi dell’art. 29 (ora 32) TUIR, non avendo i Romanini dimostrato che l’allevamento era esercitato con mangimi ottenuti per almeno un quarto dal terreno.
Il ricorso è fondato per le seguenti ragioni.
Va subito osservato che non può essere seguita la premessa fattuale da cui nuove la difesa del Comune, basata come sopra esposto dal rilievo secondo cui l’iscrizione in catasto avvenne «, per la prima volta, il 25 giugno 2012,
mediante una normale procedura Docfa, con classamento in categoria D/10» (v. pagina n. 10 del ricorso).
Si tratta, per vero, di una circostanza di fatto che non risulta dai contenuti della sentenza impugnata, né altrimenti accertabile da questa Corte proprio perchè attinente ad un accertamento fattuale.
Nello specifico, nella pronuncia impugnata si è dato conto che la Commissione tributaria provinciale di Forlì aveva ritenuto che i fabbricati risultavano iscritti nel catasto terreni e che dovevano essere dichiarati nel catasto urbano entro il 30.11.2012, la cui iscrizione aveva natura meramente dichiarativa e non mutava il già accertato carattere rurale (v. pagina n. 1 della sentenza in esame), per poi assumere che «In base alla normativa (DPR 138/1998) e del d.l. 70/2011 (che prevedeva la presentazione all’Agenzia del Territorio di una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione della categoria A/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale), COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno presentato in data 25.6.2012 la domanda di variazione per gli immobili inclusi nel foglio 99 , con attribuzione della categoria D/10 » (v. pagina n. 6 della sentenza in esame) e che «Per gli immobili in esame, gli effetti della iscrizione nella categoria D/10 devono essere riconosciuti anche per i 5 anni antecedenti l’iscrizione stessa come da DM 26.7.2012 » (v. pagina n. 12 della sentenza in esame).
Per tale via, non risulta affatto pacifico che la dichiarazione del 25 giugno 2012 sia riconducibile alla procedura docfa, come ritiene la difesa del Comune, giacchè il riferimento al d.l. 70/2011 ed al d.m. 26 luglio 2012 contenuto nella sentenza impugnata allude alla diversa procedura di variazione della
categoria catastale ed alla specifica annotazione di ruralità del bene ai fini dell’iscrizione in catasto di tale requisito.
Nondimeno, la sentenza impugnata va cassata in quanto si è posta in contrasto con l’orientamento più volte affermato da questa Corte, la quale, anche da ultimo, ha ribadito il seguente principio di diritto: «In tema di fabbricati rurali ed in ragione della sequenza normativa costituita dall’art. 7, commi 2bis , 2ter e 2quater , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106, dall’art. 13, commi 14 e 14 -bis , del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, e dal d.m. 26 luglio 2012, gli effetti retroattivi del riconoscimento di ruralità, così come previsti dal d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5ter , conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124, presuppongono l’apposizione di una specifica annotazione in atti che costituisce l’unico dato rilevante ai fini del riconoscimento della ruralità, risultando superate le originarie previsioni normative che correlavano un siffatto effetto ad una variazione del classamento catastale» (così Cass. n. 22031/2024).
Rinviando agli ampi contenuti di tale pronuncia, al riepilogo dell’assetto normativo ivi contenuto ed ai relativi riferimenti giurisprudenziali, va ora confermato che:
– ai fini della variazione catastale dei fabbricati disciplinata dal d.l. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2bis , cit., e dal d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14bis , cit., con gli effetti retroattivi di cui al d.l. n. 102 del 2013, all’art. 2, comma 5ter , cit., la relativa domanda di variazione, presentata dall’interessato, con la prevista autocertificazione, non determina ex se il riconoscimento della ruralità, a tal fine essendo necessaria l’annotazione in atti della sussistenza dei requisiti di ruralità qual prevista dall’art. 1, comma 2, del d.m.
26 luglio 2012, cit. (cfr. Cass., 10 febbraio 2021, n. 3226; Cass., 19 dicembre 2018, n. 32787; Cass., 9 novembre 2017, n. 26617; v., altresì, Corte Cost., 18 giugno 2015, n. 115)»;
-« a fronte dell’originaria previsione di «una domanda di variazione della categoria catastale», e della conseguente «attribuzione della categoria catastale richiesta» (d.l. n. 70, cit., art. 7, comma 2bis , e d.m. 14 settembre 2011), la successiva evoluzione normativa della materia ha portato alla emersione ai fini del riconoscimento della ruralità – di una «specifica annotazione» quale modalità di «inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità» (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14bis , e d.m. 26 luglio 2012, cit.); annotazione della quale è stata prevista, come anticipato, la pubblicità (su richiesta dell’interessato) nei casi di «iscrizione o cancellazione di ogni annotazione riferita alla ruralità», fermo restando l’obbligo dichiarativo (secondo procedura docfa) nelle diverse ipotesi di un nuovo classamento e rendita» (per acquisto o perdita dei requisiti di ruralità)»;
-« la questione relativa alla ruralità delle unità immobiliari pur dopo l’abrogazione del d.l. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1bis – deve essere risolta (solo) sulla base del dato oggettivo catastale che esclusivamente rileva ai fini del riconoscimento del requisito di ruralità di cui al d.l. n. 557 del 1993, art. 9, cit., e, dunque, in relazione alla presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di ruralità ed al conseguente «inserimento dell’annotazione negli atti catastali» (d.l. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5ter , cit.); dato, questo, la cui ricorrenza determina la disciplina dettata dall’ordinamento ai fini dell’applicazione dei tributi locali sulle unità immobiliari rurali
(ICI e IMU) e i cui effetti debbono, dunque, ritenersi vincolanti per le parti salva l’impugnazione, secondo l’interesse conseguente allo specifico esito del procedimento, del provvedimento determinativo, o meno, della ruralità» (così Cass. n. 22031/2024, che richiama sul punto Cass. n. 13110/2024).
Ebbene, la valutazione della Commissione si è discostata da tali principi, non dando specifico conto della natura della dichiarazione di variazione presentata in data 25 giugno 2012 e, soprattutto, non accertando l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, adempimento questo imprescindibile per il riconoscimento della sussistenza dei requisiti di ruralità come previsto dall’art. 1, comma 2, del d.m. 26 luglio 2012, con i relativi effetti retroattivi di cui all’art. 1, comma 5 -ter , d.l. n. 102/2013.
L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata per i suindicati assorbenti motivi, con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 dicembre