Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6860 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6860 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16074/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE società agricola semplice, con sede in Noale, alla INDIRIZZO (C.F.: P_IVA, nella persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al ricors o, dall’ Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) del Foro di Treviso (fax: NUMERO_TELEFONO; pec: EMAIL) e dal Prof. Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) del Foro di Roma (p.e.c.: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO), presso il cui studio elegge domicilio in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, con sede in Mestrino (PD), alla INDIRIZZO (C.F.: P_IVA; P.IVA: P_IVA), in persona del Sindaco
Avvisi accertamento Ici -Bene strumentale ad attività agricola
pro tempore, Dott. NOME COGNOME nato a Padova (PD) il 27/11/1973 (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, come da procura speciale rilasciata su foglio separato ai sensi dell’art. 83, comma 3, c.p.c., da intendersi in calce al ricorso, e giusta Determina n. 47 del 9/8/2023, adottata in esecuzione della Delibera n. 81 del 8/8/2023 della Giunta Comunale di Mestrino, dall’Avv. NOME COGNOME (C .F.: CODICE_FISCALE; fax: NUMERO_TELEFONO; PEC: EMAIL) del Foro di Padova e con studio in Padova, al INDIRIZZO con domicilio eletto presso l’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL);
– controricorrente –
-avverso la sentenza 327/7/2023 emessa dalla CTR Veneto il 04/04/2023 e notificata il 10.5.2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE società agricola semplice impugnava dinanzi alla CTP di Padova avvisi di accertamento per le annualità dal 2004 al 2009 inviatile dal Comune di Mestrino, contestando l’illegittimità degli atti in quanto, a suo dire, immotivati ed erronei nella determinazione e, soprattutto, evidenziando la non assoggettabilità ad ICI del predetto compendio immobiliare, risultando questo ‘bene strumentale all’attività agricola’.
L’adìta CTP dichiarava il ricorso inammissibile, ritenendolo tardivo.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR del Veneto accoglieva il gravame, riconoscendo la ruralità dell’intero compendio immobiliare e, quindi, la non assoggettabilità ad ICI degli immobili rurali.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione il Comune di Mestrino e questa Corte, con sentenza n. 3226/2021, rinviava la causa alla Commissione di secondo grado, affinché, per quanto qui ancora rileva, verificasse la ‘messa in atto’ della domanda di variazione catastale, al fine del corretto espletamento della procedura, per beneficiare dell’esenzione di cui al d.l. n. 70/2011.
In sede di rinvio, la CTR del Veneto riteneva l’originario appello della
società solo parzialmente fondato, affermando che <> e che <>.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE società agricola semplice sulla base di due motivi. Il Comune di Mestrino ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Non sussistono i presupposti per la riunione con altro ricorso tra le parti, affidato a decisione separata, ma coordinata e contestuale.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, per avere la Corte di merito mancato di verificare il contenuto e la valenza di un documento (la domanda di variazione catastale p er l’attribuzione della categoria A/6 agli immobili rurali ad uso abitativo e della categoria D/10 agli immobili strumentali all’attività agricola, presentata anche con riferimento al fabbricato di cui al foglio 2, mappale 492, sub 6) prodotto in atti relativo ad un fatto storico ex art. 2697 c.c.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza a fronte di un error in procedendo in relazione alla lamentata violazione dell’art. 115 c.p.c., <>.
In sostanza, la contribuente sostiene che dalla ‘domanda di variazione
catastale per l’attribuzione della categoria A/6 agli immobili rurali ad uso abitativo e della categoria D/10 agli immobili strumentali all’attività agricola’ si evinceva che aveva richiesto ritualmente di attribuire la ruralità (categoria catastale D/10) anche al fabbricato, Villa COGNOME, di cui al foglio 2, mappale 492, sub 6.
I due motivi, da trattare congiuntamente, in quanto sostanzialmente sovrapponibili, sono inammissibili.
Questa Corte, con la sentenza n. 3226/21 con la quale, nel cassare la sentenza impugnata, ha rinviato la causa alla CTR, ha inequivocamente affermato che <>.
Pertanto, la doglianza formulata dalla ricorrente (sostanzialmente identica ai due motivi) non attinge la riportata ratio decidendi , atteso che la stessa si è limitata a sostenere che la CTR non avrebbe esaminato la ‘domanda di variazione catastale per l’attribuzione della categoria A/6 agli immobili rurali ad uso abitativo e della categoria D/10 agli immobili strumentali all’attività agricola’ da essa ritualmente avanzata nell’ottobre 2011 (con la quale aveva richiesto l’attribuzione della categoria catast ale D/10 altresì per il fabbricato di cui al foglio 2, mappale 492, sub 6 – categoria catastale B/5-).
L a stessa contribuente ha ammesso che dall’esame della visura in catasto risultavano trascritte le annotazioni per tutti i fabbricati, tranne quella per la citata INDIRIZZO, censita al sub 6.
Dunque, sulla base della stessa sentenza di rinvio di questa Corte, è di per sé irrilevante la circostanza che la società avesse presentato la domanda di riconoscimento della ruralità per la predetta specifica particella immobiliare. La CTR ha si affermato che <>, ma è altresì pervenuta alla conclusione che, per l’effetto, la verifica della messa in atti di cui alla sentenza n. 3226/2021 aveva dato esito parzialmente positivo nei confronti della società.
Del resto, a fronte del rilievo del Comune di Mestrino secondo cui dall’esame della visura in catasto emergeva che risultavano trascritte le annotazioni per tutti i fabbricati, tranne quella per la citata INDIRIZZO, censita al sub 6), la contribuente si è limitata a sostenere (cfr. pag. 9 del ricorso) che tale fatto <>. Ne deriva che, sia pure implicitamente, anche la odierna ricorrente ammette che il procedimento di annotazione non si è perfezionato, con la conseguenza che la verifica della messa in atti, avuto riguardo a quel cespite, aveva avuto esito negativo.
Esonda, invece, dalla presente controversia il rilievo (cfr. pag. 9 del ricorso) secondo cui l’Agenzia avrebbe dovuto notificare agli interessati l’eventuale provvedimento relativo al mancato riconoscimento del requisito della ruralità in capo esclusivamente alla sola Villa Contarini, censita al sub 6), e, soprattutto, annotarlo negli atti catastali.
Né, d’altra parte, premesso che la mancata annotazione equivaleva a rigetto dell’istanza di classamento rurale, la contribuente ha inteso impugnare il diniego (tacito) di riconoscimento della ruralità (con conseguente mancata annotazione catastale), nel qual caso, peraltro, il legittimato passivo sarebbe stata l’Agenzia del Territorio, e non già il Comune.
Da ultimo, premesso che con i due motivi viene denunciata la violazione degli artt. 2697 c.c. (con il primo) e 115 c.p.c. (con il secondo), vanno formulati i seguenti ulteriori rilievi:
in tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo (ipotesi diversa dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto), a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una
decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12971 del 26/04/2022);
la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano coma da dispositivo. Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di inammissibilità a firma del Consigliere delegato, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal citato art. 380-bis c.p.c.
La novità normativa introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 149/2022 contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna ad una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma, c.p.c.) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 a favore della Cassa delle ammende (art. 96, quarto comma, c.p.c.). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale.
Sulla scorta di quanto esposto, ed in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma, la parte ricorrente va condannata al pagamento della somma equivalente alle spese liquidate in favore del controricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. e al pagamento della di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 3.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge;
condanna la ricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., al pagamento in favore della resistente dell’ulteriore somma di euro 3.000,00; condanna la ricorrente, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c., al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 11.2.2025.