Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13148 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13148 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 13/05/2024
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 234/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato profAVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1397/2/18, depositata il 29 maggio 2018, della Commissione tributaria regionale dell’RAGIONE_SOCIALE Romagna ;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
-con sentenza n. 1397/2/18, depositata il 29 maggio 2018, la Commissione tributaria regionale dell’RAGIONE_SOCIALE Romagna pronunciando quale giudice del rinvio disposto da Cass., 8 febbraio 2017, n. 3349 -ha annullato gli avvisi di accertamento con i quali il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva recuperato a tassazione l’ICI dovuta dalla contribuente RAGIONE_SOCIALE per gli anni dal 2006 al 2008, ed in relazione al possesso di n. otto unità immobiliari;
1.1 -ha rilevato il giudice del rinvio che:
la contribuente aveva presentato in data 29 settembre 2011 la richiesta di riconoscimento della ruralità delle unità immobiliari in questione, ai sensi del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2bis , conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106; e da tale istanza conseguiva la retroattività (per il quinquennio antecedente) del riconoscimento della ruralità ( ex d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5ter , conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124);
-l’allegato C di detta istanza era «costituito dalla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa per l’aggiornamento delle scritture catastali relative ai fabbricati rurali strumentali» e recava la specificazione secondo la quale l’unità immobiliare censita in catasto al fol. 7, mappale 14, sub 18 («identificativo del magazzino di conservazione della frutta») era derivata dalla fusione di preesistenti unità immobiliari (di cui allo stesso foglio e mappale ma ai sub. 4, 11, 14, 15 e 16) che avevano formato oggetto degli avvisi di accertamento in contestazione;
ne conseguiva, per un verso, che la richiesta formulata dalla contribuente involgeva (anche) le unità immobiliari soppresse (per fusione) e, per il restante, che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva né
contestato né denegato la natura rurale delle unità immobiliari oggetto di richiesta, ruralità che, pertanto, doveva aversi per riconosciuta;
– il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi; resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
le parti hanno depositato memorie.
Considerato che:
-il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.l. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2bis , conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106, al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 14bis , conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, al d.l. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5ter , conv. in l. 28 ottobre 2013, n. 124, ed al d.m. 26 luglio 2012, art. 1, comma 2;
-si assume, innanzitutto, che la gravata sentenza solo parzialmente si era attenuta all’ordine degli accertamenti dettato dalla pronuncia rescindente della Corte di Cassazione -specificamente accertando il solo dato relativo alla presentazione della richiesta prevista dal d.l. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2bis , cit. – così incorrendo nella denunciata violazione di legge in quanto non aveva formato oggetto di accertamento (proprio) il requisito prescritto dal d.m. 26 luglio 2012, art. 1, comma 2 , e dunque l’annotazione della ruralità negli atti catastali;
venendo in considerazione, negli avvisi di accertamento in contestazione, quattro unità immobiliari che, già censite in categorie non rurali (D/1, D/8 e D/7), a seguito di dichiarazione di variazione, presentata dalla contribuente con procedura Docfa del settembre 2010, erano state soppresse per fusione in una nuova unità immobiliare (a
sua volta censita in catasto nella categoria D/10), soggiunge la ricorrente che:
-il giudice del rinvio avrebbe dovuto rilevare l’inapplicabilità della procedura delineata dal d.l. n. 70 del 2011, cit., ad un «fabbricato originato da una procedura DOCFA e che abbia già ottenuto la classificazione in categoria D/10» ovvero accertare -per quanto da ritenersi non consentita una domanda di variazione catastale per unità immobiliari non più esistenti -che la prescritta annotazione di ruralità fosse stata apposta in relazione alle stesse unità immobiliari soppresse e che, dunque, risultasse dalle visure catastali relative a dette unità immobiliari;
-dall’insussistenza di una siffatta annotazione, nelle visure catastali relative alle unità immobiliari soppresse, conseguiva, allora, che la richiesta di variazione presentata dalla contribuente, e valorizzata dal giudice del rinvio, o si riferiva (solo) alla unità immobiliare di nuovo impianto (conseguita dalla dichiarazione docfa del 2010) ovvero, se riferita (anche) alle unità immobiliari soppresse, non era stata accolta dall’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE (che non aveva apposto la relativa annotazione di ruralità);
per di più, per due delle unità immobiliari soppresse (quelle di cui al fol. 79, mapp. 14, sub. 4 e 11), la soppressione era conseguita da una dichiarazione di variazione costituita da «ampliamento e cambio d’uso», a riprova che venivano in rilievo unità immobiliari «fisicamente» modificate rispetto alle quali non avrebbe potuto prospettarsi alcun retroattivo riconoscimento di ruralità;
deduce, da ultimo, la ricorrente che laddove la pronuncia rescindente -secondo l’ordine degli accertamenti demandati al giudice del rinvio – aveva fatto riferimento alla «specificazione della natura e del contenuto delle autocertificazioni e dei documenti allegati all’istanza» un siffatto riferimento andava inteso come conseguente al
rilievo svolto (in controricorso) da esso esponente che aveva prospettato l’illegittimità della domanda di variazione catastale che non conteneva «l’elencazione degli estremi catastali dei fondi dei soci»; ed anche sotto tale profilo il giudice del rinvio non si era attenuto a quanto disposto dalla pronuncia rescindente;
1.2 -il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., così riproposte le ragioni già dedotte col primo motivo di ricorso in relazione alla denunciata inosservanza della pronuncia rescindente;
1.3 -col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., deducendo che, ad ogni modo, il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sulle eccezioni svolte da esso esponente in ordine alla (già dedotta) l’illegittimità della domanda di variazione catastale , che non conteneva «l’elencazione degli estremi catastali dei fondi dei soci» , ed alla inesistenza di un’annotazio ne di ruralità che non risultava apposta con riferimento alle unità immobiliari soppresse, così che non poteva ritenersi sufficiente il rilevare, così come la gravata sentenza aveva rilevato, che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva né contestato né denegato la natura rurale delle unità immobiliari oggetto di richiesta;
1.4 -col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’unità immobiliare che era derivata dalla soppressione, per ampliamento e cambio d’uso ovvero per fusione, di quattro preesistenti unità immobiliari, sull’assunto che, sotto il profilo strettamente catastale, le unità immobiliari soppresse non potevano considerarsi semplicemente «confluite» nell’unità immobiliare di nuovo impianto
(che costituiva fabbricato con proprie e differenti caratteristiche) e, ad ogni modo, non potevano considerarsi per tali nella fattispecie, che era connotata dalla variazione (anche) di due ulteriori unità immobiliari («il sub 16 ed il sub 17»), diverse dal fabbricato di nuovo impianto (il sub 18), da rilevanti modifiche strutturali che avevano connotato detto fabbricato (il sub 18) che, pertanto, costituiva un altro fabbricato diverso da quelli preesistenti;
-il primo motivo di ricorso -dal cui esame consegue l’assorbimento dei residui motivi è fondato, e va accolto, per quanto di ragione;
3. -occorre premettere che la pronuncia rescindente della Corte -nel rilevare che la parte ricorrente aveva prodotto la dichiarazione di variazione prevista ai sensi del d.l. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2bis , cit., e che detta allegazione doveva ritenersi sufficiente «a fornire le specificazioni necessarie a comprovare la rilevanza della normativa sopravvenuta al fine della eventuale risoluzione della lite in senso opposto a quanto ritenuto dalla commissione tributaria regionale nella sentenza impugnata», fatte salve, però, «le verifiche di merito che dovranno comunque svolgersi in sede di rinvio» – aveva demandato al giudice del rinvio di tener conto delle allegazioni di parte per verificare: « – la data di presentazione dell’istanza di attribuzione del classamento catastale D/10, rilevante anche ai fini di individuare le annualità retroattivamente interessate dalla nuova attribuzione (comunque ex lege esclusa per quelle risalenti ad oltre cinque anni prima dell’istanza medesima e dunque, nella specie, per le annualità 2004 e 2005); – la specificazione della natura e del contenuto delle autocertificazioni e dei documenti allegati all’istanza; – l’effettiva riferibilità dell’istanza agli immobili dedotti negli avvisi di accertamento qui opposti; – l’esito dell’istanza, anche alla luce della ricostruzione in fatto resa dalla RAGIONE_SOCIALE, secondo cui (v. ric. pagg. 23, 24, 44) almeno alcuni
immobili avrebbero ottenuto il classamento di ruralità D/10 prima ed indipendentemente dal ricorso alla procedura speciale di riconoscimento di cui al D.L. n. 70 del 2011, art. 7.»;
4. -tanto premesso, in relazione alla disposizione di favore dettata dal d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1bis , conv. in l. 27 febbraio 2009, n. 14 alla cui stregua «… l’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni» -e secondo un consolidato orientamento interpretativo, la Corte ha statuito che l’identificazione della ruralità dei fabbricati esclusi dall’imposizione ICI si correla al dato oggettivo delle emergenze catastali, essendosi rilevato che l’immobile già iscritto nel catasto dei fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal d.l. n. 557 del 1993, art. 9, cit., non è soggetto all’imposta, ai sensi del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 2, c. 1, lett. a), cit.; e si è soggiunto che, qualora l’immobile risulti iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI, così come, e inversamente, sarà il RAGIONE_SOCIALE a dover impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta (così Cass. Sez. U., 21 agosto 2009, n. 18565 cui adde , ex plurimis , Cass., 9 marzo 2018, n. 5769; Cass., 31 ottobre 2017, n. 25936; Cass., 11 maggio 2017, n. 11588; Cass., 20 aprile 2016, n. 7930; Cass., 12 agosto 2015, n. 16737);
4.1 – la rilevanza regolativa del criterio identificativo in discorso e, dunque, la sua esclusiva attinenza al dato catastale – è stata, poi, ribadita dalla Corte (anche) a riguardo dello jus superveniens in tema di emersione catastale dei fabbricati rurali, e con riferimento, quindi all’art. 7, c omma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, cit. all’art. 13, comma 14bis , del d.l. n. 201 del 2011 (ed al relativo d.m. 26 luglio 2012 di attuazione), a ll’art. 2, c omma 5ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, cit.; disposizioni, queste, rispetto alle quali si è, difatti, osservato che «rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazioneannotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività RAGIONE_SOCIALE, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme.» (così, ex plurimis , Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 23 giugno 2020, n. 12303; Cass., 9 marzo 2018, n. 5769; Cass., 30 giugno 2017, 16280; Cass., 20 aprile 2016, n. 7930);
– e, in particolare, si è rimarcato che – ai fini della variazione catastale dei fabbricati disciplinata dalle sopra citate disposizioni – la relativa domanda di variazione, presentata dall’interessato, con la prevista autocertificazione, non determina ex se il riconoscimento della ruralità, a tal fine essendo necessaria l’annotazione in atti della sussistenza dei requisiti di ruralità qual prevista dall’art. 1, c omma 2, del d.m. 26 luglio 2012, cit. (cfr. Cass., 10 febbraio 2021, n. 3226; Cass., 19 dicembre 2018, n. 32787; Cass., 9 novembre 2017, n. 26617; v., altresì, Corte Cost., 18 giugno 2015, n. 115);
4.2 -l ‘assetto normativo oggetto di disamina deve, più specificamente, essere riassunto nei seguenti termini:
il d.l. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, commi 2 bis e 2 quater – nel prevedere che ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili (ai sensi del d.l. n. 557 del 1993, art. 9, conv. in l. n. 133 del 1994) gli interessati avrebbero dovuto presentare «una domanda di variazione della categoria catastale» (per «l’attribuzione» della categoria «A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o … D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale») nonché che una siffatta domanda di variazione doveva essere convalidata dall’RAGIONE_SOCIALE dietro « attribuzione della categoria catastale richiesta» – trovava attuazione nel d.m. 14 settembre 2011 che, per l’appunto, disciplinava espressamente – oltre alla istituzione di una classe «R», senza determinazione della rendita catastale, da attribuire alle unità immobiliari ad uso abitativo censite nella categoria A/6 (art. 1, comma 2) – le modalità di presentazione di una «domanda di variazione della categoria catastale» (con allegata autocertificazione; art. 2, comma 1) e lo svolgimento del relativo procedimento che, per quel che qui interessa, veniva definito (qualora di esito favorevole) «attribuendo la categoria A/6, classe «R», per le unità immobiliari a destinazione abitativa, e la categoria D/10, mantenendo la rendita in precedenza attribuita, per le unità aventi destinazione diversa da quella abitativa, strumentali all’attività RAGIONE_SOCIALE.» (art. 5);
il d.l. n. 201 del 2011, art. 13, cit. abrogava, però («a decorrere dal 1º gennaio 2012»), il d.l. n. 70 del 2011, art. 7, commi 2bis , 2ter e 2quater (comma 14) e disponeva (al comma 14 bis) che le domande di variazione della categoria catastale presentate ai sensi dell’art. 7, c omma 2bis , cit. («anche dopo la scadenza dei termini originariamente posti e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto») producessero il (già) previsto
riconoscimento della ruralità «fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo»; e (anche qui) rinviava ad apposito decreto ministeriale per la disciplina delle «modalità per l’inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.»;
– ne conseguiva, quindi, il d.m. 26 luglio 2012, cit., che – nel disporre che, ai fini dell’iscrizione in catasto del requisito della ruralità di fabbricati («diversi da quelli censibili nella categoria D/10») doveva essere «apposta una specifica annotazione» (art. 1, comma 2), – per quel che qui rileva ha previsto che: a) – la domanda volta al riconoscimento della ruralità – e dunque, alla relativa «specifica annotazione» -andava presentata con riferimento «alle unità immobiliari sia ad uso abitativo che strumentali all’esercizio dell’attività RAGIONE_SOCIALE, censite al catasto edilizio urbano, ad eccezione di quelle che risultano già accertate in categoria D/10» (art. 2, comma 3); b) – per le unità immobiliari, che («acquisendo o perdendo i requisiti di ruralità») necessitavano di «un nuovo classamento e rendita» rimaneva fermo l’obbligo di presentare la dichiarazione catastale ai sensi del r.d.l. n. 652 del 1939, e del d.m. n. 701 del 1994 (cd. procedura Docfa) mentre «ai soli fini della iscrizione o cancellazione di ogni annotazione riferita alla ruralità» andava presentata «apposita richiesta» (art. 2, comma 6); c) – anche il mancato riconoscimento della ruralità si risolveva nella registrazione («mediante specifica annotazione») del relativo «provvedimento motivato del direttore dell’Ufficio provinciale dell’RAGIONE_SOCIALE del territorio»;
da ultimo il d.l. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5ter , cit., ha disposto nei seguenti termini: «Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 13, comma 14-bis, del decretolegge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla
legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decretolegge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda.».
4.3 -come, allora, reso esplicito dalla (convulsa) sequenza normativa, sopra ripercorsa, – e come, peraltro, già rilevato dalla Corte nei termini di cui sopra s’è dato riassuntivamente conto – a fronte dell’originaria previsione di «una domanda di variazione della categoria catastale» – e della conseguente «attribuzione della categoria catastale richiesta» (d.l. n. 70, cit., art. 7, comma 2bis , e d.m. 14 settembre 2011) – la successiva evoluzione normativa della materia ha portato alla emersione – ai fini del riconoscimento della ruralità, e «fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo», dunque con soppressione della nuova categoria catastale (classe «R») che era stata prevista per le unità immobiliari rurali ad uso abitativo (A/6), – di una «specifica annotazione» quale modalità di «inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità» (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14 bis , e d.m. 26 luglio 2012, cit.); annotazione della quale è stata prevista, come anticipato, la pubblicità (su richiesta dell’interessato) nei casi di « iscrizione o cancellazione di ogni annotazione riferita alla ruralità», fermo restando l’obbligo dichiarativo (secondo procedura docfa) nelle diverse ipotesi di «un nuovo classamento e rendita» (per acquisto o perdita dei requisiti di ruralità);
4.4 -con specifico riferimento, poi, alla fattispecie controversa, lo stesso Giudice delle Leggi ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5 -ter , del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, cit., sollevate, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dal giudice rimettente che aveva rilevato l’irragionevolezza di una disciplina che non prevedeva «un’eccezione per il caso in cui l’annotazione, pur in presenza dei presupposti sostanziali della ruralità, non possa essere effettuata, in quanto, al momento della presentazione della relativa istanza, la particella catastale identificativa dell’unità immobiliare sia stata soppressa e sia confluita in un nuovo subalterno.» e che determinava «una ingiustificata disparità di trattamento tra le situazioni, sostanzialmente uguali, dei proprietari dei fabbricati che, prima della presentazione dell’istanza di riconoscimento della ruralità, siano stati oggetto di variazioni catastali, e dei titolari degli immobili di identica tipologia che, invece, non abbiano subito alcuna modifica.»;
– nel rilevare che la ratio delle disposizioni in esame «è duplice e va rinvenuta, da un lato, nella finalità di semplificazione procedimentale dell’accertamento della ruralità ai fini dell’esenzione dall’ICI e, dall’altro, nelle esigenze di certezza giuridica e di deflazione del contenzioso sorto a causa della disorganicità del previgente quadro normativo risultante dalla stratificazione di diversi interventi legislativi e giurisprudenziali », la Corte Costituzionale ha, per l’appunto, rimarcato che i dubbi di illegittimità costituzionale poteva essere superati «sulla base di argomenti sistematici che tengono conto sia della ratio della disciplina censurata, sia della funzione del sistema catastale», ed ha osservato che « L’aggiornamento delle risultanze rientra .. nella funzione di conservazione propria del catasto, la quale è assolta dall’amministrazione finanziaria tenendo in evidenza, mediante operazioni di voltura e di verificazione, le mutazioni
soggettive e dello stato degli immobili e delle correlate rendite. Alla stregua di tale sistema, ogni iscrizione relativa ad atti di aggiornamento viene registrata e rimane accessibile al fine di consentire in ogni tempo la ricostruzione storica delle vicende che hanno interessato ciascun immobile censito. Tra le variazioni tracciabili in catasto deve, quindi, includersi anche il frazionamento da cui derivi la soppressione della particella oggetto di ripartizione e l’assunzione, da parte dell’unità immobiliare derivata, di un nuovo identificativo. In tale evenienza, le annotazioni storicamente afferenti alla particella soppressa non possono che essere effettuate su quella derivata, sia pure con espresso riferimento al precedente identificativo catastale.» (Corte Cost., 2 febbraio 2023, n. 12);
la Corte ha, altresì, rimarcato come le conclusioni in discorso trovassero riscontro (anche) in documenti di prassi dell’amministrazione ( istruzioni della Direzione centrale catasto e cartografia dell’RAGIONE_SOCIALE del territorio di cui alle circolari prot. 24818 del 17 maggio 2012 e prot. 13845 del 5 aprile 2013) ove si evidenziava che «per gli identificativi associati alle unità immobiliari soppresse, l’annotazione della destinazione rurale ai sensi della disciplina in scrutinio deve essere inserita manualmente ‘ menzionando lo stadio superato ‘», così che «L’informazione viene … associata all’unità immobiliare derivata, con la precisazione che il requisito deve essere riferito all’unità originaria da cui questa proviene, al fine di offrire un’adeguata rappresentazione della vicenda. »;
istruzioni, queste, del resto coerenti con la disciplina posta dal d.m. 26 luglio 2012, cit., che, come anticipato, implicava il ricorso alla procedura cd. Docfa (con la necessaria presentazione di una dichiarazione catastale, ai sensi del d.m. n. 701 del 1994) solo per le unità immobiliari che («acquisendo o perdendo i requisiti di ruralità») necessitavano di «un nuovo classamento e rendita», mentre «ai soli
fini della iscrizione o cancellazione di ogni annotazione riferita alla ruralità» andava presentata «apposita richiesta»;
4.5 – risulta, pertanto, illegittima la qualificazione operata dal giudice del gravame che, come anticipato, ha desunto il riconoscimento della ruralità di unità immobiliari (già) censite in catasto, e soppresse per fusione, dal rilievo che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva né contestato né denegato la natura rurale delle unità immobiliari oggetto di richiesta, e atteso che un provvedimento di diniego, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE del territorio , in tanto poteva postularsi in quanto avviata una verifica sull’ista nza di parte (d.m. 26 luglio 2012, artt. 4 e 5);
anche per le unità immobiliari soppresse -che, già censite in catastato, avevano formato oggetto di una dichiarazione di variazione Docfa per fusione in una nuova, e derivata, unità immobiliare rimaneva necessaria, difatti, l’annotazione di ruralità prescritta dal d.m. 26 luglio 2012, art. 1, comma 2, cit., che integrava il requisito utile – oggettivamente ed esclusivamente correlato al dato catastale ai fini del riconoscimento della ruralità (d.l. n. 102 del 2013, art. 2, c. 5ter , cit.);
-e, con riferimento a dette unità immobiliari, nello stesso controricorso (fol. 22 s.) si assume che non era necessaria un’annotazione di ruralità ;
-l’impugnata sentenza va , pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto del ricorso originario della contribuente;
-le spese dell’intero giudizio vanno compensate, tra le parti, avuto riguardo al consolidamento in corso di causa dei pertinenti orientamenti interpretativi, della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, specificamente in tema in tema di unità immobiliari soppresse e non più censite in catasto.
La Corte
-accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i residui motivi;
-cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente;
-compensa, tra le parti, le spese dell’ intero giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024.