Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 105 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 105 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/01/2025
Oggetto: Ici
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29152/2022 R.G. proposto da Comune di Misilmeri, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOMECOGNOME r appresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Sicilia n. 4929/2022 depositata il 26 maggio 2022
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento (n. 606-2012) emesso dal comune di Misilmeri (d’ora in poi ricorrente) nei confronti NOME COGNOME (d’ora in poi controricorrente) per omesso/ parziale pagamento dell’Imu relativa al 2012 per il complessivo importo di € 9620,00 con riguardo a quattro immobili.
La questione su cui verte il presente giudizio riguarda la portata dell’efficacia retroattiva connessa all’annotazione catastale di ruralità del fabbricato in tema di esenzione Imu.
La CTP ha rigettato il ricorso sul presupposto che: ai fini del riconoscimento del diritto all’esenzione, occorre che l’immobile posseduto sia classificato nella categoria D/10, requisito ritenuto insussistente nel 2013 per gli immobili per cui è causa; è irrilevante, ai fini del riconoscimento del diritto all’esenzione, che tale classificazione sia stata riconosciuta tra il 2017 e il 2018.
La CTR ha riformato la decisione di primo grado, per quello che rileva in questa sede, sulla base delle seguenti ragioni:
-l ‘art. 9, comma 3 bis del d.l. n. 557 del 1993 riconosce il carattere di ruralità alle costruzioni necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 c.c. e l’art. 9, comma 8, del d.l. n. 23 del 2011, dispone espressamente che sono esenti anche i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’art. 9, comma 3 bi s, del d.l. n. 557 del 1993 ubicati nei comuni montani o parzialmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’ISTAT;
-gli immobili oggetto del giudizio, situati nel comune di Misilmeri sono strumentali all’attività agricola svolta dal contribuente, odierno controricorrente, e hanno carattere rurale;
-il contribuente possiede la qualifica di imprenditore agricolo professionale, è amministratore unico di una società che possiede la qualifica di imprenditore agricolo professionale;
-anche il comune nel proprio regolamento ha previsto l’esenzione , nei termini della normativa sopra richiamata, in quanto esso è classificato tra i comuni parzialmente montani;
-la giurisprudenza di legittimità, ai fini del riconoscimento dell’esenzione Ici ha valorizzato l’utilizzazione effettiva del bene, affermando che la situazione di fatto, ovvero la destinazione concreta del bene, prevale rispetto a quanto risulta dall’accat astamento e, quindi, dal dato formale.
Il ricorrente propone ricorso fondato su cinque motivi e deposita memoria, il contribuente si è costituito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.l. n. 557 del 1993 artt. 9 e 9 comma 3 bis , convertito con modificazioni dalla l. 26/02/1994 n. 133 e al d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis , convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione di legge d.lgs. n. 504 del 1992 artt. 1, comma 2, art. 2 comma 1, lettera a) e art. 7, comma 1, lettera i).
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione del d.l. n. 207 del 2008 art. 23, comma 1 bis , convertito con modificazioni dalla l.n. 14 del 2009 e all’ art. 7, comma 2 bis , del d.l. 13 maggio 2011 n. 70.
Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c., l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si duole che la sentenza non abbia considerato l’eccezione di intempestività delle domande di accatastamento degli immobili nella categoria D/10, perché successive rispetto all’atto di accertamento del 14/02/2017 che si riferisce all’omesso e/o parziale versamento dell’IMU anno 2013.
I primi quattro motivi sono fondati e possono essere trattati congiuntamente, in quanto riguardano tutti la questione centrale del giudizio, relativa all’efficacia dell’annotazione al catasto del requisito di ruralità e alla sua decorrenza, ai fini del riconoscimento del diritto all’esenzione Imu.
5.1. Nel caso in esame viene in considerazione l’imposta municipale propria (IMU) introdotta (in via sperimentale dall’anno 2012) dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214.
Con riferimento ai fabbricati connotati da ruralità, la disciplina ha istituito il regime di favore, delineato dall’art. 13, commi 8 e 9, del d.l. citato la cui portata applicativa costituisce oggetto del presente giudizio.
Nella presente fattispecie, oggetto del contendere sono quattro unità immobiliari: immobile identificato al fg.20 part. 640 sub.1, sussunto nella categoria catastale D/7; immobile identificato al fg.20 part. 640 sub 3, sussunto nella categoria catastale D/7; immobile identificato al fg.20 part. 667 sub 1, sussunto nella categoria catastale A/7; immobile identificato al fg.14 part. 1594, sussunto nella categoria catastale C/2 dal 2011 al 2017 e D/7 dal 2017 in poi.
5.2. Per un necessario inquadramento normativo, si ricorda brevemente quanto segue.
L’art. 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1994, n. 133, e modificato dall’art. 42-bis del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, «in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda».
In seguito, l’art. 13, comma 14bis , del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, producessero «gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo».
L’art. 1 del d.m. 26 luglio 2012 ha disposto, poi, che: «Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie
catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133».
L’art. 2, comma 5 -ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha stabilito che: «Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis , del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda».
Si tratta, infatti, di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa
dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez., n. 29864/2020; Cass., Sez. 5, n. 29283/2021; Cass., Sez. 5, n. 10002/2022; Cass., Sez. 5, n. 10894/2022).
Occorre sottolineare, come sopra accennato, che, ex art. 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (Decreto convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106), ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, la domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione all’immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale deve essere presentata entro il 30 settembre 2011. Tale termine è stato prorogato al 30 settembre 2012 (d.m. Ministero dell’Economia e delle Finanze 26 luglio 2012).
5.3. L’ipotesi oggetto di applicazione nella presente fattispecie è quella dei fabbricati rurali strumentali, disciplinati dall’art.9, comma 3bis e 3ter , del D.L. 30 dicembre 1993, n.557, secondo i quali: «3bis – Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile e in particolare destinate:
alla protezione delle piante;
alla conservazione dei prodotti agricoli;
alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento; d) all’allevamento e al ricovero degli animali;
all’agriturismo, in conformità a quanto previsto dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96 (2);
ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;
alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;
ad uso di ufficio dell’azienda agricola;
alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
all’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso.
3-ter – Le porzioni di immobili di cui al comma 3-bis, destinate ad abitazione, sono censite in catasto, autonomamente, in una delle categorie del gruppo A».
Gli immobili descritti nella norma sopra riportata sono identificati catastalmente con la categoria D/10 e l’identificazione avviene tramite una annotazione visibile negli atti catastali: solo per questa tipologia di immobili è prevista l’esenzione.
5.4. Con riferimento al connotato della ruralità è stato affermato da tempo in sede di legittimità che, in tema d’ICI, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale, per cui l’immobile che sia iscritto come “rurale”, con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. n. 557 del 1993 (conv., con modif., in l. n. 133 del 1994), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1- bis,
del d.l. n. 207 del 2008 (conv., con modif., nella l. n. 14 del 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, mentre, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che richieda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato (Cass., Sez. 5, n. 10283/2019, Rv. 653370 -01, Sez. 5, n. 7930/2016, Rv. 639626 -01; nello stesso senso già in tema di Ici, Sez. U, n. 18565/2009, Rv. 609281 – 01).
Giova ribadire (in proposito, Cass. Sez. 5, n. 22674/2024, Rv. 672272 -01) che la stessa conclusione deve essere riaffermata alla luce dell’ulteriore ius superveniens (d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124), che ha attribuito al contribuente la facoltà di presentazione di domanda autocertificata di variazione catastale per l’attribuzione delle categorie di ruralità A/6 e D/10, con effetto per il quinquennio antecedente (Cass., n. 7930/2016 cit.; Cass., Sez. 5, n. 21094/2019).
Con riferimento, poi, all’autocertificazione è stato chiarito (Cass., Sez. 6 – 5, n. 26617/2017, Rv. 646421 -01, Sez. 5, n. 3226/2021, Rv. 660645 -01) che il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al d.m. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione se il relativo procedimento non si sia concluso con la relativa annotazione in atti, atteso che, come sottolineato anche dalla Corte costituzionale (ord. n. 115 del 2015).
5.5. Nel caso di specie il ricorrente afferma che:
1) per l’immobile identificato al fg.20 part. 640 sub.1, sussunto nella categoria catastale D/7, la richiesta di annotazione in catasto del requisito di ruralità è stata inoltrata nella data del 10/05/2017; 2) per l’immobile identificato al fg.20 part. 667 sub.1, sussunto nella categoria catastale A/D/7, la richiesta di annotazione in catasto del requisito di ruralità è stata inoltrata nella data del 10/05/2017; 3) per l’immobile identificato al fg.20 part. 640 sub.3, sussunto nella categoria catastale A/7, la richiesta di annotazione in catasto del requisito di ruralità è stata inoltrata nella data del 10/05/2017; 4) per l’immobile identificato al fg.14 part. 1594, sussunto nella categoria catastale C/2 dal 2011 al 2017 e D/7 dal 2017 in poi, la richiesta di annotazione in catasto del requisito di ruralità è stata inoltrata nel 2018. Lo stesso controricorrente ha dichiarato di avere presentato la domanda di annotazione in catasto del requisito di ruralità il 10 maggio 2017.
Il controricorrente nel ricorso introduttivo, dando atto che risultava in corso la procedura per il loro accatastamento in D/10, ha comunque ritenuto che prevalesse la circostanza dell’effettiva destinazione dei beni a prescindere dalla corretta classificazione formale. Egli ha sostenuto (pag 4 del ricorso introduttivo allegato agli atti), senza esplicitarne le ragioni, che la domanda per gli immobili per cui è causa si doveva collocare cronologicamente nel 2013 con conseguente attribuzione del requisito della ruralità a decorrere dal 2008 e, quindi, l’anno oggetto di imposizione era incluso (2012 ) nei benefici derivanti dall’annotazione.
La CTP, tuttavia, ha accertato che le domande di variazione della categoria catastale sono state presentate il 10 maggio 2017 e ha ritenuto che l’efficacia retroattiva delle richieste di variazione
valesse solo per le domande presentate entro il 30 settembre 2011.
Tale accertamento di fatto non risulta che sia stato impugnato in sede di appello con il quale l’appellante, odierno controricorrente, ha insistito sulla prevalenza del requisito sostanziale.
Correttamente la sentenza di primo grado ha negato la retroattività delle domande di variazione nel caso in esame, sulla base del limite temporale posto dall’art. 7, comma 2-bis, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (Decreto convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106), cui sopra si è fatto cenno.
La sentenza impugnata, viceversa, nel riformare quella di primo grado, ha ritenuto dare prevalenza all’elemento della destinazione di fatto degli immobili, richiamando erroneamente anche la disciplina di esenzione prevista dall ‘ art. 7, comma 1, lettera i), disattendendo il quadro normativo come sopra ricostruito.
5.6. Da quanto sopra esposto va, quindi, formulato il seguente principio di diritto: «In tema di Imu, ai fini dell’agevolazione prevista dall’ art. 13, comma 8, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, l’efficacia retroattiva del requisito di ruralità è riconosciuto dall’art. 2, comma 5 ter , del d.l. m. 102 del 2013 solamente per le istanze presentate entro la data del 30 settembre 2012; per le domande di variazione catastale proposte successivamente al 30 settembre 2012, invece, l’efficacia dell’annotazione inizierà a decorrere dalla data della presentazione della relativa istanza».
Con il quinto motivo il ricorrente si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3, c.p.c., della violazione dell’art. 3 e 53 Cost. Alla luce dell’accoglimento dei primi quattro motivi, il quinto deve ritenersi assorbito.
Da quanto esposto segue l’accoglimento del ricorso. Non si rappresenta la necessità di ulteriori accertamenti in fatto e, pertanto, la Corte può decidere la causa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il quinto, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso di parte contribuente.
Condanna quest’ultima a pagare in favore del ricorrente le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 3000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso il 3 dicembre 2024