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Ammortamento costi ricerca: la scelta è irrevocabile

Una società aveva optato per l’ammortamento quinquennale dei costi di ricerca. A seguito del fallimento del progetto, ha tentato di dedurre il residuo in un unico esercizio. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la scelta iniziale per l’ammortamento costi ricerca è una dichiarazione di volontà vincolante e irrevocabile, che non può essere modificata successivamente.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ammortamento Costi Ricerca: la Scelta Iniziale è Vincolante e Irrevocabile

La gestione fiscale degli investimenti è un pilastro fondamentale per la salute finanziaria di un’impresa. Tra le poste di bilancio più delicate vi sono i costi di ricerca e sviluppo, il cui trattamento può avere impatti significativi sulla determinazione del reddito imponibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale: la scelta del piano di ammortamento costi ricerca è definitiva e non può essere modificata in corso d’opera, neppure se il progetto di ricerca fallisce. Questa decisione sottolinea l’importanza di una pianificazione strategica attenta e consapevole fin dal principio.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una società che aveva sostenuto ingenti costi per un progetto di ricerca. Al momento della redazione della dichiarazione dei redditi, l’azienda aveva scelto di avvalersi della facoltà prevista dalla normativa fiscale, optando per la deduzione di tali costi non nell’immediato, ma attraverso un piano di ammortamento spalmato su cinque anni.

Tuttavia, prima della conclusione del quinquennio, il progetto di ricerca si è rivelato irrealizzabile e l’azienda lo ha abbandonato. A questo punto, la società ha ritenuto di poter modificare la propria strategia fiscale, deducendo l’intero costo residuo non ancora ammortizzato nell’esercizio in cui si è manifestato il fallimento del progetto. L’Agenzia delle Entrate ha contestato questa operazione, emettendo un avviso di accertamento per recuperare le maggiori imposte dovute. La Commissione Tributaria Regionale ha dato ragione al Fisco, e la società ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Corte e il principio dell’ammortamento costi ricerca

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’impresa, confermando la validità della ripresa fiscale. Il cuore della decisione si basa su un principio fondamentale: l’irretrattabilità della scelta operata dal contribuente. Secondo i giudici, la normativa fiscale (art. 108 del TUIR, ex art. 74 d.P.R. 917/1986) offre al contribuente una duplice possibilità per i costi di ricerca: la deduzione integrale e immediata nell’esercizio di sostenimento oppure la capitalizzazione e la successiva deduzione in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi.

Una volta che l’impresa sceglie una di queste due strade, compie una ‘immodificabile dichiarazione di volontà’. Non le è concesso, in un secondo momento, un cosiddetto ‘ius variandi’, ovvero il diritto di cambiare idea. La scelta del piano quinquennale è vincolante per l’intera durata prevista.

Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa pronuncia ha conseguenze dirette per le strategie fiscali aziendali. Le imprese che investono in ricerca e sviluppo devono essere consapevoli che la decisione sul metodo di deduzione dei costi è una scelta strategica da ponderare con estrema attenzione. Optare per l’ammortamento pluriennale può essere vantaggioso per spalmare il beneficio fiscale nel tempo, ma comporta l’obbligo di mantenere tale piano fino alla sua naturale scadenza, indipendentemente dall’esito del progetto di ricerca. Un’interruzione anticipata del progetto non legittima un’accelerazione della deduzione fiscale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un proprio precedente orientamento (Cass. n. 27288/2016) e sottolineando la lettera della legge. La norma parla esplicitamente di ‘quote costanti’, un’espressione che implica la necessità di un piano di ammortamento stabile e predefinito, non soggetto a modifiche discrezionali. Consentire al contribuente di dedurre l’intero residuo in caso di fallimento del progetto, secondo la Corte, si tradurrebbe in un trattamento fiscale ancora più favorevole di quello previsto dalla legge, non supportato da alcuna disposizione normativa. La facoltà di modifica del piano di ammortamento, prevista a fini civilistici dall’art. 2426 del codice civile, non trova un corrispondente richiamo nella normativa fiscale, che resta quindi rigida su questo punto.

Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio di coerenza e certezza nel rapporto tra Fisco e contribuente. La scelta del metodo di ammortamento per i costi di ricerca non è una decisione tattica da rinegoziare di anno in anno, ma una scelta strategica con effetti vincolanti a lungo termine. Le aziende devono quindi valutare ex ante tutti i possibili scenari, inclusa l’eventualità di un insuccesso del progetto, prima di decidere come trattare fiscalmente questi importanti investimenti, poiché una volta imboccata una strada, non sarà più possibile tornare indietro.

Una volta scelto il piano di ammortamento per i costi di ricerca, posso modificarlo se il progetto fallisce?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la scelta tra deduzione immediata e ammortamento pluriennale è un’opzione irrevocabile. Una volta effettuata, non è concesso uno ‘ius variandi’ (diritto di modifica), e il piano deve essere mantenuto per l’intera durata prevista.

Perché la scelta del piano di ammortamento dei costi di ricerca è considerata vincolante?
La Corte la definisce una ‘immodificabile dichiarazione di volontà’. La normativa fiscale (art. 108 TUIR) prevede la deduzione in ‘quote costanti’, il che implica un piano fisso e non alterabile, a differenza di quanto eventualmente previsto dalla normativa civilistica.

Cosa succede se un’azienda deduce l’intero costo residuo di un progetto di ricerca fallito dopo aver scelto l’ammortamento pluriennale?
L’Agenzia delle Entrate può considerare la deduzione indebita e rettificare la dichiarazione dei redditi. Ciò comporta il recupero delle maggiori imposte non versate, con l’applicazione di sanzioni e interessi, come confermato dalla decisione in esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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