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Ammissione con riserva: l’interesse del curatore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29245/2025, ha stabilito che la curatela fallimentare ha un concreto interesse a proseguire un giudizio tributario per l’annullamento di una cartella di pagamento, anche se il credito è già stato insinuato al passivo. La decisione si fonda sul fatto che l’ammissione con riserva del credito, in attesa dell’esito della causa, rende la pronuncia del giudice tributario decisiva: una vittoria della curatela comporterebbe l’esclusione definitiva del debito dal passivo fallimentare. La Corte ha quindi respinto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, che sosteneva la carenza di interesse della curatela.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Ammissione con riserva di crediti tributari: l’interesse del Curatore Fallimentare

L’ordinanza n. 29245/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione sui rapporti tra procedura fallimentare e contenzioso tributario. La pronuncia si concentra sul concetto di ammissione con riserva di un credito fiscale al passivo e sul conseguente interesse del curatore a proseguire un giudizio volto a contestare la validità della pretesa erariale.

I Fatti del Caso

Una società, prima di essere dichiarata fallita, aveva ricevuto un avviso bonario e successivamente una cartella di pagamento per un’imposta sostitutiva non versata integralmente. La società aveva impugnato la cartella, ma il ricorso era stato respinto in primo grado.

Successivamente al fallimento, la curatela aveva proseguito il giudizio in appello. La Commissione Tributaria Regionale aveva accolto il gravame, annullando la cartella sulla base di una sentenza del Tribunale ordinario che aveva accertato la falsità della firma apposta sulla relata di notifica dell’atto.

L’Amministrazione Finanziaria e l’Agente della Riscossione hanno quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra i vari motivi, la carenza di interesse della curatela a proseguire la lite.

La questione dell’ammissione con riserva e l’interesse del curatore

Il nodo centrale della controversia risiede nell’argomentazione dell’Amministrazione Finanziaria. Secondo quest’ultima, la curatela non avrebbe avuto alcun interesse a continuare il giudizio sulla notifica della cartella. Il motivo? Ai fini dell’insinuazione al passivo fallimentare, è sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo, a prescindere dalla regolarità della notifica della cartella esattoriale. Pertanto, l’esito del giudizio tributario sarebbe stato ininfluente per la procedura fallimentare.

La curatela, di contro, ha evidenziato un fatto decisivo: il Giudice Delegato al fallimento aveva ammesso il credito fiscale al passivo “con riserva”, subordinando l’ammissione definitiva proprio all’esito del contenzioso tributario pendente. Questo provvedimento di ammissione condizionata era diventato definitivo, acquisendo l’efficacia di “giudicato endofallimentare”.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia Fiscale, confermando la piena legittimità dell’azione della curatela.

Le Motivazioni

I giudici hanno chiarito che, sebbene sia vero che l’estratto di ruolo è generalmente sufficiente per l’insinuazione al passivo, il caso di specie presenta una peculiarità determinante: l’ammissione con riserva. La Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: quando un credito tributario, oggetto di impugnazione in un giudizio, viene ammesso al passivo fallimentare con riserva in attesa dell’esito di tale giudizio, la curatela conserva un pieno e concreto interesse a proseguire la causa.

L’esito del contenzioso, infatti, non è affatto neutro. In caso di accoglimento del ricorso del contribuente (come avvenuto in appello), il curatore può ottenere, ai sensi dell’art. 113-bis della Legge Fallimentare, lo scioglimento della riserva e la conseguente esclusione definitiva del credito dal passivo. L’impugnazione della pronuncia sfavorevole di primo grado rappresentava dunque per la curatela l’unico strumento per evitare l’ammissione definitiva di un credito ingente, tutelando così gli interessi della massa dei creditori.

La Corte ha inoltre rigettato il secondo motivo di ricorso, relativo alla presunta validità della notifica nonostante la firma falsa. I giudici hanno sottolineato che non si trattava di una mera irregolarità sanabile, ma di una notifica eseguita da un soggetto sconosciuto che si era falsamente qualificato come amministratore, vizio che ne inficiava radicalmente la validità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale a tutela delle procedure concorsuali. L’ammissione con riserva non è una mera formalità, ma un meccanismo che lega indissolubilmente le sorti di un credito all’interno del fallimento all’esito di un contenzioso esterno. Di conseguenza, il curatore fallimentare non solo ha il diritto, ma anche il dovere di proseguire con diligenza le liti pendenti che possono portare a un beneficio concreto per la massa creditoria, come l’esclusione di un debito tributario. La decisione riafferma che l’interesse ad agire deve essere valutato in concreto, tenendo conto di tutti gli atti della procedura, inclusi i provvedimenti del Giudice Delegato.

Perché il curatore fallimentare ha interesse a contestare una cartella esattoriale se il credito può essere ammesso al passivo con il solo estratto di ruolo?
Perché, come nel caso di specie, il credito tributario era stato ammesso al passivo “con riserva”, in attesa dell’esito del giudizio sulla cartella. Una vittoria nel giudizio tributario avrebbe portato all’esclusione definitiva del credito dal passivo, rappresentando un’utilità concreta per la procedura.

Cosa succede a un credito ammesso con riserva se il giudizio pendente si conclude a favore del fallimento?
In caso di accoglimento del ricorso del fallimento, la riserva viene sciolta e il credito viene escluso in via definitiva dal passivo. Se, al contrario, il giudizio si conclude a favore del creditore, il credito viene ammesso in via definitiva.

Una notifica con firma falsa può considerarsi valida se l’atto è comunque giunto al domicilio del destinatario?
No. La Corte ha chiarito che una notifica la cui ricevuta è sottoscritta da una persona sconosciuta sotto le mentite spoglie dell’amministratore è radicalmente invalida. Non si tratta di una mera irregolarità sanabile, come una firma illeggibile, ma di un vizio insanabile che compromette la validità della notifica stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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