Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12911 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12911 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 14256/2023 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
NOME
HOLDING
SPA
IN
AS
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE GIUSTIZIA SECONDO GRADO LAZIO n. 6011/2022 depositata il 15/12/2022,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 e, all’esito della riconvocazione, del 24/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO
1.La RAGIONE_SOCIALE ha impugnato gli avvisi di accertamento del Comune di Roma, con cui è stato chiesto il pagamento i.m.u., relativamente agli immobili dalla stessa posseduti, per le annualità 2012 e 2013, rappresentando di trovarsi in una situazione di amministrazione straordinaria ai sensi del d.lgs. n. 270 del 1999.
Il ricorso è stato parzialmente accolto in primo grado, essendosi ritenuto applicabile anche all’amministrazione straordinaria l’art. 10, comma 6, de. d.lgs. n. 504 del 1992, letteralmente riferito solo a fallimento e liquidazione coatta. Pertanto, la sentenza di primo grado ha confermato la debenza del tributo, escludendo, però, interessi e sanzioni, in quanto il pagamento è dovuto solo al momento della vendita del bene.
L’appello di Roma Capitale è stato rigettato. A prescindere dalla confusione terminologica tra amministrazione controllata ed amministrazione straordinaria, dalla sentenza risulta che la società è sottoposta ad una procedura ex d.lgs. n. 270 del 1999: procedura che «era fin dall’inizio finalizzata non già alla prosecuzione o riconversione delle attività produttive, ma esclusivamente alla liquidazione degli assetti patrimoniali». In base a tale premessa, la sentenza di appello ha confermato il principio affermato da quella di primo grado, secondo cui il pagamento può essere effettuato solo dopo la vendita del bene e con l’esclusione di sanzioni ed interessi.
Roma Capitale ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre motivi.
La società è rimasta intimata.
La causa è stata trattata all’adunanza camerale del 9 aprile 2024 e, previa riconvocazione, del 24 aprile 2024.
CONSIDERATO
1.Roma Capitale ha denunciato: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 3 cod.proc.civ., dell’art. 10, comma 6, d.lgs. n. 504 del 1992, che è norma agevolativa e, quindi, di stretta interpretazione, per cui può applicarsi solo al fallimento ed alla liquidazione coatta, a cui fa espresso riferimento, e non all’amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270 del 1999, il cui obiettivo, peraltro, è il salvataggio e non la liquidazione dell’impresa (come confermato dalla disciplina dell’art. 125 del d.P.R. n. 917 del 1986, che stabilisce che le imprese in amministrazione straordinaria devono effettuare gli adempimenti dichiarativi in materia di imposta dei redditi, e come già affermato dalla Corte di cassazione); 2) e 3) la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per carenza e contraddittorietà della motivazione e per violazione dell’art. 132 n. 4 cod.proc.civ. -in particolare con riferimento alla finalità liquidatoria della procedura, di cui la sentenza non fornisce alcuna prova.
2.Secondo l’orientamento di questa Corte, la procedura di amministrazione straordinaria per le grandi imprese in crisi, disciplinata dal d.lgs. n. 270 del 1999, non beneficia del regime agevolativo di cui all’art. 10, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1999, riferito esclusivamente agli immobili compresi nel fallimento e nella liquidazione coatta amministrativa, atteso che, trattandosi di deroga al regime impositivo generale, essa è di stretta interpretazione e quindi insuscettibile di interpretazione analogica (tra le altre, Cass., Sez. 5, 11 luglio 2023, n. 19681; Cass. 15.03.2019, n. 9317). Tale interpretazione è fondata in primo luogo sul dato letterale dell’omesso riferimento negli artt. 10, comma 6, d.ls.g n. 504/1999 e 1, comma 768, legge 160/2019 all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e dall’altra sulla asserita natura agevolativa della norma, il che osterebbe al differimento temporale del pagamento dei tributi
maturarti durante la procedura, che, al contrario, nelle procedure fallimentari e liquidatorie sono, di contro, procrastinati all’esito della vendita dell’immobile.
A tal fine, è stata valorizzata dalla giurisprudenza di questa Corte la diversa finalità (conservativa e non liquidatoria) della procedura dell’amministrazione controllata rispetto alle procedure fallimentari e a quelle della liquidazione coatta amministrativa, osservandosi che il richiamo di cui all’art. 36 d.lgs. 270/1999 (attraverso la tecnica legislativa del rinvio fisso) alla disciplina delle prefate procedure è rigorosamente finalizzato ad integrare la normativa speciale dell’amministrazione straordinaria nei limiti delle lacune in essa insite.
Secondo l’attuale giurisprudenza di legittimità, la disciplina agevolativa non è applicabile all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ancorchè il Tribunale competente abbia dichiarato la dismissione dei beni per il soddisfacimento dei crediti ammessi al passivo (art. 73 d.lgs. 270/1999), sul presupposto che l’eccezionalità di tali disposizioni prescinderebbe dai possibili sbocchi procedurali dell’amministrazione straordinaria. Confermerebbe detta conclusione, la formulazione dell’art. 1, comma 768, legge 160/2019, in tema di i.m.u..
Tuttavia, ritenuto che, con il ricorso per cassazione, vengono poste questioni interpretative di potenziale rilievo nomofilattico concernenti l’art. 10, comma 6 cit. e l’art. 1 comma 768, cit., che in tema di i.c.i ed i.m.u. prevedono che -, il collegio ritiene opportuna la rimessione della causa in pubblica udienza, anche in considerazione dell’esigenza di un approfondimento circa le interferenze tra la normativa tributaria
e quella concorsuale , laddove nell’ipotesi dell’impresa in amministrazione straordinaria, non sia stata disposta o sia cessata la continuazione provvisoria dell’attività imprenditoriale e sia, dunque, iniziata una fase puramente liquidatoria in cui potrebbero mancare flussi di cassa che consentano il pagamento dei debiti prima della realizzazione dell’attivo ( della fase liquidatoria dell’impresa NOME ne dà conto la sentenza impugnata).
In particolare, occorre approfondire la questione relativa alla natura agevolativa o meno delle disposizioni in esame, anche alla luce del rinvio specifico di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 270 del 1999 (diverso ed ulteriore rispetto a quello successivo di cui all’art. 36 dello stesso d.lgs.), nonché accertare se sussista l’esigenza di coordinamento della riscossione di i.c.i. ed i.mu. con la procedura dell’amministrazione straordinaria, nel caso in cui l’azienda sia stata posta in liquidazione (ovvero se sia necessario un ulteriore elemento rispetto alla fase liquidatoria, vale a dire lo stato di insolvenza e di illiquidità, ove dedotta ed accertata).
P.Q.M.
La Corte:
dispone il rinvio del presente procedimento alla pubblica udienza, mandando alla cancelleria per gli adempimenti.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione tributaria