Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32257 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32257 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26757/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 638/2020 depositata il 26/02/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe, in punto di fatto, si apprende quanto segue:
Con sentenza n. 4207/2018 la CTP di Milano respingeva il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso l’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2012 che l’Agenzia delle Entrate gli aveva notificato quale amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, evasore totale coinvolto in un complesso sistema di frode all’Iva comunitaria sulla base di verifiche della Guardia di Finanza confluite anche in un procedimento penale.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello NOME COGNOME dolendosi, da un lato, dell’omessa pronuncia in relazione ad alcune questioni sollevate in primo grado e, dall’altro, dell’erroneità della decisione nel merito. In particolare, l’appellante riproponeva in sede di gravame la questione della nullità dell’avviso di accertamento impugnato per asserita omessa notifica dello stesso alla società RAGIONE_SOCIALE nonché la questione della illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 43 DPR n. 600/1973, in quanto emesso in sostituzione di due precedenti avvisi del medesimo tenore e contenuto al solo fine di supplire alla mancata allegazione del PVC della Guardia di Finanza che ne costituiva il presupposto; nel merito, rimarcava che la propria asserita qualifica di amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE era assunto che si basava sulle sole dichiarazioni di NOME COGNOME, amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE, prive di adeguati riscontri, non avendo il COGNOME mai neanche individuato la persona dell’Arancio in sede di riconoscimento fotografico durante le indagini della Guardia di Finanza e avendo il COGNOME fatto menzione di una utenza telefonica certamente in uso all’Arancio ma i cui tabulati non avevano registrato alcuna telefonata in entrata e/o in uscita con il COGNOME stesso o con clienti e/o fornitori o comunque altri soggetti in qualche modo collegati alla società RAGIONE_SOCIALE; oltre al fatto che, da indagini difensive era emersa l’assoluta estraneità dell’Arancio rispetto alla società in questione, in quanto mai presente in alcuno dei rogiti notarili afferenti l’attività della stessa.
L’appellante chiedeva, quindi, l’integrale riforma della pronuncia di primo grado, insistendo comunque, in subordine, anche per il solo annullamento delle sanzioni, non essendovi prova del fatto che l’RAGIONE_SOCIALE avesse mai materialmente beneficiato delle violazioni contestate alla società di cui si assumeva fosse amministratore di fatto.
1.1. Si costituiva dinanzi alla CTR l’Agenzia delle entrate rappresentando:
la società era stata regolarmente notiziata degli avvisi di accertamento in persona del suo amministratore di diritto, ritenuto comunque un mero prestanome: la società, peraltro, non aveva proposto alcun ricorso avverso gli avvisi ; b) l’avviso di accertamento oggetto di causa, che aveva sostituito con efficacia ex tunc i due precedenti del medesimo tenore, era legittimo in quanto espressione di un potere di autotutela ; c) pacific ed incontrovers il ruolo di cartiera svolto dalla RAGIONE_SOCIALE, quale società emittente fatture per operazioni inesistenti e la conseguente pretesa tributaria a titolo di Iva, Irap e Ires relativa agli anni di imposta 2012 e 2013, del quale l’Arancio era chiamato a rispondere quale obbligato in solido per la sua veste di amministratore di fatto della società in questione; ciò posto, relativamente all’Arancio, l’Ufficio evidenziava che il suo ruolo era dimostrato non solo dalle dichiarazioni del prestanome COGNOMEche aveva riferito che la legale rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE gli era stata proposta da NOME COGNOME, che si sarebbe occupato di tutto), ma anche dall’esame dell’utenza NUMERO_DOCUMENTO pacificamente in uso all’Arancio, i cui tabulati riportavano numerosissimi contatti con utenze riferibili a società coinvolte a vario titolo nella frode, a nulla rilevando che il COGNOME non avesse riconosciuto in foto l’Arancio (avendolo visto solo poche volte) e che in sede penale la Procura non avesse proceduto nei confronti dell’Arancio per la vicenda RAGIONE_SOCIALE ; da ultimo, quanto al profilo contestato delle sanzioni applicate all’Arancio, l’Ufficio evidenziava che vi era traccia documentale di bonifici disposti da RAGIONE_SOCIALE in favore della società RAGIONE_SOCIALE, i cui proventi erano ridistribuiti ai partecipanti della frode, tra cui, appunto, lo stesso Arancio.
1.2. La CTR della Lombardia accoglieva l’appello, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
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Nel merito , premesso che non è in discussione il coinvolgimento di RAGIONE_SOCIALE quale società cartiera coinvolta insieme ad altre società nella complessa frode all’Iva comunitaria negli anni di imposta 2012-
2013, va rimarcato che il profilo specifico dell’asserito ruolo di amministratore di fatto della predetta società in capo all’RAGIONE_SOCIALE costituiva oggetto di un preciso onere della prova gravante sull’Agenzia delle Entrate, la quale avrebbe dovuto fornire elementi certi ed inequivocabili al riguardo.
Nel caso di specie, il ruolo dell’Arancio all’interno di RAGIONE_SOCIALE, quale amministratore di fatto, è stato tratteggiato dal COGNOME, che della predetta società costituisce il formale legale rappresentante: le dichiarazioni del COGNOME, però, di per sé sole non possono essere sufficienti, necessitando di adeguati riscontri esterni, di cui, tuttavia, l’Ufficio non ha dato idonea prova.
In proposito, il fatto che dall’esame dei tabulati telefonici sia risultato che l’utenza 331/6892777, incontestatamente riferibile all’Arancio, abbia avuto frequenti contatti con soggetti a vario titolo coinvolti nella complessa vicenda di frode all’Iva comunitaria di cui si tratta non dimostra, di per sé, che l’RAGIONE_SOCIALE abbia effettivamente operato quale effettivo gestore di RAGIONE_SOCIALE, specie ove si consideri che non risultano (né sono mai stati allegati dall’Ufficio) contatti telefonici o di altro genere tra l’odierno appellante e il COGNOME (che non ha neanche riconosciuto in foto l’odierno appellante in sede di riconoscimento fotografico) ovvero con alcuno dei possibili clienti e/o dei fornitori di RAGIONE_SOCIALE; così come non risulta neanche allegato (e tantomeno provato) il compimento da parte dell’Arancio di qualsivoglia apprezzabile e specifica attività gestoria in qualche modo riconducibile specificamente ad RAGIONE_SOCIALE.
2. Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi, cui resiste il contribuente con controricorso, altresì depositando memoria telematica addì 10 ottobre 2024, mediante la quale, oltre ad ulteriormente illustrare le sue ragioni, rappresenta che ‘con la sentenza n. 6372/22 del 26.5.2022 i Giudici della Sezione II Penale del Tribunale di Milano hanno assolto NOME COGNOME in relazione a tutti i capi di imputazione per non aver commesso il fatto : tale pronuncia – divenuta irrevocabile il 9.9.2022 – conferma l’assoluta estraneità di NOME COGNOME sistema di frode nel suo complesso, e ciò non può che ulteriormente avvalorare la conferma di tale estraneità pronunciata dalla CTR in ambito amministrativo ed in relazione alla RAGIONE_SOCIALE‘.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione o falsa applicazione degli artt. 2639, 2697, 2727 e 2729 c.c. art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.’.
1.1. La CTR ha errato nella valutazione del quadro indiziario offerto dall’Ufficio, che ‘non aveva affatto l’onere di allegare il compimento, da parte del contribuente, di una ‘specifica’ attività gestoria”. il contribuente non aveva necessità di contattare telefonicamente il COGNOME, né clienti, fornitori e soggetti collegati all’attività della società. Le dichiarazioni del COGNOME indicavano nel contribuente l’amministratore di fatto della società.
Secondo motivo: ‘Nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 D.Lgs. 546/92 e dell’art.] 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.’.
2.1. ‘La sentenza è errata e va cassata in quanto contiene un giudizio solo apparente, poiché basato su circostanze giustapposte in maniera tra loro contraddittoria e perplessa’. Segue nel motivo l’analisi critica della sentenza impugnata in relazione al quadro indiziario già indicato nel primo motivo come offerto dall’Ufficio.
I due motivi -non inammissibili, come eccepito in controricorso, perché la sentenza impugnata non ossequia affatto, giusta quanto subito si vedrà, la giurisprudenza di questa Suprema Corte a proposito del primo motivo – sono suscettibili di trattazione congiunta siccome intimamente collegati.
Il secondo, che assume priorità logica, è infondato.
4.1. È sufficiente una semplice lettura della sentenza impugnata per rilevare come la stessa esibisca una motivazione (condivisibile o meno ma comunque) effettiva sia dal punto di vista grafico che dal punto di vista contenutistico, in tal guisa integrando pienamente il requisito del cd. minimo costituzionale, solo violato il quale rileva il denunciato vizio di omessa od apparente motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Fondato, ai sensi della motivazione a seguire, è invece il primo.
5.1. Nondimeno, preliminarmente, conviene sgombrare il campo dalla sentenza assolutoria del Tribunale Ordinario di Milano n. 6372 del 26 maggio 2022.
5.1.2. Essa non viene affatto in linea di conto nel presente giudizio, perché non si occupa del ruolo del contribuente in RAGIONE_SOCIALE, di cui presentemente si discute, bensì in altra società, RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE con riferimento alla quale, stante l’intervenuto fallimento, il contribuente era chiamato a rispondere, in concorso con altri, di fatti di bancarotta ai sensi degli artt. 216 comma 1, nn. 1) e 2), 219, commi 1 e 2, n. 1, 223, commi 1 e 2, nn. 1 e 2, l. fall., ‘in qualità di amministratore di fatto dal 2010 al 19.09.2013 , anche attraverso il paravento della RAGIONE_SOCIALE
Talché, non citata RAGIONE_SOCIALE in tale sentenza, non rileva punto l’affermazione che vi si legge in specie a p. 21, secondo cui, ‘alla luce delle risultanze istruttorie sopra descritte, ritiene il Collegio di escludere che il dott. COGNOME abbia mai assunto alcun potere gestorio di AZ a far data dal 2010 al settembre 2013′.
Non minimamente accertato dalla stessa alcun sistema frodatorio, men che meno contemplante, oltreché RAGIONE_SOCIALE, specificamente RAGIONE_SOCIALE (neppure dove, a p. 12, si accenna brevemente ad operazioni oggettivamente inesistenti documentate nelle ‘fatture di acquisto e vendita relative alla commercializzazione del prodotto chimico Desmodur W’), non possono evidentemente trarsene argomenti -come invece preteso nella memoria -di ‘conferma’ dell”estraneità’ del contribuente ‘ sistema di frode nel suo complesso’, anche ‘in relazione alla RAGIONE_SOCIALE‘.
5.2. Precisato quanto precede, tornando ‘funditus’ al primo motivo, il punto di partenza di ogni valutazione è che ‘le dichiarazioni extraprocessuale di terzi sono ammissibili ed
utilizzabili nel processo tributario -nel rispetto dell’art. 6 CEDU e del principio di parità delle armi di cui all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea -e hanno valore di elementi indiziari, utilizzabili sia dall’Amministrazione, sia dal contribuente’ . Invero, ‘l’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese da terzi, testualmente riportate in un avviso di accertamento (quale provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo di applicazione dell’imposta), non possono ritenersi come ‘tamquam non esset’, rilevando quali fonti di conoscenza, come fatti o indizi che spetta al giudice di merito valutare insieme agli altri elementi presuntivi che completano il quadro probatorio a sostegno della pretesa tributaria, al fine di decidere se l’Ufficio abbia soddisfatto l’onere della prova a suo carico, con conseguente trasferimento al contribuente dell’onere della prova contraria’ . Ancora: ‘In tema di contenzioso tributario, al contribuente, al pari dell’Amministrazione finanziaria, è riconosciuta -in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle armi -la possibilità di introdurre, nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, le quali hanno valore indiziario, spettando al giudice il potere -dovere di valutare dette dichiarazioni nel contesto probatorio emergente dagli atti, al fine di riscontrare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi oggettivi e soggettivi’ .
Acclarata la natura indiziaria delle dichiarazioni di terzi, trova applicazione l’insegnamento secondo cui, in tema di prova indiziaria, ‘gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su uno solo di essi, purché grave e preciso, dovendo il requisito della ‘concordanza’ ritenersi menzionato dalla
legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi .
5.2.1. Ne consegue – ed in tal senso semplicemente esplicitasi un principio di diritto già immanente nella giurisprudenza di legittimità – che, nel processo tributario, le dichiarazioni di terzi hanno valore indiziario anche nel caso in cui costituiscano il solo elemento indiziario addotto dalla parte interessata a fondamento del fatto da dimostrare, purché manifestino i necessari requisiti di gravità e precisione, ai fini della valutazione dei quali il giudice di merito è tenuto a riscontrare la credibilità del propalante , valutando tutti gli elementi, sia oggettivi che soggettivi, a disposizione, ed a verificare la coerenza , sia intrinseca che estrinseca, del suo narrato .
5.3. A tale principio non si è patentemente attenuta la CTR, che ha indebitamente svalutato le dichiarazioni del COGNOME, richiedendo aprioristicamente che le medesime, per poter suffragare la tesi agenziali, dovessero essere fornite di riscontri; in riferimento ai quali, poi, ha altresì evocato elementi non affatto significativi.
In particolare, sotto il profilo delle dichiarazioni del COGNOME, del tutto pretermesso il riscontro di credibilità di quest’ultimo, ha obliterato aver questi detto:
-di essere stato incaricato della rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE, in cambio di euro 2.500 euro al mese, proprio dal contribuente, che ‘si sarebbe occupato di tutto’ (p. 16 ric.);
-di essersi ‘recato presso le banche, su indicazione di RAGIONE_SOCIALE, per aprire i conti bancari della RAGIONE_SOCIALE (ivi),
così riferendo di una concreta attività gestoria occultamente svolta dal contribuente per mano del COGNOME.
A fronte di ciò – ed altresì del non essere stato il COGNOME in grado di esibire la documentazione amministrativo -contabile – la
valorizzazione, da parte della CTR, in contrario alle prospettazioni dell’Agenzia, del non avere il contribuente intrattenuto contatti telefonici né con il COGNOME né con ‘ possibili clienti e/o dei fornitori di RAGIONE_SOCIALE‘ si dimostra fuori contesto per la non significatività delle due circostanze:
–non dell’assenza di contatti telefonici con il COGNOME, essendo lo scopo della prezzolata attribuzione della legale rappresentanza al COGNOME proprio quello di attribuirgli un’investitura formale occultando l’effettivo centro decisionale, tanto più in quanto (secondo la ricostruzione agenziale) il COGNOME aveva dichiarato che per contattare il contribuente doveva attivare il metodo della triangolazione (p. 18 ric.: ‘In una occasione mi ricordo che NOME COGNOME mi aveva detto che se avevo bisogno di contattarlo potevo fare riferimento a lui e a Minummo’);
-non dell’assenza di contatti telefonici con ‘ possibili clienti e/o dei fornitori di RAGIONE_SOCIALE‘, essendo quest’ultima (sempre secondo detta prospettazione) totalmente fittizia.
Né, sotto altro profilo, la CTR – che di per sé ha mancato di attribuire valore di contesto alla riferibilità al contribuente dell’utenza n. 331/6892777, attraverso cui essa purtuttavia riconosce che il predetto aveva ‘frequenti contatti con soggetti a vario titolo coinvolti nella complessa vicenda di frode’, in seno alla quale si inseriva RAGIONE_SOCIALE -chiarisce la rilevanza del mancato riconoscimento fotografico del contribuente da parte del COGNOME, anzitutto circostanziandolo e poi valutandolo criticamente, fermo peraltro restando che esso, potendo avere svariate spiegazioni, è in astratto compatibile con contatti non frequentemente gestiti di persona.
In definitiva, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 24 ottobre 2024.