Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21109 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21109 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25873/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. delle MARCHE-ANCONA n. 249/2020 depositata il 09/06/2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni come segue:
–AVV_NOTAIO. P.G. AVV_NOTAIO NOME COGNOME: accoglimento del ricorso;
–AVV_NOTAIO per il contribuente: accoglimento del ricorso;
–AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE: rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
In data 23 marzo 2015 , si concludeva, con relativo pvc, una verifica della GdF di RAGIONE_SOCIALE a carico di RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di fabbricazione mobili arredo, ‘ che riprendeva quella avviata il 20.11.2013 in conseguenza delle indagini penali di cui al proc. pen. n. 2055/2010, incardinato presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE‘; ‘dal pvc. su menzionato, che avrebbe raccolto nuovi elementi nei confronti della By RAGIONE_SOCIALE a seguito di rogatoria internazionale della Repubblica di San Marino, ha tratto origine l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2007, notificato al legale rappresentante p.t. della suddetta società, RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘ (p. 1 ric.).
COGNOME NOME era attinto da atto (n. NUMERO_DOCUMENTO) di contestazione di sanzioni, quantificate in euro 1.865.842,50, per infedele dichiarazione ai fini dell’IVA relativamente all’a.i. 2007 ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. n. 472 del 1997, avendo ‘concorso nella commissione delle irregolarità ed illeciti fiscali già accertati in capo alla RAGIONE_SOCIALE, della quale era indicato come presunto amministratore di fatto e socio occulto, che
aveva agito in uno a COGNOME NOME, commercialista ed·a sua volta amministratore di fatto.
All’udienza del 6 luglio 2017, con la sentenza n. 1029/2017 , la CTP di RAGIONE_SOCIALE, adita impugnatoriamente dal contribuente, respingeva il ricorso.
Il contribuente proponeva appello, nella resistenza dell’RAGIONE_SOCIALE.
La CTR delle Marche, con la sentenza in epigrafe, rigettava il gravame.
Propone ricorso per cassazione il contribuente con quattro motivi; l’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Il contribuente deposita ampia memoria telematica addì 11 marzo 2024, ulteriormente illustrativa dei motivi di ricorso.
All’odierna pubblica udienza, dopo breve discussione, il AVV_NOTAIO. Proc. Gen. presso la Corte di cassazione, in persona del AVV_NOTAIO, conclude per l’accoglimento del ricorso; la difesa del contribuente si associa; la difesa erariale conclude per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Primo motivo: ‘Erronea e falsa applicazione degli artt. 34 e35 del d.lgs. n. 546/92, dell’art. 276 c.p.c., nonché dell’art. 24, 97 e 111 Cost. e dei principi di oralità, immediatezza e concentrazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.’.
‘Va censurata la particolarissima dinamica della trattazione e del procedimento di deliberazione delle 48 controversie poste in discussione, presso la CTR delle Marche, inizialmente in data 25 marzo 2019 . I procedimenti in questione, derivanti da avvisi di accertamento ed atti di contestazione delle sanzioni emessi dall’RAGIONE_SOCIALE e Urbino a carico di varie società, sono stati trattati in unica udienza, il 6 luglio 2017, presso la CTP di RAGIONE_SOCIALE, per avere il Collegio ritenuto che le cause avessero un riferimento ‘comune’ nella figura dell’asserito ‘dominus’, NOME COGNOME . Il giorno 25 marzo 2019, le parti processuali illustravano diffusamente le
rispettive posizioni, mediante discussione orale durata svariate ore, al termine della quale la Sez. 5 della Commissione decideva di rinviare il prosieguo della pubblica trattazione all’udienza del 10 aprile 2019 . Anche ad esaurimento dell’ulteriore udienza pubblica di discussione del 10 aprile, la Commissione Regionale riteneva di non potere ancora decidere e rinviava all’udienza del 27 giugno 2019 . Nella giornata del 27 giugno 2019, difesa della contribuente e rappresentanti dell’Ufficio si riportavano alla copiosa documentazione prodotta ed alle argomentazioni di cui agli scritti difensivi ed a quelle lungamente spese durante le precedenti udienze di discussione, e la CTR si riservava la decisione. A scioglimento della riserva, la sentenza n. 249/2020, qui impugnata, veniva pronunciata il 7 gennaio 2020 , dopo oltre sei mesi dall’ultima delle tre udienze, e, quindi, ben oltre il termine dei trenta giorni di cui al secondo comma dell’art 35 del’ D.lgs. n. 546/92, mentre il deposito avveniva il 9 giugno 2020; ossia ad un anno dall’ultima trattazione in pubblica udienza, risalente al 27 giugno 2019. Lo sviluppo ed il plurimo differimento della discussione in pubblica udienza, non avvenuto ad istanza delle parti, il notevole lasso di tempo intercorso fra le pubbliche trattazioni e la deliberazione del Collegio (tenendo in disparte l’ulteriore termine di deposito della sentenza), costituiscono un assoluto inedito nello scenario del contenzioso tributario. Più in particolare, integrano una violazione ‘. A comprova della censurata illegittimità del procedimento di formazione della deliberazione collegiale e delle persistenti lesioni del diritto alla difesa consumatesi in questa anomala vicenda processuale, va ribadito che, malgrado la parte privata avesse chiesto, sin dai ricorsi introduttivi, la riunione dei procedimenti riguardanti il sig. NOME COGNOME e le società a questi (indebitamente) ricondotte come ‘dominus’, e nonostante le controversie siano state trattate nelle medesime udienze, le
pronunce della CTR delle Marche siano rimaste distinte, tranne che per limitatissime riunioni, che portano il relativo carico da 48 a 37 decisioni. È di palmare evidenza come tale ‘modus operandi’ rinnovi ed amplifichi la menomazione dei diritti difensivi, posto che il sig. NOME COGNOME e le società a lui ‘ascritte’ quale amministratore di fatto e/o socio occulto, sono costretti a proporre 37 separati ricorsi per cassazione . Basti considerare che, a fronte di una vicenda così complessa, e segnata da un ‘vulnus’ talmente inedito e violento ai diritti difensivi, l’Ufficio ha proceduto a notificare le sentenze prima dell’ordinario termine . Ciò si traduce anche in violazione dell’art. 97 Cost., ovvero dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione e dei principi di lealtà e collaborazione fra fisco e contribuente’.
Il motivo è infondato.
Le dedotte violazioni degli artt. 34 e 35 D.Lgs. n. 546 del 1992, e dei corrispondenti principi, anche costituzionalmente rilevanti, di oralità, immediatezza e concentrazione, non colgono nel segno. La CTR dà espressamente atto in sentenza di aver riservato la decisione, sia in motivazione, laddove scrive: ‘La Commissione letti tutti gli atti di causa, udite le parti intervenute, come da processo verbale redatto tratteneva la causa per la decisione con riserva ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. 546/92, data la complessità della causa e la ingentissima mole di materiale da visionare’, sia in dispositivo, laddove fa precedere la decisione dall’espressione: ‘A scioglimento della riserva che precede ‘.
Ora, prevista la riserva di decisione dal correttamente evocato, dalla CTR, art. 35, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 (‘Quando ne ricorrono i motivi la deliberazione in camera di consiglio può essere rinviata di non oltre trenta giorni’), nessuna sanzione processuale assiste la violazione del termine di trenta giorni, che ‘in limine’ può acquisire rilievo ai soli fini disciplinari.
Sotto altro profilo, per giurisprudenza costante, ‘in tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione e di separazione, fondandosi su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimità’ (così, da ultimo, Cass. n. 28539 del 30/09/2022).
Infine, la notificazione della sentenza favorevole costituisce facoltà della parte vittoriosa. L’eventuale pregiudizio patito dalla parte soccombente, peraltro nella specie solo locutorio, alligna in una dimensione di mero fatto, senza acquisire rilievo giuridico alcuno.
I successivi due motivi, per parziale sovrapponibilità di censure, possono essere enunciati, illustrati e trattati congiuntamente.
Secondo motivo: ‘Nullità della sentenza, per motivazione apparente e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.’.
‘Gli specifici addebiti alla RAGIONE_SOCIALE, che dovrebbero costituire unico ed esclusivo oggetto dell’odierno ‘thema decidendum’ ed essere ricavati da autonome ed autosufficienti fonti di prova, non vengono neanche richiamati, nelle motivazioni della sentenza qui opposta, ove le ampie premesse, presenti in ‘copia e incolla’ in tutte le pronunce, di cui alle pagine (non numerate dalla CTR, che si possono individuare dalla 2 alla 23), attengono a tutt’altri soggetti giuridici e fiscali. La semplice lettura della descrizione del ‘complesso fenomeno evasivo’ (lettera C, pag. 2 e ss. della decisione di appello), del ‘sistema di frode attraverso l’utilizzo del plafond’ (lettera 13) della sentenza impugnata, della ‘emissione fraudolenta di fatture di vendita non imponibili’ (ivi, lett. 14), del ‘RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, il ruolo di NOME COGNOME‘ (ivi, lettera 15), del ‘ruolo di NOME COGNOME nei conti esteri’ (lett. 16), del ‘pieno coinvolgimento di NOME COGNOME attraverso la
società RAGIONE_SOCIALE‘ (lettera D della pronuncia), dimostra, senza possibilità di equivoci, che la società RAGIONE_SOCIALE viene citata, appena due volte, come dire, semplicemente ‘a strascico’, ritenendosi che sia una delle ‘cartiere’ utilizzate per l’emissione di fatture soggettivamente false nei confronti della RAGIONE_SOCIALE prima e della RAGIONE_SOCIALE, poi, beneficiarie della frode (pagina identificabile come 15). Difficile inventariare un modello di esposizione dei fatti, delle posizioni delle parti, e delle fonti del convincimento conclusivo, così avaro di riferimenti allo specifico caso dedotto in giudizio, e, viceversa, una didascalia più emblematica di ‘motivazione apparente’, ove l’edificio motivazionale assume di reggersi non sui singoli mattoni, ma direttamente sul plastico del progetto evasivo prefigurato, come se non vi fosse bisogno di scrutinare ‘dettagli’ o ‘fastidiose’ peculiarità della fattispecie concreta. Di tal che, la motivazione della pronuncia non è controllabile nel suo ‘iter’ logico, essendo disancorata da precisi riferimenti al quadro probatorio specifico ed astrattamente idonea ad essere applicata ad un numero indefinibile di fattispecie (Cass. Sez. Un., sentenza n. 8053/2014)’. ‘L’approccio stesso della motivazione (pag. 2) tradisce, senza necessità di particolari riscontri, che la CTR ha ritenuto di non calarsi nella realtà della By COGNOME, dando per scontato, in dispregio del divieto ‘presumptum de praesumpto non admittitur’, che la sua ‘appartenenza’ al RAGIONE_SOCIALE COGNOME soddisfi qualsiasi obbligo di motivazione sul caso concreto’.
‘La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato -gravemente rivelatrice del sistema di motivazione in fotocopia, rispetto alle pronunce emesse il 7 gennaio 2020 sul c.d. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -si identifica, in particolare, in due passaggi: a) nell’esame delle ‘eccezioni preliminari proposte in appello’, quando la Regionale si sofferma a difendere l’emissione ante tempus dell’atto, in relazione all’art. 12, co. 7, della legge n. 212/2000: ebbene, questa eccezione, avanzata dal contribuente in molte delle
altre controversie ove ne ricorrevano i presupposti, trattate all’udienza del 25 marzo 2019 e successivi rinvii, non è affatto inclusa negli scritti difensivi e nelle domande della parte, di guisa che anche tale parte della pronuncia è viziata da violazione dell’art. 112 c.p.c. e, soprattutto, conferma la natura meramente apparente della motivazione, replicata per tutti i procedimenti, senza alcun rispetto della peculiarità del caso in esame; b) viceversa, in ordine all’eccezione sollevata dalla parte (pag. 21 e ss. dell’allegato b del fascicoletto in doc. 3) e coltivata in appello (pagg. 10 e ss. del gravame in allegato e), in riferimento alla portata letterale ed interpretativa dell’art. 7 della legge n. 326/2003, la CTR delle Marche non prende alcuna posizione, obliterando completamente il ‘petitum’. Come si dimostrerà più compiutamente in senso al terzo motivo del presente ricorso, COGNOME aveva obiettato di non potere essere sottoposto a sanzioni amministrative, a mente del combinato disposto dell’art. 7 l. n. 326/2003 e 9 D.lgs. 472/97, trattandosi di violazioni ascritte a persona giuridica’.
Terzo motivo: ‘Omessa pronuncia in ordine alla lamentata violazione del combinato disposto dell’art. 7 della legge n. 326/2003 e dell’art. 9 del d.lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c.’.
La sentenza della CTR nulla dice in merito ad una questione, assolutamente dirimente per la soluzione della causa, avanzata nel ricorso introduttivo (pag. 21 e ss. dell’allegato b del fascicoletto in doc. 3) e coltivata in appello (pagg. 10 e ss. del gravame in allegato e), in riferimento alla portata letterale ed interpretati va dell’art. 7 della legge n. 326/2003. In questi termini, la decisione di secondo grado è lesiva del principio di corrispondenza di cui all’art. 112 c.p.c., denunciabile ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c. A prescindere dai vizi su denunciati, la sentenza appellata risulta inconciliabile con il dettato delle normative in epigrafe e con il
consolidato ed univoco indirizzo della Corte di legittimità’. Il motivo prosegue con ampie citazioni giurisprudenziali. Indi così conclude: ‘La Corte di legittimità, dunque, senza possibilità di equivoci, ha espressamente disconosciuto la possibilità che le sanzioni amministrative riferibili ad illeciti di una società siano poste a carico dei suoi amministratori, vuoi di diritto che di fatto. Si concludeva (pag. 15 dell’appello) con l’espressa richiesta al Giudice dell’appello di riaffermare e preservare la lettera e la ratio dell’art. 7 del D.l. n. 269/2003 ed il principio di diritto statuito dalla Corte di legittimità, in virtù dei quali le sanzioni riferibili a violazioni commesse da un ente giuridico non possono essere poste a carico dell’amministratore, di diritto o di fatto che sia’.
Il secondo motivo è, per un verso, inammissibile e, per altro verso, comunque, infondato.
Il terzo motivo, che riprende e sviluppa una parte delle censure di cui al precedente, è infondato.
Inammissibile è il secondo motivo a misura che cumula le due censure di omessa motivazione e di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., riferendole all’unico paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.: invero, l’omessa motivazione, nella cui categoria è da ascrivere la motivazione meramente apparente, è censurabile ai sensi, e nei soli limiti (palesemente non ricorrenti, per quanto subito si dirà, nella specie) dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.; sotto altro profilo, a misura che una motivazione incorra in ultra ed infrapetizione, come sostenuto nella seconda parte del motivo, per ciò solo deve aversi per reale e comprensibile, con conseguente esclusione di alcuna apparenza sì grave da determinarne addirittura l’inesistenza.
Ed in effetti la sentenza impugnata esibisce, ad una semplice lettura, una motivazione effettiva, sia dal punto grafico che dal punto di vista contenutistico:
dal punto di vista grafico, alla stregua degli stessi paragrafi ricordati nella prima parte del motivo, e di altri, in cui essa è lungamente articolata;
-dal punto di vista contenutistico, alla stregua della considerazione che, secondo la CTR, nel RAGIONE_SOCIALE COGNOME, sistematicamente votato alla perpetrazioni di frodi all’IVA, RAGIONE_SOCIALE le cui società, RAGIONE_SOCIALE compresa, erano tutte soggette al dominio del contribuente, COGNOME riveste il ruolo di mera RAGIONE_SOCIALE, quale soggetto interposto, totalmente asservito alle logiche del RAGIONE_SOCIALE ed intrinsecamente pervaso dal fine illecito.
Un tanto rende ragione della non condivisibilità neppure delle prospettazioni di cui alla seconda parte del secondo motivo e ‘funditus’ al terzo motivo.
Vero è, come denunciato nella lett. a) della seconda parte del secondo motivo, che la CTR cade in ultrapetizione, pronunciando su una questione (quella dell’emissione dell’atto ‘ante tempus’) non devolutale; non basta tuttavia un tale errore a travolgere l’intera motivazione della sentenza, tanto più che, proposta la doglianza in altri processi celebrati congiuntamente, lo stesso contribuente ne avverte la natura di mera svista, da cui il medesimo non ha ritratto, né rappresenta di aver ritratto, alcun nocumento.
Vero non è, invece, a differenza di quanto denunciato nella lett. b) della seconda parte del secondo motivo e nel terzo motivo, che la CTR è caduta in infrapetizione, omettendo di pronunciare sulla questione dell’invocata, dal contribuente, applicabilità dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 269 del 2003, conv. dalla l. n. 326 del 2006, escludente l’operatività del concorso ex art. 9 D.Lgs. n. 472 del 1997.
Su tale questione la CTR non ha pronunciato esplicitamente, ma, per certo, implicitamente.
Invero, alla stregua della ricostruzione fattuale che si avrà modo di partitamente illustrare nella disamina del successivo
motivo di ricorso, cui per l’effetto espressamente si rinvia, essa ha rilevato, giust’appunto, essere COGNOME una mera RAGIONE_SOCIALE, siccome, più particolarmente, coinvolta in una filiera (una delle svariate ed eterogenee caratterizzanti il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) di fatture soggettivamente inesistenti, che la contempla fornitrice di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta fornitrice della reale beneficiaria RAGIONE_SOCIALE, palesandone la riduzione a puro e semplice schermo rispondente alla regia del contribuente (ciò che, valga sin d’ora rilevare, sottrae consistenza all’evocazione in memoria di insegnamenti riguardanti la mera ricezione ‘a valle’ di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti).
Ed è per questo che essa ha indirettamente disatteso la tesi difensiva della sussistenza dei presupposti dell’esclusione della responsabilità ex art. 7, comma 1, d.l. n. 269 del 2003 in capo al contribuente.
Né, osservasi, siffatta conclusione, pur implicita od indiretta, della CTR sconta censure di sorta, conformandosi, anzi, agli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità.
Invero, vale la premessa secondo cui l’art. 7, comma 1, d.l. n. 269 del 2003 detta una norma di carattere eccezionale che, con esclusivo riferimento al ‘rapporto fiscale proprio d personalità giuridica’, presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio dell’ente, che rappresenta od amministra. Solo tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico dell’ente quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal rappresentante o dall’amministratore. Viceversa, ‘qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per
sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio’, non ricorrendo la ‘ratio’ dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, diretto a limitare la responsabilità in capo all’ente, si ripristina la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce l’autore dell’illecito (v. Cass. n. 28332 del 7/11/2018; Cass. n. 10975 del 18/04/2019; Cass. n. 32594 del 12/12/2019; Cass. n. 25757 del 13/11/2020; Cass. n. 29038 del 20/10/2021).
Con precipuo riferimento alla figura dell’amministratore di fatto, che ne occupa nel presente giudizio, s’è poi traguardata la conclusione per cui la limitazione di responsabilità ex art. 7 d.l. n. 269 del 2003 ‘non opera nell’ipotesi di società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, atteso che, in tal caso, la società è una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto ‘ (Cass. n. 29038 del 20/10/2021).
In termini ancor più generali, a proposito della RAGIONE_SOCIALE, nel contesto di un principio volto a sostenere che affinché ‘difetti la ‘ratio’ dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola società dotata di personalità giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalità della società medesima, quand’anche gestita da un amministratore di fatto’ (Cass. n. 1946 del 23/01/2023), s’è infine puntualizzato (‘ivi’, in motivazione) che
il distinguo dunque si pone nella “decodificazione” della società, se essa cioè sia vera, se abbia vita e finalità economiche distinte da quelle del suo amministratore, o si riveli lo strumento artificioso, cui una persona fisica ricorre proprio per sottrarsi alle sanzioni. Il che, è ben comprensibile, non rappresenta alcuna forzatura del dato
letterale dell’art. 7 cit., trovando anzi all’interno della norma medesima la sua ‘ratio’;
-la ‘ratio’ appena riferita richiede per ciò stesso dei riscontri, ed il primo di essi è proprio il riscontro della “finzione” dell’esistenza della società, cioè la sua strumentalità al perseguimento delle finalità illecite del suo controllore, identificato appunto nel suo amministratore di fatto.
Tali riscontri possono essere agevoli, come nel caso della società “RAGIONE_SOCIALE“, della quale sia stata accertata l’inesistenza, per assenza degli elementi essenziali allo svolgimento dell’attività economica (locali in cui esercitare l’attività commerciale, personale, strumentazione, ecc.). In ipotesi simili è agevole ritenere che, in via presuntiva e secondo l”id quod plerumque accidit’, l’amministratore di fatto abbia direttamente incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’ente (Cass., 36003 del 2021 ).
Quarto motivo: ‘Erronea e/o falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92, dell’art. 16 del d.lgs. n. 472/97, nonché degli art. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.’.
‘La pronuncia di prime cure (allegato c del fascicoletto) aveva convenuto che la prova della declamata simulazione delle operazioni intercorse tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non risiederebbe nella ‘singola fattura di acquisto registrata dalla società del RAGIONE_SOCIALE‘ (pag. 34 della decisione), bensì nella ‘programmata e sistematica attività delittuosa volta alle false fatturazioni che, dopo una serie di passaggi tra diversi soggetti societari, produceva l’effetto di avvantaggiare le società riconducibili al ricorrente (secondo i meccanismi analiticamente descritti alle pagg. 38 e ss. del PVC della Guardia RAGIONE_SOCIALE)’. Aderendo allo stesso schema motivazionale, la CTR delle Marche
non si cura di indagare il profilo specifico delle transazioni indubbiate e quello soggettivo della conoscenza o conoscibilità, da parte dei responsabili della società, dell’asserita fittizietà delle operazioni. In particolare, il sig. NOME COGNOME, chiamato a rispondere delle pesantissime sanzioni irrogate per presunte violazioni commesse dalla società RAGIONE_SOCIALE ed accertate con avviso notificato al suo legale rappresentante, amministratore di diritto, NOME COGNOME, si doleva (pag. 18 dell’appello) di come mancasse, ‘nell’iter logico seguito dai Primi Giudici, l’individuazione del fatto noto dal quale risalire a quello ignorato ”. ‘Si eccepiva che la pronuncia appellata conclude per il ruolo occulto di COGNOME, nonostante a tale “funzione” si accompagnino condotte e circostanze che non possono ragionevolmente rimanere “sotto coperta” e che, invece, non sono sussistenti nel caso in rassegna’. ‘Sull’argomento, la decisione dei Secondi Giudici si manifesta ancora più ermetica di quella dei primi ‘. ‘Dal testo della sentenza, non vi è il minimo cenno a quali sarebbero i concreti esiti della rogatoria presso la Repubblica di San Marino che incidano sull’odierna causa; per quali ragioni le operazioni intercorse tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non sarebbero regolari; attraverso quali concrete condotte o fatti gestori, il COGNOME possa essere qualificato come l’amministratore di fatto, non già del narrato ‘sistema’ fraudolento, ma precipuamente della By RAGIONE_SOCIALE. Come si riporta nella lettera D) della sentenza impugnata, COGNOME aveva criticato l’intellegibilità del pvc, ‘composto di 285 fogli per lo più contenenti dati affastellati ed incomprensibili ‘, in quanto riguardanti, in un calderone unico di sintesi, diverse soggettività giuridiche. In proposito, alla CTR non si rimprovera la scelta delle prove (non essendone questa la sede), bensì l’approdo cui perviene sulla base delle stesse prove prescelte, ossia il risultato della prova, sindacabile in sede di legittimità, laddove, come in questo caso, non dà conto del rapporto fra. l’esito delle prove come si pone
dinanzi al vaglio della Corte, ed il fatto così come è stato ricostruito’.
Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile sia perché fa riferimento ad atti e documenti (a cominciare dal procedimento amministrativo) senza adeguatamente riprodurne (od almeno riassumerne) il contenuto, così cadendo in difetto di precisione ed autosufficienza; sia perché cumula due tipologie di censure incompatibili, quali la violazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, che sottende un vizio motivazionale, e ad un tempo dell’art. 16 D.Lgs. n. 472 del 1997 e degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., che invece impingono sul ragionamento probatorio della CTR, per l’effetto presupponendo una motivazione, oltreché esistente, intelligibile ed esaustiva; sia perché, quanto alla violazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, espressamente cade nella denuncia di una pretesa inadeguatezza motivazionale, che tuttavia esula dal panorama dei motivi di ricorso per cassazione, non rientrando più nel paradigma del neppure invocato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., che dà sfogo ai vizi motivazionali solo in termini di assenza o mera apparenza della motivazione; sia perché, quanto alle ulteriori violazioni di legge, sollecita in definitiva a questa Suprema Corte una più favorevole, per il contribuente, riedizione del giudizio di fatto (‘ alla CTR non si rimprovera la scelta delle prove , bensì l’approdo cui perviene sulla base delle stesse prove prescelte’ ), già compitamente attinto dalla CTR, in violazione di canoni e limiti del giudizio di legittimità come momento di controllo della sola legalità della sentenza impugnata.
In aggiunta a quanto precede, il motivo è, comunque, manifestamente infondato.
La CTR illustra ampiamente il cd. RAGIONE_SOCIALE COGNOME, composto da una cospicua serie di società italiane ed estere, tra cui, espressamente, By COGNOME.
L’esistenza del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, composto da società il cui unico ‘dominus’ era il contribuente, è ampiamente e minuziosamente dimostrata dalla CTR, attraverso l’illustrazione, sia dei ‘legami tra società e persone fisiche emersi dall’analisi della documentazione bancaria inviata dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica di San Marino’ (fg. 8), sia dei ‘flussi di fatture’ in concomitanza ai flussi finanziari (fg. 9).
Cardine del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a partire dal 2006, in cui registra un significativo incremento del volume d’affari, sintomo dell’inizio dell’utilizzo illecito, è RAGIONE_SOCIALE, in riferimento alla quale scrive la CTR (fg. 16): ‘La RAGIONE_SOCIALE è risultata essere l’interponente o ‘broker’ nonché ‘buffer’ (filtro) in quanto ha creato un filtro che ha ostacolato la connessione diretta tra le società cartiere e l’effettivo cessionario della merce. Le attività investigative hanno permesso di acclarare ce la RAGIONE_SOCIALE srl non disponesse di una unità produttiva ma soltanto di un piccolo ufficio tecnico-commerciale e un magazzino di stoccaggio di medie dimensioni. La merce acquistata dai vari fornitori nazionali non veniva lavorata dalla stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ma inviata direttamente dai fornitori alla società del RAGIONE_SOCIALE denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘ la quale eseguiva il taglio dei pannelli producendo semilavorati per l’industria del mobile. Tali attività veniva svolte nello stesso opificio che ora è sede della RAGIONE_SOCIALE utilizzando gli stessi macchinari di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e successivamente affittati alla stessa COGNOME.
L’attività illecita del RAGIONE_SOCIALE COGNOME finalizza i vari passaggi, cogliendo, sia consentito di così dire, il risultato, attraverso RAGIONE_SOCIALE e, successivamente (dal 2009), RAGIONE_SOCIALE PR IL TRAMITE DI RAGIONE_SOCIALE
Invero, il complessivo funzionamento illecito delle società del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (compiutamente descritto dalla CTR: ‘ivi’) contempla, per quanto di interesse nella presente sede, il passaggio dell”emissione di fatture soggettivamente false nei confronti della RAGIONE_SOCIALE‘.
In tale RAGIONE_SOCIALE, sono emersi i ruoli delle varie società.
Segnatamente: ‘I ruoli svolti dalle varie società del ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella frodecarosello individuata sono i seguenti: a. società cartiere o ‘missing trader’ italiane: RAGIONE_SOCIALE (anni 2007/2008) )’.
Venendo a NOME COGNOME, la CTR accerta che, nel 2007, NOME COGNOME -il cui ‘fornitore’ ‘a sua volta riceve fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE che non presenta le dichiarazioni fiscali’ – è fornitrice di NOME COGNOME, fornitrice di RAGIONE_SOCIALE: rispettivamente, ‘broker’ ed effettiva beneficiaria delle merci.
Leggesi nella sentenza impugnata (fg. 10):
In questa annualità emerge che la RAGIONE_SOCIALE acquista la merce dalla RAGIONE_SOCIALE che nell’anno in argomento ha un improvviso incremento del fatturato attivo. Quest’ultima società riceve fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, (che proprio nel 2007 ha anch’essa un improvviso incremento del fatturato attivo); il “fornitore” della RAGIONE_SOCIALE a sua volta riceve fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE che nell’anno 2007 non presenta le dichiarazioni fiscali. In questo anno la RAGIONE_SOCIALE, inizia ad “esportare cartolarmente” in Tunisia e quindi a costituirsi un plafond. Le dinamiche di tale esportazione però sono alquanto particolari perché le fatture sono tutte relative a “anticipo su fornitura schede elettroniche”. Analizzando i dati delle esportazioni risulta che nel mese di novembre e dicembre 2007, le esportazioni ammontano ad € 1.800.000; dai dati contabili
risulta che la RAGIONE_SOCIALE effettua cessioni (fittizie) alla RAGIONE_SOCIALE.
Quanto al 2008, la CTR, ricostruiti i flussi di denaro in rapporto al giro delle fatturazioni tra le società del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, accerta che ‘la società RAGIONE_SOCIALE ‘acquìsta’ dalla società RAGIONE_SOCIALE che nell’anno in argomento non presenta dichiarazioni fiscali’ (fg. 11).
L’appartenenza al, e la collocazione ed il ruolo nel, RAGIONE_SOCIALE COGNOME di By COGNOME si confermano alla luce, oltreché dello schema operativo, del rilevato collegamento a rapporti intrattenuti dal contribuente con la sammarinese Banca Asset (cfr. in part. fg. 27).
Nel contesto dei rapporti infraRAGIONE_SOCIALE -secondo la ricostruzione della CTR, non minimamente avversata in ricorso dal contribuente, su cui invece incombeva l’onere della prova contraria rispetto all’allegazione e dimostrazione, anche per presunzioni (cfr. Corte Giust. Mahagèben e David, C -80/11 e C -142/11, e Corte Giust. Kittel, C -439/04; dall’altro, nonché, in parallelo, Cass. n. 14237 del 07/06/2017), da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, della falsità delle fatture (cfr. Corte Giust Ppuh, C -277/14, e Corte Giust. Bonik, C -285/11, nonché, in parallelo, Cass. n. 15369 del 20/07/2020, cui ‘adde’, da ultimo, in ipotesi di ‘reverse charge’, Cass. n. 4250 del 10/02/2022) By COGNOME è inquadrabile come ‘RAGIONE_SOCIALE italiana’ asservita al particolare filone delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (fg. 16).
Ciò emerge dal contenuto della cartella ‘riservata’ reperita e sequestrata presso l’AVV_NOTAIO (fg. 22), suggeritore del contribuente quanto a costituzione e modelli operativi delle società illecite. La cartella di cui si tratta contiene documentazione riferibile alle società del RAGIONE_SOCIALE COGNOME, tra cui By COGNOME, giust’appunto. Peraltro, in questa, prende altresì parte tale COGNOME NOME, comprovato braccio destro del contribuente in svariate società e tra l’altro per un certo periodo amministratore all’80% di NOME COGNOME, di
fatto pacificamente amministrata dal contribuente con il COGNOME (fg. 23).
In ragione di quanto precede, alla stregua di un coerente ed argomentato accertamento in fatto, non minimamente scalfito da evidenze contrarie fornite, già alla CTR, dal contribuente, è a concludersi avere questa appurato la natura di RAGIONE_SOCIALE, specificamente, di COGNOME, di cui il contribuente si è rivelato essere il ‘dominus’, quale tessitore di trame proiettate al risultato finale cui NOME COGNOME era indispensabilmente strumentale.
Donde, a differenza di quanto opinato dal contribuente, la CTR non si è affatto limitata ad affermare solo l”esistenza fattuale del RAGIONE_SOCIALE economico ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ed il ruolo di gestore di fatto ricoperto da COGNOME NOME‘ (fg. 20), ma, accertato tale suo ‘ruolo’ sia in Lin Sen, costituente il perno del RAGIONE_SOCIALE, sia in tutte le società del RAGIONE_SOCIALE, ruolo confermato dal ‘documento (cd. lettera/memoriale) indirizzato dall’AVV_NOTAIO a NOME COGNOME medesimo si comprende l’intercambiabilità delle diverse società, tutte riconducibili però al COGNOME, che le amministra di fatto quando non di diritto, prendendo le decisioni strategiche in sinergia con l’AVV_NOTAIO‘ (fg. 20) (‘lettera/memoriale’ il cui significato essenziale, in tal senso ricostruito dalla CTR, non è affatto scalfito dalle osservazioni esposte in memoria, che si appuntano solo su un presunto mancato perfezionamento degli ‘accordi’), ha calato nel quadro così ricostruito la specifica realtà di By COGNOME, dimostrandone l’integrale funzionalizzazione ai fini illeciti del RAGIONE_SOCIALE, in piana osservanza degli artt. 2697, 2727 e 2729, cod. proc. civ., che impongono un’analisi degli indizi scevra da parcellizzazioni e parziarietà, siccome anzi da ricondursi ad unità nell’ambito di un percorso logico -argomentativo coerente.
Quanto, infine, alla dedotta violazione dell’art. 16 Dlgs. 472 del 1997 in riferimento al PVC, che già innanzi alla CTR il contribuente aveva lamentato essere ‘composto di 285 fogli per lo più
contenenti dati affastellati ed incomprensibili ‘, la stessa è pregiudicata, come detto in apertura, dal mancato congruo richiamo, o riassunto, del PVC, quantomeno nella parti, o, esemplificativamente, in alcune delle parti, dimostrative della tesi.
Peraltro, ‘affastellamento e incomprensibilità dei dati’ non si sono all’evidenza rivelati tali agli occhi della CTR, la quale, al contrario, già in esordio di motivazione, chiarisce che ‘l e precise e puntuali indagini svolte nel PVC trovano riscontri documentali assolutamente inequivocabili negli atti e nella documentazione acquisita a seguito della rogatoria internazionale numero 21/2013 disposta dalla procura della Repubblica presso il tribunale di RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Repubblica di San Marino’ (fg . 5): riscontri (ricordati anche più sopra) che -investendo direttamente tra l’altro By COGNOME (circa, ad esempio, il collegamento con la medesima di rapporti bancari del contribuente) -effettivamente (ed incontestatamente) corroborano il suo inserimento a pieno titolo, quale tipica RAGIONE_SOCIALE, nel disegno frodatorio architettato ed attuato (secondo la CTR) dal contribuente.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Il contribuente deve essere condannato a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate, secondo tariffa, come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente, del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna COGNOME NOME a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE delle entrate le spese di lite, liquidate in euro 20.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 26 marzo 2024.