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Amministratore di fatto: sanzioni e responsabilità

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’amministratore di fatto, ovvero colui che gestisce un’impresa come se ne fosse il proprietario (uti dominus), risponde personalmente delle sanzioni tributarie, specialmente se la società è utilizzata come mero schermo per attività illecite. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva annullato le sanzioni a carico delle persone fisiche, ritenendo che i giudici non avessero adeguatamente valutato le prove del loro ruolo dominante nella gestione societaria e nel beneficio economico derivante dall’evasione. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di Fatto: Quando Scatta la Responsabilità Personale per le Sanzioni Tributarie?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a fare chiarezza su un tema cruciale del diritto tributario: la responsabilità personale per le sanzioni fiscali dell’amministratore di fatto. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: lo schermo societario non garantisce l’impunità a chi gestisce un’impresa e ne trae i benefici illeciti, anche senza ricoprire formalmente alcuna carica. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata operante nel settore edile. A seguito di una verifica fiscale, era emerso un complesso meccanismo fraudolento basato su operazioni inesistenti, finalizzato a evadere le imposte sui redditi (IRES, IRAP) e l’IVA. L’Amministrazione Finanziaria, utilizzando un accertamento di tipo ‘induttivo puro’ data l’inaffidabilità delle scritture contabili, aveva contestato maggiori imponibili e irrogato le relative sanzioni.

La particolarità della vicenda risiede nel fatto che gli atti impositivi non furono notificati solo alla società e al suo legale rappresentante, ma anche ad altri soggetti identificati come amministratori di fatto e soci, considerati i reali dominus dell’attività evasiva. Mentre i giudici di primo e secondo grado avevano confermato la pretesa fiscale per quanto riguarda le imposte, avevano però annullato le sanzioni a carico delle persone fisiche, ritenendo che la responsabilità dovesse ricadere unicamente sulla società. Contro questa decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione e il ruolo dell’amministratore di fatto

La Suprema Corte ha accolto le ragioni dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Il cuore della critica dei giudici di legittimità si concentra sulla motivazione della sentenza impugnata, definita ‘meramente apparente’. La Corte Regionale, infatti, si era limitata ad affermare che la normativa vigente non prevede una responsabilità solidale per le sanzioni a carico di soci e amministratori, omettendo completamente di analizzare il corposo quadro probatorio fornito dall’Ufficio.

Secondo la Cassazione, i giudici di merito avrebbero dovuto valutare concretamente se i soggetti coinvolti agissero come gestori uti dominus, ovvero come effettivi padroni dell’impresa, indipendentemente dalle cariche formali. Ignorare le prove che indicavano questi ultimi come i reali beneficiari economici delle condotte illecite ha costituito una palese violazione delle norme sul riparto dell’onere della prova.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su principi giuridici consolidati e di grande rilevanza pratica. In primo luogo, viene ribadito che la valutazione degli indizi in un processo tributario non può essere atomistica. Gli elementi probatori devono essere considerati nel loro complesso per verificare se, nel loro insieme, supportano la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria.

Il punto centrale, però, riguarda la traslazione della responsabilità. La Cassazione chiarisce che, in tema di imposte, ciò che conta non è il rapporto fiscale formale della società, ma quello sostanziale che fa capo a chi gestisce e dirige le risorse uti dominus. Questa persona è l’effettivo possessore del reddito d’impresa e, di conseguenza, il soggetto a cui l’Amministrazione può chiedere conto, anche per le sanzioni.

Il principio generale, sancito dall’art. 7 del D.L. n. 269/2003, secondo cui delle sanzioni risponde la persona giuridica, subisce un’eccezione fondamentale. Tale regola viene meno quando la società è una mera ‘fictio’, una ‘società cartiera’ utilizzata come schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto. In questi casi, la responsabilità per la sanzione pecuniaria torna a colpire direttamente la persona fisica autrice dell’illecito.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutti coloro che credono di potersi nascondere dietro uno schermo societario per evadere il fisco. La Suprema Corte ha confermato con forza che l’Amministrazione Finanziaria ha il potere e il dovere di guardare oltre le apparenze formali per identificare i veri responsabili delle violazioni. L’amministratore di fatto, colui che orchestra e beneficia delle attività illecite, non può sfuggire alle sanzioni. La decisione sottolinea l’importanza per i giudici di merito di condurre un’analisi probatoria approfondita e non limitarsi a motivazioni superficiali, garantendo che la responsabilità fiscale e sanzionatoria ricada su chi ha effettivamente generato e goduto dei proventi dell’evasione.

Chi è l’amministratore di fatto e come viene identificato ai fini fiscali?
L’amministratore di fatto è colui che, pur senza una nomina ufficiale, gestisce e dirige un’impresa in modo continuativo, comportandosi come se ne fosse il proprietario (uti dominus). Ai fini fiscali, viene identificato attraverso un’analisi complessiva delle prove e degli indizi (es. gestione dei conti, rapporti con clienti/fornitori, potere decisionale) che dimostrano il suo ruolo centrale e il suo diretto interesse economico nell’attività d’impresa.

L’amministratore di fatto di una società di capitali risponde personalmente delle sanzioni tributarie?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, quando la società è utilizzata come un mero schermo per commettere illeciti tributari a vantaggio personale dell’amministratore di fatto (ad esempio, una ‘società cartiera’), la regola generale della responsabilità in capo alla sola società viene meno. In questi casi, la sanzione colpisce direttamente la persona fisica che ha ideato e commesso la violazione.

Quando la responsabilità per le sanzioni si trasferisce dalla società alla persona fisica che la gestisce?
La responsabilità si trasferisce quando l’amministrazione finanziaria fornisce prove, anche presuntive, che dimostrino due condizioni: 1) la società è priva di una reale vitalità economica ed è usata come uno strumento fraudolento; 2) la gestione è interamente riconducibile a un soggetto terzo (l’amministratore di fatto) che agisce nel proprio esclusivo interesse, traendone un beneficio economico diretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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