Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30235 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30235 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/11/2025
Oggetto: II.DD. -IVA -accertamento induttivo puro -sanzioni -società capitali concorso nelle condotte
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1007/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, entrambi rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL), elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL);
-controricorrenti –
e
NOME, rappresentato e difeso anche disgiuntamente dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL) e dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (pec: EMAIL) elettivamente domiciliato presso l’indirizzo pec e lo studio del primo difensore in INDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente –
nonché
COGNOME NOME, in proprio e quale ex liquidatore e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, società cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese;
-intimato – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, n. 2003/25/2021 depositata il 27/5/2021 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, n. 2003/25/2021 veniva rigettato l’appello principale proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE e venivano accolti gli appelli incidentali proposti avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Brescia n. 243/2/2018 con la quale erano stati riuniti e parzialmente accolti i ricorsi introduttivi. Questi venivano proposti da NOME COGNOME, anche quale ex legale rappresentante e liquidatore di RAGIONE_SOCIALE, società cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese in data 24.7.2015, NOME COGNOME, titolare del 100% RAGIONE_SOCIALE quote e amministratore di fatto, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali amministratori di fatto della società contro tre avvisi di accertamento per maggiori II.DD. e IVA 2010 e altrettanti avvisi di irrogazione sanzioni.
Nella sentenza impugnata si legge che, a seguito di verifica fiscale eseguita nell’ambito di procedimento penale e conclusasi con p.v.c., l’amministrazione finanziaria ricostruiva ex art.39, comma 2, d.P.R. n.600/73, il reddito di impresa non dichiarato dalla società RAGIONE_SOCIALE, esercente lavori edili, e riteneva indeducibili costi non documentati ai fini IRES, IRAP e IVA sul presupposto che la società avesse posto in essere operazioni inesistenti finalizzate a remunerare i soci e gli amministratori, di diritto e di fatto. Il giudice di prime cure, si apprende dalla lettura congiunta del ricorso e dei controricorsi, confermava le riprese quanto alle imposte, ma non quanto alle sanzioni connesse. Il giudice d’appello annullava anche gli atti di irrogazione sanzioni.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi, cui replicano NOME COGNOME e NOME COGNOME con due paralleli controricorsi e NOME COGNOME con un distinto controricorso, che illustra con memoria ex art.380bis.1. cod. proc. civ., mentre NOME COGNOME è rimasto intimato.
Considerato che:
In via pregiudiziale, il Collegio osserva che NOME COGNOME nella sua memoria illustrativa ex art.380-bis.1. cod. proc. civ. rende nota la pendenza davanti alla Corte di cassazione di un giudizio, iscritto all’RG n.NUMERO_DOCUMENTO, che lo vede contrapposto all’RAGIONE_SOCIALE; sarebbe originato dall’impugnazione di un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2009 e sarebbe rilevante ai fini del decidere perché asseritamente identico. Tuttavia, non solo egli non dà evidenza della supposta identità dei giudizi, del resto esclusa in radice dalla diversità di periodo di imposta tra la presente e quella controversia e dunque necessariamente sono diverse le singole operazioni contestate come inesistenti alla base RAGIONE_SOCIALE riprese nei due giudizi, ma neppure chiede in modo specifico la riunione dei processi, né la loro trattazione congiunta, con conseguente necessità di scrutinare le singole censure del ricorso.
In via preliminare va dato atto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, sollevata da NOME COGNOME per asserito difetto di autosufficienza, non accoglibile dal momento che il ricorso è adeguatamente specifico, contenendo gli elementi idonei a consentire al Collegio di esaminare le doglianze.
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546/92, 112 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 111, comma 7, Costituzione perché la motivazione della sentenza emessa dal giudice di seconde cure sarebbe meramente apparente, non consentendo di individuare le ragioni della decisione.
3.1. La ricorrente censura, dunque, la nullità della sentenza perché dalla motivazione non sarebbero individuabili le effettive ragioni della statuizione della CTR e della riforma da parte dei giudici di gravame
RAGIONE_SOCIALE determinazioni assunte dalla CTP con riguardo all’annullamento degli atti impugnati, cosicché la motivazione stessa non sarebbe idonea, a fronte dell’imponente supporto probatorio e RAGIONE_SOCIALE argomentazioni dell’Ufficio, a far comprendere il reale significato e la portata della statuizione (cfr. p. 9 ricorso).
Il motivo non è inammissibile perché, a differenza di quanto ritiene NOME COGNOME in controricorso, il mezzo è diretto a far valere una chiara violazione di legge, ma è infondato.
4.1. Si deve ribadire che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
4.2. Nel caso in esame, la CTR ha ritenuto in base alla normativa vigente che non sia prevista la solidarietà RAGIONE_SOCIALE sanzioni a carico degli amministratori e soci della società di capitali e, in risposta all’appello incidentale dei contribuenti, ha escluso la qualifica di amministratori di fatto. Dunque, incrociando la breve motivazione della sentenza con le contestazioni, si desume che ha statuito in riferimento alle posizioni di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per non aver l’Ufficio fornito la prova che avessero posto in essere «in via autonoma degli atti coordinati nel tempo ed aventi come scopo quello di gestire l’azienda della società» (cfr. p. 3 sentenza).
Con riferimento poi alla posizione del l’ex legale rappresentante formale e poi liquidatore, ossia NOME COGNOME e, ulteriormente, a quella di NOME COGNOME ragioniere professionista presso cui la società aveva formale sede, ha anche aggiunto: «per quanto riguarda i rappresentanti legali la loro attività viene assorbita dalla carica sociale, per il sig. COGNOME NOME dalla normale attività di consulente del lavoro e commercialista che lo porta per le piccole aziende a svolgere tutti gli atti amministrativi per mancanza di struttura interna al cliente» ( ibidem ).
La suddetta motivazione del giudice di seconde cure espone una argomentazione complessivamente comprensibile, fondata sul mancato assolvimento dell’onere della prova in capo all’RAGIONE_SOCIALE circa il titolo di responsabilità in capo agli intimati.
Con il secondo motivo la ricorrente censura, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 d.P.R. n. 602/1973 nonché 2392, 2476, 2497, 2639 cod.
civ. e l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per mancata dimostrazione della prova contraria idonea a confutare l’accertamento posto in essere dall’Amministrazione, a fronte della prova decisiva offerta dall’RAGIONE_SOCIALE al giudice del merito ed emergente dalla documentazione versata in atti.
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 36 del d.P.R. n. 602/1973, 2697, 2727 e 2729 cod. civ. e dei principi di ripartizione dell’onere probatorio in relazione all’art. 37, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, per avere la CTR ritenuto non sufficientemente provate in capo ai contribuenti le qualifiche di amministratori di fatto o di diritto della società.
I due motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi.
Preliminarmente, va dato atto RAGIONE_SOCIALE eccezioni di inammissibilità formulate dai controricorrenti COGNOME e COGNOME, da un lato perché con il secondo motivo la ricorrente pretenderebbe di far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento della parte, che si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione RAGIONE_SOCIALE valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito preclusa nel giudizio di legittimità. D all’altro, perché il terzo motivo sarebbe diretto ad ottenere una rivalutazione del materiale probatorio.
8.1. Le eccezioni non possono trovare ingresso in quanto la ricorrente sostanzialmente censura l’assenza di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove offerte dall’Ufficio e la mancata valorizzazione degli elementi di fatto da questo offerti come fonti di presunzione, in mancanza della prova contraria fornita dagli odierni intimati.
8.2. Egualmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità formulate da NOME COGNOME, perché il secondo motivo non è semplicemente diretto a far valere l’omessa valutazione di singoli elementi indiziari, né il terzo motivo solleva per la prima volta in giudizio la responsabilità tributaria del contribuente, essendo la questione controversa sin dal primo grado in ragione della sua pretesa qualità di amministratore di fatto della cessata società, né la prospettata violazione dell’art.36 del d.P.R. n.602/73 riguarda la posizione del COGNOME e, del resto, la rubrica del terzo motivo e poi il corpo della censura individuano numerose altre norme relative al riparto della prova tutte astrattamente riferibili alla sua posizione quale asserito amministratore di fatto.
9. I due motivi di ricorso sono fondati.
9.1. Va innanzitutto rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza RAGIONE_SOCIALE riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
Infine, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U,
sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato.
9.2. Con riferimento poi alla tipologia di accertamento applicato nella fattispecie, va reiterato che, in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi come pure di IVA (Cfr. Cass. sentenza n. 16528 del 13/06/2024 e giurisprudenza ivi citata), il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l’accertamento induttivo “puro”, ossia la tipologia di accertamento individuato in sentenza come applicato nella fattispecie.
Questo secondo accertamento è fondato su presunzioni cd. “supersemplici”, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una RAGIONE_SOCIALE tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l’Amministrazione, può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva.
9.3. La CTR, individuato l’accertamento applicato come induttivo ‘ puro ‘ , ha escluso la sussistenza dei presupposti di fatto posti a base degli atti impositivi impugnati senza alcun riferimento individuato al quadro probatorio, omettendo anche l’esame della circostanza che gli odierni intimati fossero, in concreto, i beneficiari economici dell’attività della società alla luce del quadro istruttorio emerso dall’indagine della Guardia di Finanza, come risultante dal P.V.C. allegato alle controdeduzioni dell’Ufficio e al ricorso per cassazione. La decisione non rende apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e del proprio convincimento, non essendo rinvenibile nel testo della sentenza impugnata alcun passaggio motivazionale che espliciti le ragioni per le quali la CTR abbia ritenuto non attendibili gli accertamenti dell’Ufficio. Così facendo, il giudice ha falsamente applicato le norme sul riparto dell’onere della prova (artt.2697, 2727 e 2729 cod. civ.) alla luce dei principi di diritto sopra richiamati e da cui non vi sono ragioni per discostarsi nella fattispecie.
Il rinnovato apprezzamento del quadro probatorio va demandato al giudice del rinvio, il quale a tal fine terrà altresì conto che, in tema di imposte dirette e IVA, ai fini della traslazione dell’imponibile dalla società al soggetto che l’ha gestita uti dominus , tale da assicurare la ripresa a tassazione nei confronti di quest’ultimo RAGIONE_SOCIALE imposte dovute, non è rilevante « comprendere se ci si trovi o meno al cospetto di un amministratore formale o un amministratore di fatto. Quello che invece deve emergere è che il soggetto terzo si comporti uti dominus , ossia come colui che ne gestisce e dirige le risorse -autonomamente dalla societ à e anche, se del caso, indipendentemente dagli interessi di questa-, ideando e ponendo in essere le condotte (illecite) dalle quali e per le quali possa insorgere un credito erariale. In tali ipotesi assume rilevanza non il rapporto fiscale della societ à , ma quello che fa capo diret-
tamente all’interponente, che dunque è l’effettivo possessore del reddito d’impresa ed al quale dunque l’amministrazione finanziaria ha diritto di chiedere conto » (cfr. Cass. n.23987/2025, in parte motiva).
Con il quarto e ultimo motivo di ricorso la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 7 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269 e 5, 9 e 11 del d.lgs. n. 472/97 per avere la CTR escluso la solidarietà in capo alle persone fisiche quanto alle sanzioni loro irrogate quali autori RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate.
Il motivo è fondato, nei termini che seguono.
11.1. Premesso che anche a NOME è stata contestata la posizione di amministratore di fatto nell’avviso di accertamento e che tale qualità è stata anche accertata in sentenza, come condivisibilmente affermato dalla sentenza della Corte da ultimo citata: « tenendo conto dei principi enunciati in materia di sanzioni relative al rapporto tributario, la giurisprudenza di legittimit à ha intanto ritenuto che esse siano a carico della societ à dotata di personalit à giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, anche quando gestita da un amministratore di fatto, salvo che nelle ipotesi di societ à “cartiera”, atteso che, in tal caso, si tratterebbe di una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari, commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con il conseguente venir meno della stessa ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola societ à con personalit à giuridica, dovendosi pertanto ripristinare la regola generale, secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29038; 22 novembre 2021, n. 36003) ».
11.2. La Corte ha peraltro avvertito che, nell’interposizione del gestore “uti dominus” alla societ à di capitali interposta, « non ha rilievo il rapporto fiscale di quest’ultima, ma quello che fa capo direttamente all’interponente, sicch é la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno riferite all’attività del gestore uti dominus (Cass., 25 luglio 2022, n. 23231). L’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, difatti, trova il suo diretto riferimento nella condotta dell’interponente, il quale è sanzionato in proprio, in relazione all’avvenuta traslazione dei tributi dell’ente collettivo, con conseguente imputazione anche RAGIONE_SOCIALE condotte evasive. L’attenzione speculare alla compagine sociale ha consentito pertanto di affermare che, perch é difetti la ratio dell’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola societ à dotata di personalit à giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito, è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalit à della societ à medesima, quand’anche gestita da un amministratore di fatto (Cass., 23 gennaio 2023, n. 1946). La vitalit à , infatti si contrappone alla sua gestione e direzione da parte di un soggetto terzo uti dominus» (Cass. n.23987/2025) .
11.3. Pertanto, l’affermazione della CTR secondo cui « l’attuale legislazione non prevede la solidarietà RAGIONE_SOCIALE sanzioni da parte dei rappresentanti legali, né dei soci di una società di capitali», non è conforme ai richiamati principi di diritto. Non lo è in primo luogo per l’errata interpretazione della normativa vigente sopra ricostruita, che non esclude sic et simpliciter la responsabilità per le sanzioni tributarie in capo alla compagine societaria né a soggetti estranei alla società e, in secondo luogo, perché non vi è stata una valutazione in ordine alla qualificazione dei contribuenti come concreti artefici RAGIONE_SOCIALE contestate violazioni nel proprio esclusivo interesse uti dominus , nonché alla sussistenza del
beneficio economico che gli intimati avrebbero tratto dall’attività fraudolenta, ai fini del trattamento sanzionatorio.
12 . La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso, nei termini di cui in motivazione, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME