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Amministratore di fatto: responsabilità per sanzioni

La Corte di Cassazione conferma la responsabilità personale per le sanzioni fiscali dell’amministratore di fatto che utilizza la società come uno schermo per commettere illeciti a proprio vantaggio. In questi casi, viene meno il principio generale secondo cui delle sanzioni risponde solo la persona giuridica. La Corte ha rigettato il ricorso di due amministratori di fatto, ritenuti responsabili di un complesso schema di evasione fiscale attraverso l’uso di società fittizie e costi inesistenti.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di Fatto e Sanzioni Fiscali: La Cassazione Chiarisce la Responsabilità Personale

La figura dell’amministratore di fatto è da tempo al centro di dibattiti giuridici, specialmente in ambito tributario. Chi gestisce un’impresa senza averne la carica formale può essere chiamato a rispondere personalmente dei debiti fiscali e delle sanzioni? Con l’ordinanza n. 8837/2024, la Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione: la responsabilità personale scatta quando la società viene usata come mero ‘schermo’ per commettere illeciti a vantaggio personale.

I Fatti del Caso: Una Complessa Indagine Fiscale

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata operante nel settore edile e, personalmente, verso due soggetti. Questi ultimi, secondo l’amministrazione finanziaria, agivano quali soci occulti e amministratori di fatto della società.

Le indagini della Guardia di Finanza avevano svelato un meccanismo fraudolento complesso: la società, insieme ad altre entità gestite da prestanome, prive di beni e con sedi fittizie, realizzava sistematiche violazioni fiscali. In particolare, venivano riportati costi e crediti IVA inesistenti per milioni di euro, utilizzati poi per compensare indebitamente ritenute IRPEF e contributi previdenziali dei dipendenti. I due soggetti, pur non figurando formalmente, erano coloro che gestivano ogni aspetto economico, operativo e finanziario dell’impresa.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i ricorsi dei due presunti amministratori, confermando la loro ingerenza nella gestione della società e la loro responsabilità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei due contribuenti, confermando la loro responsabilità personale per le sanzioni amministrative. La decisione si fonda su principi consolidati, distinguendo nettamente le diverse figure giuridiche e le relative responsabilità. I giudici hanno esaminato e respinto i quattro motivi di ricorso, centrati sulla notifica dell’atto, sulla qualifica di amministratore di fatto, sulla presunta confusione con la figura del socio occulto e, infine, sull’applicabilità del principio di responsabilità esclusiva della persona giuridica.

L’Amministratore di Fatto e la sua Responsabilità Fiscale

Uno dei punti cardine del ricorso riguardava la corretta identificazione del ruolo dei ricorrenti. Essi sostenevano che la loro attività si limitasse a compiti tecnici nei cantieri, non sufficienti a qualificarli come amministratori di fatto. La Corte ha smontato questa tesi, chiarendo che il riferimento all’art. 2639 c.c. (sulla responsabilità penale) era inconferente. Ciò che conta, ai fini fiscali, è l’accertamento in fatto svolto dai giudici di merito. La Commissione Tributaria Regionale aveva concluso che i due soggetti svolgevano ‘sistematicamente e continuativamente ogni attività decisionale, riconducibile alla società di cui gestivano tutti gli aspetti economici, operativi e finanziari’. Questa ingerenza sistematica e completa è sufficiente a fondare la qualifica di amministratore di fatto.

La deroga al Principio di Responsabilità della Società

Il motivo più rilevante era quello relativo all’art. 7 del D.L. 269/2003, che stabilisce che le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale di società con personalità giuridica sono ‘esclusivamente a carico della persona giuridica’. I ricorrenti invocavano questa norma per escludere la propria responsabilità.

Tuttavia, la Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: questa regola generale subisce un’eccezione fondamentale. Non si applica quando l’amministratore (di diritto o di fatto) ha agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando la società come ‘schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio’. In questi casi, la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si articolano su un doppio binario: processuale e sostanziale. In primo luogo, i giudici hanno ritenuto inammissibili alcuni motivi perché basati su un’errata lettura degli atti o perché non coglievano la vera ‘ratio decidendi’ della sentenza impugnata. Ad esempio, la Corte ha chiarito che l’atto era stato notificato ai ricorrenti non come rappresentanti della società, ma ‘in proprio’ in quanto amministratori di fatto chiamati a rispondere delle sanzioni.

Nel merito, la motivazione centrale risiede nell’applicazione dell’eccezione al principio di responsabilità esclusiva dell’ente. La Corte ha stabilito che la condotta dei ricorrenti, finalizzata a un vantaggio personale attraverso l’uso strumentale della società, faceva venir meno la ragione giustificatrice della norma protettiva (art. 7 D.L. 269/2003). La sanzione, in questo scenario, deve tornare a colpire chi ha materialmente commesso e beneficiato dell’illecito, ripristinando la regola generale secondo cui la responsabilità è personale. La decisione della CTR, che aveva chiamato gli appellanti a rispondere ‘per condotte proprie e non per conto della società’, è stata quindi giudicata perfettamente in linea con questo orientamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio di cruciale importanza: chi gestisce una società nei fatti non può nascondersi dietro lo schermo della personalità giuridica per evadere le proprie responsabilità, specialmente quando gli illeciti fiscali sono commessi per un tornaconto personale. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Attenzione alla Gestione di Fatto: Chiunque eserciti poteri gestori e decisionali in modo sistematico all’interno di una società, anche senza una carica formale, può essere qualificato come amministratore di fatto e risponderne fiscalmente.
2. La Responsabilità Personale è Concreta: La protezione offerta dalla personalità giuridica non è assoluta. Se l’ente viene usato come mero strumento per l’arricchimento personale illecito, la responsabilità per le sanzioni ricade direttamente sull’individuo che ha agito.
3. Prova dell’Ingerenza: La qualifica di amministratore di fatto dipende da una valutazione concreta del suo ruolo, basata su prove come testimonianze di dipendenti e clienti e sulla gestione dei rapporti economici e finanziari.

Quando un amministratore di fatto risponde personalmente delle sanzioni fiscali di una società?
Risponde personalmente quando risulta che abbia agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando la società come uno schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio vantaggio. In tal caso, la regola generale che imputa le sanzioni solo alla persona giuridica viene derogata.

È sufficiente svolgere compiti tecnici in un cantiere per essere considerato amministratore di fatto?
No, non è sufficiente. Per essere considerati amministratori di fatto è necessario svolgere ‘sistematicamente e continuativamente ogni attività decisionale’, gestendo gli aspetti economici, operativi e finanziari della società. L’ingerenza deve rivelare caratteri di ‘sistematicità e completezza’.

La responsabilità dell’amministratore di fatto è la stessa di quella del socio occulto?
La sentenza chiarisce che si tratta di due figure distinte. Sebbene le emergenze fattuali che provano l’amministrazione di fatto possano valere anche per accertare il ruolo di socio occulto, la responsabilità per le sanzioni nel caso specifico derivava dalla qualifica di amministratore di fatto, a prescindere da quella di socio occulto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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