Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3133 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3133 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, giusta procura stesa su foglio allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, che ha indicato recapito EMAIL, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE ;
– intimata –
avverso
la sentenza n. 3376, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 5.7.2021, e pubblicata il 6.7.2021; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
Fatti di causa
La Guardia di Finanza concludeva nell’anno 2016, con la redazione e consegna di Processo Verbale di Costatazione (PVC) una verifica fiscale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE A tutte le RAGIONE_SOCIALE consorziate erano
Oggetto: Irpef 2014 – RAGIONE_SOCIALE – Omessa dichiarazione dei redditi – Retribuzioni dei lavoratori – Omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute – Amministratore e liquidatore occulto – Responsabilità – Condizioni.
contestati inadempimenti fiscali, in particolare l’omessa dichiarazione e versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute operate sugli emolumenti corrisposti ai dipendenti, con responsabilità solidale anche del ricorrente COGNOME NOME, nella sua qualità di datore di lavoro di fatto della RAGIONE_SOCIALE.
La RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese nel 2015 (ric., p. 7), riceveva la notificazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’avviso di accertamento, avente ad oggetto l’anno 2014, mediante il quale si contestava il debito tributario dipendente dal mancato versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute operate per oneri previdenziali ed assicurativi. L’avviso di accertamento per i medesimi debiti tributari, che assumeva il n. NUMERO_DOCUMENTO, così come numerosi altri relativi a diverse RAGIONE_SOCIALE consorziate, erano notificati anche a COGNOME NOME, ritenuto amministratore e poi liquidatore, di fatto, della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, in definitiva, il vero datore di lavoro.
Nella ricostruzione della Guardia RAGIONE_SOCIALE Finanza prima, e dell’Amministrazione finanziaria poi, le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE erano solo dei meri schermi interposti tra il datore di lavoro, NOME COGNOME, ed i lavoratori. Le RAGIONE_SOCIALE servivano per disporre di un centro di imputazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni erogate, ed unico utilizzatore RAGIONE_SOCIALE attività formalmente svolte dalle RAGIONE_SOCIALE consorziate rimaneva COGNOME NOME.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento notificatogli a titolo personale, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo, proponendo plurime censure, formali e sostanziali. Per quanto ancora d’interesse lamentava, tra l’altro, l’insussistenza del presupposto impositivo, specie per non essere stato provato il ruolo da lui svolto nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE. La CTP riteneva infondati gli argomenti proposti dal contribuente e rigettava il suo ricorso.
NOME COGNOME spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rinnovando le proprie censure. La CTR respingeva l’impugnativa, confermando la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento.
Ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente, affidandosi a due motivi di impugnazione. L’RAGIONE_SOCIALE ha ricevuto la notifica del ricorso a mezzo EMAIL, in data 21.1.2022, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
Ragioni della decisione
Con il suo primo strumento di impugnazione, indicato come proposto ai sensi dell’art. ‘360, c. 1, n. 3. Omessa motivazione’ (ric., p. 6), il ricorrente contesta che ‘il Collegio di gravame non ha inteso motivare circa la sollevata violazione della disposizione di cui all’art. 28, D.Lgs. 175/2014’ (ric., p. 6 s.).
Mediante il secondo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente critica la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., per non avere la CTR rilevato il difetto del presupposto impositivo, perché ‘non sussiste la prova del fatto che il Sig. COGNOME abbia ricoperto la carica di ‘datore di lavoro di fatto’, unica e necessaria per poter procedere con la richiesta avanzata con l’avviso di accertamento. Né la motivazione apparente riportata nella sentenza oggetto di disamina può colmare il vuoto probatorio contestato’ (ric., p. 13).
Con il primo mezzo di impugnazione il ricorrente censura la violazione dell’art. 28 del D.Lgs. n. 175 del 2014. In realtà non risulta agevole comprendere quale tipo di contestazione sia avanzata, perché il contribuente opera riferimento all’art. ‘360, c. 1, n. 3’, evidentemente del codice di procedura civile, e quindi mostra in tal modo di voler proporre una questione di violazione di legge. Subito dopo, però, aggiunge ‘Omessa motivazione’,
contestazione che dovrebbe essere riferibile ad un vizio di nullità della sentenza a causa di una omessa pronuncia (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), o ad un vizio di omessa motivazione su un fatto controverso (art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ.).
Anche il riferimento alla norma richiamata risulta incompleto, perché l’art. 28 del D.Lgs. n. 175 del 2014 si compone di numerosi commi che disciplinano istituti diversi. Verosimilmente il contribuente intende operare riferimento al comma cinque dell’art. 28 del D.Lgs. n. 175 del 2014, norma che dispone: ‘ 5. All’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:
il comma primo è sostituito dal seguente: «I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito RAGIONE_SOCIALE persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti. »
3.1. La tesi proposta dall’Amministrazione finanziaria nell’avviso di accertamento è che NOME COGNOME fosse il factotum RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE consorziate, rivestendo pertanto, di fatto, le cariche di socio, amministratore e poi liquidatore, tematica su cui occorrerà tornare esaminando il secondo motivo di impugnazione.
La tesi del ricorrente è che ai sensi dell’art. 2495 cod. civ. i creditori sociali, tra cui il Fisco, possono agire nei confronti dei soci della estinta RAGIONE_SOCIALE di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione ‘e possono agire anche nei confronti del liquidatore se il mancato
pagamento è dipeso da colpa di costui’ (ric., p. 7, evidenza aggiunta).
3.2. Afferma il ricorrente che ‘l’RAGIONE_SOCIALE non ha fornito prova alcuna circa la colpa del ‘liquidatore di fatto’ per il mancato pagamento RAGIONE_SOCIALE ritenute asseritamente non versate dalla compagine. Sul punto, nonostante la sollevata eccezione sia in primo che in secondo grado, il Collegio non ha inteso motivare’ (ric., p. 9).
3.3. La critica, come proposta, risulta inammissibile. Il ricorrente, infatti, non provvede a riportare quando abbia tempestivamente proposto la propria contestazione, e mediante quale formula, nel corso dei gradi di merito del giudizio, e neppure ha cura di indicare come l’abbia diligentemente coltivata, in modo di consentire a questa Corte di legittimità di procedere al controllo che le compete circa la tempestività e congruità RAGIONE_SOCIALE critiche proposte dalla parte, prima ancora di provvedere a valutarne la decisività.
3.3.1. La contestazione è comunque infondata. Sostiene il ricorrente che ‘in base all’art. 2697 c.c., incombe sul creditore che agisce in giudizio l’onere della prova della distribuzione dell’attivo e della riscossione di quote dello stesso da parte del socio nei cui confronti agisce’ (ric., p. 10). Trascura però, il contribuente, di tener conto della peculiarità della materia e del processo tributario, avendo questa Corte regolatrice recentemente avuto modo di ribadire che ‘in materia di accertamento tributario, può ritenersi, in via presuntiva e secondo l’ id quod plerumque accidit , che l’amministratore di fatto di una RAGIONE_SOCIALE “cartiera” abbia direttamente incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’ente, anche in assenza di evidenze contabili dell’evasione, sicché spetta all’amministratore stesso fornire la prova contraria’, Cass. sez. V, 22.11.2021, n. 36003.
Il primo mezzo di impugnazione risulta pertanto inammissibile ed è comunque infondato.
Con il secondo strumento di ricorso il contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello, per aver trascurato che non risulta integrato, nel caso di specie, il presupposto impositivo, perché non vi è prova, neppure presuntiva, del ruolo svolto da NOME COGNOME nell’ambito del consorzio RAGIONE_SOCIALE, tra cui la RAGIONE_SOCIALE, resesi responsabile dell’omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori.
4.1. Anche a questo proposito devono rilevarsi difetti di contestazione in alcune RAGIONE_SOCIALE critiche proposte dal ricorrente, che risultano perciò inammissibili. Sostiene il contribuente che ‘preme sottolineare come già nel corso del primo grado la difesa del ricorrente aveva sollevato eccezioni circa la assenza di prova circa la presunzione della qualifica del Sig. COGNOME di amministratore e di liquidatore di fatto della RAGIONE_SOCIALE sottoposta ad accertamento’ (ric., p. 11). Deve allora confermarsi che è onere del ricorrente, nel giudizio di cassazione, aver cura di riportare quando abbia tempestivamente proposto la propria contestazione nei gradi di merito, e mediante quale formula, oltre ad indicare come l’abbia diligentemente coltivata, in modo di consentire a questa Corte di legittimità di provvedere al controllo che le compete circa la tempestività e congruità RAGIONE_SOCIALE critiche proposte dalle parti, prima ancora di provvedere a valutarne la decisività.
Tanto premesso, la CTR scrive che ‘riprendendo le motivazioni del PVC … tutte le RAGIONE_SOCIALE consorziate, e quindi anche la RAGIONE_SOCIALE, non erano intestatarie di alcun rapporto bancario, e come tale non potevano provvedere nemmeno al pagamento dei soci lavoratori, e che molti soci ricoprivano anche RAGIONE_SOCIALE cariche sociali all’interno RAGIONE_SOCIALE rispettive RAGIONE_SOCIALE senza che ne sapessero nulla, con la conseguenza di ritenere che la
creazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era avvenuta solo per usufruire di agevolazioni di natura fiscale, retributiva e previdenziale, in presenza di una evidente interposizione fittizia da parte dell’appellante, che si era avvalso di prestazioni di lavoro in violazione dell’art. 29 del D.L.vo 276/2003, tramite la creazione fittizia di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Tali RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, inclusa la RAGIONE_SOCIALE, non erano neppure intestatarie di matricola RAGIONE_SOCIALE, non risultando dunque avere formalmente a carico prestazioni lavorative; esse non risultavano avere alcuna organizzazione; gli autisti ricevevano lo stipendio, così come le disposizioni dal COGNOME, il quale peraltro ha prodotto tutta la documentazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE consorziate alla RAGIONE_SOCIALE: cedolini paga, modelli F24, modelli 770, prospetti riepilogativi del costo del personale’ (sent. CTR, p. IV), ed il giudice dell’appello ha quindi richiamato la pronuncia di legittimità ai sensi della quale ‘in tema di divieto di intermediazione di manodopera, ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, nel testo vigente “ratione temporis”, i prestatori di lavoro occupati in violazione di esso sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore appaltante o interponente che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, ed al quale incombono, oltre che gli obblighi di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, nonché gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, anche gli obblighi fiscali del datore di lavoro; ne consegue che a carico del medesimo soggetto, in ragione di detto rapporto, sussistono gli obblighi del sostituto d’imposta, di cui all’art. 23 del d.P.R. 22 settembre 1973 n. 600, per le ritenute d’acconto sulle retribuzioni’, Cass. sez. V, 31.5.2013, n. 13748.
5.1. La CTR ha quindi concluso, ‘di qui la responsabilità fiscale in testa al COGNOME, che è risultato essere l’effettivo datore di lavoro, l’effettivo utilizzatore RAGIONE_SOCIALE prestazioni ed il reale dominus dell’organizzazione fittizia posta in essere’ ( ibidem ).
Pertanto il giudice dell’appello ha ritenuto provata la responsabilità fiscale del ricorrente sul fondamento RAGIONE_SOCIALE ‘testimonianze raccolte’ (sent. CTR, p. III) dai lavoratori, e dei numerosi elementi innanzi richiamati per affermare la fittizia costituzione ed attività RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di fatto gestite esclusivamente da NOME COGNOME.
5.2. Il ricorrente non si confronta con la pronuncia adottata dalla CTR non ne confuta il fondamento. Continua a riproporre le proprie tesi senza tener conto della decisione impugnata, non illustra perché le valutazioni espresse dal giudice di secondo grado dovrebbero ritenersi errate, riproponendo piuttosto il proprio parere su quale avrebbe dovuto essere l’oggetto della prova da parte dell’Amministrazione finanziaria (ric., p. 13 s.).
Il secondo motivo di ricorso risulta pertanto in parte inammissibile, e per il resto è infondato.
In definitiva il ricorso introdotto da NOME COGNOME risulta infondato e deve essere rigettato, confermandosi pertanto l’orientamento espresso, tra le altre, con le decisioni n. 8425, 8404, 8427, 8416, 8077, 15084, 15085, 15179 e 15198 del 2023, intervenute tra le stesse parti ed aventi analogo oggetto.
Non vi è luogo a provvedere in materia di spese di lite, poiché la vittoriosa RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
7.1. Risultano comunque integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte,
P.Q.M .
rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME .
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25.1.2024.