Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19041 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19041 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
Oggetto: Tributi
Atto di pignoramento presso terzi- avvisi presuppostiimpugnativa -limiti-
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 25576 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
Da
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale su foglio allegato al ricorso, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC): EMAIL
-ricorrente –
Agenzia delle entrate in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
nonché contro
Agenzia delle entrate- Riscossione, in persona del Presidente pro tempore;
-intimata- per la cassazione della sentenza n. 3574/05/2022 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 22 aprile 2022, non notificata; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia delle entrate -Riscossione notificava a COGNOME COGNOME due atti di pignoramento dei crediti verso terzi ex art. 72bis del d.P.R. n. 602/73 traenti origine da partite di ruolo emesse a seguito di mancato pagamento di presupposti avvisi di accertamento (non impugnati) con i quali l’Ufficio, previo p.v.c. della Direzione centrale Accertamento -Ufficio antifrode, per gli anni 2012-2014 aveva disconosciuto in capo a RAGIONE_SOCIALE, ai fini Ires, Irap e Iva, componenti negativi di reddito ricondotti ad operazioni fittizie, notificandoli, oltre che alla detta società (poi dichiarata fallita in data 2.02.2018) anche a COGNOME COGNOME, quale amministratore di fatto e coobbligato in solido con quest’ultima. In particolare, era emerso un complesso sistema fraudolento posto in essere da COGNOME Dante attraverso la gestione di diverse società (c.d. oldco) – tra cui la c.d. RAGIONE_SOCIALE– che dichiaravano di svolgere attività nel settore edile, tramite holding estere riconducibili a suoi familiari, per effettuare operazioni di cessione di immobili a società fittizie (c.d. newco) allo
scopo di evadere Iva dovuta da parte delle c.d. oldco e di ottenere Iva detraibile a credito fittizia in favore delle c.d. newco.
2.La Commissione tributaria provinciale di Salerno, con sentenza n. 983/06/2021, ha accolto parzialmente il ricorso proposto dal contribuente ritenendo non responsabile quest’ultimo, quale amministratore di fatto, per i debiti fiscali della società stante l’autonomia patrimoniale della stessa e confermando gli atti di pignoramento per le sanzioni, in quanto esclusivo beneficiario delle violazioni contestate.
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza n. 3574/05/2022 , depositata in data 22 aprile 2022, accoglieva l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate e rigettava quello principale del contribuente.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha affermato che: 1) i presupposti avvisi di accertamento con l’allegato p.v.c. erano stati notificati a COGNOME COGNOME, nella qualità di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE, per cui alcun difetto di contraddittorio -in relazione al quale, peraltro, l’appellante, non aveva provato il pregiudizio concreto asseritamente subito -poteva ipotizzarsi; 2) alcun difetto di motivazione era riscontrabile in quanto dagli atti notificati (p.v.c., avvisi presupposti e atti di pignoramento) emergeva con chiarezza la contestazione di un complesso sistema fraudolento posto in essere da COGNOME NOME COGNOME, nella qualità di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE attraverso la gestione, oltre di quest’ultima, di diverse società delle quali lo stesso contribuente si era dichiarato effettivo titolare – che dichiarando di svolgere attività nel settore edile, tramite holding estere riconducibili a persone legate allo stesso da stretti vincoli familiari, ponevano in essere compravendite di immobili con altre società, con detrazione da parte di queste ultime di Iva a credito fittizia e contestuale evasione de ll’Iva dovuta da parte delle prime; la società RAGIONE_SOCIALE (dichiarata poi fallita) era risultata una ‘scatola’ giuridica costituita al solo scopo di fare ottenere vantaggi finanziari alla persona fisica del suo amministratore di fatto NOME COGNOME COGNOME attraverso la gestione anche di altre società che detraevano l’Iva non versata da
RAGIONE_SOCIALE; 3) in via presuntiva, secondo l’ id quod plerumque accidit , era dato ritenere che l’amministratore di fatto di una società c.d. RAGIONE_SOCIALE avesse direttamente incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’ente, anche in assenza di evidenze contabili, sicché spettava all’amministratore stesso fornire la prova contraria (è richiamata Cass. n. 36003 del 2021); nella specie, ‘l’accertamento e il conseguente pignoramento’ erano stati correttamente notificati nei confronti dell’amminis tratore di fatto il quale non aveva dedotto alcunché in merito ai proventi contestati; 4) era legittima l’irrogazione delle sanzioni nei confronti dell’amministratore di fatto non potendo operare l’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 nell’ipotesi, come nella specie, di utilizzo della società RAGIONE_SOCIALE come mero schermo per conseguire personali vantaggi; 5) essendo l’oggetto del giudizio limitato all’impugnativa del pignoramento e non essendo stato mai stato contestato l’accertamento presupposto , ogni questione in ordine alla pretesa risultava inammissibile.
5.Avverso la suddetta sentenza, il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
6 . L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Rimane intimata l’Agenzia delle entrate-Riscossione.
Il contribuente ha depositato memoria illustrativa.
In data 28.5.2025, il ricorrente ha depositato rinuncia al patrocinio a spese dello Stato.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.; 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d. P.R. n. 602/73; 3) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare, la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione proposta nei gradi di merito- di mancata notifica, ai sensi dell’art. 60 del DPR n. 600/73, al contribuente di un
apposito avviso a lui intestato e specificamente motivato (ex art. 36, comma 5, del DPR n. 602/73) contenente la contestazione della sua presunta responsabilità personale (avente natura civilistica e non tributaria) ex art. 36 cit .; nell’ipotesi si ravvisasse una implicita pronuncia di rigetto di tale eccezione, per avere la CTR ritenuto responsabile personalmente il contribuente ex art. 36 cit. (stante l’esplicito richiamo a tale norma contenuto nella sentenza della Corte di cassazione n. 36003 del 2021 richiamata nella pronuncia impugnata) nonostante l’omessa notifica dello specifico atto di contestazione, non essendo, a tal fine, sufficienti gli avvisi emessi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che, sia pure notificati a COGNOME COGNOME quale amministratore di fatto, unitamente ad una copia del p.v.c., non contenevano alcun richiamo ad una sua eventuale responsabilità (che avrebbe, peraltro, dovuto essere limitata alla sola Ires) ai sensi dell’art. 36 cit.; tanto meno doveva, a tal fine, ritenersi sufficiente l’emissione del ruolo (che non era stato notificato) o la notifica degli atti di pignoramento.
1.1.In primo luogo, il motivo si espone a un profilo di inammissibilità per un’indistinta unificazione e sovrapposizione delle ragioni di ricorso per cassazione riconducibili al vizio di error in procedendo, di violazione di legge e di difetto di motivazione. Occorre ribadire, infatti, l’orientamento secondo il quale nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (Cass. n. 18021 del 14.09.2016 Sez. 5, Ordinanza n. 20690 del 2023).
1.2.Infondata è, comunque, nel merito la (sub)censura di omessa pronuncia della CTR sulla eccezione -proposta nei gradi di merito e riprodotta, nella parte di interesse, in ricorso, pagg. 14-15 – di mancata notifica al contribuente di un apposito avviso a lui intestato e specificamente motivato (ex art. 36, comma 5,
del DPR n. 602/73) contenente la contestazione della sua presunta responsabilità personale ex art. 36 del d.P.R. n. 602/73 per i debiti tributari accertati in capo a RAGIONE_SOCIALE. Al riguardo, nella sentenza impugnata, il giudice di appello -dopo avere precisato che, nella specie, ‘ nel p.v.c. e nei successivi accertamenti si contestava un complesso sistema fraudolento posto in essere dal sig. NOME COGNOME il quale, gestendo varie società ( tra le quali RAGIONE_SOCIALE) che dichiarando di svolgere attività nel settore edile, tramite holding estere ( esse stesse riconducibili a persone legate da stretti vincoli familiari), ponevano in essere compravendite di immobili con altre società attraverso le quali si giungeva ad ottenere Iva detraibile a credito fittizia in favore di queste ultime con contestuale evasione dell’Iva dovuta da parte delle prime .. e che era risultata una scatola giuridica costituita al solo scopo di fare ottenere vantaggi finanziari alla persona fisica del suo amministratore di fatto attraverso le altre società anche esse gestite che detraevano l’Iva non pagata da RAGIONE_SOCIALE ‘ -ha ritenuto ‘ l’accertamento e il conseguente pignoramento .. . correttamente notificati nei confronti dell’amministratore di fatto ‘ – implicitamente escludendo la necessità della notifica nei confronti di quest’ultimo di un apposito avviso di liquidazione motivato ai sensi dell’art. 36, comma 5 del d.P.R. n. 602/73atteso che, in via presuntiva, e secondo l’ id quod plerumque accidit , poteva ritenersi che l’amministratore di fatto di una società cartiera avesse direttamente incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’ente anche in assenza di evidenze contabili dell’evasione sicché spettava all’amministratore stesso fo rnire prova contraria (è richiamata, Cass. n. 36003 del 22/11/2021), il quale, nella specie, nulla aveva dedotto in merito ai proventi contestati. Va ribadito che il vizio di omessa pronuncia non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass., sez. 3, 29/01/2021, n. 2151; 5 Cass., sez. 6-1, 4/06/2019, n. 15255; Cass., sez. 2, 13/08/2018, n. 20718).
1.3.La (sub) censura di violazione di legge quanto alla assunta statuizione di responsabilità personale ex art. 36 del d.P.R. n. 602/73 in capo al contribuente,
quale amministratore di fatto, per il debito tributario accertato in capo a RAGIONE_SOCIALE senza la necessità di una previa notifica allo stesso di uno specifico avviso motivato ex art. 36, comma 5, cit., si profila inammissibile in quanto non attinente al decisum.
1.4.Invero, nella sentenza impugnata, la CTR ha ritenuto la legittimità degli impugnati atti di pignoramento sul presupposto della accertata responsabilità personale del contribuente, quale amministratore di fatto della cartiera RAGIONE_SOCIALE, essendo stati a quest’ultimo imputati direttamente, in via presuntiva , e secondo l’ id quod plerumque accidit, i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’ente anche in assenza di evidenze contabili dell’evasione e non avendo il contribuente dedotto alcunchè quale prova contraria in relazione ai proventi contestati (è richiamata Cass. n. 36003 del 22/11/2021). Invero, l’orientamento espresso da Cass. n. 36003 del 2021 – laddove sembrava prefigurare che la società costituisse una mera fictio, dunque priva di realtà giuridica -è stato poi puntualizzato da questa Corte la quale ha affermato i seguenti principi di diritto secondo cui « in tema di accertamento sulle imposte dirette e sull’IVA, nei confronti del soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali si determina, ai sensi dell’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, la traslazione del reddito d’impresa, e delle relative imposte, in quanto effettivo possessore del reddito della società interposta; inoltre, in tale ipotesi, tra i due soggetti si instaura un rapporto di mandato senza rappresentanza, dove il mandatario è il gestore uti dominus e la mandante è la società, sicché, ove le prestazioni di servizi cui il primo abbia partecipato per conto della seconda siano soggette a IVA, pure il rapporto giuridico tra il mandatario e la società interposta è soggetto all’IVA; a tali fini incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, il totale asservimento della società interposta all’interponente, spettando quindi al contribuente l’onere di fornire la prova contraria dell’assenza di interposizione ovvero della mancata percezione dei redditi del soggetto interposto »; « in tema di sanzioni tributarie, nell’interposizione del gestore uti dominus alla società di capitali interposta ai sensi dell’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 non ha rilievo il
rapporto fiscale proprio di quest’ultima ma quello che fa capo direttamente all’interponente in quanto effettivo possessore del reddito d’impresa, sicché, risultando come se il reddito fosse da lui prodotto, la fattispecie esula dal disposto di cui all’art . 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno riferite alla sua attività ». ‘ (Cass. n. 23231 del 2022; Sez. 5, Sentenza n. 1358 del 2023). Nella specie, la CTR ha, dunque, ritenuto che ‘ l’accertamento e il pignora mento erano stati correttamente notificati ed eseguiti nei confronti dell’amministratore di fatto ‘ implicitamente escludendo la necessità della notifica di un apposito avviso motivato intestato al contribuente (ex art. 36, comma 5 cit.); ciò in quanto, dalla verifica fiscale era emersa la responsabilità del contribuente – quale amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE nonché dominus anche delle altre società, facenti parte dell’emerso complesso sistema fraudolento -in quanto effettivo possessore dei maggiori proventi contestati in capo alla società interposta e non già una responsabilità (di tipo civilistico) ex art. 36 del d.P.R. n. 602/73. Va, al riguardo, evidenziato che nelle pronunce Cass. n. 36003 del 2021 (richiamata nella sentenza impugnata) e Cass. n. 23231 del 2022 il richiamo all’art. 36 cit. è effettuato soltanto per precisare che «la materia delle imposte sui redditi, per effetto dell’art. 19 de l d.lgs. n. 46 del 1999, è regolata dall’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973» salvo poi ricondurre l a responsabilità dell’amministratore di fatto, che abbia gestito uti dominus una società, allo schema dell’interposizione fittizia o reale di cui all’art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 ( v. Cass. n. 23231 del 2022 cit.). Diversamente, la contestazione con atto motivato da notificare ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, è prevista dall’art. 36, comma 5 cit. con riguardo alla distinta ipotesi di responsabilità, e x lege di natura civilistica e non tributaria, fondata sugli artt. 1176 e 1218 c.c., di cui a ll’art. 36 cit. dei liquidatori, amministratori e soci di società in liquidazione, per i periodi d’imposta anteriori alla novella di cui all’art. 28 D.Lgs. n. 175/2014, limitatamente alle sole imposte sui redditi, in virtù dell’art. 19 D.Lgs. n. 46/1999 (v. Cass. n.
35497/2023).
1.5. Inammissibile si profila la (sub) censura di omesso esame di un fatto controverso e decisivo atteso che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; n. 2785 del 2021).
2.Con il secondo motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.; 2) in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 del D.P.R. n. 600/1973, dell’art. 7 della legge n. 212/2000 e degli artt. 23 e 57 del d.lgs. n. 546/92; 3) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi e controversi per il giudizio. In particolare, la CTR avrebbe omesso di pronunciare sulle eccezioni – sollevate nei gradi di merito – di carenza motivazionale degli avvisi presupposti – e dei conseguenti atti di pignoramentonotificati a COGNOME in quanto privi della contestazione di alcuna responsabilità personale nei confronti di quest’ultimo (del quale era evidenziato solo il ruolo di amministratore di fatto e non già di ‘autore materiale’ delle violazioni, di obbligato solidale o di coobbligato) per i debiti fiscali accertati in capo a RAGIONE_SOCIALE nonché per le sanzioni (asseritamente a carico esclusivamente della società ai sensi dell’art. 7 del d.l. n. 269/2003); inoltr e, ad avviso del ricorrente, nell’ipotesi si ravvisasse un rigetto implicito di tali eccezioni, la CTR avrebbe, comunque, erroneamente dichiarato la responsabilità personale del contribuente per i debiti fiscali di RAGIONE_SOCIALE sulla base di motivazioni non contenute negli avvisi di accertamento notificati a quest’ultimo, illegittimamente integra te dall’Amministrazione -all’atto della iscrizione a ruolo e, dunque, successivamente all’emissione degli avvisi con la configurazione di una corresponsabilità dell’amministratore di fatto . Tali circostanze controverse e decisive per il giudizio -puntualmente dedotte nei gradi di merito – sarebbero state oggetto anche di un omesso esame da parte del giudice di appello.
2.1.In primo luogo, il motivo si espone al medesimo profilo di inammissibilità già evidenziato con riguardo al primo mezzo di cumulo di censure di error in procedendo, di violazione di legge e di difetto di motivazione senza però distinguere tra di essi nell’illustrazione del motivo medesimo.
2.2.Infondata è in ogni caso, nel merito, la (sub) censura di omessa pronuncia circa la denunciata carenza motivazionale, avendo la CTR affermato sul punto che ‘ non si riscontrava un difetto di motivazione. Dagli atti notificati (il p.v.c., gli accertamenti e l’atto di pignoramento) emergeva con chiarezza il presupposto impositivo ( e quindi la complessiva operazione fraudolenta posta in essere dalla quale era der ivato un debito d’imposta riconducibile alla società RAGIONE_SOCIALE), la qualità di amministratore di fatto dell’appellante (che, peraltro, si era dichiarato effettivo titolare delle diverse società), il debito di imposta, le relative sanzioni e interessi’ .
2.3.Infondata è, altresì, la (sub) censura di violazione di legge.
2.4.In tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur” (cfr., ex multis, Cass. n. 27800 del 2019); questa Corte ha affermato che, ai sensi dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, la motivazione dell’avviso di accertamento esige – oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria -soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi, idonei a delimitare l’àmbito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale fase contenziosa, restando affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti medesimi e la loro idoneità a sostenere la pretesa impositiva (Cass. 21 novembre 2001, n. 14700; Cass. 11 novembre 2011, n. 23615; Cass. 26290 del 2016; Cass. n. 28061 del 2017).
2.5.Nella specie, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere gli avvisi presupposti – e i conseguenti atti di pignoramento- sufficientemente motivati contenendo la chiara indicazione del presupposto impositivo (ovvero della complessiva operazione fraudolenta posta in essere dal sig. NOME COGNOME COGNOME attraverso la gestione di diverse società tra cui la Lanzado, con emersione di maggiori proventi contestati in capo a quest’ultima), della qualità di amministratore di fatto del contribuente (dichiaratosi effettivo titolare delle diverse società) e del debito d’imposta, interessi e sanzioni; ciò in quanto, nella specie, la ragione astrattamente giustificativa della ripresa nei confronti del contribuente, quale amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE, era data – alla luce dei principi sopra richiamati – dalla traslazione nei confronti del soggetto (COGNOME NOME) che aveva gestito uti dominus RAGIONE_SOCIALE (unitamente a diverse altre società) del reddito d’impresa, e delle relative imposte, in quanto effettivo possessore del reddito della società interposta; ugualmente, con riguardo alle sanzioni, la ragione giustificativa della loro irrogazione era data dalla rilevanza del rapporto fiscale direttamente in capo all’interponente in quanto effettivo possessore del reddito d’impresa, con conseguente inapplicabilità dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003; pertanto, è infondata anche la (sub) censura di violazione degli artt. 23 e 57 del d.lgs. n. 546/92, non essendo configurabile, per quanto argomentato, alcuna integrazione da parte dell’Amministrazione del contenuto degli atti impositivi attraverso l’introduzione in giudizio di deduzioni nuove e diverse e, dunque, alcuna violazione del divieto di ius novorum in appello.
2.5. Inammissibile si profila la (sub) censura di omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio non essendo inquadrabile nel paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la censura concernente- come nella specie- la omessa valutazione di deduzioni difensive.
Con il terzo motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt.24 e 111 Cost., -24 della legge n. 4/1929, 12, comma 7, della legge n. 212/2000; 2) in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la CTR ritenuto non violato il contraddittorio essendo stati notificati a NOME COGNOME i presupposti avvisi con l’allegato p.v.c. sebbene – come eccepito sin dal primo grado -fosse mancata la rituale contestazione di una sua responsabilità personale per le obbligazioni tributarie di RAGIONE_SOCIALE né allo stesso fosse stato consegnato il p.v.c. (se non in allegato agli avvisi di accertamento emessi nei confronti di RAGIONE_SOCIALE) il che gli aveva impedito la possibilità di presentare le osservazioni di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000; peraltro, come eccepito dal contribuente nei gradi di merito, nelle more della pendenza del termine per impugnare gli avvisi di accertamento presupposti, era stato dichiarato il fallimento di RAGIONE_SOCIALE con conseguente decadenza della legittimazione processuale ad impugnare in capo al contribuente, quale amministratore di fatto della detta società. In particolare, ad avviso del ricorrente, la CTR nel ritenere la notifica degli avvisi presupposti, con l’allegato p.v.c., atti idonei a contestare una responsabilità personale in capo a COGNOME per le obbligazioni tributarie della società avrebbe leso il suo diritto di difesa, non avendo quest’ultimo potuto replicare in alcuna sede (né presentando osservazioni al p.v.c., né impugnando gli avvisi di accertamento, né, infine, impugnando gli atti della riscossione, non essendo stato l’accertamento p resupposto contestato) con conseguente erronea statuizione del giudice di appello (anche) nel punto in cui aveva rilevato che egli ‘ nulla aveva dedotto nel merito di essi in relazione ai proventi contestati ‘.
3.1. In disparte il profilo di inammissibilità del motivo di ricorso per cumulo indistinto di vizi eterogenei, lo stesso è inammissibile per la ragione di seguito indicata.
3.2.Con riferimento ad un caso analogo a quello in esame questa Corte ha affermato che l’intimazione di pagamento che faccia seguito ad un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’art. 19, comma
3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esso resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito . Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’intimazione predetta (Sez. 5, Ordinanza n. 23346 del 2024; Cass., Sez. V, 11 dicembre 2023, n. 34416; Cass., Sez. V, 14 giugno 2023, n. 17073; Cass., Sez. VI, 28 aprile 2022, n. 13252; Cass., Sez. V, 29 luglio 2011, n. 16641; Cass., Sez. VI, 16 febbraio 2021, n. 3937; Cass., Sez. VI, 19 gennaio 2021, n. 847; Cass., Sez. V, 4 ottobre 2018, n.n. 24311 e 24312; Cass., Sez. V, 11 maggio 2017, n. 11610; Cass., Sez. VI, 11 marzo 2015, n. 4818; Cass., Sez. V, 29 luglio 2011, n. 16641; Cass., Sez. V, 29 marzo 2006, n. 7310; Cass., Sez. V, 6 settembre 2004, n. 17937).
I vizi dell’avviso di accertamento da cui nasce il debito alla fonte dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento, pertanto, non sono deducibili davanti al giudice chiamato a conoscere dell’impugnazione di quest’ultima, eccettuato il caso in cui solo attraverso la cartella di pagamento il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva e dell’atto con cui è stata accertata (Cass., Sez. 5, 11 dicembre 2023, n. 34416). Tali principi sono applicabili anche nell’i potesi – come nella specie – di atto di pignoramento dei crediti verso terzi ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602/73 che faccia seguito ad atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione.
3.3.Premesso quanto sopra, e posto che il rigetto del primo motivo comporta il passaggio in giudicato della statuizione della CTR circa la corretta notificazione degli avvisi presupposti nei confronti del contribuente quale amministratore di fatto (senza che fosse necessaria la notifica di un apposito avviso motivato ex art. 36, comma 5, cit.) e, dunque, circa l’avvenuta conoscenza della pretesa impositiva da parte di quest’ultimo in forza degli atti impositivi presupposti , la CTR -pur rigettando anche nel merito l ‘ eccezione di difetto di contraddittorio ( ‘ gli accertamenti in contestazione con l’allegato pvc sono stati notificati al sig. NOME nella ritenuta qualità di amministratore di fatto della società
RAGIONE_SOCIALE per cui alcun difetto di contraddittorio …può ipotizzarsi ‘ )- ha conformemente ai principi sopra richiamati affermato che ‘ l’oggetto del presente giudizio è il pignoramento mentre l’accertamento presupposto non è mai stato contestato quindi ogni questione in ordine alla pretesa è comunque inammissibile ‘; pertanto, l a censura mossa con il terzo motivo con il quale si denuncia il vizio di difetto di contraddittorio è inammissibile per carenza di interesse aggredendo una statuizione della CTR sostanzialmente ad abundantiam ; va ribadito al riguardo che, in sede di legittimità, sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ” ad abundantiam ” o costituenti ” obiter dicta”, poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione (Cass. n. 22380 del 2014; Cass. n. 23635 del 2010; n. 15234 del 2007).
4.In conclusione, il ricorso va rigettato.
5.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nei confronti dell’Agenzia delle entrate e vengono liquidate come in dispositivo; nulla sulle spese nei confronti dell’ADER , essendo rimasta intimata;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 13.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1-quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 28 maggio 2025