Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8853 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8853 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4085/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende;
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 2728/2017 depositata il 21/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha emesso avviso di accertamento per l’anno 2009 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, quali amministratori di fatto, recante il
recupero di materiale imponibile, con determinazione di maggiori IRES, IRAP e IVA e sanzioni, a seguito di una complessa indagine della Guardia di finanza, conclusa con PVC notificato il 30.4.2014, dalla quale era emerso che il COGNOME ed il COGNOME, con la complicità di terzi soggetti, sotto lo schermo della RAGIONE_SOCIALE e di altre società, tutte amministrate da prestanomi, prive di beni strumentali e con sedi fittizie, avevano fornito manodopera ad imprese operanti nel settore edilizio realizzando sistematiche violazioni della normativa tributaria attraverso dichiarazioni fiscali infedeli riportanti costi e crediti IVA inesistenti per svariati milioni di euro, utilizzati questi ultimi in compensazione RAGIONE_SOCIALE ritenute IRPEF e dei contributi previdenziali e assistenziali per i dipendenti.
Il COGNOME e il COGNOME hanno proposto ricorso che la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Milano ha rigettato.
Anche l’appello proposto dal COGNOME e dal COGNOME è stato rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia che, con la sentenza in epigrafe, ha osservato che era provata l’ingerenza dei ricorrenti nella gestione della società, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dai committenti e dai dipendenti i quali avevano concordemente riferito di aver interloquito con entrambi i ricorrenti, ciascuno nel proprio ambito di competenza territoriale, sia nella fase RAGIONE_SOCIALE trattative che di esecuzione dei lavori: il COGNOME e il COGNOME impartivano direttive di cantiere, tenevano i rapporti con le maestranze, effettuavano i pagamenti dei compensi agli operai, assumevano le decisioni relative ai prezzi e alla tempistica degli interventi. Oltre a coinvolgimento nella gestione societaria la RAGIONE_SOCIALE ha rilevato il frequente mutamento nelle cariche sociali -cosicché i poteri decisionali dei ricorrenti prevalevano su quelli degli amministratori di diritto – nonché la collocazione della sede legale presso un mero domicilio postale e la sede amministrativa presso gli uffici del consulente della società, NOME COGNOME.
La CTR ha aggiunto, infine, che l’art. 7 del d.l. n. 269/2003 non esclude la responsabilità della persona fisica per le sanzioni tributarie relative a violazioni fiscali della società quando, come in questo caso, la prima abbia agito volontariamente traendo vantaggio diretto dall’operazione.
Il COGNOME e il COGNOME hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza fondato su tre motivi.
Non resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 143 c.p.c. in quanto l’atto è stato notificato alla società, in persona del COGNOME e del COGNOME, quali pretesi amministratori di fatto.
1.1. Il motivo è inammissibile -e comunque infondato – in quanto non si confronta con la sentenza impugnata, che aveva accertato che l’atto era stato notificato sia alla società in persona del suo legale rappresentante sia ai « soggetti ritenuti amministratori effettivi» ; infatti, come risulta dalla trascrizione in ricorso, l’atto era stato notificato al COGNOME e al COGNOME non come rappresentanti della società ma in proprio, in quanto amministratori di fatto, mentre per la società l’atto venne indirizzato a COGNOME NOME « nella qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE ».
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2639 e 2729 c.c., in quanto l’attribuzione della qualità di amministratore di fatto presuppone lo svolgimento di attività riconducibili alle funzioni attribuite dalla legge agli amministratori di diritto che in questo caso non erano state usurpate, perché le dichiarazioni di terzi non contenevano elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti in grado di comprovare la prospettazione dell’Ufficio e
da esse poteva desumersi soltanto lo svolgimento da parte dei ricorrenti di compiti tecnici nell’ambito dei cantieri aperti dalla società.
2.1. Il motivo è inammissibile sotto più profili: in primo luogo, è inconferente il richiamo all’art. 2639 c.c. che riguarda la responsabilità penale dell’amministratore di fatto; inoltre, sotto il paradigma della violazione di legge si cerca in realtà di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal Giudice di merito , che è incensurabile nel giudizio di legittimità ove adeguatamente e correttamente motivato; la censura, infatti, non riporta puntuali e specifici profili di violazione RAGIONE_SOCIALE regole che governano il ragionamento presuntivo, limitandosi a riportare alcuni stralci RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei terzi nel tentativo di inficiare la ricostruzione della CTR; in questo modo, peraltro, la critica si risolve in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti , e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio, ponendosi su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 1785 del 2018).
2.2. Giova osservare, piuttosto, che l’accertamento svolto dalla CTR, che ha concluso per « l’esercizio in modo sistematico e continuativo dell’attività gestoria da parte degli appellanti nonché la piena autonomia decisionale degli stessi rispetto a coloro che figuravano quali amministratori ‘di diritto’ », non devia dai principi sul tema formulati da questa Corte, secondo cui la persona « inserita nella gestione della società stessa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerata amministratore di fatto ove tale ingerenza, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza » (Cass. n. 1546 del 2022).
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, quanto « all’asserita qualità dei
Sigg.ri COGNOME e NOME quali autori materiali, beneficiari del lucro e del beneficio derivanti dalle violazioni contestate a RAGIONE_SOCIALE », da cui è derivata l’affermata inapplicabilità dell’art. 7 d.l. n. 269/2003, non essendo stato dimostrato che i ricorrenti avessero tratto vantaggio, lucro o beneficio dalle violazioni contestate alla società.
3.1. Il motivo è inammissibile sotto più profili.
3.2. In primo luogo, l’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. richiede l’omesso esame di un fatto storico decisivo (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017) e non rientrano in quel paradigma né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base RAGIONE_SOCIALE prove acquisite nel corso del relativo giudizio ( ex multis , v. Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 5795 del 2017). In questo caso, la censura riguarda proprio la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie effettuata dalla CTR, che si è conformata a precisi canoni giurisprudenziali: l’accertamento della qualità di amministratore di fatto della società, che secondo la ricostruzione in PVC, non censurata dai ricorrenti, veniva utilizzata per la realizzazione di una frode tributaria e contributiva, significa che costui ha « agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio », ciò che comporta il venir meno RAGIONE_SOCIALE ragioni che giustificano la limitazione di cui all’art. 7 cit. ( ex multis , Cass. n. 28332 del 2018; Cass. n. 10975 del 2019; Cass. n. 25757 del 2020; Cass. n. 29038 del 2021).
3.3. Inoltre , non è ammessa la censura ex n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in caso di doppia conforme, salvo che non si dimostri che si tratta di fatti di versi da quelli sottoposti all’esame del primo Giudice (Cass. n.5947 del 2023; Cass. n. 7724 del 2022), prova che i ricorrenti non hanno neppure allegato.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato; non vi è da provvedere sulle spese atteso che la resistente non ha svolto attività defensionale.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 20/12/2023.