Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28296 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28296 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, con AVV_NOTAIO;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 3747/2023 resa dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania e depositata in data 14 giugno 2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’otto ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Si dà atto che il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta, a mezzo della quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO CHE
1.Il 20.12.2019 l’Ufficio Controlli presso la Direzione Provinciale di Napoli II della RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME un avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO derivante da precedente avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO intestati alla società RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE e notificati
ACCERT FATTO
al contribuente del quale, sulla scorta del processo verbale redatto dalla G. d. F. di Napoli il 14.03.2019 e notificato il 15.03.2019, l’Ufficio definiva il succitato amministratore di fatto della detta impresa. In particolare, i militari verbalizzanti erano giunti alle conclusioni fatte proprie dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, attribuendo a NOME COGNOME la qualità di amministratore di fatto per l’anno 2014 della società suddetta. Avverso tale avviso di accertamento, NOME COGNOME presentava ricorso alla CTP che, ritenendolo infondato, con sentenza n. 7117/2021 lo rigettava.
2.Avverso tale sentenza, con atto notificato all’RAGIONE_SOCIALE il 17/01/2022 e depositato in data 07/02/2022 NOME COGNOME presentava appello col quale reiterati l’eccepita nullità e difetto di motivazione degli avvisi di accertamento impugnati, deduceva la violazione dei criteri ermeneutici dettati dalla giurisprudenza in tema di amministratore di fatto di società lamentando che il discorso giustificativo della pronuncia, viziato a monte da una errata valutazione della realtà dei fatti così come emersi dalle risultanze istruttorie, era affetto anche da motivazione apparente allorché gli aveva attribuito la qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per l’anno 2014. Contestava altresì l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogategli. La CGT di secondo grado della Campania, sezione 22, con la sentenza n. 3747/2023 del 06/02/2023, depositata il 14/06/2023 rigettava il gravame.
Il contribuente proponeva allora ricorso in cassazione affidato a due mezzi.
Veniva quindi depositata proposta di definizione accelerata, a fronte della quale il contribuente depositava istanza di decisione.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo si deduce ‘ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL ‘ART. 2639 E DELL ‘ART. 2729 C.C. (IN RELAZIONE ALL ‘ ART.360 , PRIMO COMMA , N . 3 C.P.C. ).
In particolare ‘ La C.T.R . della Campania è incorsa in un errore di diritto allorché, male applicando le disposizioni indicate in epigrafe, ha ritenuto che sulla scorta degli elementi emersi nel corso dell’attività investigativa fosse legittima la qualifica di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione PER L’ANNO 2014 attribuita a NOME nell’avviso di accertamento impugnato. Da tempo Codesta Suprema Corte ha chiarito che la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 del Codice civile postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. In particolare, secondo il criterio ermeneutico dettato da Codesta Corte, la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualunque fase della sequenza organizzativa, produttiva e commerciale dell’attività della società amministrata. Alle pag. 3 della sentenza impugnata la CTR afferma che: Questo ruolo del NOME all’interno della società verificata si evince dagli elementi emersi nel corso dell’attività investigativa. In particolare, secondo la ricostruzione della Corte territoriale il ruolo di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per l’anno 2014 di NOME si ricaverebbe in maniera univoca dalla seguente pluralità di elementi : ha prestato garanzie personali per obbligazioni contratte dalla RAGIONE_SOCIALE, cosa che confligge con la posizione di mero dipendente; ha stipulato alcuni contratti di locazione di immobili di proprietà sua o della srl RAGIONE_SOCIALE, della quale, unitamente a COGNOME NOME era unico socio ( cfr.pagg.15 e 16 pvc ) a dimostrazione della comunanza di interessi e del ruolo che non era quello di semplice dipendente di una singola società; In realtà, nessuno degli elementi sopra richiamati ha la benché minima attinenza con la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. L’affermazione ‘gestiva unitamente ad altre persone partecipi dell’associazione, le società Saf, Ablasor, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE‘ è del tutto apodittica non essendo seguita da alcuna argomentazione idonea ad estrinsecare il ragionamento seguito nella formazione del proprio convincimento. In effetti nel materiale probatorio indicato nel discorso giustificativo sviluppato dalla Corte Territoriale non si rinviene alcuna specifica circostanza che secondo i criteri indicati dalla S.C. possa essere sintomatica della presunta attività gestoria della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione attribuita a NOME COGNOME. L’aver prestato garanzie personali per obbligazioni contratte dalla RAGIONE_SOCIALE, come l’aver stipulato alcuni contratti di locazione di immobili di proprietà sua o della srl RAGIONE_SOCIALE certamente non dimostrano l’esistenza di rapporti gestori con i dipendenti, i clienti o i fornitori di RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Nemmeno dalle intercettazioni telefoniche, richiamate dalla Commissione Regionale a suffragio dell’assunta amministrazione di fatto, emerge l’esistenza, nel periodo indicato nell’accertamento (anno 2014) degli elementi sintomatici di una attività gestoria della società RAGIONE_SOCIALE in capo a NOME. Nella pag. 3 della sentenza impugnata la C.G.T. valutando il contenuto RAGIONE_SOCIALE intercettazioni ha rilevato che: ‘dalla conversazione nr 80 intercettata i 27 giugno 2017 sull’utenza in uso a COGNOME NOME emerge una interscambiabilità di ruoli tra COGNOME e COGNOME nella gestione RAGIONE_SOCIALE società in quanto clienti e fornitori, per la risoluzione di problemi commerciali, si rivolgevano indifferentemente all’uno e all’altro. In particolare, il COGNOME parla con tale NOME il quale gli chiede di sollecitare NOME, che non è riuscito a contattare, ad effettuare dei bonifici ad una azienda. Anche questa incombenza è propria di colui che gestisce una società; dalla conversazione 4805 intercettata il il 14 luglio 2017 sull’utenza in
uso al COGNOME nel corso della quale questi parla con il COGNOME sul prezzo da praticare per la vendita RAGIONE_SOCIALE scarpe ( cfr. pag. 28 pvc ); dalla conversazione n. 6550 intercettata il 21.7.2017 sull’utenza in uso al COGNOME nel corso della quale, parlando con COGNOME sulla errata composizione di scarpe messe in vendita, utilizza espressioni dalla quali si desume che essi erano i responsabili del magazzino “teniamo i colori che abbiamo portato … ci dobbiamo fare il pacchetto’ ( cfr. pag29 pvc ); dalla conversazione n. 6669 intercettata il 21.7.2017 sull’utenza in uso al COGNOME ( cfr. pag. 29 pvc ) nel corso della quale questi discute con tale NOME su una iniziativa commerciale presa senza il suo consenso e gli dice: ‘che vuoi fare, non vuoi venire a faticare più”, frase che prova che aveva il potere di licenziare i dipendenti. dalla conversazione n. 1154 intercettata il 6 luglio 2017 sull’utenza in uso a COGNOME dalla quale emerge una gestione comune del magazzino, in quanto il COGNOME, parlando con una donna interessata all’acquisto di scarpe, fa riferimento ad una serie di persone, tra le quali tale NOME, identificabile nel NOME, dicendole che hanno la possibilità di fornire in tempi brevi le scarpe alle quali era interessata (cfr. pagg 30 e 31 del pvc). Non è chi non veda che tutte le conversazioni sopra riportate risalgono ad oltre tre anni dopo il periodo di accertamento e, soprattutto, da nessuna di esse risulta il compimento da parte del NOME di attività di gestione della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, contrariamente a quanto sostengono i giudici della Corte di Giustizia territoriale di secondo grado. In realtà , nel materiale probatorio posto a fondamento della decisione impugnata non si rinviene alcuna specifica circostanza sintomatica della presenza nella fattispecie in esame di elementi rappresentativi dei criteri di qualificazione dell’attività gestoria indicati dalla S.C. e, in particolare, dello svolgimento da parte di NOME nell’anno 2014 , in modo non episodico o occasionale di un’attività di
gestione con funzioni direttive dell’organizzazione, della produzione o dei rapporti con i dipendenti e/o con i fornitori della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione . Gli elementi richiamati a suffragio dell’assunta sussistenza della qualità di amministratore di fatto nessuna attinenza hanno con la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nè con il periodo di imposta oggetto dell’avviso di accertamento impugnato. L’assenza nel materiale probatorio e nella sentenza di qualsivoglia dato fattuale concernente le presunte attività gestorie della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione che NOME avrebbe svolto nel periodo d’imposta 2014 oggetto di accertamento impedisce al giudice di pervenire ad un giudizio, necessariamente di tipo presuntivo, sulla sussistenza nel caso concreto dei caratteri propri della fattispecie astratta disciplinata dall’art. 2639 c.c. Gli elementi individuati dalla Guardia di Finanza e fatti propri dalla Commissione Tributaria Regionale, non hanno alcuna attinenza con la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e con il periodo di imposta oggetto dell’avviso di accertamento impugnato, ciò esclude radicalmente che alcuno di essi possa integrare i criteri sussidiari indicati dalla S.C. Tale carenza implica un vizio di sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito della fattispecie astratta dell” amministratore di fatto’ in cui sono incorsi i giudici della Commissione Regionale della Campania nella sentenza impugnata. Rientrando i c.d. criteri sussidiari nell’ambito RAGIONE_SOCIALE presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. il giudicante è chiamato ad indagare il singolo caso di specie alla ricerca di tutti quegli elementi che coordinati tra loro forniscono indizi, gravi, precisi e concordanti circa la natura del rapporto. Tale indagine non è stata correttamente compiuta dalla Commissione Tributaria Regionale che ha fondato il suo convincimento su elementi indiziari del tutto estranei alla fattispecie in esame e, pertanto , a monte privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che ai sensi dell’art.
2729 c.c. possano farli assurgere al rango di presunzioni atte a suffragare l’attribuzione in capo a NOME della qualità di amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nell’anno di imposta 2014 oggetto di accertamento’.
1.1. Il motivo in esame è inammissibile. Invero con esso si sollecita un rinnovato esame dell’istruzione, dal momento che il ricorrente intende rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi, in s é coerente, degli elementi di valutazione disponibili (il giudice di appello ha ritenuto che dai molteplici elementi istruttori esaminati emergesse con chiarezza sia la qualità di amministratore di fatto del ricorrente, sia il suo interesse personale, insieme con altri soggetti tutti identificati, alla frode fiscale, tanto da poter concludere che la società fosse un mero schermo). Invero il fatto da provare dev’essere desumibile da quello noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità e di probabilità. Il procedimento logico-induttivo, in quanto essenzialmente valutativo, deve essere «probabilmente convincente, non anche «oggettivamente inconfutabile» (Cass. 13 marzo 2014 n. 5787). E il criterio di ragionevolezza e di probabilità (ex multis, Cass., 8 ottobre 2013, n. 22898) porta a concludere per la rispondenza allo stesso del ragionamento probatorio contenuto nella pronuncia impugnata. Non emerge infatti l’illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio. In effetti, il giudice di appello, in sintonia con quello di primo grado, ha rilevato nel compendio istruttorio complessivamente inteso la sussistenza di indizi dotati della sufficiente gravità (per la forza inferenziale intrinseca), precisione (per la determinatezza anche temporale degli accadimenti) e concordanza (per la univoca convergenza nella dimostrazione della sussistenza del fatto ignoto: Cass. 6 agosto 2003, n. 11906), tale da svolgere il ragionamento inferenziale, rimesso dall’art. 2729 c.c. alla prudenza del giudice.
Col secondo motivo si deduce ‘VIOLAZIONE DELL’ ART 7, COMMA 1, D.L.269/2003 (IN RELAZIONE ALL’ ART. 360, PRIMO COMMA N.3 C.P.C.)’.
In particolare, deduce il ricorrente che ‘La sentenza d’appello va altresì censurata perché affetta dai vizi di violazione di legge indicati nella rubrica del motivo laddove ha ritenuto che nella fattispecie non trovasse applicazione il principio della responsabilità esclusiva dell’ente dotato di personalità giuridica per le sanzioni allo stesso irrogate relativamente al rapporto fiscale. La Corte di Giustizia Tributaria, alla pag. 4 della sentenza impugnata ( doc. ) ha respinto l’eccezione sollevata dal ricorrente affermando: ‘Il principio secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 (conv., con modif., in l. n. 326 del 2003), sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non opera nell’ipotesi di società artificiosamente costituita, poiché in tal caso la persona giuridica è una mera “fictio” creata nell’interesse della persona fisica, esclusiva beneficiaria RAGIONE_SOCIALE violazioni, sicché in tale ipotesi non vi è distinzione alcuna fra trasgressore e contribuente (Cass. 18/04/2019, n. 10975).’. Nel prosieguo del suo discorso giustificativo la C.G.T. afferma di essere giunta a tale conclusione in quanto: ‘Nel caso in esame è evidente che le operazioni fraudolente hanno consentito agli amministratori occulti, tra i quali anche il COGNOME, attraverso la creazione e gestione di società alla guida RAGIONE_SOCIALE quali erano stati messi dei prestanomi, di beneficiare RAGIONE_SOCIALE imposte evase. Ne deriva che il NOME, così come gli altri amministratori di fatto, non hanno agito nell’interesse della società, essendo essi gli unici ed effettivi beneficiari RAGIONE_SOCIALE violazioni accertate’ Il decisum è dunque fondato su presunte operazioni fraudolente che attraverso la creazione e gestione di società alla guida RAGIONE_SOCIALE quali erano stati messi dei prestanomi avrebbero
consentito agli amministratori occulti di beneficiare RAGIONE_SOCIALE imposte evase. Si tratta di affermazioni del tutto generiche – al punto da rasentare il vizio di motivazione apparente – che non trovano riscontro nel materiale probatorio utilizzato dai giudici. In realtà, nel materiale probatorio posto a fondamento della decisione impugnata non si rinviene alcuna specifica circostanza dalla quale possa desumersi che il NOME abbia beneficiato RAGIONE_SOCIALE violazioni fiscali commesse da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nell’anno di imposta 2014. Invero, per le ragioni illustrate nel primo motivo al NOME non può attribuirsi la qualità di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE non ricorrendo nella fattispecie alcuno degli elementi sintomatici dell’attività gestoria all’epoca RAGIONE_SOCIALE assunte violazioni. Inoltre, dalla sentenza impugnata non risulta che l’Amministrazione abbia dedotto nelle proprie difese che la società RAGIONE_SOCIALE sia stata creata fittiziamente nell’esclusivo interesse del NOME. ‘Ai sensi dell’articolo 7 del D.L 269/2003 (conv. dalla Legge n.326/2003 ) le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale di società o enti con personalità giuridica, sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non potendosi fondare un eventuale concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale sul disposto di cui all’art. 9, decreto legislativo n.472/1997, che non può costituire deroga al predetto art. 7, ad esso successivo, che invece prevede l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE disposizioni del decreto legislativo n. 472/1997, ma solo in quanto “compatibili” ( Cass. civ., 25 ottobre 2017, n. 25284) è stato, inoltre, precisato che “l’amministratore di fatto di una società alla quale sia riferibile il rapporto fiscale ne risponde direttamente qualora le violazioni siano contestate o le sanzioni irrogate antecedentemente alla data di entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, stante la
disposizione di diritto transitorio di cui all’art. 7, comma 2, del menzionato decreto e la disciplina precedentemente vigente dettata dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.472, art. 3, comma 2, e art. 11” (Cass. n. 9122 del 23/4/2014) ‘(Cass. Civ. Sez.V Ord. 30.03.2021). Posto che dal ricorso si evince che l’accertamento è derivato da un processo verbale di constatazione redatto nel 2019 , sicché non può configurarsi la responsabilità del ricorrente nemmeno quale amministratore o amministratore di fatto della società, a titolo solidale per le sanzioni comminate alla società; non emerge, infatti, dalla sentenza impugnata che l’Amministrazione abbia dedotto nelle proprie difese la questione della fittizietà della società, che sarebbe stata creata nell’esclusivo interesse del ricorrente, né tale circostanza risulta provata in qualche modo. La sentenza, sul punto risulta viziata da violazione di legge’.
2.2. Anche tale motivo è infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte “in materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio (mutuato dal diritto penale) della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dall’art. 2 comma 2 del d.lgs. n. 472 del 1997, secondo cui “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione”. In deroga a tale principio, nonch é in deroga all’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997 che prevede la responsabilità solidale RAGIONE_SOCIALE società (con o senza personalità giuridica) nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione, l’art.7 del D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del 2003, ha stabilito che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società od enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”. L’applicazione della norma eccezionale introdotta dal citato art. 7 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, (…); viceversa, qualora risulti che il rappresentante
o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell’art. 7 del D.L. n. 269 del 2003, (…) ciò significa, a contrariis, che qualora la persona fisica autrice della violazione non abbia agito nell’interesse della società, ma abbia perseguito un interesse proprio o comunque diverso da quello sociale, non sussiste la responsabilità solidale per le sanzioni amministrative della società priva di personalità giuridica, ed allo stesso modo non sussiste la responsabilità esclusiva della società dotata di personalità giuridica ex art. 7 D.L. n. 269 del 2003, ma trova applicazione la regola generale sulla responsabilità personale dell’autore della violazione commessa nell’interesse esclusivamente proprio ” (Così, Cass., ord. n. 12334 del 9 maggio 2009, nonché, più recentemente, Cass. n. 28331/2018; Cass. n. 5924/2017; Cass. n. 19716/2013 e Cass., ord., n. 21790/2020, cui adde, davvero, ancor più recentemente: Cass. 11 giugno 2025, n. 15595; Cass. 18 giugno 2025, n. 16458 e n. 16449 -ove si pone in evidenza come siffatto orientamento giurisprudenziale sia stato: «significativamente recepito dal legislatore con la novella operata dall’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 87 del 14 giugno 2024 che, riformando la materia RAGIONE_SOCIALE sanzioni, ha così statuito sul punto: ” Modifiche al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. 5 1. Al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 2, dopo il comma 2 è inserito il seguente: “2 -bis. La sanzione pecuniaria relativa al rapporto tributario proprio di società o enti, con o senza personalità giuridica di cui agli articoli 5 e 73 del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è esclusivamente a carico della società o ente. Resta ferma, nella
fase di riscossione, la disciplina sulla responsabilità solidale e sussidiaria prevista dal codice civile per i soggetti privi di personalità giuridica. Se è accertato che la persona giuridica, la società o l’ente privo di personalità giuridica di cui al primo periodo sono fittiziamente costituiti o interposti, la sanzione è irrogata nei confronti del soggetto che ha agito per loro conto.”»). Dunque, l’amministratore di fatto, in presenza di determinate condizioni, risponde in solido con la società anche RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni tributarie accertate a carico della stessa società. In particolare, nell’ipotesi di società artificiosamente costituita attraverso la quale l’amministratore persona fisica diventa l’esclusivo beneficiario RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie contestate, la differenza tra trasgressore e contribuente consente l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni nei confronti della persona fisica preposta alla amministrazione della società (cfr., Cass., ord., n. 1904 del 28/01/2020).
A tale principio si è attenuta la Corte di giustizia tributaria.
Che il NOME fosse amministratore di fatto già risulta da quanto osservato a proposito del primo motivo.
Che poi la società sia stata artificiosamente creata e che dunque, in ultima analisi, il trasgressore fosse proprio l’odierno ricorrente è oggetto di un accertamento in fatto, non censurabile in questa sede, in base al quale fu proprio (tra gli altri) il COGNOME a beneficiare RAGIONE_SOCIALE frodi fiscali realizzate attraverso lo schermo RAGIONE_SOCIALE società in oggetto.
Il ricorso va dunque respinto con aggravio di spese in capo alla parte ricorrente soccombente.
Alle stesse consegue la condanna ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cpc, nella misura della metà RAGIONE_SOCIALE spese, oltre a quella prevista al quarto comma della stessa disposizione, da quantificarsi in € 1500,00.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese che liquida in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Condanna il ricorrente al pagamento della somma di € 2.800,00 in favore della controricorrente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 96, terzo comma e 380-bis, cpc
Condanna il ricorrente al pagamento della somma di € 1000,00 in favore della cassa ammende ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 96, quarto comma e 380-bis, cpc.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’otto ottobre 2025
Il Presidente
(NOME COGNOME)