Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33246 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33246 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 20440/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, attualmente in fallimento, in persona del l.r. ‘pro tempore’, domiciliata ‘ex lege’ a Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del foro di Catania -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-SEZ.DIST. CATANIA n. 6966/2019 depositata il 28/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE era attinta da tre avvisi di accertamento che traevano origine da una verifica fiscale da parte della Guardia di Finanza di Catania iniziata il 07/10/2013 per l’anno 2010 ed estesa in data 30/10/2010 anche agli anni 2011 e 2012. In adesione al PVC, l’Ufficio accertava:
l’omessa tenuta e/o conservazione e/o esibizione di libri, registri e documentazione, con conseguente rideterminazione in via induttiva del reddito d’impresa, da cui scaturiva la pretesa di maggiori imposte dirette ed indirette;
-nonché, per l’anno 2012, la mancata dichiarazione di plusvalenze originate dalla cessione di ramo d’azienda del 17/05/2012 dalla contribuente a RAGIONE_SOCIALE unipersonale, divenuta NOME RAGIONE_SOCIALE
In riferimento all’anno 2012, anche RAGIONE_SOCIALE era attinta dal corrispondente avviso, quale responsabile solidale.
La contribuente, in uno, quanto al 2012, a RAGIONE_SOCIALE proponeva distinti ricorsi.
La Commissione Tributaria Provinciale di Catania, con le sentenze nn. 9177/2016, 9178/2016 e 7348/2017, li rigettava.
La contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, osservando:
La società appellante ha omesso di presentare la dichiarazione annuale, per le annualità in questione, sia ai fini dei redditi che dell’imposta sul valore aggiunto .
La giurisprudenza sia di merito che di legittimità è concorde nel ritenere che la mancata presentazione della dichiarazione annuale legittima l’Amministrazione Finanziaria a ricorrere all’accertamento induttivo spetta al contribuente l’onere di dimostrare i fatti impeditivi, modificativi estintivi della pretesa avanzata dall’Ufficio.
Il disposto normativa e l’interpretazione costante della giurisprudenza della Suprema Corte determina la corretta applicazione da parte dell’Ufficio ll’accertamento induttivo in caso di omessa presentazione della dichiarazione e ciò anche a prescindere dalla regolare tenuta della contabilità.
Vanno altre si rigettati il secondo, il terzo e quarto motivo di ricorso tutti rivolti a violazioni sostanziali.
Anche in questo grado del giudizio, come nel precedente, la società appellante non deposita alcuna documentazione a sostegno delle proprie difese.
La società sostiene nei propri scritti difensivi che l’unico ricavo in capo alla RAGIONE_SOCIALE sarebbe costituito dal canone di locazione derivante dal contratto di subaffitto di ramo d’azienda con la RAGIONE_SOCIALE la quale sarebbe l’effettiva titolare dei ricavi ma di ciò in atti non esiste adeguata documentazione.
Mancando il libro degli inventari, il registro IVA vendite, le fatture di acquisto ed il giornale di fondo delle chiusure giornaliere del misuratore fiscale, l’Ufficio ai fini delle Imposte Dirette ha correttamente determinato induttivamente il reddito d’impresa sulla base degli elementi a disposizione e dettagliatamente elencat nelle controdeduzioni depositate in atti.
Stesso discorso sia ai fini della determinazione dell’IVA dove l’Ufficio, preso atto della mancata presentazione della dichiarazione annuale, ha determinato le operazioni imponibili rilevandole dalla dichiarazione annuale dei dati IVA e dal registro dei corrispettivi, sia per la determinazione dell’IRAP, dove l’Ufficio anche qui preso atto della mancata dichiarazione ai fini IRAP ha determinato il valore della produzione sommando al reddito accertato ai fini IRES il costo del personale dipendente rilevato dal bilancio di verifica in quanto non deducibile ai fini IRAP.
Le relative sanzioni risultano conseguenze degli avvisi di accertamento emessi .
Come già detto l’affermazione della società appellante che l’unico ricavo a lei imputabile è quello conseguente al contratto di subaffitto del ramo d’azienda con ia società RAGIONE_SOCIALE non risulta provata.
L’Ufficio ha pertanto ricostruito legittimamente il reddito per tutti e tre gli anni in questione facendo riferimento ai dati indicati nel bilancio di verifica al 31.12.2010, come anche per la redditività confrontando i dati di
altre società che esercitano la stessa attività nella provincia di Catania, così come meglio specificato nell’accertamento.
Anche il quinto motivo di ricorso, relativo alla rappresentanza della società, non può trovare accoglimento.
La Guardia di Finanza nel processo verbale di constatazione. del 22.11.2013 ricostruisce l’attività della RAGIONE_SOCIALE e individua in maniera più che realistica il rappresentante legale nella persona del NOME COGNOME precisando che lo stesso, di fatto dal 12.4.2011 ha rappresentato verso terzi la RAGIONE_SOCIALE mentre il NOME, amministratore unico della società, ha lavorato come dipendente con la qualifica di addetto al rifornimento carburanti, percependo il relativo stipendio.
Le stesse dichiarazioni dal NOME rese in sede di verbale tolgono ogni dubbio sulla sua posizione come semplice “testa di legno”. Corretta quindi la valutazione dei militari verbalizzanti che hanno determinato la posizione del NOME quale amministratore di fatto avendo svolto in detto periodo l’attività in nome e per conto della società. Trova pertanto applicazione il principio più volte sancito dalla Suprema Corte secondo il quale ‘è responsabile delle infrazioni tributarie chi assume di fatto la veste di amministratore di una società ‘; il tutto considerando che l’art. 1, lettera e), del d.lgs. n. 74/2000 viene ad identificare quale responsabile di questi reati chi agisce come amministratore di una società a prescindere dalla sua investitura formale.
Di conseguenza vanno anche rigettate il sesto e settimo motivo di ricorso, che contestano una semplice reiezione acritica del P.V.C. La Suprema Corte ha statuito che il processo verbale di constatazione redatto al termine di un controllo fiscale è assistito da fede privilegiata .
Pertanto, come già detto dai primi giudici, alla regolarità del procedimento impositivo consegue la regolarità di quello di irrogazione delle sanzioni, che sono state comminate sul rigetto delle disposizioni di legge, per la fattispecie dell’omessa presentazione delle dichiarazioni.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con quattro motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.,
avendo la sentenza impugnata posto a base della decisione il mancato deposito da parte della società appellante di alcuna documentazione a sostegno delle proprie difese, per difetto di motivazione ed errore di fatto e per aver disatteso la prova legale costituita dai contratti di affitto e di subaffitto di ramo di azienda, comprovanti, peraltro, fatti non specificatamente contestati dall’Ufficio’.
Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 41 del D.P.R. n. 600/73 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per erronea ripartizione dell’onere della prova, atteso che, di fronte alle comprovate eccezioni costituite dai fatti e dai documenti offerti dalla società ricorrente, l”onus probandi’ gravava nuovamente sull’Ufficio’.
Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per omessa pronuncia della sentenza di secondo grado in ordine alla eccepita illegittimità della sentenza di primo grado riferita all’anno 2012 nella parte in cui aveva ritenuto che la cessione del 17/05/2012 avesse riguardato la ‘proprietà’ del ramo di azienda e avesse conseguentemente ritenuto corretto il metodo utilizzato al fine di individuare il valore dell’avviamento del ramo di azienda ceduto e della relativa plusvalenza’.
Quarto motivo: ‘Violazione e falsa applicazione degli art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., dell’art. 41 D.P.R. 600/73 in relazione all’art. 2697 c.c., dell’art. 2729 c.c. in relazione all’art. 2639 c.c., dell’art. 2392 c.c. e dell’art. 7 D.Lgs. 269/03, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per motivazione apparente e ‘per relationem’ al pvc, per illegittima ripartizione dell’onere della prova, per illegittima applicazione delle norme in tema di prova presuntiva, per illegittima applicazione del principio della responsabilità solidale verso la società e per illegittima irrogazione delle sanzioni, in
ordine alla attribuzione della rappresentanza di fatto della società in capo a RAGIONE_SOCIALE.
A fronte di quanto precede, deve darsi atto che, sopravvenuto il fallimento della contribuente, la notifica del decreto di fissazione dell’odierna udienza al curatore non si è perfezionata nel termine (essendo intercorsa solo 59, anziché 60, giorni prima).
Ne consegue la necessità di rinvio della causa a nuovo ruolo, onde assicurare la corretta instaurazione del contraddittorio, previa rinnovazione dell’incombente.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso a Roma, lì 9 ottobre 2024.