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Amministratore di fatto: responsabilità e sanzioni

La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità personale dell’amministratore di fatto di una società “cartiera” per le sanzioni tributarie. Secondo l’ordinanza, quando la società è una mera finzione giuridica creata per realizzare una frode, la regola generale che attribuisce la responsabilità all’ente non si applica. In questi casi, la persona fisica che ha agito e beneficiato dell’illecito viene considerata sia trasgressore che contribuente, rispondendo direttamente delle sanzioni.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di fatto: la responsabilità personale nelle frodi fiscali

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema cruciale della responsabilità dell’amministratore di fatto in contesti di frode fiscale, delineando i confini entro cui la persona fisica non può più nascondersi dietro lo schermo societario. La pronuncia stabilisce che, in presenza di una ‘società cartiera’ utilizzata come mero strumento per evadere il fisco, le sanzioni tributarie colpiscono direttamente chi ha gestito e beneficiato dell’operazione illecita, superando la regola generale della responsabilità esclusiva dell’ente.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente, ritenuto dall’Agenzia delle Entrate l’amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata. Tale società era stata identificata come una ‘cartiera’, un’entità fittizia coinvolta in una complessa ‘frode carosello’ finalizzata all’evasione dell’IVA. All’amministratore di fatto venivano contestate e irrogate sanzioni relative all’anno d’imposta 2010.
Il contribuente impugnava l’atto, sostenendo di non essere responsabile, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale respingevano i suoi ricorsi, confermando la sua qualifica e la legittimità della pretesa fiscale. La questione giungeva così dinanzi alla Corte di Cassazione, con il ricorrente che sollevava otto distinti motivi di ricorso.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente, confermando la decisione dei giudici di merito. La sentenza si basa su un principio giuridico consolidato ma di fondamentale importanza: lo schermo della personalità giuridica non può essere usato per proteggere chi commette illeciti. L’analisi della Corte si è concentrata sulla natura della società e sul ruolo effettivo del ricorrente, giungendo a conclusioni di grande rilevanza pratica.

La responsabilità dell’amministratore di fatto e la risposta della Corte

Il fulcro del ricorso verteva sull’applicazione dell’art. 7 del D.L. n. 269/2003, che stabilisce come le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale di società con personalità giuridica siano esclusivamente a carico dell’ente. Il ricorrente sosteneva che, in base a tale norma, le sanzioni non potevano essere a lui addebitate personalmente.

L’eccezione alla regola: la società come ‘mera fictio’

La Cassazione ha respinto questa argomentazione, chiarendo che la norma citata presuppone una distinzione reale tra il soggetto contribuente (la società) e il soggetto trasgressore (l’amministratore). Questo schema, tuttavia, salta quando la società stessa è una ‘mera fictio’, ovvero una costruzione artificiale creata al solo scopo illecito di evadere le imposte.
In tali circostanze, la persona fisica che ha ideato, gestito e beneficiato materialmente della frode diventa, al tempo stesso, trasgressore e contribuente di fatto. La dicotomia soggettiva viene meno, e con essa la protezione offerta dalla norma. Le sanzioni, pertanto, vanno riferite direttamente all’amministratore di fatto che ha materialmente beneficiato della frode.

Le altre censure respinte

La Corte ha inoltre rigettato gli altri motivi di ricorso. Ha ritenuto infondata la censura sulla carenza di motivazione dell’atto di accertamento, giudicando sufficiente il rinvio per relationem al processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, pienamente conosciuto dal contribuente. Ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi che miravano a una rivalutazione delle prove e dei fatti, come la contestazione sull’uso di presunzioni per dimostrare il suo ruolo di gestore occulto. Infine, ha respinto per genericità la doglianza sulla presunta violazione del principio del ne bis in idem e la richiesta di applicazione di un regime sanzionatorio più favorevole.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di dare prevalenza alla sostanza sulla forma. La giurisprudenza ha consolidato l’orientamento secondo cui, in presenza di una società cartiera, l’articolo 7 del D.L. n. 269/2003 trova un limite invalicabile. La società, in questi casi, non è un’entità economica reale, ma uno schermo fittizio utilizzato per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari. La concentrazione in capo a un unico soggetto, l’amministratore di fatto, del compimento dell’azione illecita e della percezione dei suoi benefici, fa sì che la responsabilità sanzionatoria si sposti dall’involucro vuoto della società alla persona fisica che ne ha mosso le fila. Di conseguenza, si fuoriesce dallo schema normativo che distingue tra ente e amministratore, e le sanzioni vengono correttamente irrogate a chi ha effettivamente agito e tratto vantaggio economico dalla violazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nella lotta all’evasione fiscale: la personalità giuridica non è uno scudo invalicabile per chi abusa di tale strumento. L’amministratore di fatto di una società fittizia deve essere consapevole che la sua gestione occulta lo espone a una responsabilità personale e diretta per le sanzioni tributarie. La decisione della Cassazione rappresenta un chiaro monito: il sistema giuridico è attrezzato per guardare oltre le apparenze formali e colpire i reali responsabili delle frodi, assicurando che chi beneficia di un illecito ne paghi anche le conseguenze sanzionatorie.

L’amministratore di fatto di una società risponde personalmente delle sanzioni tributarie?
Di norma, le sanzioni sono a carico esclusivo della persona giuridica. Tuttavia, come chiarito dalla sentenza, questa regola non si applica se la società è una ‘cartiera’ fittizia. In tal caso, l’amministratore di fatto che ha agito e beneficiato della frode risponde direttamente e personalmente delle sanzioni.

Cosa succede se la società è una ‘società cartiera’ creata per evadere le tasse?
Se la società è una mera finzione giuridica (fictio), creata al solo scopo di commettere illeciti tributari, lo schermo societario viene meno. La persona fisica che l’ha gestita di fatto viene considerata al contempo trasgressore e contribuente, diventando il destinatario diretto delle sanzioni.

È sufficiente che un avviso di accertamento richiami un verbale della Guardia di Finanza per essere motivato?
Sì, secondo la Corte la motivazione ‘per relationem’ è valida. Se l’avviso di accertamento fa riferimento a un processo verbale di constatazione (pvc) regolarmente notificato o consegnato al contribuente, mettendolo in condizione di conoscere la pretesa fiscale e difendersi, l’atto è correttamente motivato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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