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Amministratore di fatto: responsabilità e sanzioni

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità delle sanzioni fiscali irrogate direttamente all’amministratore di fatto di una ‘società cartiera’. La Corte ha chiarito che il principio di responsabilità esclusiva della persona giuridica non si applica quando la società è una mera ‘fictio’, creata al solo scopo di realizzare un illecito tributario. In questi casi, la persona fisica che ha agito e beneficiato della frode risponde personalmente, in quanto trasgressore e contribuente coincidono.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di Fatto e Società Cartiere: la Cassazione Conferma la Responsabilità Personale

La figura dell’amministratore di fatto è spesso al centro di complesse vicende tributarie, specialmente quando legata a società fittizie create per scopi illeciti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: la norma che attribuisce le sanzioni amministrative esclusivamente alla persona giuridica non protegge chi si nasconde dietro uno schermo societario per evadere il fisco. In questi casi, la responsabilità torna ad essere personale e diretta.

I Fatti: Una Frode Fiscale e la Difesa del Contribuente

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un contribuente, ritenuto l’amministratore di fatto di una ‘società cartiera’ coinvolta in una complessa ‘frode carosello’. L’Agenzia delle Entrate gli aveva notificato un atto di contestazione, irrogando sanzioni per l’anno d’imposta 2009.

Il contribuente ha impugnato l’atto, sostenendo che, in base alla normativa introdotta nel 2003 (art. 7 del D.L. n. 269/2003), le sanzioni amministrative relative a società con personalità giuridica dovrebbero essere a carico esclusivo dell’ente stesso, e non dei suoi amministratori, dirigenti o dipendenti. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le sue ragioni, spingendolo a ricorrere in Cassazione.

L’Analisi della Corte e la Responsabilità dell’Amministratore di Fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo un’analisi dettagliata dei limiti di applicazione del principio di responsabilità esclusiva della persona giuridica. La decisione si fonda sulla distinzione tra la gestione di una società reale e l’utilizzo di una società come mera ‘fictio’ per scopi fraudolenti.

Il Principio Generale e la sua Eccezione

La regola generale, come invocato dal ricorrente, prevede che le sanzioni amministrative tributarie siano a carico della società. Questa norma mira a colpire il patrimonio dell’ente che ha beneficiato della violazione. Tuttavia, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che questo principio ha un limite invalicabile.

L’eccezione si verifica quando la società non è un’entità economica reale, ma uno schermo, una ‘società cartiera’ creata artificiosamente per commettere illeciti. In questo scenario, la distinzione tra la persona giuridica e chi la gestisce di fatto svanisce.

Quando l’Amministratore di Fatto Risponde Personalmente

La Corte ha stabilito che quando la società è una ‘mera fictio’, l’amministratore di fatto non agisce nell’interesse dell’ente, ma nel proprio interesse esclusivo. La persona fisica che orchestra l’operazione illecita diventa, allo stesso tempo, sia il trasgressore (colui che compie la violazione) sia il contribuente (colui che ne trae materiale beneficio).

In questa situazione, la dicotomia tra soggetto che agisce e soggetto che beneficia, presupposto della norma sulla responsabilità esclusiva dell’ente, viene meno. Le due figure si concentrano in un unico soggetto: la persona fisica. Di conseguenza, le sanzioni devono essere irrogate direttamente a quest’ultima, senza che lo schermo societario possa offrire alcuna protezione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso. In primo luogo, ha affermato che la ratio dell’art. 7 del D.L. 269/2003 è quella di regolamentare i casi in cui vi è una reale distinzione tra trasgressore (l’amministratore) e contribuente (la società). Tale distinzione non esiste nel caso di società fittizie, utilizzate come strumento per l’evasione. In questi casi, la sanzione colpisce direttamente chi ha materialmente beneficiato della frode.

La Corte ha inoltre respinto le censure relative al difetto di motivazione dell’atto di accertamento. Ha ribadito che la motivazione ‘per relationem’, ovvero tramite rinvio al processo verbale di constatazione (PVC) della Guardia di Finanza, è legittima, a condizione che il contribuente sia stato messo in condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di difendersi efficacemente. Infine, ha giudicato inammissibili o infondate le ulteriori doglianze, tra cui la presunta violazione del principio del ‘ne bis in idem’ e la richiesta di applicazione di un regime sanzionatorio più favorevole.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza nella lotta all’evasione fiscale. Chi utilizza società di comodo come scudo per commettere illeciti non può invocare le norme a protezione degli amministratori che operano in un contesto societario genuino. La figura dell’amministratore di fatto, quando legata a una ‘società cartiera’, non trova riparo dietro la personalità giuridica dell’ente, ma risponde direttamente e personalmente delle sanzioni derivanti dalle violazioni tributarie commesse.

L’amministratore di una società risponde personalmente delle sanzioni tributarie?
Di norma, no. Secondo l’art. 7 del D.L. 269/2003, le sanzioni amministrative relative a società con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica stessa, in quanto è l’ente a beneficiare della violazione.

Cosa succede se la società è una ‘società cartiera’ fittizia?
In questo caso, il principio di responsabilità esclusiva della società non si applica. Se la società è una ‘mera fictio’ creata al solo scopo di evadere il fisco, la persona fisica che agisce come amministratore di fatto e che beneficia materialmente della frode risponde direttamente delle sanzioni. Questo perché la distinzione tra trasgressore e beneficiario viene meno.

La motivazione di un atto di accertamento può basarsi solo su un rinvio a un verbale della Guardia di Finanza?
Sì, la motivazione ‘per relationem’ è considerata legittima. È sufficiente che l’amministrazione metta il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali (l”an’ e il ‘quantum debeatur’) per poterla contestare efficacemente, ad esempio facendo riferimento a un verbale regolarmente notificato o consegnato all’interessato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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