Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21206 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26091/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della MARCHE-ANCONA n. 250/2020 depositata il 09/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni come segue:
–AVV_NOTAIO. P.G. AVV_NOTAIO NOME COGNOME: accoglimento del ricorso;
–AVV_NOTAIO per il contribuente: accoglimento del ricorso;
–AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE: rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
In data 28 gennaio 2014, si concludeva, con relativo pvc, una verifica della GdF di RAGIONE_SOCIALE, per gli aa.ii. dal 2008 al 2013, a carico di RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di fabbricazione di mobili d’arredo.
Ne discendevano due avvisi di accertamento, n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2008, e n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2009, notificati al legale rappresentante p.t. della società, RAGIONE_SOCIALE.
COGNOME NOME era attinto da atto di contestazione delle sanzioni n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO ai sensi dell’art. 9 D.Lgs. n. 471 del 1997, in ragione di un totale di € 7.672.428,25, quale amministratore di fatto e socio occulto, che aveva agito in uno a COGNOME NOME, commercialista ed·a sua volta amministratore di fatto.
All’udienza del 6 luglio 2017, con la sentenza n. 1021/2017, la CTP di RAGIONE_SOCIALE, adita impugnatoriamente dal contribuente, respingeva il ricorso.
Il contribuente proponeva appello, nella resistenza dell’RAGIONE_SOCIALE, con cinque motivi.
La CTR delle Marche, con la sentenza in epigrafe, rigettava il gravame.
Propone ricorso per cassazione il contribuente con tre motivi; l’RAGIONE_SOCIALE si costituisce ai soli fine dell’eventuale partecipazione all’udienza. Il contribuente deposita ampia memoria telematica addì 14 marzo 2024, ulteriormente illustrativa dei motivi di ricorso.
All’odierna pubblica udienza, dopo breve discussione, il AVV_NOTAIO. Proc. Gen. presso la Corte di cassazione, in persona del AVV_NOTAIO, conclude per l’accoglimento del ricorso; la difesa del contribuente si associa; la difesa erariale conclude per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Primo motivo: ‘ Nullità della sentenza, per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in relazione all’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.’.
‘Si denuncia il vizio di ‘error in procedendo’ in cui sono incorsi i Secondi Giudici, per avere erroneamente attinto a motivi di impugnazione doglianze completamente diverse da quelle effettivamente svolte dall’appellante, di tal guisa venendo meno al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato’.
Secondo motivo: ‘Erronea e falsa applicazione degli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 546192, dell’art. 276 c.p.c., nonché degli artt. 24, 97 e 111 Cost. e dei principi di oralità, immediatezza e concentrazione, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3’.
‘Si lamentano le inedite (ed illegittime) modalità di trattazione e deliberazione della causa, con celebrazione di tre udienze di
discussione, l’ultima delle quali tenutasi il 27 giugno 2019, mentre l’emissione della sentenza risulta datata 7 gennaio 2020, ed il deposito il 9 giugno 2020′.
Terzo motivo: ‘Omessa pronuncia in ordine alla lamentata violazione del combinato disposto dell’art. 7 della legge n. 326/2003 e dell’art. 9 del d.lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c.’.
‘Si lamenta, in via subordinata rispetto al primo motivo, l’omessa pronuncia sulla illegittimità delle sanzioni ex art. 7, l. 369/2003’.
Assume rilievo prioritario il secondo motivo, il quale, pur proposto (a tenore dell”incipit’ della relativa illustrazione: p. 33 ric. cass.) ‘·in linea meramente subordinata’, è in realtà potenzialmente dirimente in rito.
Esso è infondato.
Vi si lamenta ‘la particolarissima dinamica della trattazione e del procedimento di deliberazione delle 48 controversie poste in discussione, presso la CTR delle Marche inizialmente in data 25 marzo 2019 . I procedimenti in questione, derivanti da avvisi di accertamento ed atti di contestazione delle sanzioni emessi dall’RAGIONE_SOCIALE e Urbino a carico di varie società, sono stati trattati in unica udienza, il 6 luglio 2017, presso la CTP di RAGIONE_SOCIALE, per avere il Collegio ritenuto che le cause avessero un riferimento ‘comune’ nella figura dell’asserito ‘dominus’, NOME COGNOME . Anche la CTR delle Marche ha reputato opportuno fissare la medesima udienza per tutte le 48 posizioni . Il giorno 25 marzo 2019, le parti processuali illustravano diffusamente le rispettive posizioni, mediante discussione orale durata svariate ore, al termine della quale la Sez. 5 della Commissione decideva di rinviare il prosieguo della pubblica trattazione all’udienza del 10 aprile 2019, Anche ad esaurimento dell’ulteriore udienza pubblica di discussione del 10
aprile, la Commissione Regionale riteneva di non potere ancora decidere e rinviava all’udienza del 27 giugno 2019. Nella giornata del 27 giugno 2019, difesa della contribuente e rappresentanti dell’Ufficio si riportavano alla copiosa documentazione prodotta ed alle argomentazioni di cui agli scritti difensivi ed a quelle lungamente spese durante le precedenti udienze di discussione, e la CTR si riservava la decisione. veniva pronunciata il 7 gennaio 2020 dopo oltre sei mesi dall’ultima delle tre udienze, e, quindi, ben oltre il termine dei trenta·giorni di cui al secondo comma dell’art. 35 del D.lgs. n. 546/92, mentre il deposito avveniva il 9 giugno 2020, ossia ad un anno dall’ultima trattazione in pubblica udienza, risalente al 27 giugno 2019′.
Le dedotte violazioni degli artt. 34 e 35 D.Lgs. n. 546 del 1992, e dei corrispondenti principi, anche costituzionalmente rilevanti, di oralità, immediatezza e concentrazione, non colgono nel segno. La CTR dà espressamente atto in sentenza di aver riservato la decisione, sia in motivazione, laddove scrive: ‘La Commissione letti tutti gli atti di causa, udite le parti intervenute, come da processo verbale redatto tratteneva la causa per la decisione con riserva ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. 546/92, data la complessità della causa e la ingentissima mole di materiale da visionare’, sia in dispositivo, laddove fa precedere la decisione dall’espressione: ‘A scioglimento della riserva che precede ‘.
Ora, prevista la riserva di decisione dal correttamente evocato, dalla CTR, art. 35, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 (‘Quando ne ricorrono i motivi la deliberazione in camera di consiglio può essere rinviata di non oltre trenta giorni’), nessuna sanzione processuale assiste la violazione del termine di trenta giorni, che ‘in limine’ può acquisire rilievo ai soli fini disciplinari.
Il primo ed il terzo motivo, per parziale comunanza di censure e comunque per economia espositiva, possono essere trattati congiuntamente.
Infondati sono entrambi.
Quanto, specificamente, al primo, l’atto d’appello del contribuente, come esplicitato nella narrativa dedicata allo svolgimento del processo che precede, era articolato su cinque motivi, di cui il ricorso dà conto a fini di autosufficienza (p. 12 ss.):
Decadenza del potere di contestazione delle sanzioni. Violazione dell’art. 20 del d.lgs. 472/97 e dell’art. 57 del d.p.r. 633/72, così come modificato dall’art. 1, comma 132, della legge n. 208/2015 .
Erronea e/o falsa applicazione della legge n. 102/2009 e successive modificazioni .
Erronea e/o falsa applicazione dell’art. 7 del d.l. n. 269/2003 e dell’art. 9 del d.lgs. n. 472/97 .
Violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92, nonché dell’art. 16 del d.lgs. 472/97. Carenza di motivazione .
Contestazione delle sanzioni: violazione del ‘ne bis in idem’ .
Ora, è ben vero che la sentenza impugnata (ff.gg. 2 e 3) enuncia in maniera difforme i motivi d’appello:
Con i motivi di impugnazione, l’appellante contribuente censura la sentenza di primo grado peri seguenti motivi: illegittimità costituzionale art. 9 Dlgs 472/97 e violazione dell’art. 7 L. 326/2003; violazione dell’art. 12 comma 7 L. 212/2000. Violazione dell’art. 36 Dlgs. 546/1992; decadenza dell’azione accertatrice. Violazione degli artt. 43 DPR 600/1973 e 57 DPR 633/1972; erronea e/o falsa applicazione dell’art. 36 Dlgs. 546/1992. Difetto di motivazione. Violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché dell’art. 53 Cost. Violazione dell’art. 112 c.p.c.; contestazione delle sanzioni.
Nondimeno l’ampio sviluppo motivazionale della sentenza impugnata riprende e dà risposta a tutti i singoli motivi d’appello effettivamente devoluti.
La CTR, anzitutto, in una prima parte della motivazione, illustra ampiamente il cd. gruppo RAGIONE_SOCIALE, composto da una cospicua serie di società italiane ed estere, tra cui, espressamente, RAGIONE_SOCIALE.
L’esistenza del gruppo RAGIONE_SOCIALE, composto da società il cui unico ‘dominus’ era il contribuente, è ampiamente e minuziosamente dimostrata dalla CTR, attraverso l’illustrazione, sia dei ‘legami tra società e persone fisiche emersi dall’analisi della documentazione bancaria inviata dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica di San Marino’ (fg. 8), sia dei ‘flussi di fatture’ in concomitanza ai flussi finanziari (fg. 9).
Cardine del gruppo RAGIONE_SOCIALE, a partire dal 2006, in cui registra un significativo incremento del volume d’affari, sintomo dell’inizio dell’utilizzo illecito, è RAGIONE_SOCIALE, in riferimento alla quale scrive la CTR (fg. 16): ‘La RAGIONE_SOCIALE è risultata essere l’interponente o ‘broker’ nonché ‘buffer’ (filtro) in quanto ha creato un filtro che ha ostacolato la connessione diretta tra le società cartiere e l’effettivo cessionario della merce. Le attività investigative hanno permesso di acclarare ce la RAGIONE_SOCIALE srl non disponesse di una unità produttiva ma soltanto di un piccolo ufficio tecnico-commerciale e un magazzino di stoccaggio di medie dimensioni. La merce acquistata dai vari fornitori nazionali non veniva lavorata dalla stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ma inviata direttamente dai fornitori alla società del gruppo denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘ la quale eseguiva il taglio dei pannelli producendo semilavorati per l’industria del mobile. Tali attività veniva svolte nello stesso opificio che ora è sede della RAGIONE_SOCIALE utilizzando gli stessi macchinari di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e successivamente affittati alla stessa COGNOME.
L’attività illecita del gruppo COGNOME finalizza i vari passaggi, cogliendo, sia consentito di così dire, il risultato, attraverso RAGIONE_SOCIALE e, successivamente (dal 2009), RAGIONE_SOCIALE, per il tramite di RAGIONE_SOCIALE
Il complessivo funzionamento illecito delle società del gruppo RAGIONE_SOCIALE (compiutamente descritto dalla CTR: ‘ivi’) contempla, per quanto di interesse nella presente sede, il passaggio (fg. 18) secondo cui di volta in volta RAGIONE_SOCIALE ed altre società cartiere in quanto non aventi strutture operative come RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rivestivano il ruolo di emittenti ed utilizzatrici di fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti al fine di consentire l’evasione Iva o di altre imposte o generare illeciti crediti d’imposta costituenti il profitto dei reati messi al sicuro in istituti di credito a S. Marino ovvero di fregiarsi della qualità di esportatore abituale titolare del relativo plafond, inducendo in errore l’Ufficio, che riconosceva il titolo e non incassava l’imposta dovuta.
In tale gruppo, sono dunque emersi i ruoli delle varie società. Segnatamente: ‘I ruoli svolti dalle varie società del ‘gruppo RAGIONE_SOCIALE‘ nella frodecarosello individuata sono i seguenti: a. società cartiere o ‘missing trader’ italiane: RAGIONE_SOCIALE (anni 2008/2009) ‘.
Venendo ad RAGIONE_SOCIALE, rammentato che gli anni di imposta di interesse nel presente giudizio sono il 2008 ed il 2009 (da agosto 2009 essa si trasferisce in Tunisia come RAGIONE_SOCIALE: fg. 6), la CTR accerta (fg. 11) che, nel 2008, la società RAGIONE_SOCIALE ‘acquista’ tra l’altro, dalla RAGIONE_SOCIALE (che nell’anno in argomento non presenta le dichiarazioni fiscali) e ‘vende” alla RAGIONE_SOCIALE con sede in Tunisia. Dall’analisi dei flussi finanziari si deduce chiaramente che il transito delle fatture tra una società e l’altra segue questa dinamica: la RAGIONE_SOCIALE acquista dalla RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima acquista dalla RAGIONE_SOCIALE
NOME che a sua volta acquista dalla RAGIONE_SOCIALE. È evidente quindi che i documenti e i flussi finanziari inizialmente escono dalla RAGIONE_SOCIALE, per poi tornare all stess. Tale contesto, costituito dall’emissione e dall’annotazione delle fatture per operazioni inesistenti, risulta creato appositamente al solo fine di far ottenere alla società RAGIONE_SOCIALE un vantaggio economico derivante dalla costituzione fittizia di un ‘plafond’ (quindi possibilità di acquisti in territorio italiano senza la corresponsione dell’lva) per un totale di € 1.1.472.627,00.
Quanto al 2009, la CTR accerta (fg. 12):
Come per l’anno 2008, anche in questa annualità si verificano scambi fittizi tra varie società del gruppo “RAGIONE_SOCIALE“.
In particolare:
la RAGIONE_SOCIALE “acquista” dalla RAGIONE_SOCIALE che nell’anno 2009 si trasferisce fittiziamente in Tunisia e non presenta le dichiarazioni fiscali; quest’ultima acquista sia dalla RAGIONE_SOCIALE che dalia RAGIONE_SOCIALE. A loro volta le due società acquistano dalla RAGIONE_SOCIALE.
L’appartenenza al, e la collocazione ed il ruolo nel, gruppo COGNOME di RAGIONE_SOCIALE si confermano alla luce, oltreché dello schema operativo, dei due rapporti bancari sammarinesi (con Banca Asset e con San Marino Asset Management) che la collegano direttamente al contribuente (cfr. in part. fg. 28).
Nel contesto dei rapporti infragruppo -alla stregua della ricostruzione della CTR, non minimamente avversata in ricorso dal contribuente, su cui invece incombeva l’onere della prova contraria rispetto all’allegazione e dimostrazione, anche per presunzioni, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, della falsità delle fatture (cfr. Cass. n. 28628 del 18/10/2021: ‘In tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai
fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’) RAGIONE_SOCIALE è inquadrabile come ‘RAGIONE_SOCIALE‘ asservita al particolare filone delle fatture per operazioni oggettivamente inesistenti (fg. 16), in parallelo a ‘cartiere tunisine’, parimenti necessarie per consentire a NOME di costituirsi un ‘plafond’ (solo) ‘cartolare’.
Ciò (che ‘ex se’ esclude la rilevanza dell’evocazione in memoria di insegnamenti riguardanti la mera ricezione ‘a valle’ di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti) emerge dal contenuto della cartella ‘riservata’ reperita e sequestrata presso l’AVV_NOTAIO (fg. 22), suggeritore del contribuente quanto a costituzione e modelli operativi delle società illecite. La cartella di cui si tratta contiene documentazione riferibile alle società del gruppo RAGIONE_SOCIALE, tra cui RAGIONE_SOCIALE, giust’appunto.
In ragione di quanto precede, alla stregua di un coerente ed argomentato accertamento in fatto, non minimamente scalfito da evidenze contrarie fornite, già alla CTR, dal contribuente, è a concludersi avere questa appurato la natura di RAGIONE_SOCIALE, specificamente, di NOME, di cui il contribuente si è rivelato essere il ‘dominus’, quale tessitore di trame proiettate al risultato finale cui NOME era indispensabilmente strumentale.
La CTR, poi, nella seconda parte della motivazione, si occupa delle ‘eccezioni preliminari proposte in appello’.
Ora, è sicuramente corretto quanto osservato nel primo motivo di ricorso, ossia che la CTR, nella lett. A) (fg. 32), affronta una questione non devolutale, men che meno con il primo motivo
d’appello, qual è quella ‘ relativa alla illegittimità dell’atto impositivo emesso ‘ante tempus”.
Tuttavia, il ‘thema’ oggetto del primo motivo d’appello è ‘funditus’ affrontato dalla CTR nella lett. B) (fg. 33), che, benché, in esordio, faccia erroneo riferimento agli anni 2006 e 2007 (laddove quelli in contestazione sono invece il 2008 ed il 2009), tuttavia, subito in appresso, centra perfettamente la vertita problematica del cd. raddoppio dei termini, anche in relazione alla ritenuta inapplicabilità della novella di cui alla l. n. 208 del 2015.
La lett. C) (fg. 36) riguarda, ‘expressis verbis’, il ”ne bis in idem’ in tema di sanzioni’, di cui al quinto motivo d’appello.
La lett. D) (fg. 38) riguarda, parimenti, l”erronea e/o falsa applicazione dell’art. 16 del Dlgs. 472/97-Carenza e contraddittorietà della motivazione della sentenza, in violazione dell’art. 36 Dlgs. 546/92′.
La lett. A) (fg. 43) si occupa degli ‘effetti dello ‘scudo fiscale”, oggetto del secondo motivo d’appello.
Infine, al tema agitato nel terzo motivo d’appello (‘ Erronea e/o falsa applicazione dell’art. 7 del d.l. n. 269/2003 e dell’art. 9 del d.lgs. n. 472/97’), è dedicata, oltreché la ricostruzione del gruppo COGNOME, con l’inserimento di RAGIONE_SOCIALE, di cui alla prima parte della motivazione, anche una riflessione conclusiva, di cui alla seconda parte in disamina, che riprende le fila di detta ricostruzione per riaffermare il ruolo di gestore di fatto del contribuente, non solo in Lin RAGIONE_SOCIALE, ma in tutte le altre società, tra cui, dunque, RAGIONE_SOCIALE.
Come nella prima parte (fg. 31) la CTR afferma: ‘ appare provato e dimostrato il ruolo di NOME COGNOME nel complesso sistema COGNOME di fatturazione fittizia finalizzata all’evasione tributaria fra la catena di società italiane ed estere, create, utilizzate ed amministrate di fatto e di diritto da NOME COGNOME quale ‘dominus’ di tutto il sistema
fraudolento compresi i trasferimenti dì denaro all’estero nel quale il riferimento principale è rappresentato proprio dalla RAGIONE_SOCIALE‘, così nella seconda parte (fg. 40), la CTR sottolinea la valenza confermativa che acquisisce una ‘lettera/memoriale’ dell’AVV_NOTAIO al contribuente in cui il primo ‘elenca tutte le società collegate a COGNOME NOME anche se amministrate formalmente da soggetti terzi, descrivendo le iniziative economiche da intraprendere per assegnare a ciascuna un ruolo ben definito; e la riprova è che per adottare le relative strategie d’impresa, l’AVV_NOTAIO sollecit un incontro/riunione con NOME COGNOME, e non con gli amministratori di diritto della società: così dimostrando definitivamente che il reale gestore di fatto delle stesse è lo stesso NOME COGNOMECOGNOME.
Alla luce di quanto innanzi, è da escludersi che la CTR sia incorsa in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, denunciata nel primo motivo di ricorso, avendo tutti i motivi d’appello trovato risposta ad opera nella sentenza impugnata.
Né, ‘a fortiori’, essa è incorsa in ‘omessa pronuncia in ordine alla lamentata violazione del combinato disposto dell’art. 7 della legge n. 326/2003 e dell’art. 9 del d.lgs. n. 472/1997’, denunciata nel terzo motivo di ricorso.
A mente del fatto che siffatta censura è formulata in termini, giust’appunto, di ‘omessa pronuncia’, configurando un vizio di infrapetizione rilevante, come già nel primo motivo, agli effetti della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., l’omissione non sussiste né da un punto di vista grafico né da un punto di vista contenutistico:
-non grafico, perché la motivazione sulla riferibilità al contribuente delle sanzioni anche per quanto riguarda RAGIONE_SOCIALE è anzi assai estesa, riguardando il gruppo COGNOME e per esso tutte le società avvintevi, RAGIONE_SOCIALE, come visto, espressamente ricompresa;
– non contenutistico, perché, incontestate nel terzo motivo di ricorso (che riprende l’omologo d’appello), le affermazioni in fatto compiute dalla CTR circa ruolo e qualifica di RAGIONE_SOCIALE (ffgg. 11, 12 e 16), essendo emerso, da una parte, che RAGIONE_SOCIALE è una mera RAGIONE_SOCIALE, di nazionalità (inizialmente) RAGIONE_SOCIALE, inserita in una filiera illecita di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, rivestendo nel gruppo COGNOME il ruolo di ‘missing trader’ senza alcuna struttura operativa (fg. 18), e, dall’altra, che il contribuente ne è amministratore di fatto e socio occulto, controllandola quale ‘dominus’ (ffgg. 7 e 30), la CTR ha tratto, in coerente sviluppo di un quadro fattuale siffattamente eloquente, le debite conseguenze, ascrivendo ad RAGIONE_SOCIALE la qualifica di ‘fictio’, idonea, pertanto, a paralizzare l’applicabilità dell’eccezionale limitazione della responsabilità sanzionatoria alla sola persona giuridica stabilita dall’art. 7 d.l. 269 del 2003.
E siffatto ‘modus procedendi’ della CTR va scevro da qualsivoglia censura.
Invero, vale la premessa secondo cui l’art. 7, comma 1, d.l. n. 269 del 2003 detta una norma di carattere eccezionale che, con esclusivo riferimento al ‘rapporto fiscale proprio d personalità giuridica’, presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio dell’ente, che rappresenta od amministra. Solo tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico dell’ente quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal rappresentante o dall’amministratore. Viceversa, ‘qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio
personale vantaggio’, non ricorrendo la ‘ratio’ dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, diretto a limitare la responsabilità in capo all’ente, si ripristina la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce l’autore dell’illecito (v. Cass. n. 28332 del 7/11/2018; Cass. n. 10975 del 18/04/2019; Cass. n. 32594 del 12/12/2019; Cass. n. 25757 del 13/11/2020; Cass. n. 29038 del 20/10/2021).
Con precipuo riferimento alla figura dell’amministratore di fatto, che ne occupa nel presente giudizio, s’è poi traguardata la conclusione per cui la limitazione di responsabilità ex art. 7 d.l. n. 269 del 2003 ‘non opera nell’ipotesi di società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, atteso che, in tal caso, la società è una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto ‘ (Cass. n. 29038 del 20/10/2021).
In termini più ampi, a proposito della RAGIONE_SOCIALE, nel contesto di un principio volto a sostenere che, affinché ‘difetti la ‘ratio’ dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola società dotata di personalità giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito, è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalità della società medesima, quand’anche gestita da un amministratore di fatto’ (Cass. n. 1946 del 23/01/2023), s’è infine puntualizzato (‘ivi’, in motivazione, con riferimento ad operazioni soggettivamente inesistenti, ma alla stregua di affermazioni generali replicabili, per quanto qui rileva, anche per quelle oggettivamente inesistenti) che
– il distinguo dunque si pone nella “decodificazione” della società, se essa cioè sia vera, se abbia vita e finalità economiche distinte da quelle del suo amministratore, o si riveli lo strumento artificioso, cui una persona fisica ricorre proprio per sottrarsi alle sanzioni. Il che, è ben
comprensibile, non rappresenta alcuna forzatura del dato letterale dell’art. 7 cit., trovando anzi all’interno della norma medesima la sua ‘ratio’;
-la ‘ratio’ appena riferita richiede per ciò stesso dei riscontri, ed il primo di essi è proprio il riscontro della “finzione” dell’esistenza della società, cioè la sua strumentalità al perseguimento delle finalità illecite del suo controllore, identificato appunto nel suo amministratore di fatto.
Tali riscontri possono essere agevoli, come nel caso della società “RAGIONE_SOCIALE“, della quale sia stata accertata l’inesistenza, per assenza degli elementi essenziali allo svolgimento dell’attività economica (locali in cui esercitare l’attività commerciale, personale, strumentazione, ecc.). In ipotesi simili è agevole ritenere che, in via presuntiva e secondo l”id quod plerumque accidit’, l’amministratore di fatto abbia direttamente incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’ente (Cass., 36003 del 2021 ).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza; esse vengono liquidate come da dispositivo, secondo tariffa, tenuto conto, in particolare, dell’avere l’RAGIONE_SOCIALE assunto difese solo in sede di discussione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente, del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna COGNOME NOME NOME rifondere all’RAGIONE_SOCIALE delle entrate le spese di lite, liquidate in euro 22.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 26 marzo 2024.