Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9395 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9395 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20697/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 133/2015 depositata il 21/01/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO CHE
Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha emesso avviso di accertamento per l’anno 2008 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, indirizzato anche a COGNOME NOME NOME COGNOME NOME NOME l’atto contiene i l recupero di materiale imponibile, con determinazione di maggiori IRES, IRAP e IVA e sanzioni, a seguito di una complessa indagine della Guardia di Finanza, conclusasi con PVC del 26.9.2012, dalla quale era emerso che il COGNOME e il NOME, quali amministratori di fatto, con la complicità di terzi soggetti e sotto lo schermo della RAGIONE_SOCIALE e di altre società, tutte amministrate da prestanome, prive di beni strumentali e con sedi fittizie, avevano fornito manodopera ad imprese operanti nel settore edilizio realizzando sistematiche violazioni della normativa fiscale attraverso dichiarazioni fiscali infedeli, riportanti costi e crediti IVA inesistenti, questi ultimi utilizzati in compensazione RAGIONE_SOCIALE ritenute IRPEF e dei contributi previdenziali e assistenziali per i dipendenti.
Il COGNOME e il COGNOME hanno proposto ricorso contestando di essere amministratori di fatto della società e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Milano ha accolto il ricorso.
L’appello erariale è stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia con la sentenza in epigrafe che ha rigettato, invece, l’appello incidentale dei contribuenti.
La CTR ha disatteso l’eccezione di invalidità della notifica degli avvisi di accertamento, in quanto essa può essere effettuata a mezzo posta e aveva comunque raggiunto lo scopo poiché i destinatari avevano avuto conoscenza dell’atto e avevano proposto ricorso in termini; nel merito ha affermato che, sulla base degli elementi risultanti dal PVC, consistenti in particolare nelle informazioni e nelle dichiarazioni di clienti e dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, il potere effettivo di amministrazione, gestione degli affari e organizzazione della società era in capo ai due appellati.
Il COGNOME e il COGNOME hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza fondato su sei motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 29 d.l. n. 78/2010 conv. con l. n. 122/2010 e 60 d.P.R. n. 600/1973 in quanto la CTR aveva errato nel respingere il primo motivo dell’appello incidentale dei ricorrenti, che avevano eccepito l’inesistenza dell’avviso di accertamento per violazione degli artt. 29 e 60 cit., ritenendo che gli atti tributari possono essere legittimamente notificati anche tramite servizio postale e che la notifica aveva raggiunto lo scopo.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 60 e 62 del d.P.R. n. 600/1973 e 145 c.p.c. in quanto l’atto impugnato, contenente l’accertamento di imposte e sanzioni dovute dalla società RAGIONE_SOCIALE, era stato illegittimamente notificato alla società in persona del COGNOME e del COGNOME quali amministratori di fatto.
Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 60 commi 4 e 5 del d.P.R. n. 600/1973 in quanto l’avviso di accertamento doveva essere notificato in Romania, ove la società aveva trasferito la sua sede sin dal 31.5.2008, come risultante dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese e noto alla stessa Amministrazione.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2476 comma 7 c.c. in quanto la CTR aveva dato rilievo alla figura dell’amministratore di fatto richiamando l’art. 2476 comma 7 c.c. che riguarda i soci che rispondono solidalmente con gli amministratori degli atti dannosi da questi compiuti ed è
inconferente nel caso de quo in cui né il COGNOME né il COGNOME erano soci della RAGIONE_SOCIALE.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2639 c.c. in quanto la qualità di amministratore di fatto presuppone lo svolgimento di attività corrispondenti ai poteri gestori mentre in questo caso, dalle notizie acquisite dal PVC, risultava soltanto che i due ricorrenti, quali geometri, nell ‘ambito de i rispettivi territori di competenza, seguivano i cantieri, dirigevano i lavori e le opere commissionate alla società, il tutto nel rispetto RAGIONE_SOCIALE loro competenze professionali, mentre la sentenza aveva travisato le dichiarazioni dei terzi che, comunque, non sono sufficienti a fornire la prova dei fatti in contestazione.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 42 d.P.R. n. 600/1973, 56 d.P.R. n. 633/1972, 7 d.l. n. 269/2003 conv. con l. n. 326/2003, perché i ricorrenti sono estranei alla società e non devono rispondere RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie ad essa contestate.
E’ bene premettere che, secondo quanto risulta dall’intestazione dell’avviso di accertamento impugnato, trascritto per autosufficienza in ricorso, l’atto era stato indirizzato a « NOMEnella qualità di legale rappresentante legale di RAGIONE_SOCIALE » nonché a COGNOME NOME e ai due ricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, ciascuno « nella qualità di autore della violazione » in quanto gli stessi, come riportato nel corpo dello stesso atto, erano « risultati essere entrambi amministratori di fatto ».
Alla luce di ciò, il secondo motivo risulta infondato mentre il terzo è inammissibile per carenza di legittimazione e interesse in capo ai due ricorrenti.
8.1. Infatti, diversamente da quanto asserito dai ricorrenti, l’atto è stato notificato ai due ricorrenti non per la società, come
suoi legali rappresentanti, bensì in proprio, quali ‘ amministratori di fatto’ ; è noto che tale figura assume rilievo soltanto ai fini di un’eventuale responsabilità per gli atti di gestione compiuti ma non incide sulla necessaria individuazione del rappresentante legale quale soggetto cui è formalmente affidata l’amministrazione della medesima società, ai fini della rappresentanza della società (Cass. n. 22957 del 2012).
8.2. In tale veste, essi non sono legittimati ad impugnare l’avviso di accertamento indirizzato alla società, la cui rappresentanza legale spetta esclusivamente agli amministratori nominati a norma di legge, risultanti da documentazioni pubbliche, quali il registro RAGIONE_SOCIALE imprese (Cass. n. 26702 del 2022), né è ravvisabile in capo ai predetti alcun interesse a far valere questioni di legittimità dell’atto riguardante la società, trattandosi di situazioni giuridiche soggettive alle quali sono estranei (Cass. n. 29474 del 2021).
Infondato, inoltre, è il primo motivo.
9.1. Secondo i ricorrenti, nell’accertamento esecutivo o atto ‘impoesattivo’, che assomma in sé i caratteri di atto di accertamento, di titolo esecutivo e di precetto, la notifica non è mera condizione di efficacia dell’atto ma elemento costitutivo perché, decorso il termine di sessanta giorni dalla notifica, l’atto acquista forza di titolo esecutivo e legittima la procedura di riscossione; pertanto, la notifica -per la quale devono seguirsi le forme previste dal combinato degli artt. 29 cit., 14 legge n. 890/1982 e 60 d.P.R. n. 600/1973, con esclusione della notifica ‘diretta’ mediante raccomandata con ricevuta di ritorno – non ha solo la finalità di far conoscere l’atto al contribuente ma gli attribuisce, decorso il termine di sessanta giorni, il carattere dell’esecutività.
9.2. Secondo consolidato orientamento di questa Corte, invece, l’art. 14 della l. n. 890/1982, come modificato dall’art. 20 della l.
n. 146/1998, prevede la facoltà per gli Uffici finanziari di procedere « a mezzo della posta direttamente » alla notificazione degli « avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente »; si tratta di norma di carattere generale che, senza escludere la possibilità (« Sono fatti salvi ») di ricorrere alle altre modalità di notifica previste dalle singole leggi di imposta, consente di notificare l’atto impositivo ( in primis , lo stesso avviso di accertamento) secondo schemi meno rigidi rispetto alla notificazione degli atti giudiziari, e cioè senza il ministero dell’Ufficiale giudiziario, direttamente dagli Uffici finanziari a mezzo posta; in questo caso, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati e non quelle della l. n. 890/1982, attinenti alla notificazione eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c. (Cass. n. 17598 del 2010; Cass. n. 9111 del 2012; Cass. n. 15315 del 2014; Cass. n. 29642 del 2019).
9.3. Come già ritenuto da questa Corte (Cass. n. 2479 del 2020; Cass. n. 27634 del 2020), la portata generale della norma consente di estendere la sua applicazione anche agli atti cc.dd. ‘impoesattivi’ previsti dall’art. 29 del d.l. n. 78/2010 , in cui l’avviso di accertamento, prima solo impositivo, diventa titolo esecutivo decorsi sessanta giorni dalla notifica al contribuente, senza necessità dell’emissione di una successiva cartella di pagamento; tale soluzione non può ritenersi preclusa dalla esplicita previsione, contenuta nell’art. 29 cit. lett. a), della notifica mediante raccomandata con avviso di ricevimento riferita solo agli « atti successivi », cc.dd. ‘secondari’ , in difetto di una chiara volontà derogatrice alla regola generale di cui all’art.14 cit.
9.4 . In ogni caso, la particolare struttura dell’atto impoesattivo non impedisce l’applicazione dei principi generali , secondo cui la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento ma una condizione integrativa d’efficacia dell’atto
(Cass. n. 8374 del 2015; Cass. n. 21071 del 2008), sicché l’invalidità della notificazione dell’atto impositivo determina soltanto una preclusione all’efficacia del provvedimento (Cass. sez. un., n. 19854 del 2004): « l’irrituale notificazione di un accertamento impedisce all’Ufficio di passare utilmente alla fase successiva di formazione dei ruoli, ma non comporta la nullità dell’avviso e, soprattutto, non vieta all’Amministrazione di sanare ogni vizio mediante la rinotificazione, nei termini di legge, dell’avviso stesso eventualmente integrato con altri elementi » (Cass. n. 8868 del 2006). A questa stregua , l’eventuale invalidità della notifica impedirà l’efficacia dell’atto ai fini riscossivi ma non esclude la sua esistenza e la possibilità di una rinnovazione della notifica, ferma la sanatoria del vizio, secondo le regole generali, quando risulti in maniera inequivoca la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 21071 del 2018; Cass. n. 26310 del 2021).
10. Il quarto motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi .
10.1. Il riferimento a ll’art. 2476 comma 7 c.c. , infatti, ha un rilievo puramente argomentativo nel contesto della motivazione della CTR e non partecipa alla ratio decidendi della sentenza che, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, ha accertato che i due ricorrenti erano amministratori di fatto della società, chiamati a rispondere RAGIONE_SOCIALE sanzioni (v. par.12.1.); tale accertamento prescinde dalla qualità di socio e si fonda, per costante orientamento di questa Corte, sull’avvenuto in serimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento RAGIONE_SOCIALE scelte operative della società (Cass n. 2586 del 2014; Cass. n.28819 del 2008; Cass. n. 6719 del 2008; Cass. n. 9795 del 1999).
11. Il quinto motivo, con cui si lamenta la violazione dell ‘art. 2639 c.c. che fissa le condizioni per l’applicazione della normativa penale societaria ai soggetti privi della formale qualifica o della titolarità della funzione previste dalla norma incriminatrice, è inammissibile e comunque infondato.
11.1. Da un lato, laddove si osserva che la CTR non ha indicato « le ragioni ed i motivi posti a base della decisione », « senza esaminare il contenuto RAGIONE_SOCIALE informazioni », si devia dal paradigma della violazione di legge per criticare la motivazione; dall’altro , si tenta di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal Giudice di merito che è incensurabile nel giudizio di legittimità se correttamente motivato (Cass., Sez. Un., n. 34476 del 2019), contestandosi la ricostruzione della CTR, che avrebbe travisato gli elementi probatori, poiché non era emerso il superamento RAGIONE_SOCIALE mansioni tecniche e la partecipazione alla gestione della società, non essendo risultato neppure che i due firmassero contratti e corrispondenza per la società, operassero sui conti correnti bancari della società o assumessero diritti e obblighi per la società.
11.2. Si trascrive pressoché integralmente il contenuto del PVC, da cui risulta che, secondo gli informatori, ciascuno dei ricorrenti « conduceva le trattative commerciali », procedeva alla « definizione dei contratti, tipologia e qualità dei lavori, prezzi e altre condizioni relative ai lavori » (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME); in particolare, COGNOME NOME, tecnico e socio della RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato di aver avviato trattative commerciali con il COGNOME e il COGNOME per la definizione di « prezzi e tempistica » RAGIONE_SOCIALE opere commissionate e di aver trattato indifferentemente con entrambi per definire « aspetti tecnici, economici e finanziari » per tutte le società di cui si occupavano i due, tra cui la RAGIONE_SOCIALE; ancora, i due tenevano i rapporti con i dipendenti, provvedendo alle paghe, impartendo
direttive e istruzioni, concedendo permessi (dichiarazioni COGNOME, COGNOME, Atti, Depietri).
11.3. Premesso che nel processo tributario le dichiarazioni rese da un terzo, inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione e recepite nell’avviso di accertamento, hanno valore indiziario e possono assurgere a fonte di prova presuntiva, concorrendo a formare il convincimento del giudice anche se non rese in contraddittorio con il contribuente, senza necessità di ulteriori indagini da parte dell’Ufficio (Cass. n. 6946 del 2015; Cass. n. 9316 del 2020), in questo caso il quadro complessivo emergente da quelle dichiarazioni è compatibile con l’accertamento in sentenza, ben potendosi desumere da esso che i due geometri non svolgevano semplicemente attività professionale di carattere tecnico ma avevano ampi compiti gestionali espletati con continuità, occupandosi della definizione dei rapporti con terzi sotto i profili tecnici, economici e finanziari e svolgendo il ruolo datoriale nei rapporti con le maestranze. D’altro canto, quelle emergenze rivelano che nell ‘accertamento dei fatti la CTR non ha deviato dai principi formulati da questa Corte in materia, secondo cui la persona « inserita nella gestione della società stessa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerata amministratore di fatto ove tale ingerenza, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza » (Cass. n. 1546 del 2022).
12. Il sesto motivo è infondato.
12.1. L’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, convertito poi in l. n. 326 del 2003, secondo cui « le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica », non opera qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore, anche di fatto, della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente quale schermo o
paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio; in questo caso, viene meno la ragione che giustifica l’applicazione dell’art. 7, d.lgs. n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass. n. 1946 del 2023; Cass., 29038 del 2021; Cass. n. 12334 del 2019; Cass., n. 19716 del 2013; Cass. n. 5924 del 2017; Cass. n. 10975 del 2019).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 20/12/2023.