Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20028 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20028 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18911/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 109/05/22 depositata il 21/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 109/05/22 del 21/01/2022, la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) accoglieva l’appello
de ll’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 394/01/18 della Commissione tributaria provinciale di Arezzo (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE Valdarno (di seguito RAGIONE_SOCIALE, avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2011 .
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato emesso nei confronti della contribuente quale responsabile in solido dell’ASD, cessata nell’anno 2013 .
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE, evidenziando che: a) la notifica dell’avviso di accertamento era stata correttamente notificata all’appellata quale coobbligata dell’ASD cancellata; b) la documentazione prodotta in appello era inammissibile e non poteva essere utilizzata, non avendo la ricorrente debitamente documentato di non avere potuto produrre detta documentazione in tempo utile; c) l’Ufficio aveva sufficientemente comprovato il ruolo di amministratrice di fatto della sig.ra COGNOME che gestiva i conti dell’associazione in luogo dell’amministratore reale, suocera della prima e in età avanzata; d) l’operato dell’Ufficio doveva ritenersi legittimo in quanto aveva «rilevato la irregolarità della gestione contabile, e soprattutto non avuto risposte dalla contribuente circa la copertura documentale dei vari movimenti bancari», la quale non aveva assolto al suo onere di documentazione analitica e puntuale; e) l’Ufficio era debitamente autorizzato alle indagini bancarie «e non era tenuto alla effettuazione del contraddittorio endoprocedimentale, trattandosi di accertamento ‘a tavolino’»; f) ogni altra eccezione doveva ritenersi assorbita.
Avverso la sentenza della CTR NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a dodici motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a dodici motivi, di seguito illustrati.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 38, secondo comma, e 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto, in capo alla contribuente, la qualifica di amministratore di fatto dell’ASD sulla base della circostanza che la contribuente potesse operare sul conto corrente della medesima e vanti una parentela con la legale rappresentante (suocera). Peraltro, la ricorrente non avrebbe mai rivestito cariche sociali, mai realizzato attività negoziali in nome dell’ ASD e mai sottoscritto le relative dichiarazioni ai fini delle imposte.
1.2. Con il secondo ed il terzo motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la v iolazione dell’art. 32, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, per avere la CTR accolto l’appello di AE ritenendo erroneamente inutilizzabili i documenti non prodotti a seguito dell’ invito notificato da AE, sebbene non sussistano i presupposti per l’applicazione di tale disposizione, in quanto la richiesta formulata dall’Ufficio: i) sarebbe immotivata, stante la mancata indicazione delle ragioni per cui nell’ambito di una attività di verifica compiuta nei confronti della posizione fiscale personale dell’odierna ricorrente, la stessa sia stata chiamata a fornire giustificazione sulle movimentazioni bancarie afferenti ad una ASD cessata, nella quale la sig.a COGNOME non avrebbe rivestito alcuna carica sociale; ii) sarebbe generica, non essendo indicato, in modo specifico e puntuale, quale documentazione avrebbe dovuto produrre la contribuente e, men che meno, quella successivamente depositata in giudizio.
1.3. Con il quarto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR ritenuto non utilizzabili i documenti versati agli atti di causa dalla contribuente al fine di dimostrare l’irrilevanza fiscale delle operazioni bancarie, sulla base del fatto che si sarebbe trattato di ‘nuove prove’, come tali non producibili per la prima volta in sede di gravame; e ciò sebbene detti documenti, per la loro natura e funzione, integrerebbero quei ‘nuovi documenti’ sempre producibili ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992.
1.4. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla circostanza che l’estratto conto utilizzato da AE per individuare le operazioni bancarie accertate e riprodotto nelle tabelle allegate all’avviso di accertamento, rec herebbe già la giustificazione di parte delle stesse, in quanto le causali delle movimentazioni indicherebbero la provenienza delle somme e il beneficiario delle stesse.
1.5. Con il sesto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 115 e 132, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., per avere la CTR reso motivazione apparente e illogica, non dando in alcun modo conto di avere vagliato ed eventualmente ritenuto insufficienti a smentire i maggiori ricavi accertati dall’Ufficio, le r agioni espresse dalla contribuente in ordine al fatto che la gran parte delle movimentazioni bancarie risulterebbe già giustificata e documentata, indipendentemente dalla documentazione ritenuta tardivamente presentata, giusta le specifiche causali risultanti dall’estratto del conto corrente depositato in sede
endoprocessuale e riportate nel prospetto delle operazioni bancarie allegato all’atto impositivo . Da dette documentazione emergerebbe che le rimesse contestate siano mere movimentazioni finanziarie, relative ad anticipazioni su fatture ed alla concessione di un mutuo, nonché di pagamenti tracciati di cui verrebbero indicati i beneficiari.
1.6. Con il settimo , il nono e l’undicesimo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulle eccezioni formulate in via gradata da parte contribuente e relative: i) alla necessità di rideterminare i maggiori ricavi accertati considerandoli già comprensivi dell’IVA ; ii) al riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA assolta dall’Associazione, precedentemente non esercitato in virtù dell’applicazione del regime agevolato di determinazione dell’imposta di cui alla l. 16 dicembre 1991, n. 398, disconosciuto a seguito dell’accertamento; iii) all’applicazione della limitazione quantitativa del carico sanzionatorio irrogabile nei confronti dell’asserito amministratore di fatto dell’ASD ai sensi dell’art. 11, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
1.7. Con l’ottavo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 13 e 18 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) nonché degli artt. 73 e 78 della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA), per avere la CTR implicitamente respinto l’eccezione formulata in via gradata da parte contribuente relativa alla necessità di rideterminare i maggiori ricavi accertati considerandoli già comprensivi dell’IVA.
1.8. Con il decimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione dell’art. 19 del decreto IVA nonché dell’art. 167 della direttiva IVA, per avere la CTR respinto
implicitamente l’eccezione formulata in via gradata da parte contribuente, circa il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA, precedentemente non esercitato in virtù dell’applicazione del regime agevolato di determinazione dell’imposta di cui alla l. n. 398 del 1991 , disconosciuto a seguito dell’accertamento .
1.9. Con il dodicesimo motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2, 5, 11, 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, per avere la CTR implicitamente respinto l’eccezione formulata in via gradata da parte contribuente, circa l’applicazione della limitazione quantitativa del carico sanzionatorio irrogabile nei confronti dell’asserito amministratore di fatto dell’ASD ai sensi dell’art. 11, comma 1, del decreto legislativo citato.
Il primo motivo, con il quale si contesta la qualificazione di amministratore di fatto della ASD in capo alla sig.ra COGNOME, è in parte infondato e in parte inammissibile.
2.1. È noto che la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 cod. civ., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi ( ex multis , Cass. n. 25650 del 15/10/2018).
2.1.1. Si è, altresì, precisato, al riguardo, che tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia ex lege , assimilabili alla fideiussione (cfr., ex plurimis , Cass. n. 25748 del 24/10/2008; Cass. n. 29733 del 29/12/2011).
2.1.2. D’altro canto, la ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente, con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell’agente nell’attività dell’ente (conf., Cass. n. 5746 del 12/03/2007).
2.1.3. Ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., ex plurimis , Cass. n. 26290 del 14/12/2007; Cass. n. 25748 del 24/10/2008).
2.1.4. Il principio suesposto, in riferimento alla responsabilità solidale, ex art. 38 cod. civ., di coloro che agiscono in nome per conto dell’associazione non riconosciuta, ponendo in essere, a prescindere dalla rappresentanza formale dell’ente, la concreta attività negoziale riferibile all’associazione stessa, è stato, poi, ritenuto da questa Corte applicabile anche ai debiti di natura tributaria (Cass. n. 16344 del 17/06/2008; Cass. n. 19486 del 10/09/2009), pur senza trascurare, tuttavia, una caratteristica fondamentale che connota siffatte obbligazioni.
2.1.5. Si è, infatti, rilevato, in proposito, che il principio in questione non esclude che per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma ex lege , al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione
associativa nel periodo considerato, anche in via presuntiva (Cass. n. 3093 del 09/02/2021; Cass. n. 36470 del 13/12/2022). Ciò nondimeno, il richiamo all’effettività dell’ingerenza, implicito nel riferimento all’aver «agito in nome e per conto dell’associazione», contenuto nell’art. 38 cod. civ., vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura (Cass. n. 5746 del 2007, cit. ; Cass. n. 4747 del 24/02/2020).
2.2. Tanto premesso, nel caso di specie l’indicazione della sig.ra COGNOME quale amministratore di fatto dell’ASD (o, meglio, quale gestore di fatto dell’associazione) , con la conseguente sua responsabilità per i debiti tributari e le sanzioni, è stata fondata dalla CTR soprattutto in ragione del libero accesso ai conti correnti bancari dell’associazione.
2.3. Trattasi di valutazione sicuramente legittima e coerente con i principi più sopra evidenziati. Invero, la possibilità di operare sui conti correnti bancari dell’associazione integra indubbiamente una presunzione iuris tantum di svolgimento di un’ attività gestoria dell’ente, in quanto implicante la facoltà di utilizzare le risorse economiche dell’associazione in modo del tutto autonomo, effettuando pagamenti o riscuotendo crediti; tale presunzione può essere vinta unicamente dalla dimostrazione, gravante sul gestore, che una simile facoltà sia meramente esecutiva di un incarico fiduciario ricevuto da altri, per conto dei quali vengono effettuati prelievi e versamenti.
2.4. La circostanza, poi, che la sig.ra COGNOME sia legata da un vincolo di stretta parentela con l’effettivo legale rappresentante dell’associazione (è la nuora) costituisce un elemento di fatto sostanzialmente neutro e inidoneo a vincere la superiore presunzione, potendo deporre sia nel senso che il legale rappresentante effettivo
sia un mero prestanome (come ha legittimamente lasciato intuire la CTR), sia nel senso -propugnato dalla difesa della contribuente -che la ricorrente si sia limitata a prestarle aiuto.
2.5. Né la ricorrente ha fornito ulteriori elementi -trascurati dal giudice di merito -in ragione dei quali si possa escludere l’operatività della presunzione applicata dal giudice di appello.
2.6. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «La facoltà di disporre liberamente dei conti correnti intestati ad un’associazione non riconosciuta implica la presunzione, in capo al soggetto che opera su detti conti, di avere agito in nome e per conto dell’ ente ai fini della responsabilità prevista dall’art. 38 cod. civ. Grava, pertanto, su tale soggetto la prova che non vi sia stata ingerenza nella gestione e, in particolare, di avere agito in esecuzione di un incarico, specifico e vincolato, ricevuto dal rappresentante di diritto o di fatto dell’associazione».
Il secondo, il terzo e il quarto motivo possono essere unitariamente considerati, involgendo la medesima questione, costituita dalla affermata inammissibilità dell’utilizzazione dei nuovi documenti prodotti in appello. Le censure vanno complessivamente disattese.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « la mancata esibizione, in sede precontenziosa, di atti e documenti in risposta agli inviti dell’Amministrazione finanziaria, ex art. 32, comma 1, nn. 3 e 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, impedisce di prenderne in considerazione il contenuto a favore del contribuente ed è sanzionata con la loro inutilizzabilità, che consegue automaticamente all’inottemperanza all’invito ed è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, fatta salva la possibilità dello stesso contribuente di depositare la documentazione in sede giurisdizionale in allegato all’atto introduttivo e di dichiarare di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici
per causa a lui non imputabile » (da ultimo, ex multis , Cass. n. 26133 del 07/10/2024; Cass. n. 16757 del 14/06/2021).
3.2. Nel caso di specie, risulta dall’invito allegato dallo stesso ricorrente al ricorso che la sig.ra COGNOME è stata fatta oggetto di specifico invito a depositare la documentazione dalla quale emerga la giustificazione delle rimesse effettuate sui conti correnti nella sua disponibilità in ragione dell’espletamento di indagini finanziarie nei suoi confronti. L’invito è, poi, corroborato dall’indicazione delle conseguenze della mancata produzione di detta documentazione.
3.3. Ne consegue che la sanzione di inutilizzabilità comminata dalla CTR alla documentazione depositata in sede di appello è legittima, sia per l’in dicazione delle ragioni della richiesta, niente affatto generiche con riferimento alle rimesse contestate, sia in considerazione del fatto che la contribuente è da ritenersi amministratore di fatto dell’ASD per quanto evidenziato in precedenza, con conseguente gestione personale dei conti dell’associazione. In questa prospettiva, le giustificazioni relative alla non imputabilità dell’inadempimento in ragione dell’altruità dei conti sono state correttamente disattese dal giudice di appello.
3.4. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono, dunque, infondati e la conseguente legittimità della sanzione di inammissibilità dei documenti prodotti in secondo grado dalla contribuente fa venire meno l’interesse all’esame del quarto motivo di ricorso , che resta assorbito.
Il quinto e il sesto motivo, concernenti la sussistenza in atti -indipendentemente dalla documentazione prodotta -della giustificazione di numerose rimesse sia in versamento che in prelevamento, possono essere congiuntamente esaminati sono complessivamente fondati.
4.1. Secondo l’orientamento della S.C., cui questo collegio ritiene di dovere aderire, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all’art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari).
4.1.1. La previsione in oggetto si articola nel modo che segue: a) i «dati ed elementi» attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo).
4.1.2. Pertanto, mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che «ne hanno tenuto conto ai fini della
determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine» (così, sostanzialmente, Cass. n. 1519 del 20/01/2017; conf. Cass. n. 29572 del 16/11/2018; nel senso indicato si veda anche Cass. n. 22931 del 26/09/2018, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
4.1.3. Più nel dettaglio, il contribuente deve provare «che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità » (Cass. n. 15161 del 16/07/2020; Cass. n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25365 del 05/12/2007; Cass. n. 18016 del 09/09/2005).
4.1.4. A fronte della presunzione legale prevista dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale « non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici », la prova richiesta al contribuente è analitica, « con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze » (Cass. n. 13112 del 30/06/2020; Cass. n. 10480 del 03/05/2018; Cass. n. 11102 del 05/05/2017).
4.1.5. Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. n. 4829 del 11/03/2015; Cass. n. 21303 del 18/09/2013).
4.2. Nel caso di specie, la contribuente ha dedotto, con motivo dotato di autosufficienza, di avere effettuato specifiche contestazioni e rilievi in ordine alle rimesse assunte dalla CTR come non documentate (esistenza di rimesse non indicative di maggiori ricavi) mentre il giudice di appello non ha assolto all’onere specifico di esaminare dette rimesse e la documentazione (legittimamente) prodotta, limitandosi ad affermare genericamente che l’onere gravante sulla contribuente è specifico e che non vi sia copertura documentale dei singoli movimenti bancari.
4.3. Trattasi di motivazione sicuramente apodittica, che non si giustifica in ragione delle contestazioni mosse dalla ricorrente e della giurisprudenza più sopra evidenziata.
Il settimo, il nono e l’undicesimo motivo di ricorso, con i quali si denuncia omessa pronuncia in ordine a censure proposte in via subordinata, sono fondati.
5.1. La CTR è pervenuta alla conferma dell’avviso di accertamento impugnato ritenendo espressamente assorbita ogni altra questione, tra cui quelle oggetto dei presenti motivi. Si tratta di questioni in materia di IVA (motivi settimo e nono) e attinenti alle sanzioni (motivo undicesimo).
5.2. Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, « L’applicabilità del principio della “ragione più liquida” postula che essa, pur essendo logicamente subordinata ad altre questioni
sollevate, si presenti comunque equiordinata rispetto a queste ultime nella capacità di condurre alla definizione del giudizio; tale principio non opera nell’ipotesi in cui le diverse ragioni si caratterizzino per il fatto di condurre potenzialmente ad esiti definitori reciprocamente non sovrapponibili, con la conseguenza che l’illegittimo assorbimento in tal modo disposto comporta il vizio di omessa pronuncia » (Cass. n. 693 del 09/01/2024)
5.3. Nel caso di specie, il giudice di appello ha errato nell’applicazione della regola dell’assorbimento . Invero, le questioni sollevate, espressamente in via subordinata, da parte della ricorrente non possono rientrare tra quelle assorbite dall’affermata responsabilità della sig.ra COGNOME ai sensi dell’art. 38 cod. civ. ; anzi, proprio il rigetto della domanda principale di quest’ultima costituisce il presupposto logico per l’ esame delle domande subordinate. E si tratta di questioni non prive di rilevanza, perché in grado di ridurre in maniera significativa -se accolte e sotto il profilo del quantum debeatur -la responsabilità alla stessa imputabile.
5.4. In tale ipotesi -di illegittimo assorbimento di questioni poste in via subordinata -è, dunque, sicuramente configurabile il vizio di omessa pronuncia lamentato dalla ricorrente.
Il riconoscimento dell’esistenza di una omessa pronuncia implica il sopravvenuto difetto di interesse all’esame dei motivi ottavo, decimo e dodicesimo, vertenti sulle medesime questioni sotto il profilo della violazione di legge e proposti espressamente in via subordinata.
In conclusione, vanno accolti il quinto, il sesto, il settimo, il nono e l’undicesimo motivo di ricorso, assorbiti l’ottavo, il decimo e il dodicesimo motivo, rigettati gli altri. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia
tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto, il sesto, il settimo, il nono e l’undicesimo motivo di ricorso, assorbiti l’ottavo, il decimo e il dodicesimo motivo, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 26/06/2025.