Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20189 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20189 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito Pec, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-resistente –
avverso
la sentenza n. 3880, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 14.9.2020, e pubblicata il 7.12.2020;
ascoltata, nella camera di consiglio non partecipata del 4.6.2025, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
la Corte osserva:
Oggetto: Irpef 2013 – Coop. Ariete – Omesso versamento delle ritenute per lavoro dipendente – Amministratore e liquidatore occulto -Responsabilità.
Fatti di causa
La Guardia di Finanza concludeva nell’anno 2016, con la redazione e consegna di Processo Verbale di Costatazione (PVC), una verifica fiscale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in relazione agli anni dal 2011 al 2015. A tutte le cooperative consorziate, dedite ad attività di trasporto, erano contestati inadempimenti fiscali, in particolare l’omessa dichiarazione e versamento delle ritenute operate sugli emolumenti corrisposti ai soci, di fatto lavoratori con mansioni di autisti, che ricevevano mensilmente la busta paga.
La società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro delle imprese nel 2015 (ric., p. 8), riceveva la notificazione da parte dell’Agenzia delle Entrate dell’avviso di accertamento, avente ad oggetto l’anno 2013, mediante il quale si contestava il debito tributario dipendente dal mancato versamento delle ritenute operate per oneri previdenziali ed assicurativi. L’avviso di accertamento per i medesimi debiti tributari, che assumeva il n. CODICE_FISCALE, così come numerosi altri relativi a diverse cooperative consorziate, erano notificati anche a NOME, ritenuto amministratore e poi liquidatore, di fatto, della società cooperativa e, in definitiva, il vero datore di lavoro.
Nella ricostruzione della Guardia di Finanza prima, e dell’Amministrazione finanziaria poi, le società cooperative erano solo dei meri schermi interposti tra il datore di lavoro, NOME COGNOME ed i lavoratori. Le società servivano per disporre di un centro di imputazione delle prestazioni erogate, ed unico utilizzatore delle attività formalmente svolte dalle imprese consorziate rimaneva COGNOME NOMECOGNOME
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento notificatogli a titolo personale innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo, proponendo plurime censure, procedimentali e di merito. Per quanto ancora d’interesse lamentava, tra l’altro,
l’insussistenza del presupposto impositivo, specie per non essere stato provato il ruolo da lui svolto nell’ambito del Gruppo RAGIONE_SOCIALE
L’adita CTP riteneva infondate le contestazioni formulate dal contribuente e rigettava il suo ricorso.
NOME COGNOME spiegava appello avverso la pronuncia di primo grado innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rinnovando le proprie censure.
Detta CTR respingeva il gravame, confermando la decisione di primo grado e la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento.
Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a due motivi di impugnazione.
Ha resistito mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo, indicato come proposto ai sensi dell’art. ‘360, c. 1, n. 3. Omessa motivazione’ (ric., p. 8), il ricorrente deduce che ‘il Collegio di gravame non ha inteso motivare circa la sollevata violazione della disposizione di cui all’art. 28, D.Lgs. 175/2014’ ( ibidem ).
Mediante il secondo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., per non avere la CTR rilevato il difetto del presupposto impositivo, perché ‘non sussiste la prova del fatto che il Sig. COGNOME abbia ricoperto la carica di ‘datore di lavoro di fatto’, unica e necessaria per poter procedere con la richiesta avanzata con l’avviso di accertamento. Né la motivazione apparente riportata nella sentenza oggetto di disamina può colmare il vuoto probatorio contestato’ (ric., p. 15).
Come anticipato, con il primo mezzo di impugnazione il ricorrente censura la violazione dell’art. 28 del D.Lgs. n. 175 del 2014.
In realtà non risulta agevole comprendere quale tipo di contestazione sia stata avanzata, perché il contribuente opera riferimento all’art. ‘360, c. 1, n. 3’, evidentemente del codice di procedura civile, e quindi mostra di voler proporre una questione di violazione di legge. Subito dopo, però, aggiunge ‘Omessa motivazione’, contestazione che dovrebbe essere riferibile ad un vizio di nullità della sentenza a causa di una omessa pronuncia (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), o ad un vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo (art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ.).
Anche il riferimento alla norma richiamata risulta incompleto, perché l’art. 28 del D.Lgs. n. 175 del 2014 si compone di numerosi commi che disciplinano istituti diversi. Verosimilmente il contribuente ha inteso porre riferimento al comma cinque del citato art. 28 del D.Lgs. n. 175 del 2014, che così dispone: ‘ 5. All’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:
il comma primo è sostituito dal seguente: «I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti. ‘
3.1. La tesi sostenuta dall’Amministrazione finanziaria nell’avviso di accertamento è che NOME COGNOME fosse il factotum
delle cooperative consorziate rivestendo pertanto, di fatto, le cariche di socio, amministratore e poi liquidatore, tematica su cui occorrerà tornare esaminando il secondo motivo di impugnazione.
La tesi del ricorrente è che ai sensi dell’art. 2495 cod. civ. – i creditori sociali, tra cui il Fisco, possono agire nei confronti dei soci della estinta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione ‘e possono agire anche nei confronti del liquidatore se il mancato pagamento è dipeso da colpa di costui’ (ric., p. 8, evidenza aggiunta).
3.2. Afferma il ricorrente che ‘l’Agenzia delle Entrate non ha fornito prova alcuna circa la colpa del ‘liquidatore di fatto’ per il mancato pagamento delle ritenute asseritamente non versate dalla compagine. Sul punto, nonostante la sollevata eccezione sia in primo che in secondo grado, il Collegio non ha inteso motivare’ (ric., p. 10).
3.3. La critica, come proposta, risulta inammissibile.
Il ricorrente, infatti, non provvede a riportare quando abbia tempestivamente proposto la propria contestazione, e mediante quale formula, nel corso dei gradi di merito del giudizio, e neppure ha cura di indicare come l’abbia diligentemente coltivata, in modo di consentire a questa Corte di legittimità di procedere al controllo che le compete circa la tempestività e congruità delle critiche proposte dalla parte, prima ancora di provvedere a valutarne la decisività.
3.3.1. La censura è, comunque, infondata.
Il ricorrente sostiene che ‘non ha ricoperto la carica di liquidatore della cooperativa, né in precedenza quella di socio … aveva unicamente ricoperto la carica di Amministratore del Consorzio, ma non della cooperativa accertata … in base all’art. 2697 c.c., incombe sul creditore che agisce in giudizio l’onere della prova della distribuzione dell’attivo e della riscossione di quote
dello stesso da parte del socio nei cui confronti agisce’ (ric., pagg. 10-11).
Trascura, però, il contribuente di tener conto della peculiarità della materia e del processo tributario, avendo questa Corte regolatrice avuto modo di ribadire che ‘in materia di accertamento tributario, può ritenersi, in via presuntiva e secondo l’ id quod plerumque accidit , che l’amministratore di fatto di una società “cartiera” abbia direttamente incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’ente, anche in assenza di evidenze contabili dell’evasione, sicché spetta all’amministratore stesso fornire la prova contraria’ (cfr. Cass. sez. V, 22.11.2021, n. 36003).
Il primo mezzo di impugnazione risulta, pertanto, inammissibile ed è, in ogni caso, infondato.
Con il secondo motivo di ricorso il contribuente deduce la su richiamata violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello per aver trascurato che non risulta integrato, nel caso di specie, il presupposto impositivo, perché non vi è prova, neppure presuntiva, del ruolo dallo stesso svolto nell’ambito del consorzio di cooperative, tra cui la RAGIONE_SOCIALE , resesi responsabile dell’omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori.
4.1. Anche a questo proposito devono rilevarsi difetti di contestazione in alcune delle critiche proposte dal ricorrente, che risultano perciò inammissibili.
Sostiene il contribuente che ‘preme sottolineare come già nel corso del primo grado la difesa del ricorrente aveva sollevato eccezioni circa la assenza di prova circa la presunzione della qualifica del Sig. COGNOME di amministratore e di liquidatore di fatto della cooperativa sottoposta ad accertamento’ (ric., p. 13).
Ed allora deve confermarsi che è onere del ricorrente, nel giudizio di cassazione, aver cura di riportare quando abbia tempestivamente proposto la propria contestazione nei gradi di
merito, e mediante quale formula, oltre ad indicare come l’abbia diligentemente coltivata, in modo di consentire a questa Corte di legittimità di provvedere al controllo che le spetta con riferimento alla tempestività e alla congruità delle critiche proposte dalle parti, prima ancora di provvedere a valutarne la decisività.
4.2. Tanto premesso, la CTR chiarisce di condividere le valutazioni della CTP la quale, come segnalato dall’Agenzia delle Entrate, aveva rilevato che le società cooperative erano effettivamente solo uno schermo societario, dato che i poteri organizzativi e di controllo erano esercitati dal Boni.
La CTR ha quindi concluso, ‘che gli elementi di prova raccolti a carico del Boni siano raccolti nel PVC depositato è pacifico’ (sent. CTR, p. V).
4.3. Dal PVC emerge che le società cooperative erano solo uno schermo societario, dato che i poteri organizzativi e di controllo erano esercitati dal Boni e gli stessi soci si disinteressavano della gestione della società, come emergente dalle dichiarazioni di numerosi soggetti che avevano svolto le funzioni di autisti del consorzio, e che non sapevano nemmeno di essere soci delle cooperative, e individuano l’odierno ricorrente come il soggetto che pagava gli stipendi. Significativamente, poi, in sede di verifica lo stesso COGNOME aveva consegnato ai verificatori i prospetti relativi alle somme versate ai lavoratori.
Pertanto, il giudice dell’appello, richiamando la decisione di primo grado ed il PVC redatto dalla Guardia di Finanza, ha ritenuto provata la responsabilità fiscale del ricorrente in considerazione delle testimonianze raccolte dai lavoratori, e dei numerosi elementi innanzi riassunti per affermare la fittizia costituzione ed attività delle cooperative, di fatto gestite esclusivamente da NOME COGNOME
In altri termini, la CTR -richiamando e condividendo la motivazione della CTP -ha posto in risalto che la società cooperativa non era stata costituita allo scopo di realizzare un
servizio tramite la propria organizzazione, ma al solo fine di creare un’interposizione fittizia (schermo interposto tra dipendenti autisti e utilizzatore delle prestazioni di trasporto) volta all’elusione fiscale e contributiva.
4.4. Il ricorrente non si confronta con la pronuncia adottata dalla CTR, né ne confuta specificamente il fondamento.
Continua a riproporre le proprie tesi senza tener conto della decisione impugnata, non illustra perché le valutazioni espresse dal giudice di secondo grado, anche condividendo le affermazioni della CTP ed i rilievi riportati nel PVC, dovrebbero ritenersi errate, riproponendo piuttosto il proprio parere su quale avrebbe dovuto essere l’oggetto della prova da parte dell’Amministrazione finanziaria (ric., p. 14 s.).
Il secondo motivo di ricorso risulta, pertanto, in parte inammissibile e, per il resto, infondato.
In definitiva il ricorso introdotto da NOME COGNOME risulta infondato e deve essere rigettato, confermandosi pertanto l’orientamento espresso, tra le altre, con le decisioni n. 8425, 8404, 8427, 8416, 8077, 15084, 15085, 15179 e 15198 del 2023, 3133 e 3139 del 2024, intervenute tra le stesse parti in giudizi aventi analogo oggetto.
Le spese del presente giudizio seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.
6.1. Infine, in virtù del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME e lo condanna al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.6.2025.