Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20707 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20707 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA ROCCA NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12006/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENEZIA n. 1331/2021 depositata il 04/11/2021.
Udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza pubblica del 26 marzo 2024.
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto di quello incidentale;
uditi l’AVV_NOTAIO per la ricorrente e gli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME per il controricorrente e ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
Secondo quanto risulta dalla sentenza in epigrafe e dagli atti di parte, NOME COGNOME ha impugnato gli atti di irrogazione di sanzioni ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette ed IVA per il 2011 e 2012, spiccati nei suoi confronti in relazione alle violazioni fiscali della RAGIONE_SOCIALE già raggiunta da avvisi di accertamento divenuti definitivi.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Treviso ha accolto il ricorso osservando che, pur accertato sulla base di PVC 30.9.2014 notificato al contribuente e riportato per relationem negli atti impugnati che il COGNOME era amministratore di fatto della società, come da lui stesso ammesso in sede di interrogatorio penale, le sanzioni tributarie gravano esclusivamente a carico della persona giuridica in forza di quanto disposto dall’art. 7 d.l. n. 269/2003.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, osservando che la società era stata creata ad hoc per soddisfare l’esclusivo interesse RAGIONE_SOCIALE persone fisiche che con essa agivano e RAGIONE_SOCIALE sanzioni tributarie doveva rispondere anche l’amministratore di fatto che aveva tratto un vantaggio personale; il contribuente ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per mutamento del « tema del contendere » e, a sua volta, ha proposto appello incidentale, insistendo in particolare sul difetto di motivazione degli atti impugnati.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Veneto, con la sentenza in epigrafe, ha respinto tanto il gravame dell’RAGIONE_SOCIALE quanto quello incidentale del COGNOME. I Giudici d’appello hanno osservato che « le varie ipotesi prospettate dall’Ufficio » circa la posizione giuridica del COGNOME « tendevano tutte a sostenere che lo stesso contribuente creato la citata entità commerciale,
solo allo scopo di approfittare RAGIONE_SOCIALE regole che sovrintendono ai responsabili RAGIONE_SOCIALE sanzioni tributarie per le Società dotate di personalità giuridica »; peraltro, secondo la CTR, la fattispecie invocata richiede la « certezza matematica » che si sia in presenza di una compartecipazione dell’amministratore nella violazione e la « certezza » della artificiosa costituzione della persona giuridica, mentre in questo caso ricorrevano solo « sospetti » ed affermazioni apodittiche privi di riscontri.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE che si è affidata a tre motivi.
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME che ha proposto ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 9 e 11 d.lgs. n. 472/1997 e dell’art. 7 d.l. n. 269/2003 conv. con l. n. 326/2003, perché si era formato il giudicato interno sulla qualità di amministratore di fatto ed erano stati accertati i presupposti fattuali che determinano la responsabilità del COGNOME secondo le disposizioni di cui al d.lgs. n. 472/1997.
1.1. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 37 d.P.R. n. 600/1973, 2639 c.c., 36 d.P.R. n. 602/1973, 2495 c.c., 7 d.l. n. 269/2003, 1 d.lgs. n. 472/1997, per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio e cioè che RAGIONE_SOCIALE fosse una mera fictio iuris .
1.2. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2909 c.c. in quanto si era formato il giudicato sul ruolo di amministratore di fatto della società svolto dal COGNOME, accertato dalla CTP e fondato sulle dichiarazioni rese dallo stesso nell’ambito RAGIONE_SOCIALE
indagini penali; oltre a ciò, ricorreva un ampio compendio probatorio comprovante la responsabilità del COGNOME, cosicché erroneamente, secondo le regole probatorie in materia, la CTR aveva escluso la prova, che può essere fornita anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti.
Passando all’appello incidentale condizionato, con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., omessa pronuncia in relazione alla questione di inammissibilità dell’appello per mutamento della causa petendi, eccepita sin dal primo grado e reiterata in appello, con violazione dell’art. 112 c.p.c.; si deduce altresì , in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 57 d.lgs. n. 546/1992 essendo comunque inammissibile la domanda dell’appellante.
2.1. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 16 d.lgs. n. 472/1997 e 7 l. n. 212/2000 per aver la CTR rigettato l’appello incidentale sul dedotto vizio di motivazione dei provvedimenti sanzionatori.
E’ bene premettere che, in deroga ai principi della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dall’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 472/1997, l’art. 7, d.l. n. 269/2003, convertito con l. n. 326/2003, ha disposto che « le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società od enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica », limitando a quest’ultima, anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, le sanzioni amministrative tributarie per le violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore del decreto legge; questa Corte, facendo leva proprio sull’avverbio ‘esclusivamente’, ha pure escluso la responsabilità a titolo di concorso RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, indipendentemente dalla sussistenza di un rapporto organico RAGIONE_SOCIALE medesime con l’ente, ritenendo sanzionabili, ex art. 9 d.lgs. n. 472/1997, i concorrenti esterni rispetto alla violazione tributaria
commessa da soggetti privi di personalità giuridica (Cass. nn. 9448/9449/9450/9451 del 2020; Cass. n. 14364 del 2022; Cass. n.26057 del 2023). Questa stessa Corte ha precisato, peraltro, che l’applicazione della norma eccezionale introdotta dall’art. 7, cit. presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore; viceversa, qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell’art. 7, cit., diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la disciplina generale di cui al d.lgs. n. 472/1997 cosicché la sanzione tributaria pecuniaria colpisce la persona fisica (Cass. n. 12334 del 2019; Cass. n. 25757 del 2020; Cass. n. 29038 del 2021; Cass. n. 10651 del 2022; Cass. n. 1946 del 2023).
3.1. In questa prospettiva si è pure affermato che il principio ex art. 7 cit. non opera nell’ipotesi di società ‘cartiera’, atteso che, in tal caso, la società è una mera fictio , utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto (Cass. n. 29038 del 2021; Cass. n. 36003 del 2021; Cass. n. 23231 del 2022; Cass. n. 14364 del 2022; Cass. n. 26057 del 2023; Cass. n. 1946 del 2023; Cass., 29038 del 2021; Cass. n. 12334 del 2019; Cass., n.
19716 del 2013; Cass. n. 5924 del 2017; Cass. n. 10975 del 2019; v., però, Cass. n. 23231 del 2022 che critica la prefigurazione della società come mera fictio -« al di là del proposito dei soci e ideatori di realizzare con essa un mero schermo rispetto ad eventuali attività illecite » – attesa la natura del contratto sociale che non consente di configurare una simulazione assoluta dell’atto costitutivo della società).
Tanto premesso, il primo motivo del ricorso principale è infondato.
4.1. La qualità di amministratore di fatto di una società non comporta, di per sé, la sua responsabilità per le sanzioni riferibili alla società di capitali, di cui risponde ‘esclusivamente’ l’ente ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 269/2003, richiedendosi anche la strumentalizzazione AVV_NOTAIO schema societario per il perseguimento di fini propri o di terzi (tra le ultime, Cass. n. 1946 del 2023) ovvero l’artificiosa costituzione della società per fini illeciti e personali, sicché in tali casi non vi è alcuna differenza fra trasgressore e contribuente (Cass. n. 10975 del 2019). La sentenza non si discosta da questa impostazione laddove ha osservato che la qualità di amministratore di fatto non è sufficiente per ritenere la persona fisica responsabile per le sanzioni riferibili alla società, salvo che non si provi l’utilizzo della società come schermo o paravento per il perseguimento di fini propri, prova che la CTR ha ritenuto insussistente.
Il secondo motivo è inammissibile. Se può superarsi, in questo caso, la preclusione derivante dalla c.d. ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 -ter, comma 5, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), perché nei due gradi di merito le “questioni di fatto” non sono state decise in base alle “stesse
ragioni” (v., sul tema, Cass. n. 29222 del 2019), va però evidenziato che la censura prevista dal novellato art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia di un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (Cass. n. 13024 del 2022; Cass. n. 14802 del 2017); non possono considerarsi tali, quindi, né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie; nel caso di specie, la considerazione della società come fictio iuris non rappresenta un accadimento in senso storico-naturalistico ma l’esito di una valutazione o di un giudizio sulla base dell’apprezzamento degli elementi istruttori.
6. E’ fondato, invece, il terzo motivo.
6.1. Gli atti di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni impugnati erano stati motivati per relationem mediante rinvio agli avvisi di accertamento della società e al PVC 30.9.2014, notificato anche al COGNOME, in cui lo stesso era indicato quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE; ivi si rinvengono gli elementi che dimostravano la realizzazione della frode da parte della società e il ruolo attivo svolto dal COGNOME; tra questi spiccano, in particolare, le dichiarazioni rese nel corso dell’interrogatorio penale davanti al PM, in cui il COGNOME aveva ammesso di aver costituito le società ‘RAGIONE_SOCIALE‘. Il giudice del gravame ha richiesto una prova in termini di « certezza matematica » per concludere che a carico del COGNOME vi erano solo « sospetti» e affermazioni « apodittiche» , incorrendo così nella violazione RAGIONE_SOCIALE regole che governano la materia. Infatti, da
un lato, come costantemente ribadito dalla Corte, ai fini del soddisfacimento dell’onere probatorio dell’Ufficio, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità, con riferimento a una connessione probabile di accadimenti in base a regole di esperienza (Cass. n. 23231 del 2022; Cass. n. 13807 del 2019; Cass. n. 4168 del 2018; Cass. n. 17833 del 2017; Cass. n. 25129 del 2016); d’altro lato, considerando alla stregua di meri « sospetti » elementi a carico che avrebbero avuto tutte le caratteristiche per essere sussunti sotto la previsione dell’art. 2729 c.c., come le dichiarazioni di natura confessoria del COGNOME, la CTR è incorsa nella falsa applicazione di quest’ultima norma (Cass. n. 17720 del 2018; Cass. sez. un., n. 1785 del 2018; Cass. n. 9054 del 2022).
Passando al ricorso incidentale condizionato, i due motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e devono essere disattesi.
7.1. Secondo il COGNOME gli atti di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni non erano stati motivati in ragione del suo ruolo di ‘amministratore di fatto’ affermato nel PVC e negli atti di contestazione presupposti; infatti, negli atti impugnati l’Ufficio aveva esplicitamente fatto « presente di non aver riportato quanto precisato nel PVC» sulla qualità di amministratore di fatto, motivando le sanzioni soltanto con la « compartecipazione nella frode tale da motivare un concorso ». Secondo il contribuente, tale motivazione sarebbe carente perché non rende intelligibili le ragioni su cui era fondata la pretesa sanzionatoria. Inoltre, vi sarebbe stato un inammissibile mutamento della causa petendi da parte dell’RAGIONE_SOCIALE : in corso di giudizio, infatti, l’RAGIONE_SOCIALE aveva modificato la domanda, dapprima affermando che il COGNOME era stato sanzionato quale « amministratore occulto» della società e deducendo, in appello,
che si era « in presenza di una società creata ad hoc per soddisfare l’esclusivo interesse RAGIONE_SOCIALE persone fisiche che per esso agiscono».
7.2. In disparte l’inammissibilità della denunzia di omessa pronuncia sulla questione processuale (per tutte, Cass. n. 15100 del 2024), quella del mutamento della causa petendi che la CTR aveva comunque affrontato e sostanzialmente rigettato osservando che le « varie ipotesi prospettate dall’Ufficio (…) tendevano tutte a sostenere » il medesimo assunto, le dedotte censure di violazione di legge sono infondate.
7.3. Quanto al vizio motivazionale degli atti impugnati, va osservato che l’ampia formulazione RAGIONE_SOCIALE ragioni della pretesa sanzionatoria è comunque perimetrata dai concreti elementi fattuali contenuti negli atti richiamati -in particolare, nel PVC del 30.9.2014 e reca l’affermazione della responsabilità del COGNOME secondo la generale disciplina di cui al d.lgs. n. 472/1997. Appaiono rispettati i principi in materia, secondo cui la motivazione degli atti tributari esige – oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della pretesa soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi, idonei a delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale fase contenziosa, restando affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti medesimi e la loro idoneità a sostenere la pretesa impositiva, mentre non è necessaria la formulazione RAGIONE_SOCIALE argomentazioni giuridiche a sostegno dell’atto, né la valutazione critica degli elementi acquisiti, restando la relativa problematica influente nel giudizio d’impugnazione al diverso fine dell’indagine sul fondamento della pretesa impositiva (Cass. n. 14700 del 2001; Cass. n. 23615 del 2011; Cass. n. 28061 del 2017, in motivazione; Cass. n. 5645 del 2020; Cass. n. 6063 del 2020 in motivazione).
7.4. Non si riscontra neppure un mutamento della causa petendi o del titolo della responsabilità per le sanzioni. Questa Corte ha
reiteratamente chiarito che nel processo tributario l’Amministrazione finanziaria non può mutare i termini della contestazione, deducendo motivi e circostanze diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento (Cass., n. 25909 del 2008). Si è ulteriormente affermato che il divieto di domande nuove previsto all’art. 57, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, trova applicazione anche nei confronti dell’Ufficio finanziario, al quale non è consentito, innanzi al giudice d’appello, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo, e dunque sul piano della causa petendi , da quelle recepite nell’atto impositivo. Diversamente sarebbe lesa la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l’esternazione dei motivi di ricorso, i quali vanno necessariamente rapportati a ciò che nell’atto stesso risulta esposto (Cass. n. 9810 del 2014; Cass. n. 12467 del 2019). Peraltro, si ha modificazione della causa petendi soltanto quando il diverso titolo giuridico della pretesa, dedotto innanzi al giudice di secondo grado, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, comporti il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione, alteri l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (Cass. n. 15730 del 2020; v. anche Cass. n. 2058 del 2024; Cass. sez. un. n. 15408 del 2003). In questo caso l’RAGIONE_SOCIALE ha solo dedotto diverse prospettazioni giuridiche del medesimo petitum , come intuito dalla stessa CTR, al fine di giustificare l’applicazione della generale disciplina di cui al d.lgs. n. 472/1997, senza alcuna modificazione dei fatti costitutivi, che restano quelli di cui agli atti impugnati motivati per relationem agli avvisi di accertamento spiccati nei confronti della società e al PVC del 30.9.2014. Anche la precisazione dell’Ufficio di non aver
riportato quanto contenuto nel PVC in ordine alla qualità di amministratore di fatto del COGNOME esprime una valutazione critica degli elementi acquisiti che non ha effetto preclusivo, essendo superflua ai fini della motivazione dell’atto, e non esclude la possibilità di tener conto nel successivo giudizio anche di quegli elementi, comunque contenuti negli atti su cui si fonda la pretesa.
Conclusivamente, accolto il terzo motivo del ricorso principale e rigettati gli altri, così come il ricorso incidentale, la sentenza deve essere cassata di conseguenza con rinvio al giudice del merito per gli accertamenti del caso sulla scorta dei principi sopra riportati.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigettati gli altri e il ricorso incidentale; cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis AVV_NOTAIO stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26/03/2024.