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Amministratore di fatto: prova e responsabilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19808/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di responsabilità fiscale dell’amministratore di fatto di un’associazione non riconosciuta. A seguito di un accertamento che ipotizzava un abuso delle agevolazioni fiscali per lo sport dilettantistico, un contribuente era stato ritenuto responsabile in solido per i debiti IRES dell’ente. La Suprema Corte ha cassato la decisione di merito, chiarendo che per affermare la responsabilità personale non è sufficiente la mera titolarità di una carica formale (come quella di consigliere o segretario), ma è necessario che l’Agenzia delle Entrate fornisca la prova di una concreta e sistematica attività di gestione svolta dal soggetto in nome e per conto dell’associazione.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di Fatto: La Cassazione Chiarisce la Responsabilità Fiscale nelle Associazioni

La figura dell’amministratore di fatto è spesso al centro di controversie, specialmente in ambito fiscale. Chi gestisce un’associazione, anche senza una carica ufficiale, può essere chiamato a rispondere personalmente dei debiti dell’ente? Con l’ordinanza n. 19808 del 2025, la Corte di Cassazione torna su questo tema cruciale, stabilendo con chiarezza i limiti della responsabilità e l’onere probatorio a carico dell’Amministrazione Finanziaria. La sentenza offre spunti fondamentali per chiunque operi all’interno di associazioni non riconosciute, in particolare quelle sportive.

I Fatti di Causa: Un Complesso Schema Societario

Il caso nasce da una verifica fiscale condotta nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica. Le indagini avevano rivelato l’esistenza di un articolato schema societario, composto da una società a responsabilità limitata e due diverse associazioni sportive, tutte riconducibili ai medesimi soggetti. Secondo l’accusa, tale struttura era stata creata al solo scopo di triplicare i benefici fiscali previsti dalla L. 398/91 per lo sport dilettantistico.

Sulla base di queste risultanze, l’Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2009, disconoscendo il regime agevolato e contestando maggiori imposte ai fini IRES e IRAP. L’atto impositivo non veniva notificato solo all’associazione, ma anche a due persone fisiche, individuate come amministratori di fatto. Uno di questi, pur rivestendo cariche formali di consigliere e segretario, impugnava l’atto sostenendo di non aver mai esercitato concreti poteri gestori.

Dopo un primo e un secondo grado di giudizio che avevano confermato, seppur parzialmente, la pretesa del Fisco, la questione giungeva dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte sulla figura dell’amministratore di fatto

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso del contribuente, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra la titolarità di una carica formale e l’esercizio effettivo di poteri gestionali.

Secondo gli Ermellini, per poter attribuire a un soggetto la qualifica di amministratore di fatto e, di conseguenza, la responsabilità solidale per i debiti tributari dell’associazione ai sensi dell’art. 38 del Codice Civile, non è sufficiente dimostrare che egli ricoprisse un ruolo nominale all’interno dell’organo direttivo. È invece indispensabile provare la sua concreta e sistematica ingerenza nell’attività dell’ente.

Le Motivazioni: Oltre la Carica Formale

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la responsabilità personale e solidale di chi agisce in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta non deriva dalla mera titolarità di una carica, ma dall’attività negoziale concretamente svolta. Questa responsabilità, che ha natura di garanzia ex lege, è finalizzata a tutelare i terzi che entrano in rapporto con l’ente, facendo affidamento sulla solvibilità delle persone che ne gestiscono le sorti.

L’onere di provare tale attività ricade su chi intende far valere la responsabilità, in questo caso l’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare che il soggetto si è inserito nella gestione dell’ente, impartendo direttive, condizionando le scelte operative e compiendo atti gestori in modo sistematico e non meramente occasionale. La sentenza di merito è stata cassata proprio perché si era limitata a prendere atto delle cariche formali del ricorrente (consigliere e segretario), senza compiere alcuna valutazione sulla sua effettiva attività di amministrazione.

Le Conclusioni: Implicazioni per le Associazioni e gli Amministratori

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza le tutele per coloro che, all’interno di associazioni e comitati, accettano cariche formali senza però avere un ruolo attivo nella gestione. La sola appartenenza a un consiglio direttivo non comporta un’automatica responsabilità per i debiti dell’ente.

In secondo luogo, pone un chiaro onere probatorio a carico dell’Amministrazione Finanziaria, che non può basare un accertamento su semplici presunzioni derivanti dall’organigramma societario. Dovrà, invece, raccogliere prove concrete (es. gestione di conti correnti, firma di contratti, direttive ai dipendenti) che dimostrino un’ingerenza qualificata e continuativa nella vita dell’associazione. La sentenza rappresenta, dunque, un fondamentale baluardo a garanzia del corretto equilibrio tra le esigenze erariali e i diritti del contribuente.

È sufficiente rivestire una carica formale per essere responsabile dei debiti fiscali di un’associazione non riconosciuta?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera titolarità di una carica (come consigliere o segretario) non è sufficiente per affermare la responsabilità personale e solidale. È necessario provare l’effettivo svolgimento di attività di gestione.

Su chi ricade l’onere di provare che un soggetto è un amministratore di fatto?
L’onere della prova ricade su chi invoca tale responsabilità, quindi, nel caso di debiti tributari, sull’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare con prove concrete l’attività gestoria svolta dal soggetto.

Qual è il criterio per qualificare un soggetto come amministratore di fatto?
Il criterio è l’ingerenza nell’attività dell’ente. Tale ingerenza deve avere caratteri di sistematicità e completezza, manifestandosi attraverso il compimento di atti gestionali e l’impartizione di direttive, e non deve limitarsi ad atti eterogenei od occasionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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