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Amministratore di fatto: notifica nulla se manca prova

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21266/2024, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la nullità di un avviso di accertamento notificato a un presunto amministratore di fatto. La Corte ha stabilito che, in assenza di prove concrete sul ruolo di gestione effettivo, la notifica è illegittima e non può essere sanata, anche qualora si provasse l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia della società estera.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di fatto: la notifica è nulla se la sua qualifica non è provata

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 21266 del 30 luglio 2024, offre un importante chiarimento sulla figura dell’amministratore di fatto e sulle conseguenze di una notifica di atti fiscali a un soggetto la cui qualifica non sia stata adeguatamente provata. Con questa decisione, la Suprema Corte ha stabilito che la carenza di prova sul ruolo gestorio effettivo rende l’atto impositivo nullo, un principio con rilevanti implicazioni pratiche per le verifiche fiscali nei confronti di società, specialmente quelle con strutture complesse o sedi all’estero.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativo all’anno 2011, emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società di commercio di autoveicoli con sede legale in Germania. L’Amministrazione Finanziaria riteneva che la società operasse in Italia attraverso una stabile organizzazione. L’atto impositivo era stato notificato a un soggetto ritenuto essere l’amministratore di fatto dell’impresa.

Il presunto amministratore impugnava l’atto e sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le sue ragioni. I giudici di merito avevano concluso che non solo mancava la prova dell’esistenza di una stabile organizzazione in Italia, ma soprattutto non vi erano elementi sufficienti per qualificare il destinatario della notifica come amministratore di fatto.

La Decisione della Cassazione e il ruolo dell’amministratore di fatto

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali. La Suprema Corte li ha rigettati tutti, dichiarandoli inammissibili e consolidando principi fondamentali in materia di prova e notifica degli atti tributari.

Primo Motivo: La Prova della Qualifica di Amministratore di Fatto

L’Agenzia lamentava la violazione di norme sulla presunzione e sull’onere della prova, sostenendo che i giudici di merito avessero errato nel non riconoscere la figura dell’amministratore di fatto. La Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile, ribadendo che la valutazione degli elementi indiziari per determinare se un soggetto agisca come amministratore effettivo è una questione di fatto, riservata al giudice di merito. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove in sede di legittimità equivale a trasformare il giudizio della Cassazione in un terzo grado di merito, cosa non consentita dall’ordinamento.

Secondo Motivo: L’Omesso Esame di un Fatto Decisivo

In via subordinata, l’Agenzia denunciava l’omesso esame di un fatto decisivo, ovvero la qualifica di amministratore di fatto. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile a causa del principio della “doppia conforme”. Poiché sia il giudice di primo che di secondo grado avevano esaminato e respinto la tesi dell’amministrazione sulla base delle stesse conclusioni fattuali, il ricorso in Cassazione per questo specifico vizio era precluso. La Corte ha sottolineato che i fatti indicati dall’Agenzia erano stati in realtà esaminati e non omessi.

Terzo Motivo: La Stabile Organizzazione e il Difetto d’Interesse

Infine, l’Agenzia contestava l’errata applicazione della norma sulla stabile organizzazione (art. 162 TUIR). La Corte ha ritenuto anche questo motivo inammissibile per “difetto di interesse”. La logica della Corte è stringente: anche se si fosse dimostrata l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia, il problema a monte non sarebbe stato risolto. L’avviso di accertamento era stato infatti notificato a un soggetto che i giudici di merito avevano già escluso fosse legittimato a riceverlo. Poiché la qualifica di amministratore di fatto era stata negata, la notifica era irrimediabilmente viziata. La rappresentanza fiscale, in via residuale, spetta all’amministratore di fatto solo quando non sia possibile individuare quello legale, circostanza non provata nel caso di specie.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione sul rigido riparto di competenze tra giudici di merito e giudizio di legittimità. La qualifica di amministratore di fatto non può essere data per scontata ma deve emergere da un quadro probatorio solido e convincente, la cui valutazione spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La notifica di un atto impositivo è un elemento cruciale del procedimento e deve essere indirizzata al soggetto legalmente qualificato a rappresentare la società. L’utilizzo della figura dell’amministratore di fatto come destinatario è un’eccezione che richiede un onere probatorio aggravato a carico dell’Amministrazione Finanziaria, che deve dimostrare non solo l’ingerenza gestoria, ma anche l’impossibilità di raggiungere il rappresentante legale.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza la tutela del contribuente, imponendo all’Amministrazione Finanziaria un approccio rigoroso nella fase di notifica degli atti. Non è sufficiente individuare un soggetto che sembra operare per conto della società; è necessario provare in modo inequivocabile il suo ruolo di gestore effettivo, specialmente quando ciò costituisce il presupposto per la validità della notifica stessa. Per le imprese, emerge l’importanza di mantenere una chiara e documentata struttura di governance per evitare che terzi possano essere erroneamente qualificati come amministratori, con tutte le conseguenze fiscali e legali che ne derivano.

È valida la notifica di un avviso di accertamento a un soggetto se non vi è prova certa che sia l’amministratore di fatto della società?
No, la notifica non è valida. La Corte di Cassazione ha confermato che, in assenza di elementi probatori idonei a qualificare un soggetto come amministratore di fatto, la notifica a lui indirizzata è illegittima e rende nullo l’atto impositivo.

In quali casi si può notificare un atto fiscale all’amministratore di fatto invece che a quello legale?
La notifica all’amministratore di fatto è un’ipotesi residuale prevista dall’art. 62 del d.P.R. n. 600/1973. È possibile solo quando la rappresentanza legale della società non sia determinabile secondo la legge civile, ad esempio per l’impossibilità di individuare o raggiungere l’amministratore di diritto.

Si può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove per dimostrare che una persona era l’amministratore di fatto?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Pertanto, non può rivalutare i fatti o le prove già esaminate dai giudici dei gradi inferiori. Un ricorso che mira a questo obiettivo è considerato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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