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Amministratore di fatto: la responsabilità fiscale

La Corte di Cassazione ha confermato le sanzioni fiscali a carico di un amministratore di fatto, ritenendolo personalmente responsabile. La Corte ha stabilito che quando una società è utilizzata come mero ‘schermo’ per commettere frodi, il principio della responsabilità esclusiva dell’ente non si applica, e chi agisce ‘uti dominus’ ne risponde direttamente con il proprio patrimonio.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di Fatto e Sanzioni Fiscali: Quando la Responsabilità è Personale

La figura dell’amministratore di fatto è da tempo al centro di dibattiti giuridici, specialmente in ambito fiscale. Chi è veramente responsabile quando una società evade le imposte? Solo l’entità giuridica o anche chi, nell’ombra, ne ha tirato le fila? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: chi utilizza una società come un mero ‘schermo’ per i propri interessi illeciti non può nascondersi dietro la personalità giuridica dell’ente e risponde personalmente delle sanzioni fiscali.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un contribuente al quale l’Agenzia delle Entrate aveva irrogato sanzioni per oltre 8 milioni di euro. Le sanzioni derivavano da un avviso di accertamento notificato allo stesso soggetto in qualità di amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata. Secondo le indagini, questa società faceva parte di un complesso schema fraudolento volto all’evasione fiscale. L’imprenditore, insieme ad altri soggetti, aveva creato diverse società fittizie, intestate a prestanomi ma di fatto gestite da lui. Lo scopo era quello di creare falsi crediti IVA e plafond fittizi per effettuare acquisti di beni senza l’applicazione dell’imposta. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano confermato la legittimità delle sanzioni, ritenendo provato il ruolo di gestore occulto del contribuente. Quest’ultimo ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Ruolo dell’Amministratore di Fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo in parte inammissibile e in parte infondato. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi che chiariscono i confini della responsabilità dell’amministratore di fatto in materia tributaria.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte offrono spunti cruciali per comprendere la logica del sistema.

La Prova della Gestione di Fatto

Il ricorrente lamentava che i giudici di merito non avessero applicato correttamente i criteri per qualificare un soggetto come amministratore di fatto. Sosteneva che gli elementi a carico (come la stipula di contratti di locazione o le risultanze di intercettazioni telefoniche) fossero vaghi e non direttamente collegati alla gestione della società specifica.
La Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile. Ha chiarito che il suo ruolo non è quello di rivalutare le prove e i fatti già accertati nei gradi di merito. I giudici di appello avevano correttamente utilizzato il ragionamento presuntivo, basandosi su una pluralità di elementi gravi, precisi e concordanti per dedurre l’esistenza di un’attività gestoria continuativa e non occasionale. Tra questi elementi figuravano:
* Aver prestato garanzie personali per obbligazioni della società.
* Aver stipulato contratti di locazione per immobili di sua proprietà (o di altre società a lui riconducibili) a favore dell’entità accertata.
* Essere emerso come gestore occulto, insieme ad altri, dalle intercettazioni telefoniche.

Tentare di contestare questi fatti in Cassazione equivale a chiedere un nuovo giudizio di merito, non consentito in sede di legittimità.

La Responsabilità Personale per le Sanzioni

Il secondo e più importante motivo di ricorso riguardava l’applicabilità delle sanzioni. Il ricorrente invocava il principio generale secondo cui delle violazioni fiscali risponde esclusivamente la società, in quanto soggetto dotato di personalità giuridica autonoma.
La Corte ha respinto questa tesi, qualificandola come ‘manifestamente infondata’. Ha affermato che tale principio non si applica quando la società è una mera fictio, ovvero uno ‘schermo’ creato nell’interesse esclusivo delle persone fisiche che la controllano per realizzare un sistema fraudolento. In questi casi, non vi è alcuna reale distinzione tra il trasgressore (la persona fisica) e il contribuente (la società).
I giudici hanno stabilito che l’imprenditore e gli altri amministratori occulti, attraverso la creazione e gestione di società intestate a prestanomi, sono stati gli unici ed effettivi beneficiari delle imposte evase. Agendo uti dominus (come veri padroni) e nel proprio esclusivo interesse, hanno utilizzato la società come uno strumento. Di conseguenza, il velo della personalità giuridica viene sollevato e la responsabilità per le sanzioni si estende direttamente a chi ha ideato e beneficiato della frode.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico: la personalità giuridica non è uno scudo invalicabile per chi abusa di tale strumento a fini illeciti. L’amministratore di fatto che gestisce una ‘società schermo’ per evadere le imposte è considerato il vero soggetto del rapporto tributario e, come tale, risponde direttamente delle sanzioni con il proprio patrimonio. La giustizia tributaria guarda alla sostanza dei rapporti economici e non alla forma, colpendo i reali beneficiari delle condotte fraudolente.

Chi è l’amministratore di fatto di una società?
Secondo la Corte, è il soggetto che, pur non essendo stato formalmente investito della carica, svolge in modo continuativo l’attività gestoria ed esercita i poteri relativi alla qualifica o alle funzioni dell’amministratore di diritto, essendo sufficiente l’esercizio di un’apprezzabile attività di gestione svolta in modo non occasionale.

L’amministratore di fatto risponde personalmente delle sanzioni fiscali della società?
Sì, risponde personalmente quando la società è una ‘società schermo’ (‘mera fictio’), cioè un veicolo creato nell’esclusivo interesse delle persone fisiche che la controllano per realizzare un sistema fraudolento. In questo scenario, il principio della responsabilità esclusiva dell’ente non trova applicazione.

Come si può provare in giudizio il ruolo di amministratore di fatto?
La prova può essere fornita attraverso elementi indiziari (presunzioni) gravi, precisi e concordanti. Nel caso di specie, sono stati ritenuti rilevanti elementi come aver prestato garanzie personali per debiti sociali, aver stipulato contratti per conto della società e le risultanze di intercettazioni telefoniche che dimostravano il suo ruolo gestionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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