Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20960 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20960 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21285/2019 R.G. proposto da
NOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, come da procura speciale in calce al ricorso e da successiva procura speciale depositata in atti;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
e da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO,
Oggetto:
Tributi
presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, come da procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
e da
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME presso il cui studio in INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato, come da procura speciale allegata al controricorso;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 70/21/2019, depositata il 4.01.2019.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME nell’udienza pubblica del 26.03.2024.
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo il rigetto dell’istanza di sospensione, presentata nell’interesse di NOME, e il rigetto di tutti i ricorsi;
Sentiti, per il ricorrente NOME COGNOME l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, per il ricorrente NOME COGNOME l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME , in sostituzione
dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, e, per l ‘RAGIONE_SOCIALE , l’AVV_NOTAIO dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Varese accoglieva, previa riunione, i ricorsi proposti da: da NOME COGNOME avverso l’avviso di accertamento, in relazione all’anno 2011, e il relativo atto di contestazione di sanzioni, COGNOME NOME avverso due avvisi di accertamento, in relazione agli anni 2011 e 2012, e il relativo atto di contestazione di sanzioni, e da COGNOME NOME avverso l’atto di contestazione di sanzioni .
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR della Lombardia accoglieva l’appello proposto da ll’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per quanto riguarda le posizioni di NOME e NOME COGNOME, mentre confermava la sentenza di primo grado in ordine all’annullamento dell’atto di contestazione emesso nei confronti di COGNOME NOME , osservando, per quanto ancora qui rileva, che:
gli atti impositivi e sanzionatori impugnati erano stati emessi nei confronti del NOME e del NOME, in quanto ritenuti soci, amministratori di fatto e autori RAGIONE_SOCIALE violazioni, unitamente ad altri soggetti (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME), della RAGIONE_SOCIALE di fatto RAGIONE_SOCIALE, che si celava, mediante interposizione soggettiva, dietro la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre nei confronti di COGNOME NOME, consulente contabile e fiscale della predetta RAGIONE_SOCIALE, in quanto concorrente nelle violazioni finanziarie ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997;
i contribuenti non avevano contestato il carattere fittizio del consorzio RAGIONE_SOCIALE e dell’affiliata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, priva di scopo mutualistico e costituita per finalità di evasione, ma si erano limitati ad escludere la propria dolosa partecipazione nella stessa, quali soci occulti della RAGIONE_SOCIALE di fatto ovvero quali autori RAGIONE_SOCIALE violazioni finanziarie, ai sensi dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003;
sulla base della documentazione extracontabile estratta dal personal computer utilizzato da una dipendente della RAGIONE_SOCIALE, NOME, RAGIONE_SOCIALE mail scambiate tra i soggetti che gestivano la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni testimoniali prodotte dalla difesa di NOME nel collegato processo penale, era stata ricostruita l’attività illecita del gruppo, il cui scopo era quello di aggirare la normativa fiscale e di somministrazione di lavoro attraverso interposizioni fittizie, con conseguente distribuzione occulta dei proventi ai reali beneficiari;
dai numerosi scambi epistolari rinvenuti nel personal computer in uso a NOME, sorella di NOME, era stato possibile dimostrare il coinvolgimento di quest’ultimo ;
dal quadro probatorio acquisito (interrogatorio del COGNOME innanzi al GIP, intercettazioni telefoniche, mail, documenti extracontabili rinvenuti in diversi personal computer) si evinceva il coinvolgimento sia del COGNOME che del NOME nella compagine effettiva che gestiva il gruppo di cooperative, al quale era affiliata la RAGIONE_SOCIALE;
i rilievi riguardanti le riprese a tassazione relative alla RAGIONE_SOCIALE di fatto andavano confermati, per il principio della trasparenza ai sensi dell’art. 5 TUIR, nei confronti dei soci effettivi, NOME e NOME NOME;
-andavano confermati anche i provvedimenti relativi alle sanzioni, irrogate al RAGIONE_SOCIALE e al RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997, in quanto la RAGIONE_SOCIALE rappresentava solo lo schermo attraverso il quale i predetti soggetti agivano;
andava parimenti confermato l ‘annullamento del provvedimento sanzionatorio emesso nei confronti di NOME NOME, in quanto dagli elementi forniti dall’Ufficio si evinceva che il predetto aveva svolto solo il ruolo di consulente fiscale per la RAGIONE_SOCIALE e di professionista incaricato di valutare la fattibilità del trasferimento di quote della
RAGIONE_SOCIALE Job da RAGIONE_SOCIALE alle cooperative RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, senza travalicare il proprio ruolo e divenire compartecipe RAGIONE_SOCIALE violazioni finanziarie perpetrate dai partecipanti al gruppo societario fittizio.
Contro la suddetta decisione proponeva ricorso per cassazione NOME COGNOME deducendo due motivi, illustrati con memoria, con la quale chiedeva anche la sospensione del giudizio ex art. 295 cod. proc. civ.;
L ‘RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Successivamente anche NOME proponeva autonomo ricorso per cassazione contro la medesima sentenza, affidato ad un unico motivo, illustrato con memoria.
L ‘RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Infine, anche l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza, affidato a due motivi, al quale resisteva con controricorso COGNOME NOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va osservato che il ricorso notificato per primo è quello proposto da NOME COGNOME, sicchè detto ricorso assume carattere ed effetti d’impugnazione principale, in quanto esso ha determinato la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti di impugnazioni incidentali, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti (Cass. n. 27680 del 2021; Cass. n. 11602 del 2002).
Sempre in via preliminare, va disattesa l’istanza di sospensione del procedimento, presentata nell’interesse di NOME COGNOME ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ. , il quale ha evidenziato che è imminente la discussione sul ricorso per cassazione, proposto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO avverso la sentenza di assoluzione, emessa nei confronti del NOME dalla Corte di Appello di Milano nel procedimento penale nel
quale il medesimo era stato assolto da tutti i reati contestati con riferimento ai medesimi fatti posti a fondamento degli atti oggetto del presente giudizio.
Il giudizio di cassazione, invero, è dominato dall’impulso di ufficio, con la conseguenza che, una volta instauratosi, con la notifica ed il deposito del ricorso, il procedimento di legittimità non ammette, per la sua particolare struttura e disciplina, alcuna interruzione (Cass. 3 dicembre 2015, n. 24635; Cass. 13 febbraio 2014, n. 3323).
Va rilevata, inoltre, la tardività della memoria depositata in via telematica nell’interesse di NOME COGNOME in data 28.05.2024 e, quindi, dopo la celebrazione dell’udienza di discussione, con la conseguente inammissibilità della documentazione prodotta in allegato alla stessa memoria difensiva, anche perchè nel giudizio di legittimità, secondo quanto disposto dall’art. 372 cod. proc. civ., non è ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso, ovvero concernano nullità inficianti direttamente la decisione impugnata, nel qual caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ. (Cass. 12 novembre 2018, n. 28999).
Ciò premesso, con il primo motivo del ricorso principale, il ricorrente NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 divieto di prova testimoniale, per avere la CTR utilizzato, come prova documentale dell’esistenza del rapporto di socio / amministratore di fatto, le dichiarazioni rese da NOME COGNOME nell’interrogatorio reso davanti al GIP nel procedimento penale.
Con il secondo motivo, il ricorrente principale deduce la violazione de ll’art. 2639 cod. civ. falsa applicazione della norma relativa all’amministratore di fatto, per avere la CTR qualificato
erroneamente il COGNOME quale amministratore di fatto, senza indicare ‘quei caratteri fondamentali di significatività e di continuità richiesti dall’ordinamento’ a tale scopo, avendo , da un lato, fondato la propria decisione su elementi ( quali le intercettazioni, l’interrogatorio di garanzia reso dal COGNOME innanzi al GIP, alcune mail) irrilevanti o non utilizzabili e non avendo, dall’altro lato, considerato che l’esimente di cui all’art. 7, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003 si applica anche all’amministratore di fatto .
Passando al ricorso incidentale proposto da COGNOME NOME, quest’ultimo deduce, con l’unico motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione di norme di diritto relative alla figura dell’amministratore di fatto, i cui criteri di riferimento / costitutivi sono individuati nell’art. 2639 cod. civ., per avere la CTR errato nel qualificare il COGNOME come socio effettivo e/o occulto e/o amministratore di fatti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del gruppo, non avendo egli mai svolto tali attività e non avendo mai tratto alcun vantaggio economico, a differenza degli altri soggetti coinvolti (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME), essendosi limitato a svolgere l’attività di procacciatore d’affari a contratto.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
7.1 Come ha precisato ripetutamente questa Corte, nel processo tributario, il limite il disposto di cui all’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 546 del 1992, sul giuramento e la prova testimoniale, vale per la sola diretta assunzione della narrazione dei fatti della controversia da parte del giudice tributario, ma non anche da parte degli organi amministrativi di verifica, sicché le dichiarazioni di terzi da questi raccolte, ancorché in un procedimento penale, e inserite nel processo verbale di constatazione, sono pienamente utilizzabili dal giudice tributario, unitamente ad altri elementi di prova, in quanto
aventi valore indiziario di mere informazioni ( ex multis , Cass. n. 21812 del 5/12/2012; n. 4982 del 25/02/2020).
7.2 Va ricordato, inoltre, che il materiale probatorio acquisito nel procedimento penale, con gli strumenti tipici di quel procedimento, può essere utilizzato ai fini della prova della maggiore pretesa tributaria, entrando a fare parte, a pieno titolo, del materiale probatorio che il giudice tributario di merito deve valutare, come previsto, peraltro, dall’art. 63 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. n. 9563 del 5/04/2019).
7.3 La decisione impugnata non si è comunque fondata solo sulle dichiarazioni rese dal COGNOME, ma anche su molteplici altri elementi probatori, dettagliatamente illustrati dal giudice tributario di appello.
Il secondo motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale di NOME, che vanno esaminati unitariamente, in quanto connessi, sono inammissibili.
8.1 Entrambi i ricorrenti, infatti, deducono solo apparentemente una violazione di norme di legge, ma in realtà mirano alla rivalutazione dei fatti, operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 del 4/07/2017), prospettando nel ricorso non l’analisi e l’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme, bensì l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017).
8.2 Per quanto riguarda il NOME, la CTR ha ritenuto sussistente la qualifica di socio e amministratore di fatto del medesimo, in concorso con altri soggetti partecipanti al sodalizio, sulla base di una pluralità di elementi, tutti puntualmente indicati nella motivazione della sentenza impugnata (dichiarazioni del COGNOME sul ruolo del NOME nel dare indicazioni su come eludere i controlli, diverse mail dalle quali si
evincono la cointeressenza del NOME nella quotidiana gestione operativa RAGIONE_SOCIALE cooperative del gruppo, la corresponsione di somme da parte del consorzio per una indeterminata attività di consulenza e il suo ruolo di referente per la gestione dei rapporti sindacali all’interno del gruppo) , precisando che il nome del NOME ‘è stato speso per l’attività esterna della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE quale soggetto di riferimento’ , a prescindere dall ‘assenza di cariche sociali all’intero del gruppo.
8.3 Anche nei confronti del NOME, la CTR ha valorizzato alcune mail, con le quali tale NOME chiedeva un diretto coinvolgimento del medesimo per recuperare i crediti da un cliente, e ha ritenuto che il NOME avesse debordato dal suo ruolo di semplice procacciatore di clienti ‘per assurgere a quello di compartecipe della compagine effettiva che gestisce il gruppo di cooperative cui è affiliata la RAGIONE_SOCIALE‘ , mettendo a disposizione del sodalizio la propria persona ‘nella proiezione esterna del gruppo, curando il recupero di fatture insolute .’
8.4 Ora, come ha rilevato questa Corte, “in tema di RAGIONE_SOCIALE, la persona che, benché priva della corrispondente investitura formale, si accerti essersi inserita nella gestione della RAGIONE_SOCIALE stessa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerata amministratore di fatto ove tale ingerenza, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza” (Cass. 19.1.2022, n. 1546).
8.5 Il giudice di appello ha ritenuto, sulla base del quadro probatorio prima indicato, che l’attività svolta dal NOME e dal NOME fosse equiparabile ad una vera e propria ingerenza nella gestione della RAGIONE_SOCIALE e che tale partecipazione fosse stata continuativa e sistematica, non potendosi in questa sede censurare la selezione e la
valutazione degli elementi probatori raccolti nel giudizio, che compete al giudice del merito.
8.6 Né risulta applicabile, con riferimento alle sanzioni, la particolare disposizione introdotta dall’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003.
8.7 Come ha già affermato, anche recentemente, questa Corte, l’applicazione della norma eccezionale introdotta dall’art. 7 d.l. n. 269 del 2003 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della RAGIONE_SOCIALE rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (RAGIONE_SOCIALE dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore; viceversa, « qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio », verrebbe meno la ratio giustificatrice dell’applicazione dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola RAGIONE_SOCIALE con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass. n. 28332 del 7/11/2018; Cass. n. 10975 del 18/04/2019; Cass. n. 32594 del 12/12/2019; Cass. n. 25757 del 13/11/2020; Cass. n. 29038 del 20/10/2021; Cass. n. 23231 del 25/07/2022).
8.8 In altri termini, qualora la violazione ascrivibile alla RAGIONE_SOCIALE con personalità giuridica sia stata commessa ad esclusivo vantaggio del soggetto che ne rivesta la rappresentanza, anche se sia un
amministratore di fatto, e l’ente sia stato artificiosamente costituito, al solo scopo di servire gli interessi della persona fisica, non vi è più alcuna distinzione tra il trasgressore e il contribuente, per cui in tale ipotesi torna a trovare applicazione il principio della personalità.
8.9 Il carattere fittizio dell’ente deve essere dimostrato, anche in via presuntiva, dall’Amministrazione finanziaria e deve essere oggetto di accertamento da parte del giudice tributario di merito.
8.10 Nel caso in esame è stato, appunto, accertato che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era solo uno schermo utilizzato dai soci e amministratori di fatto per conseguire, attraverso la violazione di norme tributarie, illeciti profitti, sicchè gli stessi ne rispondono personalmente e in concorso fra loro, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997 .
Per quanto riguarda il ricorso incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, con riferimento al capo della sentenza riguardante la posizione di COGNOME NOME, in relazione al quale l’Ufficio era risultato soccombente, con il primo motivo, si denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per motivazione apparente, non avendo la CTR chiarito sulla base di quali circostanze di fatto aveva ritenuto di escludere il COGNOME, in qualità di consulente fiscale, dal concorso nelle violazioni fiscali commesse dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dagli altri trasgressori.
9.1 Il motivo è infondato.
9.2 E’ stato più volte affermato che ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio
convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232).
9.3 La motivazione della sentenza impugnata, anche nella parte in cui riguarda la posizione di COGNOME NOME, non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto indica in modo conciso le ragioni per le quali ha ritenuto il predetto professionista estraneo al concorso nella violazione RAGIONE_SOCIALE norme fiscali ( ‘il medesimo ha svolto il ruolo di consulente fiscale per la RAGIONE_SOCIALE e di professionista incaricato di valutare la fattibilità del trasferimento di quote di RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE alle cooperative RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, secondo l’invito rivoltogli dal NOME (email del 31.05.2012), senza tuttavia travalicare il proprio ruolo e divenire compartecipe RAGIONE_SOCIALE violazioni finanziarie perpetrate dal gruppo societario fittizio. Non risultano ulteriori elementi significativi a carico del medesimo’ ), dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto, per detta parte, il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053).
10. Con il secondo motivo, è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 9 e 11 del d.lgs. n. 472 del 1887 e 7 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella l. n. 326 del 2003, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che la sussistenza dello schermo societario (la RAGIONE_SOCIALE precludesse, ai sensi dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, l’operatività dell’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997 e, quindi, la possibilità di configurare il concorso, nelle violazioni fiscali accertate, del professionista esterno alla compagine sociale, che aveva svolto attività di consulenza fiscale, dovendo rispondere degli illeciti in via esclusiva la RAGIONE_SOCIALE.
10.1 Il motivo è infondato.
10.2 La CTR non ha escluso la responsabilità del COGNOME per avere ritenuto operante la disposizione prevista dall ‘art. 7 del d.l. n. 269 del 2003.
10.3 Nell’attribuire la responsabilità per gli illeciti fiscali agli amministratori di fatto, infatti, i giudici di appello non hanno applicato la disposizione di cui di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, perché hanno accertato la sussistenza di una RAGIONE_SOCIALE fittizia, utilizzata dai reali soci e amministratori di fatto quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio.
10.4 Il concorso del COGNOME è stato escluso, in concreto, per mancanza di elementi significativi, atti a dimostrare un suo apporto causale nella perpetrazione degli illeciti, che andasse oltre la loro mera conoscenza.
In conclusione, tutti i ricorsi vanno rigettati.
11.1 Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi; condanna COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 7.000,00 a carico del NOME e in € 10.000,00 a carico del NOME, oltre alle spese prenotate a debito; condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti NOME e NOME NOME, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2024