Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3610 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26245/2016 R.G. proposto da: COGNOME in proprio e nella qualità di cessato legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOMEINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
Ud.27/11/2024 PU
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE NAPOLI I -intimata- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 3376/2016 depositata il 11/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Co: NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del sost. Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; uditi per le parti l’Avv. NOME COGNOME e l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Da un controllo sulla soc. ‘RAGIONE_SOCIALE unipersonale’ emergeva non essere stata esposta dichiarazione dei redditi per l’anno 2007 e per quelli successivi, pur avendo ceduto, nel 2007, una serie di immobili come emergeva dall’interrogazione all’archi vio RAGIONE_SOCIALE. Le successive indagini portavano ad individuare lo spostamento della sede societaria dalla Tuscia in quel di Napoli, con contestuale nuovo amministratore, cittadino rumeno, che ne acquisiva metà del capitale sociale, l’alt ra metà venendo sempre contestualmente rilevata da un suo connazionale. L’erroneità del codice fiscale del secondo acquirente, l’inesistenza della società presso il nuovo indirizzo -riferibile ad uscita di sicurezza di primario gruppo del settore abbigliamento e casalinghinonché il trasferimento della residenza del precedente amministratore e socio unico presso il Principato di Monaco, inducevano a ritenere fittizia l’intera operazione di modificazione societaria, al solo fine di sottrarsi agli obblighi t ributari. Donde l’Ufficio, non trovando il legale rappresentante nella sua residenza di Casal di Principe, notificava
avviso di accertamento al sig. NOME COGNOME quale amministratore di fatto e responsabile della prefata frode tributaria. Reagiva il contribuente, protestando la sua estraneità alla vicenda e l’irritualità della notifica, senza trovare apprezzamento delle proprie ragioni nei gradi merito. Donde ricorre affidandosi a tre mezzi cassatori, cui replica l’Agenzia delle entrate con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’udienza, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria in forma di memoria, concludendo per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo si propone censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numeri 3 e 5 del codice di procedura civile per violazione ed errata applicazione delle norme in materia di notificazione alle persone giuridiche ed omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, relativo alla eccepita carenza di legittimazione passiva del ricorrente, specificamente sulla violazione della norma di cui all’articolo 145 del codice di procedura civile.
Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione ed errata applicazione delle norme di diritto in materia di omesso preventivo contraddittorio, in spregio all’articolo 12, settimo comma, della legge numero 212 del 2000.
Con il terzo motivo si prospetta ancora censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di per violazione ed errata applicazione delle norme in materia di motivazione dell’atto impositivo, in spregio all’articolo 7 e 12 della legge n. 212 del 2000. Il primo motivo non può essere accolto, essendo stato accertato nel merito, con doppia pronuncia conforme, il carattere fittizio -e quindi
non opponibile al Fiscotanto della successione nell’amministrazione societaria, quanto nel trasferimento di sede.
Tale profilo, di autentica ratio decidendi , non è scalfito dal ricorso e dev’essere considerato da questa Corte.
Ed infatti, è pur vero che l’amministratore di fatto di una società di persone non è legittimato a ricevere la notificazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, perché l’atto impositivo deve essere consegnato alla persona che rappresenta l’ente secondo la legge, ai sensi dell’art. 145, comma 1, c.p.c.; peraltro, l’amministratore di fatto non può lamentare la lesione del proprio diritto di difesa per non aver ricevuto personalmente, da parte dell’ente impositore, la notificazione di un atto idoneo all’istaurazione del contraddittorio preventivo, in quanto si deve ritenere che fosse comunque a conoscenza di ogni vicenda riguardante la società (cfr. Cass. T, n. 4823/2023).
Infatti, in tema di contenzioso tributario in materia societaria, l’amministratore di fatto è privo della legittimazione ad essere destinatario di un avviso di accertamento rivolto alla società di capitali, in quanto gli artt. 145 c.p.c. e 60 d.P.R. n. 600 del 1973 prevedono che la notifica alle persone giuridiche avvenga mediante consegna alla persona che rappresenta l’ente (ovvero ad altri soggetti legittimati indicati dalla norma) (cfr. Cass. V, n. 36034/2021). Da tempo, infatti, questo orientamento è consolidato sull’affermazione per cui <> (cfr. Cass. V, n. 15742/2014).
Non di meno, non è amministratore di fatto colui che si è spogliato fittiziamente del ruolo, ponendo in essere una serie di atti simulati al sono fine di affrancarsi dall’onere di assolvere gli obblighi tributari. E già questa Suprema Corte di legittimità ha ritenuto che non siano opponibili al fisco, gli atti con cui l’amministratore si spoglia fittiziamente della carica, al solo scopo di evadere i tributi (cfr. Cass. V, n. 11744/2022). Nello specifico, con doppio conforme accertamento di fatto, i collegi di merito hanno ritenuto meramente elusivi e, quindi, fittizi gli atti di nomina di nuovo amministratore, cessione di quote e trasferimento di sede (cfr. sentenza in scrutinio, pag. 2, penultimo capoverso, e 4, terzultimo capoverso). Donde bene è stato not ificato l’avviso di accertamento a chi è stato ritenuto il vero artefice della frode, in disparte le risultanze dei pubblici registri (cfr. ancora Cass. V, n. 11744/2022, §.2.3).
Occorre quindi dare continuità a tale orientamento, esprimendo il seguente principio di diritto: Sono inopponibili al fisco i mutamenti simulati della compagine sociale, compresa la nomina dell’amministratore . La prova della simulazione è a carico dell’amministrazione finanziaria , che può avvalersi anche di presunzioni, purché gravi, precise e concordanti .
Il primo motivo non può esser accolto, perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza in esame.
Né diversa sorte hanno il secondo ed il terzo motivo, imperniati sulla violazione del contraddittorio endoprocedimentale, come disegnato dalla l. n. 212/200.
Ed infatti, come già ricordato sopra, l’amministratore -anche di fattonon può lamentare la lesione del proprio diritto di difesa per non aver ricevuto personalmente, da parte dell’ente impositore, la
notificazione di un atto idoneo all’istaurazione del contraddittorio preventivo, in quanto si deve ritenere che fosse comunque a conoscenza di ogni vicenda riguardante la società (cfr. ancora Cass. T, n. 4823/2023). Più ampiamente, e con particolare riguardo al profilo Iva (comunque qui pertinente), va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823), premesso che l’art. 12, comma 7 della l. n. 212/2000 si applica ai soli casi di accesso ed ispezioni e verifiche nei tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione europea, hanno chiarito che «in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto» (tra la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943). Enunciazioni che, nelle specie, non si rinvengono nel corpo del mezzo impugnatorio.
Per quanto attiene specificamente al terzo motivo ed al profilo di censura di carente motivazione dell’atto impositivo, occorre , invece, ricordare che < (Sez. V, n. 30560 del 2017; in termini analoghi Sez. V, n. 28060 del 2017).
In conclusione, i l ricorso è infondato e dev’essere rigettato.
Le spese seguono la regola della soccombenza, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore della parte controricorrente, che liquida in €. tredicimilaquattrocento/00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024