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Amministratore di fatto e frode: la carica fittizia

La Corte di Cassazione ha stabilito che le modifiche societarie fittizie, come la nomina di un nuovo amministratore o il cambio di sede, sono inopponibili al Fisco se finalizzate all’evasione fiscale. In questi casi, la notifica dell’avviso di accertamento è valida se effettuata al precedente amministratore, considerato l’amministratore di fatto e il vero responsabile della frode, anche se formalmente si è spogliato della carica.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Amministratore di fatto: la spoliazione fittizia della carica non salva dal Fisco

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto tributario: la responsabilità dell’amministratore di fatto in caso di operazioni societarie simulate. La decisione chiarisce che spogliarsi formalmente della carica di amministratore attraverso atti fittizi non è sufficiente per sfuggire agli obblighi tributari, se si continua a gestire la società nei fatti. Questo principio protegge l’Erario da complesse manovre elusive.

Il caso: una frode societaria per evadere le tasse

La vicenda trae origine da un controllo fiscale su una società a responsabilità limitata. L’Amministrazione Finanziaria ha scoperto che la società, dopo aver ceduto diversi immobili, aveva omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Le indagini successive hanno rivelato un’operazione fraudolenta ben orchestrata:

1. Trasferimento della sede: La sede legale era stata spostata in un’altra città, presso un indirizzo inesistente.
2. Nomina di un prestanome: Era stato nominato un nuovo amministratore, un cittadino straniero, che aveva acquisito metà del capitale sociale.
3. Cessione fittizia: L’altra metà del capitale era stata ceduta a un altro cittadino straniero con un codice fiscale errato.

Questi elementi, uniti al fatto che il precedente amministratore e socio unico si era trasferito all’estero, hanno convinto il Fisco che l’intera operazione fosse una simulazione, architettata al solo scopo di sottrarre la società e il suo vero dominus agli obblighi fiscali. Di conseguenza, l’avviso di accertamento è stato notificato direttamente al precedente amministratore, identificato come il vero amministratore di fatto e artefice della frode.

Le motivazioni della Corte: la prevalenza della sostanza sulla forma

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la validità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. Le motivazioni si fondano su un principio cardine: la non opponibilità al Fisco degli atti simulati.

L’inefficacia della spoliazione fittizia

I giudici hanno stabilito che i mutamenti della compagine sociale, compresa la nomina di un nuovo amministratore, sono inefficaci nei confronti del Fisco quando risultano essere simulati. L’onere di provare la simulazione spetta all’amministrazione finanziaria, che può avvalersi anche di presunzioni, purché gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, la serie di anomalie riscontrate costituiva prova sufficiente del carattere fittizio dell’intera operazione.

La responsabilità dell’amministratore di fatto e la notifica

La Corte ha chiarito che chi si spoglia fittiziamente del ruolo di amministratore, ponendo in essere atti simulati per eludere gli obblighi tributari, rimane il vero responsabile. Di conseguenza, la notifica dell’avviso di accertamento è stata ritenuta correttamente effettuata a colui che, al di là delle apparenze formali, era il vero artefice della frode e gestore della società. Anche se la legge prevede che la notifica a una persona giuridica avvenga al suo legale rappresentante, in un contesto di frode conclamata tale regola viene superata per colpire il soggetto che ha mantenuto il controllo effettivo.

Il rigetto delle altre censure

Sono state respinte anche le doglianze relative alla violazione del contraddittorio preventivo. La Corte ha affermato che l’amministratore di fatto, essendo colui che continua a gestire la società, non può lamentare una lesione del proprio diritto di difesa per non aver ricevuto una comunicazione formale, poiché si presume che sia a conoscenza di ogni vicenda societaria. Inoltre, il ricorrente non ha specificato quali argomentazioni concrete avrebbe potuto addurre se il contraddittorio fosse stato attivato, rendendo la sua obiezione puramente pretestuosa.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La decisione in esame rafforza un orientamento consolidato, inviando un messaggio chiaro a chi tenta di utilizzare schermi societari e prestanome per evadere le imposte. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:

La realtà prevale sulla forma: L’amministrazione finanziaria ha il potere di guardare oltre la struttura formale di una società per identificare il vero centro decisionale e di interesse.
La responsabilità non si cede con la forma: Un amministratore non può liberarsi delle proprie responsabilità fiscali attraverso una cessione di quote o una nomina di cariche puramente formale e fittizia. Rimane responsabile come amministratore di fatto.
Onere della prova: Sebbene spetti al Fisco provare la simulazione, l’uso di presunzioni basate su una serie di indizi coerenti è uno strumento probatorio potente e legittimo.

Questa sentenza ribadisce che il diritto tributario è ancorato a principi di sostanza economica e che le manovre elusive, per quanto complesse, non possono trovare protezione nell’ordinamento giuridico.

Un amministratore può liberarsi delle responsabilità fiscali cedendo fittiziamente la propria carica e le quote della società?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i mutamenti societari simulati, finalizzati all’evasione fiscale, sono inopponibili all’amministrazione finanziaria. Il soggetto che si spoglia fittiziamente della carica rimane responsabile come amministratore di fatto.

A chi deve essere notificato un avviso di accertamento se l’amministratore legale è un prestanome?
In caso di frode accertata, la notifica è valida se effettuata direttamente alla persona ritenuta il vero artefice dell’operazione elusiva e quindi l’amministratore di fatto, anche se formalmente non ricopre più alcuna carica.

Chi deve provare che un’operazione societaria è simulata?
L’onere della prova della simulazione spetta all’amministrazione finanziaria. Tuttavia, essa può raggiungere tale prova anche attraverso presunzioni, a condizione che queste siano gravi, precise e concordanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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